• Non ci sono risultati.

Nativi digitali e immigrati digitali

Nel documento Imparare una lingua con i videogiochi (pagine 108-111)

CAPITOLO 4: I VIDEOGIOCHI NELLA DIDATTICA DELLE LINGUE

4.2. DIGITAL GAME-BASED LEARNING

4.2.2. Nativi digitali e immigrati digitali

Come è stato appena accennato, il grande sviluppo della tecnologia ha comportato dei cambiamenti significativi nei ragazzi di oggi, per i quali gli strumenti tecnologici e quindi anche il videogioco sono parte integrante della loro quotidianità. Prensky definisce i ragazzi di oggi con il termine nativi digitali, cioè dei “parlanti nativi del linguaggio digitale dei

12

“For behaviorism, learning is a matter of reinforcing the relevant stimuli and response. […] Repetition is crucial to learning, and indeed this still holds true especially for the basic skills of reading, writing, and spelling.”

13

“Games designed on this learning principle generally present the player with a task or skill to be repeated until mastered or conquered, receiving rewards after attainment.”

14

“individual’s construction of representations of the world. In the cognitivist approach, the learner is the center of attention. […] There are limits to the information one can process, better waysnof solving problems, and different ways of perceiving information. The intrinsic motivation is crucial […].”

15

“Discovery and inquiry-oriented games fall into this category, where learning and play are integrated to provide a context that allows for the active construction of knowledge.”

computer” (Prensky, 2001b: 1)16

, mentre gli adulti li definisce come immigrati digitali, cioè “quelli che tra noi sono arrivati più tardi alla tecnologia digitale […].” (Prensky, 2007: 47). Esiste un importante divario tra nativi e immigrati digitali, dato che “le alterazioni mentali o i cambiamenti cognitivi causati dalle nuove tecnologie digitali e dai media hanno portato ad una varietà di nuovi bisogni e preferenze dalla parte delle nuove generazioni, in particolare nell’area dell’apprendimento” (Prensky, 2001a: 39)17

. Prensky procede la sua analisi individuando dei principali cambiamenti avvenuti presso i nativi digitali a livello cognitivo (Prensky, 2001a: 51):

Velocità ‘spasmodica’ vs. velocità convenzionale: la generazione dei nativi digitali

processa le informazioni in maniera più rapida rispetto agli adulti;

Elaborazione parallela vs. elaborazione sequenziale: la mente può svolgere più azioni contemporaneamente. Secondo Prensky, “la maggior parte della generazione dei nativi digitali è cresciuta facendo i compiti mentre guardava la televisione […]. Si sentono più a loro agio rispetto ai loro predecessori quando fanno più di una cosa allo stesso tempo” (Prensky, 2001a: 53)18

;

Accesso casuale vs. accesso graduale: i nativi digitali sono stati i primi a fare esperienza dell’ipertesto, perciò ricevono le informazioni in maniera differente, che derivano da “fonti multiple in una maniera meno sequenziale. Questa nuova struttura informativa, meno sequenziale, ha aumentato la consapevolezza dei ragazzi e l’abilita di fare connessioni […]” (Prensky, 2001a: 53)19

;

Connessione vs. autonomia: i nativi digitali sono nati in una realtà in cui è possibile connettersi istantaneamente con tutto il mondo attraverso mezzi di comunicazione sincrona e asincrona;

Attivo vs. passivo: nel momento in cui qualcuno della vecchia generazione si trova a dover imparare ad usare un software, tende a leggere prima il manuale. I nativi digitali invece “raramente anche solo pensano a leggere il manuale. Semplicemente giocano con i software, provando tutte le chiavi se necessario, fino a che non imparano. Se non ci riescono, ritengono che il problema sia il software e non loro stessi, dato che si

16

“native speakers of the digital language of computers.” 17

“The “mind alterations” or “cognitive changes” caused by the new digital technologies and media have led to a variety of new needs and preferences on the part of the younger generation, particularly in the area of learning.”

18

“Much of the Games Generation grew up doing homework while watching television […]. They often feel much more comfortable than their predecessors when doing more than one thing at the same time.”

19

“It typically comes from multiple sources and occurs in a less sequential manner. This new, less sequential information structure has increased the Games Generation’s awareness and ability to make connections […].”

suppone che il software sia fatto perché esso stesso insegni come usarlo” (Prensky, 2001: 57)20;

Profitto vs. pazienza: ciò che di più importante imparano i nativi digitali crescendo con i videogiochi è che raggiungendo un certo livello o completando il gioco si viene ricompensati. Ciò che deriva da questo feedback, nella vita reale, è “una forte intolleranza verso ciò che non ripaga quando si raggiunge un certo livello” (Prensky, 2001: 59)21.

