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Per una impossibile gagliarda esperienza [SO, 217]

Da Serie Ospedaliera (1963 – 1965), in Serie Ospedaliera, in A. Rosselli,

L’opera poetica, Milano, Mondadori, 2012. Una sola strofa di ventuno versi. I versi

variano da sedici sillabe (verso 5) a quattordici. Il verso 15 è un quinario e il verso 21 è un settenario.

1 Per una impossibile gagliarda esperienza rompevamo isolamenti faticosamente, ma i carri che ci portavano come frutta al mercato erano lugubri automobili bianche 5 se nevicava, infernali nella pioggia. Corrompendo

guardie e guardie la mente si decise per un sopraluogo faticoso perché ingannava anche se stessa: la festa fu un incontro tra diavoli alla moda, ogn’amore fuggì 10 quando tu slacciasti la finestra del tuo

potere avvelenato alle braccia del mio incanto versione povera dell’invidia, ma lo spirito vinceva ancora con decisioni povere prese in cantina.

15 Dopo miserie e nascoste disperazioni la Domenica fu un perdono e una disperazione, il mare in moto soffocò querele dello spirito mentre ingranaggi portarono sollievo e la colpa 20 fu la colpa accettata se disperazioni sono

v. 1, Per una impossibile gagliarda esperienza rompevamo isolamenti

faticosamente: sembra si tratti delle righe in cui sono suddivisi i militari, faticose però

da rompere. Il soggetto è un seconda persona plurale: l’Io si sdoppia in una moltitudine di soldati. C’è un solo SV circondato da SN: gli impulsi qui espressi sono collegabili ai referenti gagliardia, prestanza, robustezza, isolamento, solitudine, fatica. La /p/ traduce la sensazione di accumulo, ricchezza. La sibilante porta sulla carta l’aggressività, mentre la /g/ accentua «il rigetto, la pulsione di distruzione»10. La /v/ fa «sì che domini

la quiete e impone una connotazione di godimento»11.

vv. 3 – 4, i carri che ci portavano come frutta al mercato: riferimento ai pazienti dell’ospedale psichiatrico e agli spostamenti che essi dovevano subire. La /k/ accentua «il rigetto, la pulsione di distruzione»12, la /v/ ricrea tranquillità e armonia. Il nesso /f –

r/ aumenta l’impulso di lotta o avversione13. Il soggetto sono i carri, e i pazienti

diventano frutta al mercato. La sequenza sintattica è formata da SN + SV + SN + SN. v. 4, erano lugubri automobili bianche: pesantissimo il verso e pesantissima la lettura. Le tre /u/ inabissano il tono, riportando alla luce le crepe più profonde della coscienza dell’Io lirico. La occlusiva labiale sonora in lugubre si ripropone poi, in netto contrasto, in bianche: la pienezza, la maternità, la fecondità poggia su due poli completamente opposti. Tra l’infernale buio e la paradisiaca luce, tra il male e il bene. Il contrasto, il «volgersi dall’altra parte dell’enunciato è un che di fondamentale, qualcosa che forza il flusso di pensiero per imporsi come un’autorità senza licenza»14. La /g/

accentua «il rigetto, la pulsione di distruzione»15. La /b/ riporta l’impulso di fecondità,

ampiezza, ampollosità, parto16.

10 Ivi, p. 234. 11 Ivi, p. 236. 12 Ivi, p. 234. 13 Ivi, p. 228.

14 A. Amoroso, op. cit., p. 76.

15 J. Kristeva, La rivoluzione del linguaggio poetico, p. 234. 16 Ivi, p. 227.

vv. 4 – 5, automobili bianche se nevicava, infernali nella pioggia: il contrasto continua, trasformandosi quasi in contrasto esistenziale: il bianco Paradiso e l’Inferno. La /v/ fa dominare la quiete, mentre il nesso /f – r/ esprime la lotta o l’avversione17. La

costruzione sintattica è formata da SN+ SV + SN + SN.

vv. 6 – 9, Corrompendo guardie e guardie la mente si decise per un sopraluogo

faticoso perché ingannava anche se stessa: l’attività psichica sembra compromessa,

distorta, priva di fondamenti logici. /fati’kozo/ presenta una stretta fortissima, poi rallentata, un’inquietudine di fondo, e il sentimento viene poi trascinato fino alla sibilante sonora. L’Io lirico si rassicura, sperando che la sua vera natura sia diversa, fingendosi un’altra persona, un’altra entità.

