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4. Lo sviluppo progressivo dei diritti delle donne precedente alla

4.4. La svolta decisiva dei diritti per le donne: la CEDAW

Una decisiva svolta per i diritti delle donne è rappresentata dalla Convenzione di New York sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti delle donne (CEDAW)102 del 1979, in vigore dal 3 Settembre 1981, che vincola attualmente 189 Stati103, ed apre la strada ad una concezione realmente al femminile del diritto internazionale, in cui il ruolo delle donne è considerato fondamentale per l’attuazione dei cambiamenti104.

Lo standard del gender neutral, cioè la definizione dei diritti in generale, e non nello specifico per uomo e donna seguito fino ad ora, infatti, inizia a cambiare con l’adozione di uno strumento di genere asimmetrico riguardante la discriminazione delle donne105. La CEDAW quindi, è una prima risposta specifica al problema della discriminazione delle donne che continuava ad essere diffuso nonostante il principio di uguaglianza, citato in precedenza della Dichiarazione universale dei diritti umani106, che non ha e non dà ancora una definizione di genere, anche se si inizia a sottolineare la costruzione di ruoli socialmente dettati all’articolo 5107.

La Convenzione CEDAW è stata definita il Bill of Rights delle donne, per aver dato inizio alle discussioni riguardanti il tema108. Corrisponde, infatti, allo strumento pattizio più

101 EDWARDS A., Violence against women under International Human Rights Law, Cambridge University

Press, New York, 2011, p. 8

102 CEDAW consultabile al sito http://www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/cedaw.htm visitato il

23/10/2015

103 Consultabile al sito https://treaties.un.org/Pages/ViewDetails.aspx?src=TREATY&mtdsg_no=IV- 8&chapter=4&lang=en

104 DE BELLIS S., Studi sui diritti umani, ed. Cacucci, 2010, p. 226

105 SIMONOVIC D., Global and regional standards on violence against women: The evolution and synergy of the CEDAW and Istanbul Convention, Human Rights Quarterly, vol. 36, n. 3, 2014, p. 3

106 PAROLARI P., La violenza contro le donne come questione (trans)culturale. Osservazioni sulla Convenzione di Istanbul, D&Q, n. 14/2014, Palermo, 2013, p. 4

107 V. supra, alla nota 106, p. 11

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importante in materia di diritti umani delle donne 109 , poiché va oltre il mero riconoscimento dei diritti, puntando verso un’impostazione non negativa, secondo cui gli Stati non hanno solo il divieto di ‘non fare’110 come era stato fino ad ora, ma, una concezione positiva del diritto, con un obbligo da parte degli Stati a ‘fare’, cioè impegnarsi a rendere effettivo il rispetto dei diritti delle donne attraverso l’adozione di misure legislative e politico-amministrative111.

L’importanza di questa convenzione consiste nel riconoscere per la prima volta la specificità dei diritti delle donne, ritenendoli di portata universale e cercando di considerarli da un punto di vista femminile, superando le politiche precedenti frammentarie ed inefficaci112. Non mira all’affermazione di determinati diritti, ma all’eliminazione delle condizioni che impediscono alle donne di esercitare quelli che sono i diritti umani universalmente riconosciuti. L’idea quindi, è che ogni questione che possa essere considerata un diritto dell’uomo inteso come maschio, debba essere garantito anche per il genere femminile. Ecco perché la convenzione impone agli Stati ratificanti una tutela alle donne di tipo negativo, vietando qualsiasi atto discriminatorio, ma prevedendo anche azioni di tipo positivo, nel perseguire una politica tendente all’eliminazione di ogni tipo di discriminazione e garantendone il progresso113, accelerando il raggiungimento dell’uguaglianza de facto114.

Definisce la violenza contro le donne come ogni tipo di esclusione, distinzione o limitazione basata sul sesso, che abbia come conseguenza o scopo, di compromettere o distruggere il riconoscimento, il godimento, o l’esercizio da parte delle donne, indipendentemente da quale sia il loro stato matrimoniale, dei diritti umani e delle libertà

109 European Training and research Centre for Human Rights and Democracy, Manual on Human rights Education ‘Understanding Human Rights’, 2003, p. 176

110 V. Supra, alla nota 100, p. 226

111 ALSTON P. - GOODMAN R., International Human rights in Context: Law, Politics, Morals, 3ª ed.,

Oxford, 2007, p. 186

112 ULRICH J., Confronting Gender-Based Violence with International Instruments: Is a solution to the pandemic within Reach?, Indiana Journal of Global legal Studies, Vol. 7, Article 11, 2000, p. 13

113 V. Supra, alla nota 103

114 SIMONOVIC D., Global and regional standards on violence against women: The evolution and synergy of the CEDAW and Istanbul Convention, Human Rights Quarterly, vol. 36, n. 3, 2014, p. 5

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fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile o in ogni altro campo, in base alla priorità tra l’uomo e la donna (art. 1)115.

