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il movimento cooperativo e la nascita delle case del popolo

All’alba del XX secolo, la provincia di Modena, in posizione pressoché centrale in quella che stava diventando l’«Emilia rossa», era punteggiata di case del popolo e sedi di cooperative di consumo e di produzione e lavoro. Disvetro, Finale Emilia, Mirandola, Modena, Fossoli, Rovereto, Piumazzo… Una mappatura appena abbozzata di tali luoghi ci dimostra la capillarità e la profonda articolazione nel territorio del movimento cooperativo e sin-dacale e delle influenze socialiste. Al 31 dicembre 1894 Modena contava 35 associazioni o società cooperative di produzione e lavoro – la maggior parte delle quali costituitasi nel triennio dal 1889 al 1892 –, che, in rapporto alle 185 in tutta l’Emilia Romagna, rappresentava il numero maggiore rispetto alle altre province1. La prima di queste fu l’Associazione fra i biroccianti del Comune di Finale Emilia, nata nel 1889, tre anni dopo la costituzione dell’Associazione degli operai-braccianti, guidata da Gregorio Agnini, che dal 1890 presiedette anche la Federazione provinciale delle cooperative di lavoro, comprendente 23 cooperative2.

Leggermente diversa era la situazione delle cooperative di consumo. Pri-ma del 1898 a Modena non ce n’erano più di quattro ufficialmente registrate: l’Istituto cooperativo alimentare di Modena, promosso dalla locale Società operaia di mutuo soccorso (1889), l’Istituto cooperativo alimentare di Finale Emilia, anch’esso promosso dalla locale Società di mutuo soccorso (1890), la Cooperativa di consumo fra il personale della Manifattura Tabacchi (1891) e il Consorzio per l’esercizio del dazio consumo del Comune di Carpi, società ano-nima cooperativa (1890). A Fossoli e a Gargallo, frazioni del Comune di Carpi,

* Contributo scritto consegnato al convegno.

1. Tali dati sono ripresi dagli studi di Ennio Resca, in particolare, Le Cooperative di lavoro della

provincia di Modena, 1886-1898, Federcoop Modena, Coptip Industrie Grafiche, Modena 1986, p. 11.

Delle 35 cooperative, 19 saranno chiuse a causa del decreto prefettizio di scioglimento del 23 maggio 1898.

2. Su Finale Emilia, si veda il capitolo L’Associazione degli Operai Braccianti di Finale Emilia, in E. Resca, op. cit., pp. 35 e sgg.; mentre, riguardo alla Federazione Provinciale delle Cooperative, si veda pp. 73-74 della stessa opera.

operavano due strutture impropriamente chiamate cooperative di consumo, che però si limitavano ad essere spacci per la vendita del vino e punti d’incontro per i braccianti del luogo e dei dintorni per parlare di politica3. Solo dopo il 1900 tale realtà si sarebbe ampliata, tanto che al 1914 esistevano in provincia di Modena circa una sessantina di cooperative di consumo, disseminate sull’intero territorio, in particolare quello rurale, e, al 1918, sul finire della Prima guerra mondiale, erano state create nella provincia più di 120 cooperative di produzione e lavoro dei diversi settori industriali4.

In tale contesto, che si sviluppò in ritardo rispetto alla provincia di Reggio Emilia, ma in consonanza al resto della regione, vennero a costituirsi anche le società anonime cooperative per la costruzione delle case del popolo5. Già dai primi anni del XX secolo iniziarono i lavori per la costruzione della Casa del popolo di Rovereto sulla Secchia, piccola frazione del Comune di Novi di Modena, a nord della provincia, grazie al contributo volontario dei cittadini locali6. Sebbene in un primo tempo la Casa fosse intestata al Circolo socialista di Rovereto, nel 1910, sotto la spinta dei traguardi raggiunti in quegli anni e del conseguente entusiasmo del movimento operario roveretano, fu acquistata

3. E. Resca, op. cit., pp. 77-78. Gli spacci di Fossoli e Gargallo furono chiusi il 24 maggio 1898, il giorno successivo all’emissione del decreto prefettizio per «motivi di ordine pubblico».

4. Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza di Modena (d’ora in poi AISMO), fondo Resca, serie 1, b. 133.Il relativo ritardo riscontrabile nella diffusione della cooperazione di consumo in Italia, in confronto ad altri Paesi europei, è da imputarsi prevalentemente al ritardato avvio del processo di industrializzazione nazionale. Alla fine del XIX secolo nella penisola viveva ancora del lavoro dei campi il 60 per cento della popolazione attiva; di questi oltre la metà soggiaceva a rapporti sociali di produzione molto sfavorevoli. Cooperative di consumo foresi sorsero nelle zone agricole dove più numerosi erano i braccianti, i quali, in misura maggiore rispetto alle altre categorie di contadini, dovevano acquistare i generi alimentari presso i negozi perché il loro lavoro veniva generalmente remunerato con denaro e non con prodotti agricoli. Quando, all’inizio del XX secolo i primi signi-ficativi segnali di industrializzazione cominciarono finalmente a diffondersi anche in diverse plaghe dell’Italia settentrionale, per gran parte del nascente proletariato industriale la costituzione di co-operative di consumo divenne conveniente. M. Francia-G. Muzzioli, in Cent’anni di cooperazione.

La cooperazione di consumo modenese aderente alla Lega dalle origini all’unificazione (1864-1968), il

Mulino, Bologna 1984, cit., p. 36, riportano dati secondo cui, al 1914, l’Emilia Romagna era la terza regione italiana per numero di cooperative di consumo (325), preceduta da Lombardia e Toscana. 5. Si inizia qui un rapido quadro solo di alcune case del popolo in provincia di Modena che ebbero origine nei primi anni del XX secolo. Un’analisi completa delle case del popolo nel Modenese risul-terebbe alquanto problematica, sia per la difficoltà nel reperire informazioni e documenti, sia per la duttilità e l’indefinitezza del concetto stesso di casa del popolo. Le informazioni sulle singole case del popolo sono riprese da uno studio sulla storia delle case del popolo modenesi dall’inizio agli ultimi decenni del XX secolo curato dalla Fondazione Modena 2007, Nuova Grafica, Carpi (Modena), 2012. Ad esso si rimanda, oltre che per informazioni più approfondite, anche per una contestualizzazione più ampia, per le fotografie delle case e le questioni storiografiche inerenti all’argomento.

6. D. Ferretti-I. Santini, Novi e il suo territorio. Economia, società e politica dall’Unità all’avvento del

dalle organizzazioni sindacali che già vi avevano sede7. Soltanto il 13 novembre 1914 nacque la società anonima cooperativa «Casa del popolo» per la gestione delle «sedi di organizzazioni ed associazioni operaie di carattere laico, per le loro assemblee, riunioni e convegni»8.

Nel giugno del 1904 fu inaugurata la Casa del popolo di Fossoli, anche se l’idea di costruirla era nata sei anni prima, nel 1898, dal Circolo socialista e dalle organizzazioni economiche ad esso collegate, prima tra tutte la Lega di miglioramento dei braccianti di Fossoli9. Nel paese, infatti, già dalla fine del XIX secolo furono istituite diverse organizzazioni sindacali e cooperative tese ad una più equa distribuzione del lavoro e al miglioramento delle condizioni socio-economiche dei lavoratori: la Cooperativa calzolai, la Lega femmini-le, la Cooperativa di consumo, la Cooperativa trecciaie e, soprattutto, la Lega miglioramento braccianti, volta a tutelare il lavoro dei braccianti. La Casa del popolo avrebbe dunque offerto una sede idonea in cui questi nuovi soggetti potessero operare e che fosse un punto di riferimento soprattutto dal punto di vista politico per tutti i lavoratori locali.

Nel 1907 fu inaugurata la Casa del popolo della Cooperativa di consumo dei Mulini Nuovi, quartiere di Albareto di Modena. La Casa, sorta per volontà dei soci della Cooperativa, che misero a disposizione manodopera e denaro, ospitava le sedi della Lega braccianti, del Circolo socialista e della banda musi-cale «Il Domani», unica banda nel Comune di Modena composta da operai, e gli uffici dell’amministrazione e del consiglio della Cooperativa10.

7. In riferimento alla conduzione da parte dei Circoli socialisti, affermò Giuseppe Garibotti, te-orizzando il modello di casa del popolo dell’Italia settentrionale sull’esempio dell’esperienza belga: «I nostri circoli politici, febbrilmente attivi nei periodi elettorali, non hanno ancora dimostrato di comprendere la funzione che è loro serbata nella vita quotidiana ordinaria. Essi credono ancora che al di là delle battaglie elettorali non vi sia altro lavoro da compiere». (G. Garibotti, Le Case del Popolo, Tipografia Sociale Editrice, Cremona 1902, p. 8). Riguardo a Rovereto, si veda anche la notizia riportata su «La Bandiera del Popolo», organo di informazione del sindacalismo mirandolese, del 24 dicembre 1910 e del 15 luglio 1911. Per ulteriori informazioni sul movimento cooperativo di Rovereto sulla Secchia, si rimanda a Note ed appunti su cento anni di lotte per il lavoro e la libertà a Novi e Rovereto

s/S, CGIL Carpi-Novi Camera del Lavoro di Novi e Rovereto, Centro stampa del Comune di Novi,

1983.

