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La presenza straniera e il lavoro degli immigrati in tempo di crisi

3.1 Le risposte politiche al fenomeno migratorio in tempi di crisi

3.1.2 La presenza straniera e il lavoro degli immigrati in tempo di crisi

trasferiti sul mercato del lavoro provocando una caduta dell'occupazione nei

352 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Secondo Rapporto annuale sul mercato del lavoro degli immigrati, Roma, luglio 2012, p. 33.

principali paesi europei353. Per quanto riguarda l'Italia, come si può notare dal

grafico II, l'occupazione inizia a subire una contrazione progressiva a partire dal III trimestre del 2008 a causa della veloce flessione dell'attività economica354. In

Italia la riduzione degli occupati avviene in maniera relativamente lenta nella fase più acuta della crisi e questo si può spiegare con il fatto che le imprese hanno fatto ricorso inizialmente agli ammortizzatori sociali per fronteggiare la repentina riduzione delle attività produttive, per poi, successivamente, provvedere a ridurre gli addetti con il protrarsi della congiuntura economica negativa355.

Osservando il grafico II, emerge in maniera evidente che i vari gruppi dell'occupazione (italiani, comunitari ed extracomunitari) reagiscono diversamente alla crisi economica e, in generale, gli stranieri sembrano dimostrare una maggiore tenuta della condizione occupazionale rispetto alla componente italiana. Gli occupati italiani, infatti, si riducono sensibilmente soprattutto a partire dal 2009, segnando una riduzione del 2%, per poi migliorare nel corso del 2011 e contrarsi nuovamente nel 2012.

353 Ministero del Lavoro, L'immigrazione per lavoro in Italia..., cit., p. 80 354 Ivi, p. 84.

Decisamente in controtendenza è invece l'occupazione straniera che, diversamente dalla componente italiana, ha conosciuto in termini assoluti un aumento considerevole, in compresenza, però, di un incremento del tasso di disoccupazione.

Lungi dall'essere esaustivi in termini statistici in questa sede, emerge comunque un fenomeno con aspetti apparentemente in contraddizione tra loro: da un lato, l'occupazione immigrata ha continuato a crescere, anche nella fase recessiva e a fronte di una consistente caduta dell'occupazione italiana. Dall'altro lato, il

Tabella XII. Tasso di disoccupazione (15 anni e oltre) per cittadinanza.

Fonte: rielaborazione su dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Grafico II. Contributo alla variazione del numero degli occupati (15 e oltre) per cittadinanza.

Fonte: Ministero del Lavoro, Terzo Rapporto annuale sul mercato del lavoro degli immigrati, Roma, luglio 2013, p. 49.

numero dei disoccupati stranieri è aumentato sensibilmente e in misura maggiore rispetto alla componente italiana. Vediamo, pertanto, le cause di questo fenomeno. Innanzitutto la popolazione straniera residente è aumentata considerevolmente, ovvero è aumentata anche la popolazione di riferimento. In altre parole, l'aumento della popolazione straniera residente spiega come l'incremento degli occupati, in termine di valori assoluti, possa avvenire in presenza di un incremento del tasso di disoccupazione356. A questo aspetto, prettamente demografico, si aggiunge il fatto

che la crisi in Italia ha colpito il settore industriale e delle costruzioni in maniera molto più significativa rispetto ad esempio al settore dei servizi.

La crescita dell'occupazione straniera, pertanto, è dovuta alla crescita di una domanda circoscritta a comparti economici specifici come quello dei servizi domestici e di cura presso le famiglie e dell'agricoltura. Nel 2012, a fronte di una diminuzione di 17 mila occupati nell'industria e nelle costruzioni, si registra una crescita degli occupati nel settore agricolo di 9 mila unità e di ben 73 mila unità nel settore dei servizi alla persona357. Infatti, la contrazione della domanda di

lavoro immigrata riguarda la componente più tradizionale della forza lavoro, ovvero quella maschile concentrata maggiormente al Nord, nell'industria, nelle costruzioni ed in alcuni comparti dei servizi. Nel 2012, il 27% degli uomini è occupato nel settore industriale e oltre il 25% nel settore delle costruzioni.

