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L’offerta di disclosure non finanziaria all’interno dell’Annual Report

2.2 La situazione globale attuale in materia di disclosure non finanziaria

2.2.2 L’offerta di disclosure non finanziaria

2.2.2.4 L’offerta di disclosure non finanziaria all’interno dell’Annual Report

Un’altra importantissima tendenza scoperta dallo studio “KPMG Survey on Corporate

Responsibility Reporting 2017” è data dal fatto che un numero sempre crescente di aziende

includono i dati riguardanti la Corporate Responsibility all’interno degli annual financial

reports. Questa osservazione è di cruciale importanza perché dimostra come le aziende

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nella letteratura, ovvero che per la loro sopravvivenza come entità economica e per il reperimento delle risorse finanziarie di cui hanno bisogno, è ormai sempre più necessario offrire agli investitori e a tutti gli stakeholder una chiara, articolata e concreta spiegazione di come l’impresa affronta la questione della creazione di valore nel lungo periodo. Un valore che non è più il solo valore economico, ma che assume una dimensione molto più ampia, includendo anche il valore sociale e ambientale, necessaria per l’ottenimento della “licenza a operare” da parte dei propri stakeholder. Un valore che non guarda più al solo orizzonte temporale ristretto tipico dell’esercizio finanziario, ma che diventa molto più esteso nel tempo, includendo fra i possibili rischi che possono interrompere il suo processo di creazione anche i più catastrofici scenari futuri, sia economici che sociali e ambientali, poiché uno qualsiasi di questi avrebbe parimenti un forte impatto negativo sulle possibilità dell’impresa di continuare a operare come agente economico. La scelta delle imprese di discutere le informazioni non “finanziarie in senso stretto” all’interno del bilancio d’esercizio, così da rendere meno marcata la separazione fra argomenti finanziari, sociali e ambientali, è quella che può offrire nel modo migliore una visione olistica dell’azienda al proprio pubblico, presentandogli una panoramica globale e soprattutto completa capace di attrarre le sue scelte di investimento o, di uguale importanza, di ottenere il suo benestare in merito allo svolgimento dell’attività d’impresa. Importante sottolineare, come detto da O. Boutellis-Taft, amministratore delegato di Accountancy Europe, che la reportistica è solo uno strumento e i benefici della reportistica di carattere sociale e ambientale potranno essere visibili soltanto una volta che le aziende avranno incorporato al proprio interno una visione globale che affianchi agli obiettivi e alle pratiche di tipo economico, anche obiettivi e pratiche di carattere sociale e ambientale. Per questo, usando le parole di uno dei principali autori dello studio, J.L. Blasco di KPMG, “la Corporate Responsibility disclosure non si deve focalizzare sulle

statistiche, ma sugli impatti che l’azienda ha”93.

Successivamente è esposta una figura che espone nel dettaglio i dati quantitativi riguardanti ciò che è appena stato discusso in merito dell’inclusione di tematiche di

Corporate Responsibility all’interno del bilancio d’esercizio.

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Figura 17: Aziende che includono le informazioni di Corporate Responsibility all’interno dei bilanci d’esercizio94

P.S. Trend calcolato tenendo in considerazione lo stesso campione di studio N100 del 2015

Come si può dedurre dai risultati esposti, la tendenza di crescita all’interno dei due campioni di studio è indubbia. Il biennio 2015-2017 ha visto una crescita del +13%, fra le imprese che risiedono nelle prime 250 posizioni della classifica Fortune Global 500, nella discussione di informazioni di Corporate Responsibility all’interno dell’annual financial

report. Questa forte crescita non è certo una novità, infatti, è da ben molto più tempo che

all’interno del campione si osserva un trend di questo tipo. La figura successiva mostra più nel dettaglio l’evoluzione nel tempo misurata nelle ultime 4 edizioni dell’indagine “KPMG Corporate Responsibility Reporting”, dal 2011 al 2017

Figura 18: Aziende del campione G250 che hanno incluso le informazioni di Corporate Responsibility all’interno dei bilanci d’esercizio nel periodo 2011-201795

94 KPMG International (2017), The road ahead: The KPMG Survey of Corporate Responsibility Reporting 2017 95 Ibidem

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Un meno marcato, ma ugualmente significativo aumento del +4% si è potuto osservare, nello stesso periodo, anche nelle aziende che fanno parte del ben più esteso campione N100. Il livello complessivo di aziende nel campione N100 che offrono Corporate

Responsibility information in bilancio d’esercizio è ancora relativamente basso rispetto a

quanto osservato nel campione G250, precisamente 60% contro 78%. Va detto però che all’interno del campione N100 sono presenti anche le aziende dei paesi con una bassa tradizione in materia. Ad alzare la media ci sono alcuni paesi che si distinguono fortemente poiché le imprese lì situate possiedono già una certa familiarità nell’integrare i classici dati dell’annual financial report con informazioni di carattere sociale e ambientale.

