La Convenzione di Istanbul è stata scritta dopo aver analizzato a fondo il fenomeno della violenza di genere, e per questo, ha previsto una risposta concreta e vincolante da parte degli Stati ratificanti alla lotta alla violenza domestica e di genere, poiché gli Stati sono gli unici soggetti capaci di giudicare e punire coloro che compiono atti di violenza, sia che possono attuare azioni e campagne atte ad un cambiamento radicale di mentalità nei confronti di un fenomeno così vasto, proprio a partire dai propri funzionari, giudici e forze dell’ordine.
304 Consiglio d’Europa, Explanatory Report to the Council of Europe Convention on preventing and combating violence against women, Preambolo p. 34
305 V. Supra, alla nota 304 306 V. Supra, alla nota 304
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All’inizio dei lavori preparatori alla Convenzione, infatti, è stata coinvolta anche la Professoressa Christine Chinkin, specializzata nell’estensione e protezione dei diritti umani delle donne, che attraverso le sue ricerche e dichiarazioni è riuscita ad ampliare il concetto di violenza contro le donne attraverso lo sviluppo di una tipologia di protezione quale il meccanismo di dovuta diligenza, affermando come uno Stato che fallisce nell’esercitare la due diligence nel prevenire e punire le violenze contro le donne, costituisca una violazione dei diritti umani di cui lo Stato stesso è responsabile307. Il cambiamento di atteggiamento dal considerare la violenza di genere come un fatto privato e interno, a considerarlo una responsabilità propria di uno Stato, è parte dell’azione, delle idee e delle campagne, sviluppate dai movimenti femministi di tutto il mondo a partire dagli anni ’60-’70308, grazie allo slogan ‘personale è politico’ con cui sostenevano che le donne soffrono di determinati svantaggi a conseguenza di una società altamente patriarcale. Ritenevano, infatti, che per ottenere un’effettiva svolta nelle relazioni uomo-donna, fosse necessario politicizzare la vita privata e personale delle persone, acquisendo così un cambiamento di mentalità e concezione309. Tutto ciò, è stato consentito dai movimenti radicali femministi che sono stati fondamentali nell’aumentare la consapevolezza della pericolosità della violenza domestica e di genere nella società, e nello sviluppare l’idea di responsabilità statale all’interno della sfera privata, punendo e prevenendo atti di violenza.
Inizialmente, si considerava la sfera privata come separata dal mondo pubblico, e per questo ritenuta al di fuori della responsabilità statale. Tuttavia, per ciò che accade all’interno della vita privata familiare è responsabile lo stato, soprattutto nel caso vi avvengano violazioni, proprio perché è colui che legittimizza e regola le istituzioni di qualsiasi genere, che le organizza e che quindi, ha anche la capacità e possibilità di controllarle e modificarle310. Per questo, inizialmente, i diritti umani erano formulati negativamente in modo che ogni Stato si astenesse dal violare determinati diritti,
307 Research Impact: making a difference, The London School of Economic and Political Science, 2014, p.
2
308 OWENS A., Confronting the challenges of domestic violence sentencing policy: a review of the increasingly global use of batterer intervention program, Fordham University School of Law, 2012, p. 10 309 WENDLING, A classification of feminist theories, Vol: 3, n. 2, Les ateliers de l’étique, 2008, p. 9 310 FINEMAN, The vulnerable subject: anchoring equality in the human condition, 20 Yale J.L & Feminism, 2008-2009. p. 10
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successivamente, poi, ad ogni Stato, fu richiesto di proteggere i diritti individuali violati da terze parti311 attraverso obblighi positivi verso cui tendere per migliorare gradualmente la situazione, attraverso il raggiungimento di risultati (obbligo di risultato), il mantenimento di una certa condotta (obbligo di dovuta diligenza) o la progressiva realizzazione di un diritto312.
L’evoluzione delle idee in merito a questo fenomeno, hanno condotto ad una maggiore consapevolezza a livello regionale, internazionale e mondiale, dell’esigenza di avere un’azione forte e comune che drasticamente agisse per arginare ed eliminare il fenomeno della violenza di genere e domestica, attraverso una forte reazione statale e lo sviluppo degli obblighi positivi.
