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I nuovi socialdemocratici dell’est

Capitolo II. Il Dipartimento Internazionale tra rappresentanza e disciplina

1. I nuovi socialdemocratici dell’est

La storia della socialdemocrazia nell’Europa dell’est dopo la Seconda Guerra Mondiale è un argomento poco studiato e solitamente considerato irrilevante. Peter Heumos ha spiegato che il canone narrativo segue una narrazione apologetica sviluppata durante la Guerra Fredda, che vede i comunisti escludere gradualmente i socialisti dal potere tramite infiltrazione, terrorismo e cospirazione1. Si tratta di una narrazione convincente, anche perché è stata elaborata dai socialisti stessi in esilio con l’aiuto del Labour Party2 e diffusa in giro per l’Europa con l’aiuto delle organizzazioni britanniche ed americane per la propaganda. Dopo la caduta del Muro questa storia è diventata parte integrante della narrazione nazionale delle nuove democrazie dell’Europa dell’est ed ha trovato larga diffusione nell’opinione pubblica mondiale tramite un libro di grande successo – Iron Curtain: the

Crushing of Eastern Europe 1944-56 – scritto da Anne Applebaum, editorialista

di importanti testate occidentali e moglie di un ministro degli esteri polacco nazionalista3. Questa narrazione è nociva per lo studio dei socialdemocratici poiché ‘le loro lotte e dilemmi ideologici per venire a patti con la realtà

1 Peter Heumos, ‘Die Sozialdemokratie in Ostmitteleuropa 1945-1948. Zum gesellschaftlichen

Potential des demokratischen Sozialismus in Polen, der Tschechoslowakei und Ungarn’ in

Sowjetisches Modell und nationale Prägung. Kontinuität und Wandel in Ostmitteleuropa nach dem Zweiten Weltkrieg. Historische und Landeskundliche Ostmitteleuropa-Studien 7 im Auftrage des J.G.Herder-Forschungsrates, hrsg. von Hans Lemberg, (Marburg/Lahn : J.G.Herder-Institut

1991) pp. 51-70.

2 The Curtain falls: the Story of the Socialists in Eastern Europe, ed. by Denis Healey, (London:

Lincolns-Prager 1951).

3 Anne Applebaum, Iron curtain: the crushing of Eastern Europe 1944-1956, (London : Penguin

postbellica sono stati nel migliore dei casi ignorati, nel peggiore considerati inutili’4. Questo vale soprattutto per i rapporti tra socialisti dell’ovest e socialisti dell’est, ridotti ad una incomprensione tra socialisti democratici e fellow traveller5 , mentre i legami transnazionali furono centrali per l’evoluzione della Conferenza Socialista Internazionale, ma anche per la lotta di fazione ed la diplomazia socialista informale.

La questione centrale della Conferenza Socialista Internazionale dal 1946 fino al golpe di Praga nel febbraio 1948 era come accomodare i bisogni dei più importanti partiti socialisti dell’Europa dell’Est: il Partito Socialista Polacco (Polska Partia Socjalistyczna – PPS) e il Partito Socialdemocratico Cecoslovacco (Československá sociální demokracie – ČSSD), in particolare il primo. La questione polacca era centrale nella definizione degli assetti postbellici e la Polonia era direttamente interessata alla risoluzione della questione tedesca. Il PPS sistematicamente prese la guida del socialismo di sinistra nella Conferenza Socialista Internazionale, formando un blocco con gli italiani e gli ungheresi e un rapporto discontinuo con francesi e cecoslovacchi. il Labour Party dava importanza centrale al rapporto con il PPS con il duplice scopo di rafforzare la socialdemocrazia nell’Europa dell’est, così da preparare il ‘roll-back socialista nell’Europa orientale’,6 e di stabilire un modus vivendi con i socialisti che collaboravano con i comunisti e, indirettamente, con l’Unione Sovietica. Fino al 1948 i due gruppi della Conferenza Socialista Internazionale agirono secondo l’assunto che socialisti di destra e socialisti di sinistra fossero membri legittimi della stessa famiglia e

4 A.J. Prazmowska, ‘The Polish Socialist Party 1945-1948’, East European Quarterly, XXXIV, n.3, September 2000, p.337.

5 Peter Heumos, ‘Einleitung’ in Europäischer Sozialismus im Kalten Krieg: Briefe und Berichte

1944-1948, hrsg. von Peter Heumos, (Frankfurt am Main: Campus, 2004), pp.13-17.

