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Il nazionalismo transilvano e la guerra

Il nazionalismo in Transilvania all’inizio del Novecento

4. Il nazionalismo transilvano e la guerra

La presa crescente che i nazionalisti transilvani riuscivano ad avere in Romania, sia attra- verso la Lega culturale, sia attraverso i contatti con i due partiti politici liberale e conservatore a partire dagli ultimi anni dell’Ottocento e poi sempre più dall’inizio del Novecento con il passag- gio del PNR all’attivismo politico, iniziò a preoccupare il governo di Vienna. Sia Gustav Kálno- ky, ministro degli Esteri dell’Impero austro-ungarico dal 1881 al 1895, che Agenor Gołuchow- ski, dal 1887 al 1894 ministro austroungarico a Bucarest e poi, dal 1895 al 1906 successore di Kálnoky al ministero degli Esteri della duplice monarchia, avevano tentato di moderare l’atteggiamento del governo di Budapest nei confronti dei romeni di Transilvania, temendo delle

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O. Tăslăuanu, Două culturi, «Luceafărul», 1908, n. 4, pp. 59-64.

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Tăslăuanu a Bianu, Sibiu, 24 febbraio 1908, in BAR, Corespondenţă, S 16(15)/DXI. Alle accuse di essere «anti- nazionalista», Tăslăuanu replicava affermando di essere «più nazionalista di tutti i nazionalisti fino ad ora»: ibid.

156 Cfr. E. Turczynski, The Background of Romanian Fascism, in P.F. Sugar (ed.), Native Fascism in the successor

states, cit., p. 107.

157 E. Weber, Dreapta românească, ediţia a II-a, traducere, studiu introductiv şi note de A. Mihu, Editura Dacia,

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possibili conseguenze negative nel rapporto fra la Romania e la Triplice Alleanza. Tuttavia, i presidenti del consiglio che si succedettero in quel periodo in Ungheria, segnatamente Sándor Wekerle e Dezsö Bánffy, non modificarono la loro politica di assimilazione nazionale dei rome- ni, senza particolari considerazioni per i risvolti diplomatici della questione. Anzi, Bánffy era un esponente dell’ala più nazionalista del partito governativo ungherese, che si proponeva di giun- gere alla creazione di uno stato nazionale magiaro, respingendo nettamente l’idea di un’eguaglianza nazionale fra le etnie incluse nel regno di Ungheria: ciò veniva quindi a toccare particolarmente la situazione dei romeni, che rappresentavano il 16,7% della popolazione unghe- rese (Croazia esclusa) e che in alcuni distretti della Transilvania raggiungevano il 90%. Un cam- biamento nella politica di Budapest verso i romeni di Transilvania si ebbe con la venuta al potere di István Tisza, capo del partito nazionale del lavoro e primo ministro dal 1913 al 1917. Tisza era convinto che solo un accordo fra governo ungherese e nazionalità – e in primo luogo i romeni, che erano la nazionalità più numerosa – avrebbe scoraggiato ogni velleità irredentista e consoli- dato sia il regno di Ungheria che l’Impero austro-ungarico, rafforzando le relazioni fra questo e la Romania nel contesto della Triplice Alleanza. Tisza inoltre condivideva le idee di una parte dell’intellettualità transilvana – ad esempio Slavici – sul “pericolo panslavo” e sulla necessità di un accordo magiaro-romeno per fronteggiare la spinta della Russia zarista verso i Balcani. Per tale motivo, il primo ministro ungherese avviò negli anni precedenti l’inizio della guerra mondia- le, una serie di contatti con la dirigenza del PNR, mostrandosi disponibile a moderate concessio- ni che non avessero tuttavia messo in discussione l’idea del regno d’Ungheria quale stato nazio- nale dominato dall’etnia magiara.

