Da Variazioni (1960 – 1961), in Variazioni Belliche, in A. Rosselli, L’opera
poetica, Milano, Mondadori, 2012. Una sola strofa di quindici versi: la loro lunghezza
raggiunge le ventidue sillabe al verso 9, le venti ai versi 2 e 15. I restanti versi sono di 17 sillabe con dialefe e sinalefe.
1 Se nella notte sorgeva un dubbio su dell’essenza del mio cristianesimo, esso svaniva con la lacrima della canzonetta del bar vicino. Se dalla notte sorgeva il dubbio dello etmisfero cangiante e sproporzionato, allora richiedevo 5 aiuto. Se nell’inferno delle ore notturne richiamo a me
gli angioli e le protettrici che salpavano per sponde
molto più dirette delle mie, se dalle lacrime che sgorgavano diramavo missili e pedate inconscie agli amici che mal tenevano le loro parti di soldati amorosi, se dalle finezze 10 del mio spirito nascevano battaglie e contraddizioni, –
allora moriva in me la noia, scombinava l’allegria il mio malanno insoddisfatto; continuava l’aria fine e le canzoni attorno attorno svolgevano attività febbrili, cantonate disperse, ultime lacrime di cristo che non si muoveva per 15 sì picciol cosa, piccola parte della notte nella mia prigionia.
v. 1, Se nella notte sorgeva un dubbio su dell’essenza: La doppia /l/ indica un desiderio istintivo che si rallenta, ristagna1, mentre la doppia /t/ permette un attimo di
quiete. La /b/ denota fecondità, ampiezza, ampollosità, parto2.
v. 2, cristianesimo: lapidaria apertura del secondo verso. La /k/ secca prepara alla crisi mistica che è in atto nell’Io lirico, accentuando «il rigetto, la pulsione di distruzione»3. La /t/ trascina il discorso, infierendo sulla vulnerabile religione che
contraddistingue questo momento.
v. 2, canzonetta, con la sua /k/ dura si contrappone a cristianesimo. Entrano in contrasto la religione e la blasfemia: i termini sono propriamente messi agli antipodi del verso per sottolineare la differenza tra due concetti cosi diversi, opposti.
vv. 1 – 10, Se […] Se […] Se […] se […] se: cinque protasi che precedono una sola apodosi. Dubbio, incertezza, incapacità di trovare tranquillità in questa vita e da questa vita. L’io lirico è in subbuglio, in una vorticosa spirale di confusione, in una caotica vertigine di insicurezza.
v. 4, etmisfero, «etmisfero (da emisfero e atmosfera) (riducendo spazio a livello umano). Secondo me una fusione troppo astratta e dubbia. In una seconda edizione avrei preferito forse eliminare questa “fusione-associativa”, ma si ripete anche qua e là in altre poesie.»4
v. 11 – 12, scombina l’allegria il mio malanno insoddisfatto, i miei turbamenti erano insoddisfatti perché incapaci di essere espressi a causa dell’allegria. La /m/ indica il poter fare, gioia maschile e materna, l’incontro, la fusione, il termine medio. Può anche voler dire a seconda del contesto inferiorità, debolezza, collera.5
La lirica appartiene alla raccolta Variazioni belliche, in cui «abbiamo a che fare con tutta una serie di aggressioni fonologiche e morfologiche, con una scrittura
2 Ivi, p. 227. 3 Ivi, p. 234.
4 A. Rosselli, Glossarietto esplicativo per «Variazioni Belliche», in F. Caputo, Trasparenze, 17 – 19
(2003), pp. 15 – 22, poi in Una scrittura plurale. Saggi e interventi critici, a cura di F. Caputo, Novara, Interlinea, 2004, pp. 69 – 73 e 330, ora in A. Rosselli, L’opera poetica, pp. 5 – 38, Milano, Mondadori, 2012, p. 1275. (D’ora in poi, Glossarietto).
volutamente sgrammaticata […], che procede in parallelo con antichizzazioni reali e artate. Inoltre, si producono alterazioni di plurali, discordanze fra articoli e sostantivi, barbarismi, anacoluti, calchi dall’inglese e dal francese, pensieri sospesi, una punteggiatura che tradisce le leggi della sintassi per riprodurre un’enfasi emotiva: insomma un sabotaggio continuo della grammatica e delle regole della comunicazione ordinaria.»6 L’autrice correda la raccolta di un glossarietto, inviato allo stesso Pasolini,
in cui spiega i neologismi che utilizza nella raccolta. In Variazioni «una delle cellule più ricorrenti nella scansione ripetitiva di questa sezione è rappresentata dalla congiunzione ‘se’»7.