6 ‘Die Hoffnung auf ein osteuropäischer sozialistisches roll-back hieß aus westeuropäischer

Sicht keineswegs, dass man sich auf eine attentistische Position beschränkte, auf das Warten auf bessere Zeiten’ (Europäischer Sozialismus im Kalten Krieg, p.33).

l’obiettivo degli uni fosse convincere gli altri, non eliminarli politicamente (o, in Europa dell’est, fisicamente):

L’offensiva dell’est verso ovest [Westoffensive] incontrò l’offensiva dell’ovest verso est [Ostoffensive], ma era efficace solo con l’ala sinistra del Labour Party (Laski, John Mack, Konni Zilliacus )7.

La convivenza e la competizione produsse l’internazionalizzazione delle liti domestiche: le fazioni minoritarie di sinistra cercavano l’aiuto dei partiti dell’est, le fazioni minoritarie di destra cercavano l’aiuto del Labour Party. Il dibattito dentro i partiti si svolgeva con riferimenti positivi o negativi all’Europa dell’est o alla Gran Bretagna.

La posizione dei socialdemocratici dell’Europa dell’est era particolare a causa della ristrutturazione radicale dei movimenti socialisti locali e dalla loro intensa lotta di fazione tra gruppi in feroce opposizione, di cui il caso polacco è emblematico. La catastrofe del settembre 1939, con la caduta dello Stato e la fuga all’estero dell’élite (non solo quella di regime, ma anche dei partiti di opposizione) provocò una crisi di legittimità in Polonia, lasciando campo libero per la competizione tra gruppi dirigenti8. Come spiegato da Jan Gross, la trasformazione ‘rivoluzionaria’ della guerra precedette e rese possibile le radicali trasformazioni politiche dell’Europa orientale postbellica9. Radicale fu soprattutto la trasformazione del materiale umano, specialmente in Polonia, dove lo sterminio sistematico e l’esilio dei leader politici distrusse i meccanismi normali per la riproduzione dell’élite e il vecchio sistema di

7 ‘Die Westoffensive aus dem Osten traf sich mit der Ostoffensive aus dem Westen, die jedoch

offenbar allein vom linken Fluegel der Labour Party (Laski, John Mack, Konni Zilliacus u.a.) getragen wurde’ (Peter Heumos, ‘Einleitung’ in Europäischer Sozialismus im Kalten Krieg, p.37).

8 Anita J.Prazmowska, Civil War in Poland, 1942-1948, (Basingstoke-New York: Palgrave 2004),

pp.1-23.

9 Jan Gross, ‘War as Revolution’ in The Establishment of Communist Regimes in Eastern Europe,

1944-1949, ed. by Norman, Naimark, Leonid Gibianskii (Boulder: Westview press, 1997)

pp.17-35. Vedi anche Padraic Kenney, Rebuilding Poland : workers and communists, 1945-1950 (Ithaca ; London : Cornell University Press, 1997), pp.1-23.

valori che regolava la cooptazione dei nuovi elementi, creando quella che Anna Kriegel chiamava ‘la diabolica pedagogia’.10

Prima della guerra i movimenti socialisti erano stati movimenti di medie dimensioni (tranne in Cecoslovacchia), segnati da immobilismo e declino. La questione nazionale aveva la precedenza sulle divisioni di classe e la cultura della classe operaia era difensiva, preferendo soluzioni comunitarie senza l’intervento statale ed organizzando i lavoratori su base settoriale11. I vecchi dirigenti, riformisti, anticomunisti e nazionalisti che non presero la via dell’esilio finirono nei campi di concentramento (tedeschi o sovietici). La guerra e il dopoguerra lasciarono spazi liberi per quanti proponevano un’alleanza con i comunisti. Anche evitando una denuncia moralistica dell’opportunismo, non è possibile comprendere la storia dell’Europa orientale senza sottolineare come la guerra e la ricostruzione fornirono l‘opportunità agli eretici dell’anteguerra e ai giovani ambiziosi di far avanzare la loro carriera ed i loro ideali. Dei 75 membri del Consiglio Supremo del PPS eletti nel 1937, 36 morirono durante la guerra e 11 rimasero in esilio. Adam Ciolkosz parlò di oltre 700 leader del partito uccisi nella resistenza12. Nel 1945 restavano in Polonia solo 6 membri dell’esecutivo del PPS nel 1937 e solo uno13 (Adam Kuryłowicz) venne immediatamente cooptato nel nuovo partito socialista creato nel dopoguerra. Il Comitato Esecutivo eletto dal congresso del giugno 1945 conteneva una sola persona (Jan Stańczyk, che era appena tornato dall’esilio) che era stato un membro del Comitato Esecutivo dell’anteguerra.