Il principale interlocutore di Tisza era Iuliu Maniu, sostenitore anch’egli come Vaida di una riforma costituzionale dell’Impero di carattere federale e convinto però che il primo passo indispensabile fosse una riforma di tipo democratico della rappresentanza parlamentare. Secondo Maniu, infatti, solo con l’introduzione del suffragio universale e segreto su base proporzionale, si sarebbe potuto dare ad ogni nazionalità la possibilità di avviare una risistemazione basata su un criterio di autonomia nel contesto del regno d’Ungheria. Nel settembre del 1910, il PNR aveva manifestato la propria disponibilità ad un negoziato, presentando un memorandum al primo mi- nistro Khuen-Hederváry e allo stesso Tisza, basato sostanzialmente sui punti seguenti: allarga- mento del diritto di voto e possibilmente introduzione del suffragio universale, cessazione degli abusi delle autorità durante le elezioni, creazione di nuove circoscrizioni elettorali nei territori con un’evidente maggioranza romena, nomina di funzionari romeni nelle zone abitate da romeni e uso del romeno negli organi amministrativi e giudiziari a contatto diretto con la popolazione. Sul versante religioso ed educativo, applicazione delle norme che regolavano l’autonomia am-

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ministrativa alle chiese ortodossa e uniate e sostegno economico dello stato nella stessa misura di quanto garantito alle chiese protestanti, diritto delle chiese e delle comunità di fondare e gestire scuole elementari, uso della lingua romena in tutte le scuole frequentate da allievi romeni, co- struzione a spese dello stato di tre scuole medie nelle zone abitate da romeni, con lingua di inse- gnamento romena, fondazione di una sezione romena presso il Ministero dell’Educazione e dei Culti. Infine, si chiedeva un sostegno economico pubblico per lo sviluppo delle zone abitate da romeni.

Tranne che su qualche aspetto, come il sostegno dello stato alle chiese, alle scuole, e alle imprese economiche romene, Tisza non era disposto ad accettare la sostanza delle richieste inol- trate dal PNR, in modo particolare quelle relative all’introduzione del suffragio universale, di cui era un oppositore irriducibile, in quanto lo riteneva pericoloso sia dal punto di vista sociale, poi- ché avrebbe aperto la porta al radicalismo politico di sinistra, sia dal punto di vista nazionale, poiché avrebbe comportato la frammentazione della nazione magiara in tante entità etniche. I negoziati furono quindi sospesi nel novembre del 1910.

Nuovi tentativi di negoziato furono intrapresi fra il gennaio 1913 e il febbraio 1914, questa volta incoraggiati in modo attivo da Vienna, che temeva un indebolimento dell’asse fra Romania, Impero austro-ungarico e Triplice Alleanza proprio nel momento in cui più forti si facevano i venti di guerra. Fu soprattutto l’arciduca Francesco Ferdinando ad operare tramite i suoi contatti fra i romeni di Ungheria e per mezzo del conte Ottokar Czernin, ministro austroungarico a Buca- rest. Tuttavia, nonostante fosse sostenuto da Vienna e da Bucarest – soprattutto da re Carol I, fe- dele alla Triplice Alleanza -, l’accordo fra PNR e Tisza non fu possibile, in quanto da parte ro- mena si mantenevano più o meno invariate le richieste del 1910, aggiungendo anzi alla richiesta del suffragio universale quella di un sesto di seggi garantiti ai romeni nella camera bassa del par- lamento di Budapest, in ragione della percentuale dei romeni sulla popolazione totale del regno d’Ungheria. Allo stesso tempo, Tisza manteneva fermo il principio della conservazione del carat- tere etnico magiaro dello stato ungherese, opponendosi ad ogni riforma che a suo avviso avrebbe potuto indebolire tale compagine158.