Per quanto riguarda la componente femminile immigrata, oltre il 46% delle donne è occupata nel settore dei servizi alle famiglie, incidendo per oltre il 76% in questa categoria. Per questo motivo, ad esempio, la perdita di lavoro negli ultimi anni risulta maggiore per marocchini e albanesi, in quanto inseriti nel settore

356 Ivi, p. 95.

357 Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, Terzo Rapporto annuale sul mercato del lavoro degli immigrati, Roma, luglio 2013, pp. 61-63.

industriale, mentre risultano meno colpite le comunità a componente prettamente femminile come quella filippina, rumena e polacca358.

Benché a partire dal 2012 vi sia una certa discontinuità rispetto al passato e si registri un progressivo ridimensionamento della domanda di lavoro riservata alla componente straniera359,

[...] è innegabile che l’Italia continui a richiedere manodopera straniera. Il fabbisogno sembra legato a figure professionali con poca qualifica e alla maggior richiesta di manodopera femminile impiegata nel settore dei servizi alla persona, indice della vitalità di domanda di assistenza sociale nel nostro paese. […] L’Italia in questi ultimi anni si è caratterizzata per una domanda di lavoro meno sensibile al ciclo economico e dettata da fattori più strutturali e legati a problematiche demografiche (la diminuzione dei giovani lavoratori e l’invecchiamento della popolazione) e alle caratteristiche del sistema produttivo e del mercato del lavoro (richiesta di manodopera a bassa qualifica e da impiegare con contratti a carattere temporaneo). Su queste basi gli immigrati hanno trovato linfa per inserirsi nella struttura, che in qualche modo sembra reggere alla crisi360.

In altre parole, sono principalmente le carenze demografiche più che il ciclo economico a far sì che persista, seppur con segnali di crisi, la domanda di lavoro immigrato. La crisi economica ha infatti accentuato il processo di concentrazione lavorativa immigrata nel segmento inferiore del mercato del lavoro. Nel 2008, infatti il 29% dei lavoratori stranieri è impegnato in mansioni non qualificate, mentre nel 2012, tale percentuale raggiunge il 34%. Il processo di segregazione occupazionale si fa ancora più accentuato tra le donne immigrate che vanno a concentrarsi ulteriormente in poche attività lavorative. Nel 2012, infatti solo le assistenti domiciliari e le collaboratrici domestiche rappresentano più della metà

358 Ibidem.

359 Per un'analisi dei singoli settori si veda la tabella approfondita in merito all'interno dell'ultimo rapporto del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali. Ivi, p. 63.

delle lavoratrici straniere361.

Per quanto riguarda il lavoro autonomo, l'imprenditoria immigrata ha assunto in Italia una maggiore rilevanza negli ultimi dieci anni. Le iscrizioni alle Camere di Commercio registrano un vero e proprio balzo in avanti agli inizi degli anni Duemila, soprattutto in occasione della regolarizzazione del 2002, dove oltre il 17% delle domande di regolarizzazione per lavoro subordinato proviene da datori di lavoro stranieri362. Il lavoro indipendente si diffonde soprattutto in attività

artigianali e commerciali, dalle imprese di pulizie ai laboratori di abbigliamento e pelletteria, dalla ristorazione al commercio alimentare come quello degli «ethnic business363». In generale, i lavoratori autonomi presentano una forte connotazione maschile e si concentrano principalmente in tre settori: il commercio all'ingrosso e al dettaglio, il settore delle costruzioni e le attività manifatturiere. Tuttavia, questi ultimi due settori, a partire dal 2009, si riducono sensibilmente per via della crisi e vengono affiancati da nuovi settori che acquisiscono maggiore importanza come i settori della ristorazione, delle attività immobiliari, del trasporto e del magazzinaggio364.

A metà del 2012, quattro anni dopo l'inizio della crisi economica, come riporta il Rapporto del Censis per l'Ocse "Sopemi Italia 2012-2013", sono ben 385.239 i cittadini stranieri che svolgono un'attività imprenditoriale e rispetto all'anno precedente tale numero è cresciuto oltre del 5%, in controtendenza rispetto alle imprese guidate da imprenditori italiani365. Per questo motivo,

361 Ministero del Lavoro, Terzo Rapporto annuale..., cit., p. 62.

362 E. Zucchetti, Caratteristiche essenziali e questioni aperte..., op. cit., pp. 71-102. 363 E. Reyneri, op. cit., p. 233.