10 Vladimir Tismaneanu, ‘Diabolical Pedagogy and the (Il)logic of Stalinism in Eastern

Europe’ in Stalinism revisited: the establishment of communist regimes in East-Central Europe, ed. by Vladimir Tismaneanu (Budapest-New York: Central European University Press, 2009) pp.25-34. Anche Kenney, Rebuilding Poland, pp.1-23

11 Heumos, ‘Die Sozialdemokratie in Ostmitteleuropa 1945-1948’, pp.54-57.

12 Adam Ciolkosz, The Expropriation of a Socialist Party, (New York: Polish Socialist Alliance

September-October 1946), p.4 (presente in Labour History Archive and Study Centre (Hereafter LHASC)/International Department (hereafter ID)/ Denis Healey’s papers (Hereafter DH)/09/05).

13 Gli altri erano Zygmunt Żuławski, Zygmunt Zaremba, Aleksy Bien, Dorota Kłuszyńska,

Nessun grande dirigente del partito nel dopoguerra era stato una figura prominente prima della guerra, con l’eccezione di Józef Cyrankiewicz e solo a livello locale:

La nuova dirigenza del PPS fu reclutata dai quadri intermedi del partito, dai sindacati, dal movimento cooperativo, dalla Società delle Università dei Lavoratori e dalla loro Organizzazione Giovanile14.

La distruzione della vecchia élite fu in parte un prodotto delle sue scelte. L’élite polacca dell’anteguerra (sia del regime Sanacja sia dei partiti di opposizione) si stabilì in esilio a Parigi e a Londra ed operò sistematicamente per impedire l’emergere di nuovi elementi che avrebbero potuto sostituirla, avocando a sé ogni decisione di natura strategica e politica e sospendendo ogni discussione politica nella clandestinità. I socialisti polacchi non furono meno sistematici in questo approccio: il 27 settembre 1939 i dirigenti più alti rimasti in Polonia proclamarono lo scioglimento del PPS, ufficialmente per favorire l’entrata in clandestinità, ma, secondo Anna Prazmowska,15 con l’intenzione di evitare la creazione di una dirigenza rivale a quella in esilio. Quando i socialisti crearono l’organizzazione clandestina, il WRN 16, proibirono l’accesso agli elementi di sinistra ed ai giovani che non avevano esperienza di partito. I socialisti erano sicuri di poter mantenere l’egemonia sulla classe operaia nonostante la compromissione con la Sanacja, un programma moderato e la riluttanza a lanciare operazioni militari audaci:

Questo creò i prerequisiti perché certe sezioni della sinistra prebellica e della giovane generazione, che non avevano alcun

14 Krystyn Kersten, The establishment of communist rule in Poland, 1943-1948 (Berkley:

University of California Press, 1991), p.177.

15 Kersten, pp.14-117; Prazmowska, ‘The Polish Socialist Party 1945-1948’, pp.338-341;

Prazmowska, Civil War in Poland, pp.38-40. Ciolkosz difese questa decisione in Adam Ciolkosz, The Expropriation of a Socialist Party.

senso di fedeltà verso le organizzazioni pre-belliche, di sviluppare i propri gruppi e avanzare programmi per la realtà postbellica, una cosa che il PPS-WRN non poteva tollerare17.

I socialisti di sinistra, soprattutto i giovani radicalizzati dalla guerra, si diedero organizzazioni autonome dal WRN e, come altrove in Europa durante la guerra, cercarono di ottenere un radicamento nel tessuto sociale proponendo un programma di ampie riforme, mentre i comunisti (con un programma e un nome moderato, Partito dei Lavoratori Polacchi, PPR) seguivano la moderazione tattica imposta dagli interessi sovietici, sebbene Gomułka18 volesse radicare i comunisti nella realtà nazionale. Il destino del socialismo polacco non dipese però dalle azioni dei socialisti: la base dei socialisti di sinistra venne distrutta nell’assedio di Varsavia e l’Armata Rossa represse la WRN. Il più largo gruppo sopravvissuto a Varsavia era quello di Osobka-Morawski, che aveva stretto un’alleanza con i comunisti e dipendeva da loro per fare attività politiche. I socialisti appoggiarono il governo provvisorio polacco creato dai sovietici a Lublino (dopo che avevano rotto con il governo polacco di Londra) e il gruppo di Osobka-Morawski tenne il primo congresso nella Polonia liberata dai tedeschi (settembre 1944), rivendicando il nome di PPS ed assorbendo i socialisti che avevano passato l’esilio in Unione Sovietica19 e quelli disposti a collaborare coi comunisti che ritornavano dall’Occidente20. La grande maggioranza dei delegati aveva militato tra i socialisti di sinistra, ma non aveva legami con la WRN o il partito prebellico, così il congresso condannò la tradizione riformista del partito.

