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Gli obblighi di repressione

Capitolo II La tratta degli esseri uman

2.6 Gli obblighi internazionali in materia di tratta di esseri umani

2.6.2 Gli obblighi di repressione

L’obbligo di repressione della tratta degli esseri umani trova campo nella previsione di sanzioni penale per i protagonisti di tale reato, tutti i soggetti coinvolti nel reclutamento, trasporto, accoglienza e alloggio delle vittime. Tale obbligo viene previsto dalle norme penali sostanziali degli Stati, si può affermare che si tratti quindi di un obbligo di risultato, per il quale non si richiedere l’inserimento di una fattispecie penale autonoma, essendo sufficiente che l’ordinamento penale nel suo complesso assicuri l’adeguata punizione di tutte le condotte che rientrano nella definizione internazionale di tratta.

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Vedasi: art 9, par 5 Protocollo di Palermo; art. 6 Convenzione di Varsavia; art. 18, par. 1 direttiva 2011/36/UE.

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Vedasi: art. 19 Convenzione di Varsavia; art. 18 par. 4, direttiva 2011/36/UE.

L’obbligo di repressione non riguarda solamente la tratta, ma in ugual modo l’istigazione, il favoreggiamento e il concorso o il tentativo nella commissione dei reati relativi alla tratta di esseri umani76.

Oltre ai soggetti appena inquadrati, la Convenzione di Varsavia e la direttiva 2011/36/UE prevedono l’obbligo per gli Stati di adottare sanzioni a carico delle persone giuridiche riconosciute responsabili di reati riconducibili alla definizione, di tratta, o come abbiamo appena visto i reati di istigazione, favoreggiamento, concorso o tentativo nella commissione della tratta77.

L’indicazione delle misure legislative e della relativa sanzione penale per tale reato è rimessa alla decisione dei singoli Stati partecipanti. Analizzando le tre fonti fino a qui utilizzate, vediamo che il Protocollo Palermo prevede che le sanzioni siano commisurate alla gravità dell’offesa, lasciando carta bianca agli Stati. Mentre la Convenzione di Varsavia secondo gli artt. 23-24 obbliga gli Stati parti ad attuare sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive. Tali sanzioni includono i reati commessi da persone fisiche e pene che prevedano la privazione della libertà e che possano dar luogo all’estradizione. Inoltre le Parti attueranno riguardo le persone giuridiche responsabili con sanzioni o misure penali o non penali effettive, proporzionate e dissuasive, ivi comprese le sanzioni pecuniarie. Le parti adotteranno le misure legislative e necessarie per rendere

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Vedasi: art. 5 Protocollo di Palermo; art. 21 Convenzione di Varsavia; art. 3 direttiva 2011/36/UE.

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Vedasi: artt. 22-23 Convenzione di Varsavia; artt. 5-6 direttiva 2011/36/UE.

possibile la confisca o la sottrazione dei mezzi e dei profitti derivanti dai reati di tratta o simili. Infine secondo la direttiva 2011/36/UE nell’art. 4, viene specificata una pena minima corrispondente ad almeno cinque anni di reclusione. Riguardo alle persecuzioni di questi crimini, la Convenzione di Varsavia e la direttiva 2011/36/UE prevedono che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché indagini o l’azione penale, relative ai reati esaminati fino a qua, non siano subordinati alla querela, alla denuncia o all’accusa formulate da una vittima e che il procedimento possa continuare anche se la vittima ritratti una propria dichiarazione78.

Al fine di assicurare una corretta repressione del fenomeno, in modo tale che le vittime non si sentano colpevoli a loro volta per il loro status di immigrante illegale, la Convenzione di Varsavia e la direttiva europea dispongono che gli Stati membri adottino le misure necessarie, conformemente ai principi fondamentali dei loro ordinamenti giuridici, per conferire alle autorità nazionali competenti il potere di non perseguire né imporre sanzioni penali alle vittime della tratta di esseri umani coinvolte in attività criminali che sono state costrette, a tal proposito è importante sottolineare il carattere coercitivo, a compiere come conseguenza diretta uno dei reati relativi alla tratta79.

La tratta degli esseri umani riporta diversi fattori di collegamento tra Stati, spesso vittime ed autori hanno nazionalità diverse, e le varie azioni che compongono la condotta criminosa vengono realizzate in Stati diversi. Riguardo

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Vedasi: art. 27 Convenzione di Varsavia; art. 9 par. 1, direttiva 2011/36/UE.

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a chi sia lo stato competente a giudicare il crimine, gli strumenti internazionali generalmente si limitano a prevedere obblighi minimi in questo settore, lasciando gli Stati liberi di prevedere titoli di giurisdizione aggiuntivi. Il Protocollo di Palermo fa richiamo alla Convenzione sulla lotta al crimine organizzato internazionale dove si stabilisce che ogni Stato parte adotta le misure necessarie per determinare la sua giurisdizione in relazione a determinati reati, richiamati nella disposizione, quando: il reato è commesso sul territorio di quello Stato Parte; o il reato è commesso a bordo di una nave che batte bandiera di quello Stato parte o un velivolo registrato conformemente alle leggi di quello Stato parte al momento in cui è commesso il reato. Ampliando la possibilità di giurisdizione anche nei casi in cui il reato sia commesso ai danni di un cittadino di quello Stato Parte; o quando il reato è commesso da un cittadino di quello Stato parte o un apolide che ha la sua residenza abituale nel suo territorio80.

La Convenzione di Varsavia, invece prevede l’obbligo di giurisdizione per le ultime due ipotesi prospettate (il caso di un proprio cittadino o persona apolide che abbia residenza nel suo territorio, e contro un proprio cittadino)81. Questo obbligo viene parzialmente meno in virtù dell’art. 31 paragrafo 2, che prevede la possibilità per ciascuna delle Parti, al momento della firma o del deposito del proprio strumento di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione, con una dichiarazione rivolta al Segretario Generale del Consiglio d’Europa, si riserva il diritto

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Vedasi: art. 15 Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale.

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di non applicare o di applicare solo in casi o in condizioni specifiche, le disposizioni relative menzionate in precedenza. Secondo la direttiva 2011/36/UE, gli Stati membri adottano le misure necessarie a stabilire la propria giurisdizione per i reati relativi alla tratta di esseri umani, istigazione, favoreggiamento, concorso e tentativo nei casi in cui: il reato sia stato commesso interamente o parzialmente sul suo territorio; oppure quando l’autore del reato sia un suo cittadino82

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