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Novecento e xxi secolo 361 di Beauvoir, Le deuxième sexe, del quale l’A tratteggia

la genesi, influenzata dalla lettura di L’âge d’homme di Leiris e dalle osservazioni sulla situazione della popo- lazione afroamericana, mostrando come la confessio- ne personale si sia progressivamente aperta al mondo in un dirompente discorso sui miti del “femminile” e sull’essere-per-gli-uomini delle donne. Il balzo a ritroso dettato dalla scelta di trattare in conclusione di un’o- pera datata 1949, permette all’A. di soppesare il ruolo pionieristico della figura e del pensiero di Beauvoir e di misurarne l’impatto e l’eredità, posizionando op- portunamente la riflessione e la militanza dell’autrice, diffidente per esempio nei confronti del femminismo della differenza e della nozione di écriture féminine, nel vasto e variegato campo degli studi di genere.

L’attenzione prestata alla ricezione, spesso contro- versa – e non è il caso solo di Le deuxième sexe o La

vieillesse, ma anche, per esempio, di Une mort très douce –, degli scritti di S. de Beauvoir è un tratto pecu-

liare di una monografia che, anche tramite cenni ripe- tuti, in contesti differenti, ai medesimi testi, sottolinea efficacemente l’unità di un’opera dove, per esempio, i motivi della vecchiaia e della morte ricorrono in ma- niera ossessiva fin dai Cahiers de jeunesse; un’opera dominata dalla lucidità espressiva, certo, ma anche sospinta dalla necessità della scrittura come modalità di elaborazione, prima ancora che di affermazione, del pensiero.

[steFanogenettI]

delPhIne nIcolas-PIerre, Simone de Beauvoir,

l’existence comme un roman, Paris, Classiques Garnier,

2016, 748 pp.

Alla scarsa considerazione in cui sono stati a lungo tenuti i romanzi e le novelle di Simone de Beauvoir, denunciata anche da P.-L. Fort nell’agile monografia di cui sopra, rimedia la ponderosa tesi di D. Nicolas- Pierre, che attualmente collabora all’edizione delle memorie nella collana della Pléiade. Le ragioni di tale subordinazione della finzione all’autobiografia, almeno fino al rinnovamento delle ricerche su S. de Beauvoir dapprima nell’ambito degli studi di genere angloamericani, poi anche in Europa, in coincidenza con il centenario della nascita della scrittrice nel 2008, emergono dal bilancio della letteratura critica che l’A. traccia nell’Introduzione (si veda, in calce al volume, l’articolata Bibliografia che precede gli Indici dei nomi e delle opere di Beauvoir). Il relativo disinteresse per i romanzi dell’autrice è dovuto al fatto che sono stati let- ti perlopiù come mere illustrazioni di idee a loro volta troppo spesso ritenute speculari a quelle di Sartre. Al fine di sottrarne l’interpretazione agli autocommenti disseminati nelle memorie e di evidenziare gli apporti originali della scrittrice al dibattito filosofico e lettera- rio, anche al di là della prospettiva femminista, l’A. cala puntualmente i testi narrativi nella vicenda biografica e intellettuale di S. de Beauvoir, sottolineando le svolte capitali rappresentate dalla scelta professionale – la rinuncia al posto di professoressa di filosofia, decisiva per la costruzione di sé come femme de lettres e per il suo posizionamento nel campo intellettuale in con- trasto col proprio ambiente di origine – e dall’impatto della Storia sull’ethos dell’autrice engagée, in relazione al quale la narrativa di finzione svolge un ruolo ini- ziatico. Nel sottolineare eredità e scambi, influssi su- biti ed esercitati – da Bergson a Proust, da Nietzsche a Gide, da Hegel a Heidegger e Husserl, da Kafka a Joyce, Faulkner e Dos Passos, da Blanchot a Lévi-

nas – D. Nicolas-Pierre moltiplica i confronti con Breton, Malraux e Duras, inquadrando il romanzo esistenzialista e métaphysique di Beauvoir nell’evolu- zione della narrativa novecentesca. Attenta tanto alla ricezione quanto alla genesi dei racconti – in merito al récit d’enfance che diventa in L’invitée un ricordo ribattezzato la “nausée” de Françoise (p. 287), oppure all’avantesto della novella Monologue (p. 532) – l’A. rilegge le opere di finzione alla luce dei saggi – Le sang

des autres o Tous les hommes sont mortels rispetto a Pyrrhus et Cinéas, per esempio – soffermandosi inoltre

sul ruolo centrale assunto da S. de Beauvoir in seno a «Les temps modernes» e sul suo accidentato rapporto con Merleau-Ponty. Tesi a demistificare il luogo comu- ne che fa della scrittrice una sorta di «sous-Sartre» al femminile (p. 24), i paralleli proposti tra L’âge de raison o Le sursis di Sartre e L’invitée o Le sang des autres, non mettono in discussione il sodalizio tra i due, bensì mo- strano l’indipendenza creativa con la quale S. de Beau- voir ripensa i limiti della libertà sartriana e la nozione di situation, superando il ripiegamento della coscienza su se stessa e l’irriducibile solitudine che ne consegue in nome dell’apertura all’alterità, perseguendo un iti- nerario autonomo, del quale il desiderio di finzione, assieme alla poetica del singolare universale che la ani- ma, rimane un motore fondamentale anche dopo che Sartre si sarà discostato dal romanzo.