364 Ministero del lavoro, L'immigrazione per lavoro in Italia..., cit., p. 98.

365 CENSIS, Rapporto SOPEMI Italia 2012-2013, in “CENSIS Note&Commenti” n. 1/2, Roma, marzo 2013, p. 6.

In generale, l'affermarsi della tendenza all'imprenditorialità da parte dei lavoratori immigrati è stata considerata sia come risposta al venir meno dei tradizionali sbocchi occupazionali, sia come effetto della caduta dei vincoli normativi che, in precedenza, osteggiavano il passaggio al lavoro autonomo, ovvero come una strategia compensativa delle difficoltà di carriera incontrate nel settore del lavoro dipendente366.

Un altro aspetto importante riguarda invece l'evoluzione della presenza straniera. Infatti, la crisi economica, oltre ad aver influenzato in maniera consistente le decisioni in merito alla programmazione dei flussi e la situazione del mercato del lavoro, ha contribuito a modificare il panorama della componente straniera presente in Italia.

I flussi migratori verso l'Italia mantengono livelli consistenti fino a tutto il 2010, anno in cui, nonostante la crisi economica, in Italia si registrano ben 500 mila immigrati in più rispetto al 2009367. Tuttavia, gli effetti sui flussi non tardano a

farsi sentire e nell'arco di poco tempo, e più precisamente nel 2011, provocano per la prima volta conseguenze dirette sui flussi migratori. Al 1 gennaio 2011, la crescita della presenza straniera si riduce vertiginosamente dell'86% rispetto al 2010, registrando nel complesso solo circa 70 mila presenze, mentre nel 2012 si può parlare praticamente di crescita zero, in quanto i nuovi ingressi, di sole 27 mila unità, segnano un aumento dello 0,5% rispetto al 2011368.

La causa principale di questa contrazione, e questo è il dato più eclatante, si riferisce agli ingressi per lavoro. Nel 2011 il numero dei permessi di soggiorno per motivi di lavoro si riduce del 66,8%, passando dagli oltre 359 mila del 2010 ai circa 119 mila nel 2011 e tale contrazione riguarda quasi esclusivamente i

366 INPS/Caritas-Migrantes (a cura di), Diversità culturale, identità di tutela. III° Rapporto su immigrati e previdenza negli archivi Inps, Roma, 2009, p. 85.

367 Fondazione Ismu, XV Rapporto sulle migrazioni 2009, Comunicato stampa, reperibile sul sito ufficiale della fondazione www.ismu.org.

permessi di lunga durata e non quelli stagionali. A partire sempre dal 2011, inoltre, si registra per la prima volta un numero maggiore di permessi per ragioni di ricongiungimento familiare (43% del totale) rispetto a quelli per motivi di lavoro, che divengono solo il 36% del totale369. Come sottolinea il rapporto del Censis, il

2011 è un anno particolare, soprattutto per quanto riguarda i permessi per motivi umanitari, i quali rappresentano una porzione consistente (21% del totale dei permessi rilasciati) in conseguenza dei flussi migratori provenienti dalla Libia e dalla Tunisia, in seguito alla cosiddetta "Primavera Araba"370.

I riflessi della crisi economica, oltre ad aver rallentato sensibilmente i nuovi flussi migratori, sembrano favorire anche il rientro nel paese di origine o lo spostamento verso nuove destinazioni internazionali. Come riporta Gian Carlo Blangiardo, nel 2011, circa un immigrato su dieci ha manifestato l'intenzione di rientrare in patria o di spostarsi altrove. I dati sembrano confermare questa tendenza, poiché secondo quanto riportato dall'Ismu, sono oltre 200 mila gli stranieri che hanno spostato la loro residenza all'estero già nel 2010 e tale cifra rimane invariata anche per il 2011371. Recentemente, tali numeri potrebbero essere

aumentati sensibilmente se prendiamo in considerazione la ricerca effettuata dalla Cgil372. Secondo tale ricerca, infatti, sarebbero quattro su dieci gli immigrati che

pensano di lasciare l'Italia per intraprendere un nuovo progetto migratorio verso altri paesi europei, oppure per far rientro nel paese di origine.

In linea con il 2011, nel 2012 i permessi di soggiorno per motivi di lavoro

369 Censis, op. cit., p. 6. 370 Ibidem.

371 Fondazione Ismu, XIX Rapporto sulle migrazioni 2013, Comunicato stampa, reperibile sul sito ufficiale della fondazione www.ismu.org.