vv. 8 – 9, la festa fu un incontro tra diavoli alla moda: le /f/ trasmettono l’impulso di una stretta forte e fissa, mentre la /k/ accentua «il rigetto, la pulsione di distruzione»18. Le dentali sorde e sonore creano una sosta, un arresto. Il soggetto è la

festa. La struttura sintattica è formata da SN + SV + SN + SN.

vv. 9 – 12, ogn’amore fuggì quando tu slacciasti la finestra del tuo potere

avvelenato alle braccia del mio incanto versione povera dell’invidia: del tuo […] del mio: entrambi gli aggettivi possessivi sono alla fine del verso, in posizione marcata. Si

passa dalla seconda alla prima persona singolare: l’Io poetico si sfalda in altri personaggi, in altre istanze, crea un rapporto dialettico, lo asseconda, lo contrasta, in una costante battaglia per l’autoidentificazione e la sopravvivenza.

vv. 12 – 14, ma lo spirito vinceva ancora con decisioni povere prese in cantina: la /m/ indica poter fare, gioia maschile e materna, l’incontro, la fusione, il termine medio. La /r/ porta elevazione, e le /v/ «fanno sì che domini la quiete e impongono una connotazione di godimento»19. Lo spirito dell’Io lirico prendeva decisione povere in

luoghi nascosti: idee psicotiche attivate nei meandri della mente. La natura ossessionata e ossessionante dell’Io lirico non può essere fermata in alcun modo. La struttura sintattica è formata da SN + SV + SN + SN. Il soggetto è lo spirito, la natura distorta

17 Ivi, p. 228. 18 Ivi, p. 234. 19 Ivi, p. 236.

dell’Io lirico.

vv. 15 – 17, Dopo miserie e nascoste disperazioni la Domenica fu un perdono e

una disperazione: la /d/ creano uno stallo. La /m/ indica inferiorità, debolezza, collera20.

Il soggetto è la Domenica, giorno strettamente legato alla religiosità. La struttura sintattica è formata da SN + SN + SN + SV + SN + SN.

vv. 17 – 18, il mare in moto soffocò querele dello spirito: il mare, la vita, l’ondivaga esistenza riesce a bloccare il flusso di pensiero dell’Io lirico. Le querele, le lamentele, il grido d’aiuto è soffocato nella folla, nella vita degli altri, nelle vicissitudini quotidiane. La /m/ riporta ancora inferiorità, debolezza, collera21. La /k/ accentua «il

rigetto, la pulsione di distruzione»22.

v. 19, mentre ingranaggi portarono sollievo: le cure mediche, sia farmacologiche che attraverso gli elettroshock. Le /g/ inaspriscono il tono, mentre le /ʤ/ sembrano quasi volerlo addolcire, eliminando quella sfera demoniaca che li contraddistingue.

vv. 19 – 21, e la colpa fu la colpa accettata se disperazioni sono moto della

felicità: tutto questo, le cure, il ricovero, le cliniche, sono accettate se conducono alla

stabilità, se permettono di avere una personalità socialmente accettabile. L’Io lirico è in colpa: è macchiato dalla colpa di essere così com’è, di avere una personalità fuori dalla norma. L’Io lirico è colpevole di essere se stesso, e la speranza di poter cambiare sembra essere l’unica cosa che lo tiene in vita.

Pazienti psichiatrici come frutti maturi da portare alla vendita, trasportati in bianche automobili che somigliano a carri funebri, infernali. Sembra che l’unica via verso la guarigione sia fingere, ingannare la psiche. Nonostante ciò che l’Io lirico sembra costretto a fare, la sua natura continua a decidere allo scuro di tutto, in cantina. I turbamenti interiori non smettono di invadere la mente dell’Io lirico, e l’unico sollievo sembra portato dagli ingranaggi.

20 Ivi, p. 228. 21 Ibidem. 22 Ivi, p. 234.

Questa è la prima lirica di Serie Ospedaliera, pubblicata da Il Saggiatore nel 1969, ma redatta tra il 1962 e il 1965. La raccolta nasce dalla lunga esperienza della degenza in ospedale psichiatrico: qui «il corpo è il protagonista di una battaglia quotidiana con i propri stessi limiti. Il verso porta i segni di una lotta muscolare che la creatività combatte dall’interno della materia sensibile, dando voce a un dramma che varca le artificiali separazioni fra mondo psichico e sensazione fisica. Lo spazio interiore non vale come garanzia di difesa, essendo la noce protettiva del proprio corpo il centro stesso in cui si scatena l’esperienza della frustrazione, del pathos, del dolore. […] La realtà esterna si rivela un muro impenetrabile, una porta sbarrata contro cui cozzare o riprodurre le trame alterate, le ferite e le bufere che attraversano il paesaggio interiore.»23