Accuratamente contestualizzata, è dunque una storia dell’existence-fiction di S. de Beauvoir, del suo “consegnarsi” (p. 15) e “compromettersi” (p. 347) al confluire di essere-nel-mondo e immaginario, che le prime tre parti di questo libro – «La genèse intellec- tuelle de Simone de Beauvoir», «L’entrée en littératu- re» e «Le roman existentialiste, une forme historique et engagée» – propongono: dalle prime formulazioni del progetto letterario e dai primi tentativi narrativi e fallimenti editoriali al periodo esistenzialista e alla sua rivisitazione nel romanzo “di gruppo” Les Mandarins, premio Goncourt nel 1954, fino al ritorno alla finzione, oltre dieci anni dopo, con Les belles images e La femme

rompue. La centralità del corpo, il presentimento di

morte, efficacemente articolato alla nozione kierke- gaardiana di ripetizione intesa non come ritorno del medesimo ma come «ressouvenir en avant» (p. 474), ritorno del e sul passato rivolto verso l’avvenire, e i conflitti generazionali, soprattutto tra madri e figlie, sono alcune delle tematiche persistenti che accompa- gnano il progressivo dischiudersi della soggettività alla collettività e l’accentuarsi dell’interesse per la società contemporanea all’intersezione di impegno politico e pratica letteraria.

Trasversale è invece la parte conclusiva, intitolata «Pour une poétique du roman métaphysique», dove trovano compimento le precedenti osservazioni sul- la plurivocità semiotica del romanzo esistenzialista opposta al contro-modello del romanzo a tesi (S.R. Suleiman), sulla riconfigurazione narrativa della tem- poralità (P. Ricœur), nonché sul rifiuto dell’onniscien- za narrativa, sull’alternanza dei punti di vista e sulla loro dislocazione contrappuntistica. Concentrandosi sui dispositivi di rappresentazione della vita interiore privilegiati dall’autrice, e in particolare sullo psico- racconto in regime di dissonanza (D. Cohn), atto a restituire l’opacità e la complessità della coscienza sondata, nonché sull’elaborazione di uno stile per così dire “fenomenologico”, aderente alle percezioni, D. Nicolas-Pierre mette in luce la portata innovativa di racconti dall’impianto apparentemente tradizionale. Se François Nourrissier ha potuto vedere in Les belles

ra di Nathalie Sarraute (p. 518), D. Nicolas-Pierre rie- voca il dibattito organizzato dall’Union des Étudiants Communistes alla Mutualité di Parigi nel 1964 e sotto- linea, al di là della rivalità personale, la consonanza con le ricerche sulla sous-conversation condotte dall’autrice di Tropismes, ferma restando la polemica nei confronti del presupposto anti-umanista che, agli occhi di S. de Beauvoir, caratterizza le sperimentazioni dei nouveaux

romanciers. La finzione rimane per lei uno spazio nel

quale «vivre sa pensée et penser sa vie» (p. 665), come si legge nell’intervista con Sylvie Le Bon de Beauvoir trascritta in appendice a questo studio di riferimento sull’opera di un’autrice che «a cherché et trouvé dans la médiation romanesque des moyens de détourner le vécu autobiographique pour être au plus près d’une certaine vérité de l’expérience» (p. 656).

[steFanogenettI]

MIchèle goslar, Yourcenar en images, Bruxelles,

Racine, 2017, 207 pp.

In occasione del trentennale della morte di Margue- rite Yourcenar, il Centre International Documentation Marguerite Yourcenar (www.cidmy.be) pubblica come

bulletin annuale Yourcenar en images, un volume che

ripercorre la vita della scrittrice attraverso svariate ri- produzioni fotografiche perlopiù inedite al pubblico e provenienti da archivi privati. L’autrice, Michèle Go- slar, è attualmente amministratrice delegata del Cidmy. Nella prefazione, M. Goslar dichiara di voler lascia- re in secondo piano la vicenda intellettuale della scrit- trice, già nota al pubblico grazie a tre biografie a lei de- dicate (J. Savigneau, Marguerite Yourcenar. L’invention

d’une vie, 1990; M. Sarde, Vous, Marguerite Yourcenar. La passion et ses masques, 1995; M. Goslar, Yourcenar. Biographie. «Qu’il eût été fade d’être heureux», 1998),

per approfondire la sfera intima e per privilegiare certi aspetti, come per esempio: l’impatto della morte della madre, l’influenza del padre, l’istruzione ricevuta, l’in- fanzia al Mont-Noir, gli spostamenti in Europa, le am- bizioni letterarie, l’incontro con Grace Frick e la vita a Petite Plaisance, solo per citarne alcuni.