Mentre, la discriminazione nei confronti delle donne nella Convenzione, è considerata come una violazione dei principi di uguaglianza dei diritti e del rispetto della dignità umana, che ostacolano la partecipazione delle donne, alle stesse condizioni dell’uomo, alla vita politica, sociale, economica e culturale del paese, ostacolo alla crescita del benessere della società e della famiglia, che impedisce alle donne di servire il proprio paese e l’umanità nella misura delle loro massime possibilità116.

Dimostra, quindi, la complessità del problema della violenza e discriminazione di genere, poiché è legato alla concezione politica e culturale della subordinazione della donna, fatto che lo rende un problema sistemico, che cerca di combattere la concezione per cui la violenza di genere sia parte integrante della società, impossibile da cambiare117.

La Convenzione fa notare, inoltre, come coloro che sono più vulnerabili agli abusi dei diritti umani, siano quelli a cui manca la protezione dello Stato e della comunità nei confronti dei loro bisogni e interessi necessari118. Per questo, la Convenzione ha la lungimiranza di considerare il problema della violenza come parte del sistema socio- economico, frammento della vita quotidiana di ogni persona a partire dalla propria famiglia, che si pone l’obiettivo di cambiare la mentalità anche nei confronti dell’idea riguardo il lavoro a casa di ogni donna, che dovrebbe essere considerato come un lavoro vero e proprio, non più solo come parte dei suoi doveri. Di conseguenza, gli Stati che hanno ratificato la suddetta Convenzione, hanno l’obbligo di adottare in ogni campo tutte le misure necessarie ad eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne, in particolare nella vita pubblica e politica del proprio Paese, attraverso il diritto di voto, l’istruzione, l’impiego e le cure sanitarie119.

115 ALSTON P. - GOODMAN R., International Human rights in Context: Law, Politics, Morals, 3ª ed.,

Oxford, 2007, p. 186

116 V. supra, alla nota 115

117 ULRICH J., Confronting Gender-Based Violence with International Instruments: Is a solution to the pandemic within Reach?, Indiana Journal of Global legal Studies, Vol. 7, Article 11, 2000, p. 13

117 V. Supra, alla nota 107

118 ALSTON P. - GOODMAN R., International Human rights in Context: Law, Politics, Morals, 3ª ed.,

Oxford, 2007, p. 179

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Per attuare al meglio la CEDAW, inoltre, dal 1999 attraverso il Protocollo opzionale120 è stato istituito un Comitato per l’eliminazione della discriminazione nei confronti della donna, che consiste in uno strumento applicativo formato da ventitré esperti, con un mandato di quattro anni, a cui gli Stati contraenti del trattato forniscono ogni quattro anni un rapporto sulle misure adottate per realizzare la Convenzione. A questi, il Comitato può poi, rispondere attraverso osservazioni, senza la possibilità di esaminare ricorsi statali o individuali, ed ha la possibilità di inoltrare petizioni in caso di violazioni di diritti garantiti dalla stessa121. Così facendo quindi, il Protocollo ha permesso di rinforzare la Convenzione come strumento legale per la protezione dei diritti umani delle donne, attraverso la possibilità del Comitato di esaminare le denunce di serie violazioni di diritti122.

Quindi, la CEDAW introduce due innovazioni fondamentali nelle leggi antidiscriminatorie dei diritti umani: agisce come strumento asimmetrico per la protezione delle donne dalle forme dirette ed indirette di discriminazione nei diversi ambiti della vita; prevede un obbligo da parte degli Stati ad adottare tutte le misure appropriate allo sviluppo totale all’avanzamento delle donne e al loro empowerment, motivo per cui centrale all’interesse della Convenzione resta l’obbligo da parte degli Stati ad agire seguendo i principi di uguaglianza tra uomini e donne, assicurando la concreta realizzazione dell’uguaglianza di genere123.

