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Gli obblighi di protezione delle vittime

Capitolo II La tratta degli esseri uman

2.6 Gli obblighi internazionali in materia di tratta di esseri umani

2.6.3 Gli obblighi di protezione delle vittime

La protezione delle vittime di tratta viene individuata dalle fonti fin qui analizzate, come uno degli scopi principali di tutela e l’assistenza delle vittime della tratta nel pieno rispetto dei loro diritti umani83. Il Protocollo Palermo nello specifico indica che nei casi opportuni e nella misura consentita dal suo diritto interno, ogni Stato Parte tutela la riservatezza e l’identità delle vittime della tratta di persone, anche escludendo la pubblicità per i procedimenti giudiziari concernenti la tratta. Inoltre ogni Stato parte prende in considerazione l’attuazione di misure relative al recupero fisico, psicologico e sociale delle vittime della tratta di persone e, nei casi opportuni in collaborazione con le organizzazioni non governative, o altre interessate nonché altri soggetti della società civile, Nell’ambito di tali azioni anche interventi diretti a fornire: un alloggio adeguato nonché

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Vedasi: art. 10 direttiva 2011/36/UE.

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Vedasi: art. 2, lett. b) Protocollo Palermo; art. 1, par. 1, lett. b) Convenzione di Varsavia; art. 1 direttiva 2011/36/UE.

consulenza e informazioni, in una lingua che le vittime della tratta di persone comprendano oltreché assistenza medica, psicologica e materia infine opportunità di impiego, opportunità educative e di formazione84

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La Convenzione di Varsavia prevede le misure legislative per offrire una protezione effettiva ed appropriata dalle possibili ritorsioni o intimidazioni che potrebbero soffrire le vittime, le persone che forniscono informazioni, testimoni o membri della famiglia coinvolti. Le stesse misure vengono previste durante le indagini e nel corso dei procedimenti giudiziari a carico degli autori dei reati, o dopo i procedimenti, ai membri dei gruppi, delle fondazioni, delle associazioni o delle organizzazioni non- governative. Si prevedono anche disposizioni legislative per garantire e per offrire diversi tipi di protezione, come quella fisica, l’assegnazione di un nuovo luogo di residenza, il cambio d’identità e l’assistenza nel trovare lavoro. Per l’attuazione di misure ciascuna delle parti può prendere in considerazione la conclusione di accordi o di intese per l’attuazione con altri Stati85.

La direttiva 2011/36/UE, oltre a far richiamo ad un'altra direttiva la 2001/220/GAI relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, sancisce che gli Stati membri provvedano: ad assicurare alle vittime di tratta l’assistenza legale alle vittime di tratta, un’adeguata protezione anche attraverso particolari programmi e un trattamento specifico inteso a prevenire la vittimizzazione secondaria86. Le fonti di carattere comunitario dedicano un’attenzione maggiore rispetto

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Vedasi: art. 6 Protocollo Palermo.

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Vedasi: artt. 28-30 Convenzione di Varsavia.

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al Protocollo di Palermo, alla figura del minore come vittima. Vi è una richiesta agli Stati di effettuare una valutazione scrupolosa ed individuale della particolare situazione di ciascun minore e di tenere in debita considerazione l’interesse superiore del minore nell’applicazione di qualsiasi misura di assistenza, sostegno e protezione nei suoi confronti87.

Risulta più difficile la dinamica legata alla situazione della vittima una volta giunta nello Stato di destinazione e al suo eventuale rimpatrio. Da una parte si ha l’esigenza di espellere una persona comunque priva di valido titolo di soggiorno e dall’altra la problematica di allontanare una vittima con il rischio di farla ricadere nella rete della criminalità organizzata da cui è appena riuscita ad evadere. Questa diversità di esigenza ha portato un trattamento piuttosto eterogeneo. Nel Protocollo di Palermo si obbliga lo Stato Parte di cui la vittima della tratta di persone è vittima a facilitare e accettare, tenendo debitamente conto dell’incolumità di questa persona, il ritorno di quest’ultima senza ingiustificato motivo o irragionevole ritardo. Il rientro di una vittima della tratta di persone nel paese di cui la stessa è cittadina questo rientro è assicurato da uno Stato Parte tenendo debitamente conto dell’incolumità della persona, nonché dello stato del procedimento penale ed è preferibilmente volontario88

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Da ciò si può dedurre la possibilità di un rimpatrio forzato che comunque andrà valutato anche in funzione dei fattori umanitari e personali89.