Francesco Ferdinando era appoggiato nei suoi tentativi di appeasement magiaro-romena dall’imperatore Guglielmo II di Germania, con cui condivideva la paura di un panslavismo diret- to dagli zar, che avrebbe potuto minare la stabilità dell’Impero austro-ungarico operando in par- ticolare da Praga, con l’appoggio di Belgrado. Il «miglior sostegno contro il pericolo panslavo e le sue macchinazioni» era rappresentato, secondo l’imperatore di Germania, da «un solido, buon rapporto con la Romania», oltre che con la Bulgaria e l’Impero ottomano. Allo stesso tempo, «lo

158 K. Hitchins, România, cit., pp. 219-234.

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sciovinismo dei magiari», generato da un «vivace patriottismo», anche se esposto all’«infezione separatista», avrebbe potuto essere usato contro ogni velleità panslava, considerato «l’odio dei magiari» per il panslavismo159. Guglielmo II, e con lui il governo tedesco, non condividevano af- fatto i piani federalistici e antimagiari di Francesco Ferdinando, in quanto ritenevano che la futu- ra guerra avrebbe visto impegnati insieme austro-tedeschi a nord e magiari a sud contro il princi- pale comune nemico, ovvero la Russia e il panslavismo. Ogni cessione di potere agli altri popoli dell’Impero – slavi o romeni che fossero -, che si spingesse al di là di concessioni limitate, avrebbe compromesso questo equilibrio. A sua volta, Francesco Ferdinando, concordando sul fatto che «il pericolo slavo» fosse reale, ribaltava sui magiari la responsabilità di aver creato per primi un focolaio di ribellione nei confronti dell’autorità imperiale, venendo poi imitati dalle na- zioni slave. «Nello stesso momento in cui la malvagia condotta dei magiari sarà fermata», soste- neva l’erede al trono asburgico, «anche gli slavi fermeranno la loro avanzata tempestosa»: per far sì che gli slavi si sottomettessero nuovamente ai tedeschi, «culturalmente molto più evoluti», si trattava quindi, prima, di «spezzare la predominanza dei magiari»160.

Lo studioso britannico Robert William Seton-Watson si era adoperato attivamente, negli anni precedenti la guerra, allo scopo di appoggiare le rivendicazioni dei nazionalisti transilvani. Nel corso di un viaggio effettuato in Romania nel 1909, egli ebbe modo di incontrare a Bucarest Nicolae Iorga e alcune personalità politiche, come Take Ionescu, che nel 1908 aveva fondato un partito scissionista dai conservatori, il partito conservatore-democratico, e il leader del partito conservatore Alexandru Marghiloman. Inoltre, aveva incontrato un gruppo di esuli transilvani, fra cui Popovici, Slavici e il filologo Sextil Puşcariu: Slavici in particolare si mostrò confidente in un appoggio dell’Austria a favore dei romeni di Transilvania. Nel corso del suo tour, che in- cludeva, dopo Bucarest e la Moldavia, anche la Transilvania, Seton-Watson a Sibiu incontrò il giovane storico Ioan Lupaş e conobbe Octavian Goga, di cui divenne amico e con cui si recò a Blaj per incontrare Maniu. Infine, a Vienna ebbe modo di incontrare Vaida e alcuni esponenti del nazionalismo slovacco, come Hodža e Mudroň161. Seton-Watson aveva avuto il suo primo incon- tro con l’Impero asburgico nel novembre 1905, nel pieno dello scontro istituzionale austro- magiaro, iniziato già nel 1903, sulla questione della “lingua di comando” nell’esercito magiaro, e poi sviluppatosi fra 1905 e 1906 al tempo del governo Fejérváry, con Kristóffy al ministero dell’Interno162

. Dopo essersi trattenuto alcuni mesi a Vienna, si era recato in Transilvania, dove

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Guglielmo II a Francesco Ferdinando, Berlino, 12 febbraio 1909, cit. in R.A. Kann, Emperor William II and

Archduke Francis Ferdinand in Their Correspondence, «The American Historical Review», 57 (1952), n. 2, p. 331.

160 Ivi, pp. 332, 334. 161

H. e C. Seton-Watson, The Making of a New Europe. R.W. Seton-Watson and the last years of Austria-Hungary, Methuen, London, 1981, pp. 72-75.