Il volume, composto da quindici capitoli, non segue un ordine cronologico bensì tematico, in quanto alcu- ni dei capitoli sono dedicati a temi cari a Marguerite Yourcenar come il viaggio, la religione, la morte, l’im- pegno ecologico e la preoccupazione per la salvaguar- dia di tutte le specie viventi. Nonostante la necessaria concisione, questo bulletin offre una buona panorami- ca di tutte le tematiche che hanno caratterizzato l’ope- ra della scrittrice e approfondisce diversi aspetti della sua vita, aggiungendo anche curiosi ed interessanti aneddoti poco noti al pubblico.

L’esposizione è arricchita dalle numerose riprodu- zioni fotografiche appartenenti a diversi fondi privati, tra i quali il più importante è senza dubbio quello del- la Houghton Library di Harvard alla quale l’autrice aveva affidato un grande album di fotografie private, dall’infanzia fino ai suoi ultimi viaggi, che ci permette di seguire i suoi spostamenti e di documentare i di- versi periodi della sua vita. Oltre che dalla Houghton Library, le altre riproduzioni fotografiche proven- gono dal Petite Plaisance Trust (Northeast Harbor, Maine), dal Cidmy (Bruxelles, Belgio), dal Radcliff Institute dell’Università di Harvard e da diverse col- lezioni private.

Nella prima parte del volume, troviamo una serie di riproduzioni inedite della madre, Ferdinande de

Cartier de Marchienne (pp. 10-11), del padre, Mi- chel Cleenewerk de Crayencour (pp. 22, 24-25) e di Marguerite Yourcenar nella prima infanzia (pp. 32, 34, 37, 40-41). Successivamente, tra le foto più in- teressanti sono presenti quelle del viaggio in Kenya in compagnia della sua infermiera Monicah Njonghe (pp. 78-79), quella in cui la scrittrice osserva le piante che crescono a «Grande Plaisance» (p. 124) e natural- mente la fotografia in copertina che mostra Yourcenar di fronte a un magnifico tempio tailandese. La lettura di questo volume è scorrevole, nonostante la presenza di numerose citazioni di Marguerite Yourcenar inse- rite soprattutto allo scopo di illustrare le fotografie.

[serenacodena]

Marguerite Duras, paysages, sous la direction de

Anne cousseau, Paris, Lettres Modernes Minard,

2017, «La Revue des lettres modernes», 233 pp. Un’intervista concessa nel 2004 da Yann andréa a

Catherine rodgers (pp. 11-25) apre il quinto volume

della Série Marguerite Duras e mostra, se ce ne fos- se bisogno, il rinnovato interesse per l’opera di una scrittrice che «ne cesse d’interroger notre modernité et la valeur du fait littéraire, son enjeu, ses formes et sa nécessité» (p. 9), come afferma nell’Avant-propos Ber- nard alazet, il curatore dell’intera serie.

I saggi che costituiscono la prima parte del volume che dà il titolo a tutto il testo, «Paysages», offre una rilettura dell’opera dell’autrice a partire dal gesto de- scrittivo che l’attraversa e che rappresenta un aspetto piuttosto trascurato dalla critica, nonostante la conso- lidata abitudine di classificare le opere della Duras in cicli che fanno riferimento alla ricorrenza topografica. Come afferma Anne cousseau nel testo di apertura

del dossier (Poétique du paysage, pp. 29-33), la sensi- bilità della scrittrice verso il paesaggio trae origine dai luoghi dell’infanzia, in particolare dall’Indocina. «An- crage diégétique tout autant que symbolique» (p. 30) strettamente connesso allo sguardo e all’espressione di una soggettività che rinvia all’universo personale dell’autrice e a quello dei suoi personaggi, esperienza fondamentale attraverso cui il soggetto cattura il mon- do, l’esercizio descrittivo, che alimenta una singolare poetica tesa alla ricerca di una presenza più che alla mera rappresentazione, «s’affronte au manque à voir comme au manque à dire» (p. 31). Cécile hananIa

(Inspirations paysagères de Marguerite Duras. Savanes

de l’Ouellé, vallée de la lune et cimes de la mort, pp. 35-

49) dimostra che nelle opere Le marin de Gibaltrar, Les

impudents et Emily L. l’autrice prende le distanze dalla

forte referenzialità del tanto discusso saggio di gioven- tù L’empire français, manifestando «une incarnation géographique aléatoire» (p. 49) attraverso il ricorso a percorsi erratici, la retorica dell’ellissi e dell’astrazione, il rifiuto delle convenzioni romanzesche, delle descri- zioni dettagliate e della precisa inscrizione territoriale. Allo stesso processo di déréalisation giunge l’analisi di Marie-Annick gervaIs-zanInger ((D)écrire dit-elle. Le

geste descriptif chez Duras, pp. 51-75) che ripercorre

l’evoluzione della scrittura descrittiva dell’autrice. La funzione referenziale della descrizione viene infatti progressivamente invasa dal funzionamento poetico della scrittura attraverso l’ellissi, l’anafora, effetti di indeterminazione e di metaforizzazione. Il descritti- vo, intriso di sensorialità (dall’importanza della luce e dei colori agli effetti sinestetici) tenderebbe, appunto, verso una sorta di «déréalisation, selon un mouvement

Novecento e

xxi

secolo 363