8. Costituzione della società anon. cooperativa «Casa del Popolo di Rovereto», in Rovereto (co-mune di Novi Modenese - Modena) e Statuto della società, documenti in fotocopia, AISMO, fondo

Resca, serie 1, b. 133. Si veda la scheda della Casa del Popolo di Rovereto sulla Secchia in Fondazione

Modena 2007 (a cura di), Le case del popolo in provincia di Modena, Nuova Grafica, Carpi 2012. 9. Ha 80 anni ma non li dimostra, «l’Unità», 14 ottobre 1978. Si veda la scheda della Casa del popolo di Fossoli in Fondazione Modena 2007 (a cura di), op. cit.

10. Annuncio dell’inaugurazione della Casa del popolo della Cooperativa consumo dei Mulini Nuovi, «Il Domani», 18 maggio 1907, La Casa del popolo dei Molini Nuovi, «Il Domani», 27 luglio 1907. Si veda la scheda della Casa del popolo dei Mulini Nuovi (Modena) in Fondazione Modena 2007 (a cura di), op. cit.

La Casa del popolo di Carpi-Fossoli (2011)

L’anno seguente, iniziarono i lavori di costruzione della Casa del popolo di Finale Emilia, che proseguirono fino al 1910. Soltanto in un momento succes-sivo, nel giugno del 1911, fu costituita la Società Anonima Cooperativa «per la costruzione di Case del Popolo in Finale Emilia»11.

Numerose furono le case del popolo che sorsero nella Bassa modenese nel primo decennio del 1900. La Casa del popolo di Disvetro nacque nel settembre 1911 da un altrettanto neonato contesto di associazionismo e cooperativismo fortemente diffuso tra i braccianti locali, tesi a instaurare rapporti di solida-rietà sociale e a ottenere condizioni di lavoro migliori e più sicure. Disvetro, infatti, piccola frazione di Cavezzo, era abitata principalmente da famiglie di coloni che lavoravano piccole proprietà. Nel 1900 furono fondate le Leghe dei lavoratori, nel 1904 si costituì la Cooperativa di consumo, che nel 1911 aveva un fondo per la previdenza e uno per l’istruzione e una sede propria. Nel corso degli anni, tale fermento animò il locale movimento sindacale e politico, so-prattutto dopo l’avvento dei sindacalisti rivoluzionari alla direzione di alcune

11. Costituzione della Società anonima cooperativa per la costruzione di Case del Popolo in Finale

Emilia, documento in fotocopia, AISMO, fondo Resca, serie 1, b. 133. Si veda la scheda della Casa

del popolo di Finale Emilia in Fondazione Modena 2007 (a cura di), op. cit. La Casa del popolo di Finale Emilia in una foto risalente agli anni ’60-’70

organizzazioni locali12. Nella vicina San Giacomo Roncole esisteva una casa del popolo socialista già dal 1904, ma il parroco locale, don Archimede Gobbi, si fece promotore della costruzione di una casa del popolo cattolica, in cui fos-sero raccolte tutte le varie opere sociali della pieve, oltre alla cantina sociale e ad alcuni inquilini. La costruzione del «casinone» – così fu chiamata tale sede, di proprietà della parrocchia stessa – fu avviata nel 1911 e terminata nel 1913, anno dell’inaugurazione13.

La Casa del popolo di San Martino Spino, piccola frazione a nord-est del Comune di Mirandola, chiamata anche Casa del proletariato, fu inaugurata il 10 settembre del 1911, alla presenza del sindacalista rivoluzionario Ottavio Dinale. La nascita di questo luogo rappresentò un importante traguardo raggiunto dalle famiglie del paese, quasi tutte braccianti: se, negli anni Ottanta del XIX secolo, gli agrari avevano acquistato a prezzi economici le terre della zona fino al confine con il Ferrarese e il Mantovano, deserte e incolte, la manodopera bracciantile aveva aumentato la produzione di fieno e grano e si era impegnata ad ottenere rendimenti migliori. Tale sviluppo permise anche un aumento della popolazione del 50 per cento circa in dieci anni e spinse i braccianti e i contadini alla ricerca consapevole di un miglioramento delle loro condizioni lavorative e dell’emanci-pazione dalla mera condizione di servitù della gleba per concepire la terra come bene comune. Furono costituite la Lega operai, la Lega braccianti, la Cooperativa di consumo e quella di lavoro e fu istituito l’Ufficio di collocamento nel contesto della Lega braccianti. In nome di tali concetti, scrisse Ottavio Dinale:

Questa Casa del Popolo/ I proletari/ Dal buio di tutte le ignoranze/ Da l’abbruttimento di tutte le schiavitù/ Assorti a coscienza/ Del novo diritto umano/ Costruirono da sé per sé/ Prima tangibile promessa/ Di fiera lotta diuturna/ Fin quando/ Nel libero possesso comune/ De l’alma terra redenta/ Fecondata dal sudore di tutti per tutti/ Esulteranno/ Ne la vindice vittoria/ Di un diritto di una libertà/ Senza privilegi senza servi/ Di una patria senza frontiere/ Ne l’internazionale/ Di liberi di forti di fratelli./ Ça ira14.

12. La “Casa proletaria” sorge sull’antico contado nero e feudale, «La Bandiera del Popolo», 18 no-vembre 1911; La manifestazione di Disvetro, «La Bandiera del Popolo», 25 nono-vembre 1911. Si veda la scheda della Casa del popolo di Disvetro in Fondazione Modena 2007 (a cura di), op. cit. Una foto della Casa è presente anche in L. Arbizzani-S. Bologna-L. Testoni (a cura di), Storie di Case del

Popolo. Saggi documenti e immagini d’Emilia-Romagna, Grafis Industrie Grafiche, Casalecchio di

Reno (Bologna), 1982, p. 131.

13. L. Arbizzani-S. Bologna-L. Testoni (a cura di), op. cit., p. 128.

14. Il proletariato innalza la sua Casa sulle terre che ha fertilizzate, «La Bandiera del Popolo», 9 settembre 1901. Una foto della Casa è presente anche in L. Arbizzani-S. Bologna-L. Testoni (a cura di), op. cit., p. 131.

Allo stesso modo, anche nella vicina frazione di Gavello esisteva da anni la casa del popolo, in cui avevano sede le leghe dei lavoratori15. A Mirandola, invece, si avanzò l’esigenza di trovare alla Camera del lavoro «una sede degna e che rispond[esse] ai suoi bisogni» visto il forte sviluppo che aveva in quegli anni. Pare infatti che essa contasse quindicimila organizzati, che, insieme alle leghe della Bassa, avrebbero potuto contribuire alla costruzione della casa del popolo16.

Anche a Modena nel 1912 fu manifesta la necessità di dare una sede alla Camera del lavoro attraverso l’erezione di una casa del popolo17. Del progetto si occupò l’avv. Confucio Basaglia, sull’esempio dei comuni e delle “ville” della provincia, in particolare nella zona della Bassa modenese. La casa avrebbe dato alla Camera del lavoro una buona visibilità nei confronti dei cittadini, ma an-che un maggior spazio di direzione e gestione degli affari dei lavoratori. Per la realizzazione del piano, fu deciso che la Camera del lavoro avrebbe comprato l’edificio proponendo sottoscrizioni a tutti i lavoratori organizzati e ottenendo contributi dalle cooperative di lavoro e di consumo. Il 24 giugno 1912 fu fon-data la Società anonima cooperativa «Casa del popolo di Modena». Tra i soci fondatori ricordiamo: l’onorevole Gregorio Agnini, Nicola Bombacci, l’avvocato Pio Donati e Confucio Basaglia.

La presenza delle case del popolo, delle sedi delle camere del lavoro e delle cooperative attraversava comunque l’intera provincia. La Casa del popolo di San Damaso nacque nel 1908 grazie all’iniziativa e al lavoro concreto delle società operaie e popolari, con l’obiettivo di dare alla Società di consumo nuovi locali provvisti «dei mezzi per la confezione del vino nelle proprie cantine e di quegli altri generi che sarà possibile, onde garantire sempre più ai soci la genuinità dei generi di consumo; si prepareranno sale per divertimenti, cene, conferenze, balli; uffici per la sede delle varie organizzazioni operaie creando così la vera “Casa del popolo”»18 A San Vito, frazione a nord-ovest del comune di Spilamberto, dal 1904 la casa del popolo esisteva come sede della cooperativa di consumo19.

15. Si veda, come riferimento, Da Gavello, «La Bandiera del Popolo», 2 dicembre 1911. 16. Per la Casa del popolo a Mirandola, «La Bandiera del Popolo», 9 marzo 1912.

