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Dall’occupazione all’occupabilità: dal mondo del lavoro e delle organizzazioni al soggetto

I. Capitolo

2. Dall’occupazione all’occupabilità: dal mondo del lavoro e delle organizzazioni al soggetto

La mancata applicazione della legge da parte del mercato del lavoro e delle organizzazioni diviene ostacolo alla concreta realizzazione di possibilità lavorative per le persone in condizione di disabilità. Non viene poi affrontata la questione dell’occupabilità declinata nel progetto di vita dei giovani in condizione di disabilità, quale costrutto multidimensionale ma si continua a fare riferimento al costrutto di occupazione, intesa dal punto di vista sociologico come collocazione in un’organizzazione produttiva caratterizzata da determinati compiti e mansioni (Barbier, Nadel; 1999).

Lo sviluppo di un concetto pedagogico del lavoro può essere interpretato in una dimensione dualistica, come promozione della dimensione educativo – formativa insita nel lavoro stesso ovvero come preparazione del soggetto al sociale. In tal senso, le riflessioni sul tema del lavoro, da un punto di vista pedagogico rimandano ad alcune problematiche:

 l’analisi dei significati connessi al lavoro e alle sue trasformazioni con particolare riguardo ad alcune problematizzazioni;

 il tema del rapporto formazione-lavoro;

le trasformazioni delle professionalità e la loro articolazione in competenze e capacitazioni. Si inizia, quindi, ad introdurre un importante aspetto, da cui l’innovazione dipende in modo significativo, ovvero il valore della persona come fulcro trainante di tutti i processi di interconnessione generativa. (Gulisano,2017).

Il lavoro può allora essere definito come un’attività orientata alla trasformazione o alla produzione di risorse materiali e intangibili finalizzate, alla realizzazione piena dell’essere persona, e destinate

     

alla comunità civile, intesa nella sua interezza o in alcune sue parti (Alessandrini,2003). Pertanto, considerare l’educazione e la formazione in relazione con la questione dell’impiego non vuol dire che l’educazione e la formazione si rieducano ad un’offerta di qualificazioni, laddove l’educazione e la formazione hanno come funzione essenziale l’integrazione sociale e lo sviluppo personale, attraverso la condivisione di valori comuni, la trasmissione di un patrocinio culturale e l’apprendistato dell’autonomia (Delors,1993).

Un lavoro adeguatamente impostato dovrebbe soddisfare per ogni persona una triplice relazione: con il proprio“sé”, con il mondo degli oggetti e con il mondo degli altri soggetti-persona. Il capitale e il lavoro della persona non scompaiono, ma sono sostituiti da un fattore produttivo meno visibile e quantificabile: la conoscenza. Secondo tale approccio, gli investimenti classici in beni funzionali e in capitale fisso tendono a essere sostituiti, e superati, da quelli in ricerca, progresso e formazione delle risorse umane. (Gulisano,2017). Si raffigura, così, un’impresa della conoscenza, con dei caratteri simili a quelli di una scuola d’insegnamento: un luogo dove non si produce, ma si pensa(Ciminata,2004). In un simile scenario la formazione svolge un ruolo di primaria importanza in quanto diviene un processo in grado di sensibilizzare in modo incisivo la generazione di un nuovo commercio strategico: la gestione delle conoscenze. A tal fine, per una maggiore competitività formativa ed economica, è necessario dare attuazione,nel panorama europeo, al cosiddetto Triangolo della Conoscenza, che evidenzia l’interazione tra Istruzione, Ricerca e Innovazione. n questo senso, la cultura del lavoro si sottopone ad un processo di razionalizzazione nel senso che svela la sua ragion d’essere e razionalizzandosi il suo valore diviene educabile: perché mostra in che modo ha lasciato, lascia e può ancora lasciare un segno nella storia e nella libertà delle persone. Formare in questo senso significa permettere una negoziazione continua fra il bagaglio di conoscenze pregresse del soggetto-persona e quelle di altri possibili interlocutori, in relazione al nesso lavorativo, con i suoi codici, il suo sistema di valori etc.

Il lavoro può essere considerato come l’attività più umana che esiste. Il lavoro è per la persona e non la persona per il lavoro, pertanto le sue capacità lavorative non devono essere ridotte alla tipologia di mansione da svolgere o al ruolo da ricoprire, né piegate alla necessità dell’organizzazione. In un’ottica sistemica diviene necessario perseguire un duplice progetto:

 l’autorealizzazione personale;

 il successo dell’azienda/organizzazione stabilendo un’alleanza tra soggetto e organizzazione di contro ad una cittadinanza organizzativa controllata da razionalità assoluta (Rossi, 2008). L’ organizzazione dovrebbe dunque divenire “umanistica”, che non ignora gli aspetti relazionali ed emotivi che agiscono in essa, ponendo al centro il lavoratore. Nei tempi odierni è possibile osservare come in nome del profitto e della produttività la personale autenticità del lavoratore è sacrificata. È necessario, infatti, transitare dalla produzione di profitto alla produzione di crescita soggettiva coniugando la logica della produzione con quella dell’apprendimento personale e organizzativo ripersonalizzando l’organizzazione per far vivere il lavoro non in maniera schizofrenica ma solistica per una diffusione della cultura del benessere investendo sulle identità personali a produrre valore. In tal guisa l’organizzazione si presenta quale contesto indispensabile per un soggetto responsabile che all’impegno dell’impresa a personalizzarsi si impegna a imprenditorializzarsi (puntando alla realizzazione di un lavoro decente che nobilita, che esprime un particolar modo di “esserci” e di “starci” nel luogo del lavoro. Le organizzazioni responsabilizzate sono fortemente innovative creano dei contesti per promuovere un fare creativo e non un fare

     

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esecutivo, utilizzando l’immensa potenzialità di apprendimento di cui dispongono. Tali istanze di organizzazioni umanistiche emergono da una prospettiva utopica tutt’altro che trascurabile in termini di forza generativa di ogni serio progetto di rinnovamento e come il non ancora (Ricoeur. 1998).

L’utopia fornisce un clima organizzativo di sfida intellettuale in un mondo che “prende forma giorno per giorno”. Per stimolare l’innovazione è necessario un pensiero divergente che riesce, evitando di ricalcare schemi predefiniti e tentando percorsi rischiosi, riesce a giungere a soluzioni e contributi difficilmente prevedibili, ma ad alto valore aggiunto.

Per saper gestire l’inaspettato, quale caratteristica cangiante del mondo del lavoro, il soggetto deve essere pronto ad inventare ciò che non è stato ancora inventato per farsi titolare consapevole del proprio tempo e del proprio spazio in una continua progettazione e riprogettazione di sé. Dal punto di vista del contesto e dunque delle organizzazioni la valorizzazione di tutte le risorse umane, in termini inclusivi implica molteplici ripensamenti della dimensione del lavoro che possono essere così sintetizzati:

 un lavoro per la persona ;

 un lavoro che produce valore (utilità);

 un lavoro come progetto personale e professionale;  un lavoro come preziosa risorsa formativa;

 un lavoro il cui piacere è legato all’azione, ad un’azione che la persona possa riconoscere come propria (Rossi, 2008).

3. Esplorare l’occupabilità per dar voce all’identità personale e professionale dei soggetti in

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