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aveva avuto modo di conoscere personalmente i leader del nazionalismo romeno, a partire da Maniu, per cui nutrì sempre una particolare simpatia. In base ai diari di Seton-Watson, Maniu era allora ancora legato ad una concezione di carattere storico-giuridico e non etnico dell’autonomia: dissentendo da ciò che Popovici aveva esposto nel suo volume appena pubblicato sugli “Stati Uniti della Grande Austria”, Maniu affermava infatti che il PNR si batteva in nome dei diritti storici e per l’autonomia della Transilvania, invocata non in base ai principi nazionali ma in ra- gione del fatto che l’unione della Transilvania all’Ungheria era stata ottenuta in un modo illega- le. Ad Arad, Seton incontrò il direttore di «Tribuna», Rusu-Şirianu, che, pur considerando le idee di Popovici irrealistiche, rifiutava – al contrario di Maniu – il concetto di autonomia della Tran- silvania, sostenendo che l’autogoverno si sarebbe dovuto basare non sui confini tradizionali ma sulla nazionalità della popolazione. Allo stesso tempo, Rusu-Şirianu aveva sostenuto la necessità di una radicale modifica del programma del PNR e di una cooperazione con i socialisti unghere- si. Vasile Goldiş, che a Seton fece l’impressione di un uomo moderato, aveva affermato che era- no gli stessi ungheresi a non rispettare la legge sulle nazionalità del 1868 e, dicendo di non cre- dere nelle idee di Popovici, aveva piuttosto apprezzato i progetti esposti da Karl Renner nel suo Grundlagen und Entwicklungsziele der österreichisch-ungarischen Monarchie163 del 1906, dove si parlava non di federalismo ma di autonomia culturale personale, garantita ad ogni cittadino sulla base della nazionalità. Lo stesso Goldiş avrebbe del resto pubblicato nel 1912 uno studio sul problema della nazionalità, auspicando, sulla scorta di Renner e del Die Nationalitätenfrage und die Sozialdemokratie164, definito un «magnifico libro»165, una soluzione federalista basata su un’autonomia nazionale nel campo culturale, dell’amministrazione e della giustizia, oltre che precise garanzie politiche per quanto riguardava l’effettivo esercizio del diritto di voto, tali da mettere le singole nazionalità in grado di difendere i propri «rispettivi interessi»166.

Gli incontri avuti con i romeni e con gli altri esponenti dei movimenti nazionali dell’Ungheria avevano suscitato nello studioso britannico una crescente critica verso la politica dei governi ungheresi nei confronti delle nazionalità non magiare e, benché ci volessero gli anni della guerra per renderlo uno fra i più convinti sostenitori dello smembramento dell’Impero, Se- ton-Watson poteva affermare nel febbraio del 1907 che «riguardo alle nazionalità, il consueto punto di vista magiaro mi ha grandemente deluso». «Le solite accuse contro le nazionalità» gli parevano «completamente non provate»: «‘Incitamento contro la nazione magiara’, ‘Panslavi-

163 I fondamenti e gli obiettivi dello sviluppo della monarchia austro-ungarica. 164 La questione nazionale e la socialdemocrazia.

165

V. Goldiş, Despre problema naţionalităţilor. Cuvînt înainte de A. Oţetea, studiu introductiv de H. József, Editura Politică, Bucureşti, 1976, p. 93.