Variazioni Belliche è «un intenso paragone che si produce tra vita e verso, ma
forse ancor più un intenso paragone che si impone con costanza fra vita e vita – non fra una vita e l’altra, si badi, ma all’interno della stessa vita, della medesima esperienza – un paragone fra verso e verso, lo stesso verso che si sdoppia, si raddoppia, si raggiunge e si abbandona a sé medesimo. Perché la vita si replica e si frantuma nel suo stesso farsi, il verso si riproduce e modifica per sua stessa interna vocazione»8
Questa è una poesia molto più vicina alla prosa, con protasi e apodosi: la subordinata condizionale preposta alla proposizione reggente, struttura che si ripeterà all’interno del componimento. Una riflessione discorsiva, inserita nella regolarità della poesia squisitamente rosselliana. Numerosissimi i SV, accompagnati da SN: motilità nascoste e impulsi censurati. Il dubbio è il protagonista che apre la scena, il primo attore che calca il palcoscenico, ed appare ben tre volte in tre versi differenti. Successivamente appare l’Io-poetico, anch’esso tre volte come il primo attore, ma intervallato dagli
angioli e le protettrici e dalle lacrime, protagonisti però non della situazione centrale,
ma di due proposizioni relative. La prima si può indicare come appositiva, perché crea uno spazio agli altri personaggi che non è necessario per comprendere la scena
6 Ivi, p. 57.
7 A. Baldacci, op. cit., p. 62.
8 A. Amoroso, Le gelida speranza dell’esser «quasi salvi», in «Scrivere è chiedersi come è fatto il
mondo». Per Amelia Rosselli. Atti del convegno, Università della Calabria, 13 dicembre 2006, pp. 71 – 76, a cura di Caterina Verbaro, Catanzaro, Rubettino, 2008, p. 72. (D’ora in poi soltanto «Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo»).
principale, mentre la seconda si può definire determinativa, perché è necessaria alla comprensione della scena fondamentale e delle azioni dell’Io poetico. Da qui in poi, l’Io poetico si divide in una miriade di egli, che si concludono con Cristo: amici, battaglie e contraddizioni, noia, malanno, aria, canzoni e “cristo”. Gli impulsi sono collegabili perciò a tali referenti: alle lotte contro il deliro, le contraddizioni interne date dalla malattia, dall’instabilità emotiva, la schizofrenia vera e propria.
Il dubbio sul cristianesimo è l’argomento portante della lirica, argomento che si ripropone alla fine del componimento nel termine “cristo”. Il fatto che questo personaggio sia scritto con la lettera minuscola è molto importante: il nome proprio, infatti, designa un particolare individuo all’interno di un gruppo o all’interno di una società, di una categoria: cristo è minuscolo. Non si tratta infatti di Gesù Cristo, ma di qualsiasi personaggio che possa recitare il ruolo di Cristo, di salvatore, di crocefisso, di martire, di malato, di schizofrenico. Il tema religioso viene subito calato nella realtà quotidiana, e il dubbio spirituale è cancellato dalla melodia che proviene dal bar. Ma se il dubbio riguarda l’umanità, colorata ma anche mutevole, esagerata e quasi disarmonica, allora in questo caso l’Io-poetico chiede aiuto.
Il riferimento religioso ritorna nella preghiera agli angeli e alle protettrici: questi personaggi avevano abbandonato il luogo natio per arrivare in rive, ma anche margini, orli, bordi, destinazioni più mirate, più ricercate di quanto non siano le mete dell’Io- poetico. L’Io poetico non è in grado di rivelare agli amici la tristezza e la rabbia, dimostrate dalle lacrime, che prova nei loro confronti: qui è esplicitato l’atto mancato, in particolar modo è sottolineato come il processo sia inconscio; infine l’Io dichiara i suoi turbamenti, le sue contraddizioni, il suo delirio, la sua psicopatia: è questo che impedisce al soggetto di annoiarsi, di perdere l’allegria, che sembra quasi elemento esterno. Le lacrime di Cristo, stesse lacrime che sgorgavano dagli occhi dell’Io-poetico, sono l’aria fine, le attività febbrili, situazioni che stanno attorno attorno all’Io-poetico: la ripetizione può far pensare che siano vicinissimi, forse nella stessa stanza, forse a contatto diretto. Questo momento d’allegria è piccolo, un brevissimo spiraglio nella prigione in cui è rinchiuso l’Io poetico, il suo inferno, i suoi labirinti psichiatrici, la sua asocialità, le sue manie. L’allegria che prova l’Io è data dalla preghiera, dalla rabbia e
dalla tristezza verso i suoi amici che mal / tenevano le loro parti di soldati amorosi, e dai turbamenti interni.