17. La Camera del Lavoro di Modena nacque nel 1901, con lo scopo di fungere da «intermediario gratuito e disinteressato per l’offerta e la domanda di lavoro, di patrocinare gli interessi dei lavoratori in tutte le contingenze della vita». Fu chiamata in un primo momento Casa del lavoratore, allo stesso modo di alcune case del popolo sorte negli anni successivi (Cos’è la Camera del lavoro?, «Il Domani», 25 maggio 1901).

18. San Damaso, «Il Domani», 2 novembre 1907. Per ulteriori informazioni sul movimento coo-perativo a San Damaso, si veda O. Lorenzi, Ha lavorato bene la Cooperativa di San Damaso, Coptip, Modena 2004. Si veda la scheda della Casa del popolo di San Damaso in Fondazione Modena 2007 (a cura di), op. cit.

19. Si veda la scheda della Casa del popolo di San Vito (Spilamberto) in Fondazione Modena 2007 (a cura di), op. cit.

A Piumazzo, piccola frazione del comune di Castelfranco Emilia, pochi chilometri a sud della via Emilia, il palazzetto della Casa del popolo conteneva la bottega e il retro della cooperativa di consumo, la farmacia cooperativa, sale per feste e conferenze e «tre ambienti per uso uffici delle leghe». Nel 1910, il giornale socialista «La Squilla» annunciava con toni enfatici l’imminente inaugurazione:

[…] Piumazzo si appresta ad inaugurare, il 16 ottobre 1910, la sua Casa del Popolo. Pro-messa certa di un mondo che sarà, sorge elegante e superbo il nuovo edificio, presso una torre merlata de l’antico castello, rudere fosco di un tempo che fu: sorge elegante e superbo il nuovo edificio e ogni sua pietra rappresenta la virtù fattiva di nostra gente, la quale, nello sforzo collettivo, affrontando privazioni e dolori, materiata, volle nel fatto, l’Idea, tradotte, volle, a poco a poco, le nostalgie del sogno, in affermazione gagliarda di vita. […] Il socialismo è più vivo che mai!

Risponde Piumazzo del Popolo, e fra pietre e calcina, ha murato, alto, massiccio e bello, l’imperituro segnale della sua vitalità. Venite, lavoratori, e vedrete la Casa del Popolo di Piumazzo, più solenne della Chiesa, più decorosa del palazzotto signorile; venite, e gioiremo insieme fra le muraglie parlanti la simbolica significazione della nostra forza e della nostra idealità20.

20. La festa di Piumazzo, «La Squilla», 15 ottobre 1910.

La Casa del popolo di Piumazzo in una foto risalente agli anni ’70-’80

La Casa del popolo di Vignola in una foto risalente agli anni ’50

A Vignola, il 19 febbraio 1920, fu costituita, ad opera di quindici soci fon-datori, la Società anonima cooperativa «Casa del Popolo L.A. Tosi Bellucci», con sede a Villa Braglia, presso la quale si insediarono il Partito socialista, le Leghe rosse, il Circolo giovanile, la Cooperativa di consumo e il Club operaio21.

Vi furono anche casi in cui vennero costituite le società cooperative per la costruzione della casa del popolo ma non si ha riscontro della vera e propria costruzione della sede. A Cortile di Carpi, ad esempio, il 29 marzo 1914, ven-ne fondata la Società anonima cooperativa «Casa del popolo»22, ma non sono state reperite fonti in grado di dimostrare la costruzione della Casa in quegli stessi anni. A Novi di Modena, invece, nel 1910, fu costituita la Società ano-nima cooperativa «La Casa del Popolo», ma il progetto di costruzione non fu mai realizzato. I risultati deludenti delle lotte dei lavoratori a livello locale e la frattura in seno al Partito socialista tra rivoluzionari e riformisti, anche a livello nazionale, fecero sorgere un senso di sfiducia e quindi di apatia nei confronti degli organi di rappresentanza sindacale e dei dirigenti di partito. Purtroppo tale condizione era aggravata dal rischio che in pochi anni i locali della Coo-perativa di consumo non sarebbero stati più disponibili e le organizzazioni non avrebbero avuto un ambiente in cui radunarsi. Nonostante ciò, ogni richiamo si dimostrò vano: nell’ottobre dello stesso anno, in occasione del rinnovo delle cariche sociali della società cooperativa «Casa del Popolo», non fu nemmeno possibile formare il seggio elettorale, perché si presentarono a votare soltanto tre o quattro persone23.

Gli statuti delle società erano stipulati secondo modelli condivisi. Solitamen-te, in essi si specificava lo scopo della società («acquistare, costruire, adattare, condurre o comunque gestire immobili da servire ai soci come sedi di