Il principio di ‘due diligence’, quindi, è una risposta statale ad una responsabilità dello Stato, sia per istituzioni che agiscono in suo nome, che per atti di violenza che si potevano evitare attraverso una migliore azione preventiva o una maggiore sensibilizzazione313. Per questo, dopo che un illecito è stato commesso, l’inazione di uno Stato o il suo fallimento nel prevenire l’azione di un attore privato, risulta un’omissione al ricorso di dovuta diligenza da parte dello Stato314.
Il concetto di duty of due diligence, quindi, ha un ruolo cruciale nel campo della protezione dei diritti umani, poiché è un elemento standard per la tutela delle norme e della prassi in materia di protezione delle donne315 , che si è evoluto nel tempo.
Il ruolo chiave degli Stati è stato definito per la prima volta nella Raccomandazione Generale n.19 della CEDAW316 nel 1992, in cui sono chiamati ad essere responsabili anche di atti compiuti da privati, poiché questo significa che hanno fallito nell’attuazione
311 MC QUIGG R., What potential does the Council of Europe Convention on Violence against women hold as regards Domestic Violence, Queen’s University Belfast, School of law Research, Paper N. 2014-11, p.8 312 DE VIDO S., States' Due Diligence Obligations to Protect Women from Violence: A European Perspective in Light of the 2011 CoE Istanbul Convention, European Yearbook on Human Rights, 2014, p.
370
313 ONU, 15 years of the United Nation Special Rapporteur on violence against women, its causes and consequences, 1994-2009, p. 31
314 MC QUIGG R. J. A., A contextual analysis of the Council of Europe’s Convention on preventing and combating violence against women, Queen’s University Belfast, Research Paper n. 2014-09, 2012, p. 6 315 DI STEFANO A., Violenza contro le donne e violenza domestica nella nuova convenzione del Consiglio d’Europa, in Diritti Umani e diritto Internazionale, vol.6, n.1, 2012, p. 4
316 Raccomandazione Generale n.19 consultabile al sito
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della dovuta diligenza tramite la prevenzione, l’investigazione e la punizione di atti lesivi317.
In seguito, il principio di due diligence è stato riaffermato anche nella Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne (art. 4)318, con l’obiettivo di espandere la responsabilità statale agli attori privati nella sfera pubblica o privata, ponendo tra i doveri statali la prevenzione, l’indagine, la punizione e la ricompensa per tutti gli atti di violenza subiti dalle vittime319.
Un richiamo al concetto si trova anche nel rapporto del Relatore Speciale sulla violenza contro le donne del 20 Gennaio 2006320 nel quale si sottolinea come ogni intervento statale debba essere efficace e reattivo, attraverso l’applicazione di strategie multidirezionali: a partire dal livello individuale delle donne, con l’empowerment femminile; dalla comunità, attraverso un cambiamento di mentalità e di cultura; dallo Stato, attraverso le ratifiche e le implementazioni dei trattati internazionali; e a livello transnazionale attraverso organizzazioni internazionali che si occupino delle migrazioni ecc.321.
Inoltre, si trovano richiami anche all’interno della Convenzione di Belém do Parà322 (art. 7), nella Commissione Inter-Americana dei diritti umani323, nella Rec(2002)5324 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, nel Protocollo di Maputo325, ed infine, nella Quarta Conferenza Mondiale delle donne a Pechino326, focalizzandosi sempre più sull’importanza della protezione delle vittime.