17 Prazmowska, Civil War in Poland, p.40.

18 Per le idee di Gomułka e i dibattiti dentro il PPR durante e dopo la guerra vedi Inessa

Iazhborovskaia, ‘The Gomułka Alternative: The Untraveled Road’ in The Establishment of

Communist Regimes, pp.123-137.

19 Boleslaw Drobner, Stefan Matuszewski, Feliks Mantel, Ryszard Obraczka. 20 Henryk Jabłonski, Oskar Lange, Tadeusz Ćwik.

Nel partito cecoslovacco un processo simile ebbe luogo, influenzato dall’accordo di Monaco, che rimise in discussione la politica del partito dei due decenni precedenti e delegittimò la dirigenza presso la base21. Il partito era diviso sul passato e sul futuro nella resistenza e nell'esilio. Dopo l’invasione dell’URSS, i comunisti fecero delle aperture per il fronte popolare e la sinistra socialdemocratica (Fierlinger, Bechyne e Laušman) si disse favorevole. Un gruppo a cui aderivano Nemec, Nečas e Bečko difendeva l'attività del partito e sosteneva la necessità di rimanere fedeli alla tradizione e di non praticare riforme radicali. La destra si scisse brevemente, ma poiché la scissione non avvantaggiava i comunisti, Mosca e Beneš lavorarono per ricucire. I nemici della sinistra, Holub e Majer, accettarono di rientrare, dato che non avrebbero potuto costituire una forza indipendente, mentre Josef Belina, che era stato membro del Comitato Dallas, rifiutò qualsiasi collaborazione con i comunisti e si ridusse all'isolamento, per morire in esilio nel 1948. A partire dal 1943 prevalse la convinzione che l'alleanza coi comunisti e ampie riforme fossero necessarie e entro il 1944 gli eventi internazionali e l'aiuto dei comunisti permisero alla sinistra di prevalere. Le diverse opinioni riguardavano solo la funzione della socialdemocrazia nel nuovo stato e il grado di cooperazione coi comunisti. La nomina di Majer come ministro fu una concessione a Beneš, non dipese dalla sua posizione nel partito. Fierlinger, che era stato un dirigente minore prima della guerra, ebbe una rapida ascesa in quanto uomo di Mosca. La nuova dirigenza criticò la tradizione riformista del partito e dichiarò l’intenzione di ricostruire l’organizzazione da capo. I quadri e i dirigenti erano nei campi di concentramento e alcuni, soprattutto operai e funzionari esperti, erano stati radicalizzati ed erano passati ai comunisti (spinti anche dagli annunci di una

21 Karel Kaplan, Das Verhängnisvolle Bündnis. Unterwanderung, Gleichschaltung und Vernichtung

der Tschechoslowakischen Sozialdemokratie 1944-1954 (Pol-Verlang 1984), pp.36-40. Martin

Myant, Socialism and Democracy in Czechoslovakia, 1945-1948, (Cambridge: Cambridge University Press 1981), pp.46-52.

prossima fusione). Il partito mantenne la struttura dell'anteguerra con le sezioni locali e solo in seguito tentò di sviluppare organismi di fabbrica. Il congresso del ottobre 1945 indicò una rottura con il partito del 1938.