Il problema che si presenta negli ambienti educativi è che gli insegnanti immigrati digitali utilizzano un linguaggio e delle modalità di apprendimento inadatti al modo di pensare dei nativi digitali. Prensky ritiene che “gli studenti di oggi non sono più le persone per le quali è stato concepito il nostro attuale sistema di istruzione” (Prensky, 2007: 49). Sulla base dello stesso concetto di Prensky viene creato quello di New Millennium Learners che, spiega Lombardi, sono “quei ragazzi nati in un mondo saturo di tecnologie, ai quali queste ultime servono quasi come protesi nelle loro attività di studio e ricreazione. […] l’influenza delle nuove tecnologie sui ‘nuovi adolescenti’ sarebbe forte tanto da modificare la forma mentis […]. Gli input sarebbero appresi maggiormente dai New Millennium Learners tramite modalità non lineari e rapide di accesso agli stessi, nonché per associazioni a loro volta non lineari e in forma di rete e rimandi continui” (Lombardi, 2013: 103-104).

Negli utlimi anni sono nate delle ricerche che hanno messo in discussione questo concetto così tanto importante per Prensky. Addirittura Kirschner scrive che “il mito dei digital natives è estremamente deleterio per il nostro sistema educativo, per i nostri ragazzi e per l’apprendimento/insegnamento in generale” (Kirschner, 2017: 136)22

. Queste ricerche mettono quindi in dubbio l’esistenza stessa dei digital natives. Riportando i risultati di alcune ricerche, Kirschner ne ricava che “gli studenti universitari, nati dopo il magico anno del 1984, non hanno una profonda conoscenza della tecnologia, e qualla che possiedono è limitata alle possibilità e all’uso si funzioni basilari d’ufficio, come e-mail, messaggi di testo, Facebook” (Kirchner, 2017: 136)23. Koutropoulos invece ritiene che Prensky, nel definire i digital natives, non abbia tenuto conto di alcune importanti variabili, quali il luogo o la situazione socio-economica. Per quanto riguarda il luogo, egli ritiene che “negli Stati Uniti si riscontra

20

“Games Generation workers rarely even think of reading a manual. They’ll just play with the software, hitting every key if necessary, until they figure it out. If they can’t, they assume the problem is with the software, not with them—software is supposed to teach you how to use it.”

21

“huge intolerance on the part of the Games Generations for things that don’t pay off at the level expected.” 22

“the myth of their digital variants is extremely deleterious to our educational system, our children, and teaching/learning in general.”

23

“university students, all born after the magical year 1984, do not have deep knowledge of technology, and what knowledge they do have is often limited to the possibilities and use of basic office suite skills, emailing, text messaging, Facebook.”

un livello differente dell’uso dei computer e della tecnologia web rispetto a quello riscontrato in Australia o nel Regno Unito” (Koutropoulos, 2011: 529)24

. Un altro fattore interessante è rappresentato dal fatto che le parole ‘nativo’ e ‘immigrato’ hanno significati diversi a seconda del luogo: “nel Sud Africa le parole ‘nativo e ‘immigrato’ sono di significato opposto rispetto a quello descritto da Prensky. In Sud Africa, a causa del passato coloniale, l’immigrato, il colonizzatore, è visto come mentalmente avanzato, mentre il nativo è rimasto arretrato” (Koutropoulos, 2011: 529)25. Importanti sono anche i fattori socio-economici. La maggior parte degli studi riguardo i nativi digitali sono stati fatti su studenti del college, però “gli studenti del college non rappresentano tutta la popolazione, perché tendono a provenire da una parte di popolazione che ha le capacità finanziarie che gli permettono di andare al college. Non è una generazione ma un elite” (Koutropoulos, 2011: 529)26

. Infine, un’altra variabile è rappresentata dall’uso personale che i giovani fanno della tecnologia: “anche se gli studenti usano una certa tecnologia per uso personale, questo non significa che la vogliano usare per scopi educativi, e nemmeno che sappiano effettivamente come usarla in un contesto educativo” (Koutropoulos, 2011: 530)27. Cosa comporta tutto questo per l’istruzione? Kirschner individua due conseguenze: “il primo elemento è che gli insegnanti eviteranno l’insidia di pensare che i loro studenti abbiano talenti e abilità che loro non possono avere. […] Il secondo elemento è che si può alleviare la concezione che se esiste una generazione di nativi digitali che è digitalmente efficiente, allora esiste una generazione di immigrati digitali che manca di questa efficienza” (Kirschner, 2017: 137)28

.

Nel documento Imparare una lingua con i videogiochi (pagine 108-111)