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smo’ e così via, mi sembrano solo molte frasi così vuote»167

. A Budapest nel 1907, Seton- Watson poté incontrare Kristóffy e i leader nazionalisti slovacchi e romeni: in particolare conob- be Hodža, Vaida-Voevod e Aurel Vlad168

. Lo studioso britannico era diviso fra un’ammirazione per la monarchia asburgica – che avrebbe mantenuto fino alla fine della guerra – che, secondo la tradizionale posizione di Londra, credeva rivestire una funzione di bilanciamento ed equilibrio nell’Europa centro-orientale, e una sentimentale simpatia per il governo ungherese, visto, attra- verso le lenti del liberalismo inglese, come erede delle posizioni di Kossuth. Nutrendo anche comprensione per i propositi di una crescente parte del nazionalismo romeno, ormai vagheggian- te una Grande Romania, era tuttavia conscio della complessità del contesto internazionale – il contrastato rapporto fra i due alleati Romania e Austria-Ungheria – e dell’obiettiva mancanza di un concreto programma unionista nelle classi dirigenti del Regat. La dichiarazione di guerra dell’Impero austro-ungarico alla Serbia costituì tuttavia per Seton-Watson il segnale che l’Austria-Ungheria aveva cessato la propria funzione progressiva nell’Europa centrale: da quel momento, lo studioso prese a delineare una prospettiva profondamente diversa per le nazionalità centro-europee, che gradualmente assunse la forma dell’autodeterminazione. Divenuto nel corso della guerra una sorta di consulente non ufficiale per il Foreign Office sui problemi austro- ungarici e balcanici, Seton-Watson formulò un programma di risistemazione territoriale che pre- vedeva l’annessione alla Romania di Transilvania, Bucovina e Banato, oltre a cessioni territoriali a favore di Bucarest in Bessarabia, nel caso in cui la Russia avesse dato il proprio consenso169.

L’inizio della guerra mondiale vide i nazionalisti transilvani divisi da posizioni divergenti sulla politica delle alleanze che sarebbe stata più indicata per la Romania, legata alla Triplice Al- leanza dall’accordo segreto del 1883. Il gruppo dirigente del PNR era orientato per il manteni- mento dell’Alleanza, sperando che, in cambio, potesse essere finalmente realizzata una riforma federalista. Giocava poi il sempre presente timore nei confronti della Russia e del panslavismo, tanto che Ioan Slavici, emigrato da anni nel regno di Romania, continuava a sostenere la necessi- tà per i romeni transilvani di mantenersi fedeli all’Impero. Dando alle stampe nel 1915 il volume Politica naţională română, in cui era raccolta una serie di articoli pubblicati fra il 1871 e il 1881, Slavici spiegava di continuare a credere che il nemico naturale dei romeni non fosse rappresenta- to dai magiari ma dalla politica di magiarizzazione. Una volta che questa politica fosse finalmen- te cambiata, romeni e magiari avrebbero potuto collaborare contro il nemico comune, ovvero la Russia e il panslavismo. Slavici era infatti uno dei tre esponenti di quella che veniva chiamata

167 H. e C. Seton-Watson, The Making of a New Europe, cit., pp. 36-38, 41. 168 Ivi, p. 51.

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H. Seton-Watson, R.W. Seton-Watson and the Romanians, 1906-1920, in C. Bodea – H. Seton-Watson, R.W. Se-

ton-Watson şi Românii 1906-1920. R.W. Seton-Watson and the Romanians 1906-1920, Editura Ştiinţifică şi En-

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l’ala “moderata” del nazionalismo transilvano, insieme a Eugen Brote e a Vasile Mangra, dal 1916 metropolita di Transilvania. La loro moderazione, che comportava da un lato una continua apertura di credito nei confronti dell’Ungheria, dall’altro la collaborazione con i liberali di Stur- dza, faceva in qualche modo il gioco della Romania nel suo continuo equilibrismo fra “patriotti- smo” e diplomazia internazionale nel rapporto con la Triplice Alleanza. Quando Mangra aveva abbandonato il PNR per candidarsi nella lista governativa magiara all’interno del partito del la- voro di Tisza, e Slavici aveva continuato ad appoggiarlo, era stato Octavian Goga, fedele al suo credo nazionalista radicale, ad attaccare lo storico direttore di «Tribuna», con un celebre articolo intitolato A murit un om: Ioan Slavici170.