Ciò nonostante però, manca ancora una definizione specifica del divieto delle violenze domestiche124 e delle violenze contro le donne125 all’interno della CEDAW126, e questo riflette la riluttanza tipica del periodo in cui la Convenzione è stata adottata, a definire il fenomeno della violenza contro le donne un elemento specifico a sé stante. Tuttavia,

120 Protocollo Opzionale CEDAW del 1999 consultabile al sito

http://www.un.org/womenwatch/daw/cedaw/protocol/

121 HODSON L., Women’s Rights and the Periphery: CEDAW’s Optional Protocol, The European Journal

of International Law, Vol. 25, n. 2, 2014, p. 3

122 SIMONOVIC D., Global and regional standards on violence against women: The evolution and synergy of the CEDAW and Istanbul Convention, Human Rights Quarterly, vol. 36, n. 3, 2014, p. 6

123 V. Supra, alla nota 122, p. 4

124 EDWARDS A., Violence against women under International Human Rights Law, Cambridge University

Press, New York, 2011, p. 8

125 V. Supra, alla nota 122, p. 11

126 MC QUIGG R. J. A., A contextual analysis of the Council of Europe’s Convention on preventing and combating violence against women, Queen’s University Belfast, Research Paper n. 2014-09, 2012, p. 3

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attraverso gli articoli 1, 2, e 16 CEDAW, riesce ad adottare un onnicomprensivo sistema che riesca ad includere anche atti di violenza contro le donne127.

In aggiunta, grazie alla formulazione del rispetto dei diritti umani e libertà fondamentali in campo politico, economico, sociale, culturale, civile ed altri, insieme all’articolo che proibisce la discriminazione nelle relazioni familiari, la Convenzione include anche l’ambito familiare, tradizionalmente considerato come una sfera privata esclusa dalle regolazioni internazionali, che quindi inizia ad essere considerato diversamente128. Successivamente, nel 1989, il Comitato CEDAW adotta la Raccomandazione Generale n. 12 sulla violenza contro le donne, nella quale afferma che gli articoli 2, 5, 11, 12, 16 della CEDAW obbligano gli Stati a proteggere le donne dalle violenze e li invitano a provvedere informazioni riguardanti le leggi e le altre misure adottate per tutelarle, all’interno di report inviati al Comitato, supportati anche da analisi statistiche dei dati. Oltre a ciò, nella Raccomandazione si sottolinea la necessità di emanare una Convenzione riguardante nello specifico la violenza contro le donne, che inizialmente è stata considerata da parte della Commissione sullo Status delle Donne ONU, ma in seguito è stata abbandonata129.

Tuttavia, la Raccomandazione n. 12 non spiega come la Convenzione CEDAW includa la violenza contro le donne, motivo per cui il Comitato ha specificato che la definizione di discriminazione dell’articolo 1 CEDAW include anche le violenze di genere, intese come ogni tipo di violenza rivolta alle donne a causa del loro genere o che interessa le donne sproporzionalmente, per la quale quindi, può essere comunque competente130. Si ricorda anche la Raccomandazione Generale n.19, particolarmente importante, poiché delucida la relazione presente tra discriminazione contro le donne e violenze di genere, chiarendo l’obbligo da parte degli Stati ad agire con due diligence per prevenire e punire gli atti di violenza da parte di chiunque, tanto da essere considerato la connessione mancante tra discriminazione e violenze contro le donne, puntualizzando come la

127 SIMONOVIC D., Global and regional standards on violence against women: The evolution and synergy of the CEDAW and Istanbul Convention, Human Rights Quarterly, vol. 36, n. 3, 2014, p. 11

128 V. Supra, alla nota 127 129 V. Supra, alla nota 127, p. 12 130 V. Supra, alla nota 127, p. 12

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violenza contro le donne sia parte integrante delle discriminazioni sessuali nei confronti delle donne, risolvendo così una lacuna presente nei trattati sui diritti umani presente fino a questo momento, sottolineata anche nella Convenzione di Istanbul131.

Quindi, la CEDAW come strumento globale di antidiscriminazione include la violenza contro le donne come forma di discriminazione, mentre la Convenzione di Istanbul in quanto convenzione regionale a livello europeo, definisce esplicitamente la violenza contro le donne come una forma di discriminazione e di violazione dei diritti umani, contribuendo all’eliminazione totale di tutte le forme di discriminazione contro le donne esplicite ed implicite132.

Uno dei dilemmi maggiori concernenti la CEDAW, però, è l’elevato numero di riserve133 poste da numerosi Stati ratificanti, di natura religiosa o culturale, che rischiano di svuotare la Convenzione dalla realizzazione dei propri scopi, motivo per cui gli articoli 2 e 16 ricadono nella categoria delle ‘impermissible reservation’ cioè riserve che sono inammissibili134. Per questo infatti, successivamente, nella Dichiarazione di Vienna, nel programma d’azione del 1993, nella Dichiarazione di Pechino, nella piattaforma d’azione del 1995135 e il Comitato CEDAW sullo stato delle ratifiche e riserve, hanno sollecitato la progressiva diminuzione delle riserve, in modo da implementare integralmente il trattato136.