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2.3 La presenza degli immigrati e il mercato del lavoro

2.3.2 Gli occupati e i disoccupati stranieri

Prima di proseguire nell'analisi della presenza degli immigrati nel mercato del lavoro italiano bisogna far presente le difficoltà presenti nel reperire i dati riguardanti la forza lavoro in Italia. L'Istat, benché abbia rilevato la nazionalità degli intervistati nel corso delle indagini sulla forze di lavoro, non ha reso pubblici i dati sui cittadini stranieri fino al 2004, anno nel quale, con il miglioramento delle tecniche di rilevazione e campionamento, è possibile utilizzare la cosiddetta Rilevazione Continua sulle Forze di Lavoro (RCFL) per ricavare i dati riguardanti i lavoratori immigrati. Questo significa che fino al 2004, per conoscere l'andamento dell'occupazione straniera sono state utilizzate le rilevazioni INPS, ovvero le dichiarazioni delle imprese ai fini previdenziali, mentre a partire dal 2005 è possibile far riferimento alla RCFL effettuata dall'Istat.

Al di là delle difficoltà nel valutarne la consistenza, l'andamento

Tabella X. I primi 10 paesi per numero di cittadini stranieri residenti al 31 dicembre (valori assoluti).

Fonte: elaborazioni su dati Istat. Ministero del lavoro, L'immigrazione per lavoro in Italia..., cit., p. 57.

dell'occupazione regolare degli immigrati cresce in maniera rapida a partire dagli anni Novanta. In circa dieci anni, infatti, la presenza di lavoratori immigrati nel lavoro subordinato è quasi quadruplicata, passando da meno di 120 mila nel 1991 a 460 mila nel 2001261. Per non parlare del “balzo” di occupati stranieri avvenuto

negli anni successivi, a partire dalla «grande regolarizzazione» nel 2002262.

Infatti, se prendiamo i dati Istat della RCFL emerge una presenza straniera sempre più consistente che raggiunge oltre i 2 milioni di lavoratori occupati nel 2012263, a dimostrazione dell'importanza e del consolidamento della presenza

straniera nel tessuto economico italiano nell'ultimo decennio.

Analizzando la forza lavoro, per quanto riguarda i livelli di partecipazione del mercato del lavoro, all'inizio degli Novanta, non emergono consistenti diversità tra la popolazione italiana e quella straniera residente. Tuttavia a partire dal 2001, le differenze si fanno più evidenti264. Gli stranieri, infatti, presentano tassi di

occupazione più alti rispetto agli italiani. Questo si verifica maggiormente per gli uomini e meno le donne, dove la differenza si presenta in maniera meno netta, anche per effetto, come abbiamo visto, di un'immigrazione femminile piuttosto polarizzata tra una componente con una partecipazione lavorativa molto elevata

261 C. Bonifazi, L'immigrazione straniera in Italia, op. cit., p. 215.

262 Secondo le rilevazioni Istat. sulla forza lavoro, gli occupati immigrati nel 2005 sono ben 1.169.433 unità.

263 Dati Istat. reperibili nel portale dedicato all'immigrazione immigrati.stat al seguente link

http://stra-dati.istat.it/

264 Per approfondimenti si veda C. Bonifazi, L'immigrazione straniera in Italia, op. cit., pp. 157-158.

Tabella XI. Lavoratori extracomunitari occupati regolarmente secondo le dichiarazioni delle imprese (valori in migliaia).

Fonte: C. Bonifazi, L'immigrazione straniera in Italia, op. cit., p. 215

1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001

(ad esempio Ucraina, Moldavia) e una legata a flussi con comportamenti più tradizionali (flussi provenienti dai paesi del Magreb).

Una serie di fattori spiegano tale fenomeno. Innanzitutto, il divario è dovuto probabilmente alla diminuzione del peso dei flussi migratori provenienti dai paesi sviluppati sul totale dell'immigrazione265. All'interno di questi flussi il livello di

partecipazione al lavoro è più basso rispetto a quelli caratterizzanti i flussi migratori provenienti da paesi in via di sviluppo e con forte pressione migratoria. Pertanto, con la riduzione dell'incidenza di tali flussi sul totale dell'immigrazione ne consegue un aumento del divario tra stranieri ed autoctoni. Tuttavia, vi è un altro fattore che contribuisce a tale divario, ovvero la struttura per età degli individui in età lavorativa (15-64 anni). La popolazione immigrata, benché molto simile a quella italiana per quanto riguarda la presenza tra maschi e femmine, evidenzia una forte concentrazione nella classe di età 25-34 anni e una bassa presenza di quella più anziana. In altre parole, la popolazione straniera, a differenza di quella italiana, è una popolazione giovane e considerando che il tasso di occupazione ha un andamento a campana, con un picco nella classe centrale (35-44), seppur con forti difformità266, tuttavia, la differente struttura per

età può essere una spiegazione dei diversi tassi di occupazione.

Per quanto riguarda l'articolazione territoriale, i lavoratori stranieri presentano

265 Se nel 1992 la presenza straniera era caratterizzata da un numero consistente di cittadini comunitari quali tedeschi, britannici e francesi che emergevano tra le prime 10 nazionalità per dimensioni, nel corso degli anni Duemila spariscono completamente da tale graduatoria. M. Barbagli (a cura di), Primo rapporto sugli immigrati..., cit., p. 67.

266 I tassi di occupazione degli stranieri uomini, infatti, sono più elevati anche a parità di fascia d'età e questo significa una maggiore capacità di inserimento nel mercato del lavoro in parte dovuta alla loro situazione che li porta ad avere una maggiore accettazione verso tutti i tipi di lavoro. Diversamente dagli uomini, che mostrano un ingresso precoce e più elevato degli italiani, le donne straniere (seppur con le dovute differenze) sembrano essere meno coinvolte in un'attività lavorativa almeno fino alla fascia di età 45-64. Questo può dipendere, oltre che da fattori culturali e familiari, anche dalla necessità di occuparsi della famiglia data la scarsità dei servizi per l'infanzia e alla presenza di una più modesta rete sociale e familiare di sostegno.

una tendenza alla concentrazione nel Centro e nel Nord dell'Italia, che avviene anche grazie alla loro elevata mobilità verso le regioni che offrono maggiori possibilità di un'occupazione regolare. In generale, la geografia degli occupati rispecchia quella osservata nella popolazione residente. Il processo di differenziazione territoriale si accentua dopo il 1995 e i flussi si dirigono verso le regioni più dinamiche dove la nuova fase d'industrializzazione si fonda sulle piccole imprese.

Per quanto riguarda il tasso di disoccupazione il valore tende a essere più elevato rispetto agli italiani e questo è dovuto in larga parte alla componente femminile straniera che presenta un tasso decisamente più elevato. Ad esempio, nel 2006 il divario tra uomini e donne stranieri è di ben 5 punti percentuali (rispettivamente 13,4 e 8,5)267.

Tuttavia, come vedremo di seguito, il divario tra uomini e donne tende a diminuire durante gli anni 2000 fino ad assottigliarsi negli anni recenti in seguito alla crisi economica che, come vedremo, colpirà gli immigrati in maniera differente.

A questo punto vediamo gli spazi lavorativi nei quali gli immigrati hanno trovato modo di inserirsi e consolidarsi.

2.3.3 Quali lavori per gli stranieri. Condizioni e settori di occupazione.