372 E. Galossi, L'impatto della crisi sulle condizioni di vita e di lavoro degli immigrati: un'indagine dell'Associazione Bruno Trentin, Associazione Bruno Trentin Isf-Ires, settembre 2013 in "Immigrati, voglia di andarsene. Uno su 4 ci sta pensando" pubblicato su www.repubblica.it

continuano a diminuire, dimezzandosi rispetto all'anno precedente (si contano infatti solo 67 mila ingressi)373.

Tuttavia, l'aumento delle iscrizioni anagrafiche, insieme all'aumento della componente stabile degli stranieri (i soggiornanti di lungo periodo) sono espressione di un progressivo percorso di maturazione e integrazione. Al 1 gennaio 2013 gli stranieri residenti sono 4.387.721, l'8% in più rispetto all'anno precedente. La quota dei cittadini stranieri sul totale dei residenti (italiani e stranieri) continua infatti ad aumentare passando dal 6,8% del 1 gennaio 2012 al 7,4% del 2013374. A tal proposito, i dati dell’ultimo quinquennio mostrano che i

due terzi dei 252 mila cittadini non comunitari entrati in Italia nel 2007 risultano, a cinque anni di distanza, ancora presenti nel 2012 con un valido titolo di soggiorno. Tale incidenza diviene ancora più accentuata per quanto riguarda la componente femminile (71,4%) dove, tra le principali nazionalità, si trovano Ucraina, Moldavia, Cina, Bangladesh, Perù e Sri Lanka375. Una chiara

testimonianza del radicamento sul territorio si può osservare guardando la componente dei soggiornanti di lungo periodo (ovvero ex carta di soggiorno376).

373 Fondazione Ismu, XIX Rapporto sulle migrazioni 2013..., cit., p. 1. 374 Istat, Report Statistiche del 26 luglio 2013. Reperibile sul sito www.istat.it.

375 Gian Carlo Blangiardo, Gli aspetti statistici, in "XVIII Rapporto sulle migrazioni 2012, Fondazione Ismu (a cura di), Roma, FrancoAngeli Editore, 2012, p. 46.

376 Dall'8 gennaio 2007, in seguito all'adeguamento alla direttiva europea 2003/109, viene introdotto, in sostituzione della carta di soggiorno, il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo. Si tratta di un permesso di soggiorno a tempo indeterminato che può essere richiesto da coloro che hanno appunto maturato cinque anni di presenza legale continuata.

Nel corso del 2011 avviene un aumento sostanziale dei soggiornanti di lungo periodo che crescono di ben 257 mila unità rispetto all'anno precedente, arrivando a rappresentare quasi la metà dei cittadini extracomunitari presenti in Italia. Come si può notare dalla tabella XIII nel 2012, soprattutto nelle regioni del Nord-ovest e del Nord-est, i soggiornanti di lungo periodo arrivano a superare la metà, rappresentando rispettivamente il 54,3% e il 57% dei soggiornanti regolari in Italia.

Un maggiore radicamento della popolazione straniera passa attraverso un prolungamento della permanenza sul territorio, comportando inevitabilmente un progressivo aumento dell'invecchiamento di questa componente. Questo aspetto si dimostra cruciale, soprattutto se pensiamo che fino ad oggi abbiamo avuto a che fare con un'immigrazione tendenzialmente giovane che ha permesso di compensare i forti squilibri demografici del nostro paese. Pertanto,

Si tratta, com'è facile immaginare, di un fenomeno che non è affatto neutrale rispetto alle problematiche di natura previdenziale. Si assisterà, infatti, all'ingresso in età anziana di un crescente numero di soggetti che, stante la natura contributiva del sistema pensionistico italiano e disponendo di redditi mediamente bassi (oltre che di carriere lavorative regolari spesso ridotte), potranno verosimilmente contare ai fini pensionistici solo su di una modesta contribuzione; di conseguenza, si troveranno a dipendere e a gravare non marginalmente su

Tabella XIII. Cittadini non comunitari soggiornanti di lungo periodo al 1° gennaio anni 2011 e 2012.

Fonte: elaborazioni Ismu su dati Istat, G.C. Blangiardo, Gli aspetti statistici..., cit., p. 48.

eventuali forme di welfare pubblico integrativo377.