Dal luglio 1914, Slavici assunse la direzione del giornale «Ziua», finanziato da Germania e Austria-Ungheria e legato alla comunità evangelica tedesca, pubblicando articoli filoasburgici e filotedeschi, in cui si sosteneva che la Romania avrebbe dovuto restare neutrale o schierarsi con la Triplice Alleanza: in ogni caso, non passare con l’Intesa. Con l’ingresso in guerra della Roma- nia al fianco dell’Intesa nel 1916, Slavici fu addirittura arrestato e detenuto per un breve periodo, sulla base dei rapporti della polizia romena, che lo accusavano di fare, attraverso i suoi scritti, «un’assidua propaganda e una politica magiarofila», servendo «gli interessi austro-tedeschi»171

. La posizione opposta era occupata da Goga e dal gruppo dei nazionalisti radicali, i cosid- detti oţeliţi, su cui pure aveva esercitato un’opera di mediazione il filologo transilvano Sextil Puşcariu, sensibile al radicalismo nazionale – sarebbe diventato negli anni interbellici un estre- mista di destra – ma propenso ad appoggiare gli sforzi del PNR per un’intesa fra Romania, Un- gheria e Germania, anche allo scopo di «controbilanciare le potenze slave, rafforzate in seguito agli avvenimenti dei Balcani». Puşcariu suggeriva addirittura un gioco delle parti fra i politici, che avrebbero dovuto trattare, e gli intellettuali radicali «idealisti», che, sostenendo in via riser- vata la politica del governo romeno e del PNR, avrebbero dovuto «combatter[li] pubblicamente con accanimento». Invitava quindi Goga a incontrare, insieme a Maniu, il politico conservatore e filotedesco Titu Maiorescu, per verificare se veramente la Romania avesse intenzione di sfruttare la sua posizione di alleato della Triplice per rafforzare il românism nell’Impero austro- ungarico172. Lo stesso Puşcariu, tuttavia, alla fine del 1913 sembrava aver messo da parte la mo- derazione, facendosi alfiere del radicalismo nazionalista in Bucovina in appoggio alla corrente degli oţeliţi, per «emancipare gli studenti dal politicantismo»173.

170 È morto un uomo: Ioan Slavici.

171 L. Boia, “Germanofilii”. Elita intelectuală românească în anii primului război mondial, Humanitas, Bucureşti,

2010, pp. 306-311.

172 Puşcariu a Goga, s.l., 12 novembre 1912, in BAR, Corespondenţă, S 65(2)/CDLXXXIX. 173 Puşcariu a Goga, Cernăuţi, 23 dicembre 1913, in BAR, Corespondenţă, S 65(4)/CDLXXXIX.

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Allo scoppio della guerra, Goga abbandonò subito la Transilvania per Bucarest, mentre Maniu e il gruppo dirigente del PNR preferirono restare, in omaggio alla loro fedeltà all’Impero. L’idea di Goga era molto chiara: la Romania avrebbe dovuto entrare in guerra a fianco dell’Intesa con l’obiettivo di “liberare” la Transilvania e il PNR avrebbe da parte sua dovuto ab- bandonare la tradizionale linea conciliante con Budapest per schierarsi incondizionatamente dal- la parte dell’unità nazionale. Nel novembre 1914, Goga si dimise dal PNR allo scopo di poter operare liberamente, convinto che la disgregazione dell’Impero austro-ungarico fosse ormai ine- vitabile, lanciando quindi una vigorosa campagna propagandistica per affrettare l’ingresso in guerra della Romania, insieme ad una pattuglia di conservatori interventisti, quali Take Ionescu, Nicolae Iorga, Nicolae Filipescu e Barbu Ştefănescu-Delavrancea, quest’ultimo celebre scrittore oltre che ex sindaco di Bucarest. Strumento principale per la campagna interventista in Romania fu la Lega culturale, di cui Goga fu nominato direttore nel dicembre 1914, che assunse allora il