Anche se la linea del fronte popolare coi comunisti non era in discussione, era possibile offrire un’interpretazione diversa. Karel Kaplan ha offerto un modello per spiegare la lotta tra fazioni dentro il partito cecoslovacco che può avere un’applicazione più generale. Vi era una Sinistra (meglio detta con le parole di Kaplan, ‘l’Ultra-Sinistra’22) che appoggiava sistematicamente l’unità della classe operaia e attribuiva ai comunisti l’autorità per guidarla. Questa fazione riceveva aiuto dai comunisti e vi erano molti casi di entrismo e doppie tessere. In Polonia il leader era Stefan Matuszewski, in Cecoslovacchia Nėmec. La fazione di Destra non chiedeva apertamente la rottura coi comunisti, ma voleva che il partito sviluppasse la propria identità e le proprie proposte, valutasse alleanze con altri gruppi e accettasse i membri dell’anteguerra. Membri importanti erano in Polonia Boleslaw Drobner e in Cecoslovacchia Majer. La maggioranza del partito si trovava in un grande Centro o Centro-Sinistra che voleva cooperare coi comunisti, ma non desiderava il loro monopolio sul potere e la fusione immediata. In Polonia e Cecoslovacchia questa era guidata dai capi del partito, rispettivamente Osobka-Morawski e Fierlinger all’inizio, poi Cyrankiewicz e Laušman quando i due partiti scelsero una linea più autonoma23 In questa situazione eccezionale la psicologia della massa socialista inclinava verso un desiderio genuino di mantenere l’identità socialista e una diffidenza radicata verso i comunisti, ma vi era la convinzione che l’unità della classe operaia fosse necessaria per la ricostruzione nazionale e il consolidamento della democrazia, perché sarebbe stato necessario stare uniti contro capitalisti e reazionari, soprattutto contro i revanscisti tedeschi.

22 Kaplan, pp.140-143.

L’impressione dei socialisti, probabilmente corretta, era che le altre classi non fossero particolarmente socialiste o democratiche. Inoltre i socialisti (come anche le altre forze politiche e le cancellerie occidentali) credevano che i comunisti non avrebbero potuto governare il paese da soli e Stalin sarebbe venuto a patti per proteggere la sicurezza dell’Unione Sovietica. Con le parole di Jan Stańczyk, contavano sul fatto che i sovietici capissero che i polacchi erano ‘buoni vicini e alleati fedeli’, ma ‘materia prima inadatta per sudditi o schiavi’24.

La tendenza a recuperare la propria autonomia emerse nel socialismo cecoslovacco e anche polacco (cosa inaspettata, considerato che il legame ideale e umano col riformismo prebellico era stato troncato). Ancora nell’aprile 1945 80% dei membri del PPS non aveva avuto legami con il socialismo prebellico, ma in seguito i vecchi socialisti iniziarono ad essere ammessi e già all’inizio del 1946 i gruppi filocomunisti avevano cessato di essere la forza dominante. Sebbene il Partito Socialista Polacco e il Partito Popolare Polacco fossero nati come partiti fantocci, divennero presto forze politiche genuine che offrivano una timida resistenza ai comunisti25. A rafforzare le tendenze autonomiste giocava anche lo scontro sociale e la lotta di classe. In Polonia i comunisti governavano in forza dell’armata polacca addestrata nell’URSS26 e pianificavano l’eliminazione di ogni organizzazione sociale indipendente dallo stato e l’atomizzazione completa, così che sarebbe stato più facile costruire la nuova società e l’uomo nuovo. I lavoratori avevano le proprie tradizioni di comunità solidale indipendente dallo stato e l’aspirazione all’autogestione della fabbrica27. L’ostilità verso le tendenze centralizzatrici e produttiviste del ministero dell’economia a guida comunista

24 ‘Congress of the Socialist Party in Warsaw’, Polpress, 6 July 1945. 25 Kersten, p.143.

26 Sugli apparati di sicurezza vedi John Micgiel, ‘”Bandits and reactionaries”: The

Suppression of the Opposition in Poland, 1944-1946’ in The Establishment of Communist

Regimes, pp. 93-104.

crearono una resistenza nei centri tradizionali della classe operaia come Lodz dove i socialisti avevano un tradizionale insediamento sociale. I comunisti e la polizia segreta segnalavano con preoccupazione l’appoggio dei piccoli funzionari socialisti agli scioperi28. In realtà il fallimento dei dirigenti socialisti fu proprio l’incapacità di cooptare gli istinti e le passioni della base e dare un contenuto sociale concreto alla lotta contro il comunismo, radicando le aspirazioni politiche e gli ideali nella lotta quotidiana29. Paradossalmente chi comprese l’importanza della politica dal basso e la sfruttò fino alle sue logiche conseguenze furono i sindacalisti cattolici di Solidarność, ma solo molti anni dopo. I dirigenti socialisti erano interessati alla politica alta, quindi per accrescere il loro potere si rivolsero alla gestione delle relazioni fraterne internazionali.