317 MC QUIGG R., What potential does the Council of Europe Convention on Violence against women hold as regards Domestic Violence, Queen’s University Belfast, School of law Research, Paper No. 2014-11,
p.8
318 Dichiarazione sull’eliminazione della violenza contro le donne consultabile al sito http://www.un.org/documents/ga/res/48/a48r104.htm
319 V. Supra, alla nota 296
320 Rapporto della Relatrice Speciale The due diligence standard as a tool for the elimination of violence against women, http://www.refworld.org/docid/45377afb0.html
321 Report of the Special Rapporteur on violence against women, its causes and consequences, Yakin Ertürk, The due diligence standard as a tool for the elimination of violence against women, 2006, p. 2
322 V. Supra, alla nota 265
323 Commissione Inter-Americana dei diritti umani consultabile al sito http://www.oas.org/en/iachr/ 324 V. Supra, alla nota 233
325 V. Supra, alla nota 276
326 HASSELBACHER L., State Obligation Regarding Domestic Violence: The European Court of Human Rights, Due Diligence, and International Legal Minimums of protection, Northwestern Journal of
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Ulteriormente, con il passare degli anni il concetto di dovuta diligenza e di responsabilità statale si è esteso e diffuso sempre più, rispetto alle prime convenzioni in cui è stato reso necessario ed obbligatorio, fino ad essere utilizzato dagli organi delle Nazioni Unite327 e considerato come ragione di indagine da parte della Corte Europea dei Diritti Umani, dalla Commissione della CEDAW328 e dalla Corte Inter-Americana dei diritti umani. A prova di ciò si ricordano alcune decisioni prese in materia, tra cui, si menziona la decisione A.T. c. Ungheria329 del 2003, nella quale la Commissione della CEDAW ha rimarcato che la mancanza di una legislazione specifica in materia di violenza domestica330, costituisca una violazione dei diritti umani e delle libertà fondamentali delle donne331, in quanto, nel caso in questione, la donna aveva subito violenze e minacce dal marito, senza poter usufruire di un rifugio statale, poiché nessuno di questi era equipaggiato adeguatamente per ospitare uno dei suoi due figli con danni cerebrali. Per questo, l’Ungheria ha fallito nel provvedere e rispondere ai suoi obblighi nei confronti delle vittime332.
Un altro esempio, è la sentenza Kontrova c. Slovacchia del 2007333, della Corte Europea dei Diritti Umani, nella quale, nonostante le diverse denunce di violenze e abusi da parte della vittima, lo Stato non ha né investigato, né punito il marito, né rispettato i suoi obblighi positivi nel tutelare le vittime, non garantendo che qualche tempo dopo il coniuge sparasse prima ai due figli e poi a se stesso334.
327 DE VIDO S., States' Due Diligence Obligations to Protect Women from Violence: A European Perspective in Light of the 2011 CoE Istanbul Convention, European Yearbook on Human Rights, 2014, p.
371
328 V. Supra, alla nota 294, p.5
329 Decisione A.T. c. Ungheria consultabile al sito
http://www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/protocol/decisions-
views/CEDAW%20Decision%20on%20AT%20vs%20Hungary%20English.pdf
330 HASSELBACHER L., State Obligation Regarding Domestic Violence: The European Court of Human Rights, Due Diligence, and International Legal Minimums of protection, Northwestern Journal of
International Human Rights, Vol. 8, n. 2, article 3, 2010, p. 9
331 FAEDI DURAMY B., Judicial Developments in the Application of International Law to Domestic Violence, Golden Gate University School of Law, 2012, p. 16
332 MEYERSFELD B., Domestic Violence and International Law, Hart Publishing, 2012, p. 44
333 Sentenza Kontrova c. Slovakia consultabile al sito
http://www.coe.int/t/dg2/equality/domesticviolencecampaign/resources/Kontrova%20v.%20Slovakia_en. asp
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Simile, è il caso della sentenza Bevacqua c. Bulgaria del 2008, della Corte Europea dei Diritti Umani, nella quale la Bulgaria è stata incriminata per non avere assistito adeguatamente una donna e suo figlio vittime di abusi, per averla accusata soprattutto del rapimento del figlio, quando ha cercato rifugio presso un centro anti-violenza, e per aver condotto l’indagine con negligenza335, senza aver preso le dovute misure di restrizione nei confronti del marito della donna. La Corte, quindi, ha sottolineato l’importanza dell’implementazione di tutte le norme previste dai diversi trattati per contribuire ad un miglioramento reale della situazione riguardante la violenza domestica336.
Analogo a questo caso, è la sentenza Tomasic c. Croazia, del 2009337 della Corte Europea dei Diritti Umani, nella quale lo Stato ha fallito i propri obblighi di proteggere e tutelare il diritto alla vita delle vittime, madre e figlia, avendo arrestato, e rilasciato subito dopo il marito, dopo avergli diagnosticato profondi disturbi di personalità, che hanno condotto all’omicidio della moglie, figlia e di se stesso, una volta rilasciato338. La Corte dopo questo caso, riprendendo anche il precedente, ha rimarcato l’importanza degli obblighi positivi statali nel prevenire le reali e possibili minacce immediate, che pongono a rischio la vita di una persona da parte di terze parti.