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Vedasi: artt. 10; 11, par. 2; 12, par. 1, lett. f), e par. 7; 14, par. 2; 16, par. 7 Convenzione Varsavia; artt.: 13-16 direttiva 2011/36/UE

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Vedasi: art. 8 Protocollo di Palermo

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La Convenzione di Varsavia concede tre possibilità riguardanti il rilascio di un permesso di soggiorno rinnovabile alle vittime, in particolare quando l’autorità competente considera che la loro permanenza sia necessaria in ragione della loro condizione personale o quando l’autorità competente considera che il loro soggiorno sia necessario in ragione della loro collaborazione con le autorità competenti ai fini dell’inchiesta o del procedimento penale infine quando ricorrono entrambe le ipotesi. Nel caso la vittima sia un minore, le considerazioni legate al suo benessere devono prevalere su ogni altra valutazione.

Sia il Protocollo di Palermo sia la Convenzione di Varsavia fanno un esplicito riferimento di aderenza alla Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto di rifugiato. Nessuna disposizione dovrà pregiudicare i diritti, gli obblighi, le responsabilità degli Stati ed individui ai sensi del diritto internazionale, compreso il diritto internazionale umanitario e il diritto internazionale dei diritti umani, in particolare quando sia applicabile la Convenzione del 1951 e il Protocollo del 1967 relativi allo Status dei Rifugiati e il principio di non allontanamento90. Il richiamo alla Convenzione di Ginevra impone che nessuno Stato Contraente possa espellere o respingere, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche. Per far sì che la vittima possa usufruire di questa fattispecie dovrà rientrare nella definizione di

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Vedasi: art. 14, par. 1 Protocollo di Palermo; art.14, par. 5 e art 40 par. 4 Convenzione di Varsavia.

rifugiato91.

Dove non sia possibile riconoscere lo status di rifugiato, la vittima di tratta può evitare l’espulsione, dimostrando di essere a rischio di subire, nel Paese di destinazione, un trattamento disumano o degradante, una violazione del proprio diritto alla vita o del diritto a non essere soggetta a schiavitù, servitù o tratta degli esseri umani.

A livello europeo è importante sottolineare la presenza di una direttiva, la 2004/81/CE, che si occupa del titolo di soggiorno da rilasciare ai cittadini di paesi terzi vittime della tratta di esseri umani o coinvolti in un’azione di favoreggiamento dell’immigrazione illegale che cooperino con le autorità competenti. In essa si prevede la possibilità da parte degli Stati membri di rilasciare un permesso di soggiorno rinnovabile di durata almeno semestrale alle vittime di tratta, in modo tale da permettere la cooperazione con le autorità competenti al fine di assicurare alla giustizia i trafficanti. Il suddetto permesso di soggiorno sarà rilasciato solo in caso di ritenuta utilità della vittima nella collaborazione al fine di assicurare alla giustizia i trafficanti. Inoltre nei Paesi membri dell’Unione europea, le vittime che non rientrano all’interno della definizione di rifugiato, possono comunque fare domanda alla c.d. “protezione sussidiaria”, se viene dimostrato che vi siano motivi sufficienti per ritenere che una volta rientrati nel Paese di origine, possano subire torture o trattamenti disumani. Questo status di protezione sussidiaria dà diritto ad ottenere un permesso di soggiorno rinnovabile, della durata di almeno un anno, e ad accedere al mercato del lavoro, alle opportunità di formazione occupazionale, all’istruzione, all’assistenza sociale ed agli

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alloggi, secondo modalità equivalenti, a seconda dei casi, a quelle previste per i cittadini o per gli stranieri regolarmente soggiornanti.