Si ricorda, anche, anche la sentenza Opuz c. Turchia339 del 2009, nella quale la Corte Europea dei Diritti Umani ha condannato la Turchia per non aver rispettato la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, non avendo protetto adeguatamente madre e figlia dall’abuso domestico e dall’omicidio della madre, perpetrato dall’ex marito, riconoscendo la violenza domestica come una forma di discriminazione di genere che deve essere tutelata dalla responsabilità statale340. Ciò, rappresenta un punto di svolta nella definizione della due diligence, poiché per la prima volta, è affermato che gli Stati
335 Sentenza Bevacqua c. Bulgaria consultabile al sito http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 86875#{"itemid":["001-86875"]}
336 HASSELBACHER L., State Obligation Regarding Domestic Violence: The European Court of Human Rights, Due Diligence, and International Legal Minimums of protection, Northwestern Journal of
International Human Rights, Vol. 8, n. 2, article 3, 2010, p. 13
337 Sentenza Tomasic c. Croazia consultabile al sito http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 90625#{"itemid":["001-90625"]}
338 FAEDI DURAMY B., Judicial Developments in the Application of International Law to Domestic Violence, Golden Gate University School of Law, 2012, p. 20
339 Sentenza Opuz c. Turchia consultabile al sito http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 92945#{"itemid":["001-92945"]}
340 FAEDI DURAMY B., Judicial Developments in the Application of International Law to Domestic
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devono fornire agli individui qualsiasi mezzo per ottenere forme di protezione, quali un ordine di allontanamento o restrittivo o un espulsione nei confronti del molestatore341. Da citare, poi, nell’evoluzione del concetto di due diligence, vi è anche la sentenza Jessica
Lenahan Gonzales c. Stati Uniti del 2011342, nella quale la Commissione Inter-Americana dei Diritti dell’Uomo, ha ritenuto gli Stati Uniti responsabili della violazione dell’obbligo di dovuta diligenza nella protezione della madre e le due figlie dai ripetuti atti di violenza, e dal non provvedere ad un ordine di protezione obbligatorio contro l’ex marito della donna. Questo in seguito, ha condotto al sequestro e all’assassinio delle figlie della donna, rilevando come gli Stati Uniti dovessero migliorare le proprie politiche e le leggi riguardanti la violenza domestica, in particolare durante le indagini343.
Si menziona ulteriormente, la sentenza Valiuliené c. Lituania del 2013, nella quale una donna lituana ha subito violenza da parte del suo convivente Belga. È importante per il concetto di due diligence, soprattutto per l’opinione del giudice De Albuquerque344, che ha sottolineato l’importanza dell’azione positiva degli Stati nel rispetto e nell’eliminazione della violenza, non solo nel giudicare e proteggere le vittime, ma anche nel prevenire terze parti dal commettere o ripetere atti di violenza, attraverso la fornitura di aiuti primari di supporto alle vittime, e considerando queste azioni come parti del diritto internazionale consuetudinario che vincolano così tutti gli Stati, dato il vasto consenso345. Inoltre, il giudice ha suggerito di applicare la CEDU in futuro, considerando le diseguaglianze tra uomini e donne, e come queste influenzino la vita delle donne, attraverso il principio dell’effet utile, utilizzando per questo una visione più comprensiva del fenomeno.
341 V. Supra, alla nota 313, p. 27
342 Sentenza Jessica Lenahan Gonzales c. Stati Uniti consultabile al sito
http://www.oas.org/en/iachr/media_center/PReleases/2011/092.asp
343 FAEDI DURAMY B., Judicial Developments in the Application of International Law to Domestic
Violence, Golden Gate University School of Law, 2012, p. 3
344 Sentenza Valiuliené c. Lituania consultabile al sito http://hudoc.echr.coe.int/eng?i=001- 117636#{"itemid":["001-117636"]}
345 DE VIDO S., States' Due Diligence Obligations to Protect Women from Violence: A European Perspective in Light of the 2011 CoE Istanbul Convention, European Yearbook on Human Rights, 2014, p.
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Da quando, inoltre, è stata definita la Convenzione di Istanbul, la Corte Europea dei diritti umani ha valutato già cinque casi in materia di violenza domestica, tre dei quali giudicavano la Moldavia in violazione di alcuni articoli della CEDU346.
Queste ricordate sono solo alcune delle decisioni prese in materia di violenza di genere, ma che pongono l’accento sul fatto che la violenza domestica è una violazione del diritto internazionale, per cui ogni Stato è responsabile alla dovuta diligenza nella prevenzione e protezione delle donne da qualsiasi forma di violenza, anche per violazioni di attori non statali, concetto che si è evoluto nel tempo all’interno della giurisprudenza.
Quindi, nella Convenzione del Consiglio d’Europa il principio di due diligence riguardante gli obblighi degli Stati è affermato nell’articolo 5347, e suddiviso in due parti concerne nella prima parte gli attori statali e nella seconda gli attori non-statali che agiscono in sua vece.
È considerato come un obbligo di mezzi e non di risultato, per cui gli Stati sono tenuti a rispondere a qualsiasi forma di violenza evidenziata negli obiettivi della Convenzione, in modo che le autorità incaricate possano prevenire, investigare, punire e riparare al meglio gli atti di violenza che avvengono nel loro territorio 348. Incoraggia, inoltre, la responsabilità internazionale in caso di violazioni degli obblighi generali negativi delle parti contraenti, all’astenersi da condotte lesive ad essi imputabili, includendo anche soggetti agenti per conto dello Stato, e definisce i casi in cui ci siano violazioni degli obblighi positivi nel prevenire, punire, indagare e riparare i casi di violenza perpetrati da soggetti privati349.
Similmente alla Raccomandazione Generale n.19 della CEDAW, la Convenzione, riprende gli obblighi in capo agli Stati parte, per gli atti di violenza domestica perpetrati in ambito privato, concetto sviluppato dalla giurisprudenza recente della Corte Europea dei diritti umani riguardante la responsabilità statale e gli obblighi positivi di ogni Stato.
346 V. Supra, alla nota 332, p. 378
347 Consiglio d’Europa, Explanatory Report to the Council of Europe Convention on preventing and combating violence against women, Preambolo p. 10
348 V. Supra, alla nota 332, p. 376 349 V. Supra, alla nota 301, p. 4
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Perciò, il concetto di due diligence nella Convenzione di Istanbul, esprime il requisito di ogni Stato ad agire diligentemente secondo ‘la regola delle quattro P’ che guida la Convenzione, attraverso politiche integrate, prevenzione, protezione e procedimenti penali per gli aggressori. Quindi, l’azione di dovuta diligenza da parte degli Stati dovrebbe proprio essere esercitata nella prevenzione, indagine, punizione e riparazione degli atti di violenza commessi anche dagli attori non statali (art.5). Con il termine attori non statali si intendono le persone private, riprendendo il concetto espresso nella Raccomandazione Rec(2002)5 del Consiglio d’Europa sulla protezione delle donne contro la violenza.
La riparazione seguita ad un atto di violenza può avvenire in diversi modi, come attraverso la restituzione, la compensazione, la riabilitazione, la soddisfazione, e la garanzia della non ripetizione dell’atto, che diventa effettiva solo a partire da un impegno statale nazionale o per ricorso alla Corte Europea dei Diritti Umani.
Rispetto, poi, agli obblighi di riparazione e sanzione dei responsabili, particolare attenzione è dedicata al regime giuridico delle misure indicate come protection orders, che includono una serie di rimedi legali rapidi, di carattere civile, penale o amministrativo, destinati a proteggere le vittime di violenze o di minacce, limitando se necessario come mezzo preventivo, la sfera di libertà e di azione personale degli autori, o presunti autori, delle offese350.
Il sistema di dovuta diligenza, quindi, è una responsabilità in capo ad ogni singolo Stato, che attraverso l’implementazione e attuazione di tutti i mezzi e servizi, previsti dalle diverse convenzioni e trattati, aiuta a combattere il fenomeno della violenza domestica e di genere, con l’unica imperfezione di essere molto oneroso nella realizzazione delle risorse preventive, cosa che giustifica in parte il lungo cammino di compimento effettivo delle misure previste.
350 DI STEFANO A., Violenza contro le donne e violenza domestica nella nuova convenzione del Consiglio d’Europa, in Diritti Umani e diritto Internazionale, vol.6, n.1, 2012, p. 5
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