Figura 19: Top 10 paesi per tasso di aziende che discutono informazioni di Corporate Responsibility all’interno dell’Annual Ainancial Report96

Come mostra nel dettaglio la figura in alto relativa al campione N100 del 2017, alcuni paesi, su tutti India, Malesia, Regno Unito e Sudafrica, si distinguono con punteggi altissimi. Molte delle aziende leader qui localizzate operano già con una logica definita di

integrated thinking, diffusa a livello di intera organizzazione, che mira a eliminare la

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separazione fra economico, sociale e ambientale nel modo in cui l’azienda concepisce qualsiasi operazione aziendale, dunque anche nell’attività di comunicazione e reporting.

L’Integrated Reporting

A conferma di ciò l’indagine mostra inoltre come fra il 2015 e il 2017 vi sia stata una forte diffusione del concetto di integrated reporting, più marcata in alcuni paesi, e come sia cresciuto da parte delle aziende il richiamo a tale modello. I numeri sono ancora molto bassi, ma la crescita, sebbene lenta, inizia a essere costante e potrebbe rappresentare la vera chiave di svolta per una vera rivoluzione futura della reportistica aziendale. La figura sottostante mostra i dati percentuali assoluti e la variazione all’interno del campione N100 nel biennio 2015-2017 nei 10 paesi in cui lo strumento dell’Integrated Report si è diffuso maggiormente.

Figura 20: Top 10 paesi per tasso di aziende redigono l’Integrated Report97

A livello complessivo le aziende all’interno dei campioni N100 e G250 che etichettano i propri annual financial report come integrated report rappresentano il 14% di entrambi i campioni. In particolare, nel biennio 2015-2017 si è vista una crescita del +3% nell’esteso campione N100, mentre un calo del -1% nel campione G250. Circa i due terzi delle imprese che hanno implementato tale strumento, fanno riferimento al framework <IR> dell’Integrated International Reporting Council (IIRC).

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Giappone, Brasile, Messico e Spagna sono i paesi in cui nel biennio la crescita è stata più forte e dove di conseguenza gran parte delle aziende hanno compreso appieno i benefici di tale strumento e hanno deciso di applicarlo spesso in risposta a regolamentazioni obbligatorie provenienti dai governi o dai mercati borsistici. L’eccezione rappresentata dal Sudafrica, con valori altissimi (90%), è da attribuire al fatto che per le aziende quotate nella borsa nazionale, la Johannesburg Stock Exchange, l’Integrated Reporting è obbligatorio. Come detto un’eccezione, ma che potrebbe presto diventare la regola.

Il GRI Report

Tuttavia, gli standard di riferimento più utilizzati dalle aziende che divulgano informazioni di Corporate Responsibility, sia che lo facciano mediante bilancio d’esercizio sia mediante documento separato, sono quelli offerto dalla Global Reporting Initiative (GRI). Conformemente a quanto detto nell’indagine “KPMG Survey on Corporate

Responsibility Reporting 2017”, nel campione N100 il numero di aziende che utilizza una

fra le raccolte di standard di GRI è del 63%, mentre nel campione G250 tale valore sale al 75%. La figura sottostante mostra all’interno delle 2.230 aziende del campione N100 che fanno uso degli standard GRI, qual è stata la scelta effettuata fra le varie tipologie di standard offerti dall’organizzazione.

Figura 21: Scelta delle aziende fra i vari standard GRI esistenti98

Come si può notare lo standard “GRI G4” era quello largamente più diffuso al momento dello studio, ma va detto che dal 1 luglio 2018 sono validi solo i “GRI Standards”. Gli standard GRI come di quelli dell’IIRC, che potrebbero rappresentare il presente e il futuro

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del Corporate Reporting, verranno trattati più approfonditamente nella prossima parte di tale elaborato di tesi.

La verifica delle informazioni di carattere non finanziario

Di pari passo con la crescita della reportistica di informazioni di Corporate Responsibility, cresce anche il numero di aziende che si affida a un fornitore indipendente di servizi di verifica per assicurare la veridicità delle informazioni offerte. Questa operazione in alcuni paesi è già di tipo mandatory, si ricordi che la stessa direttiva 2014/95/UE cita all’interno delle proprie disposizioni normative la materia della verifica esterna delle informazioni non finanziarie, lasciando poi la scelta di applicarle o meno al legislatore nazionale in sede di recepimento. La figura sottostante mostra la percentuale delle aziende che hanno deciso di attuare tale scelta fra le 3.543 aziende del campione N100 e le 233 aziende del campione G250 che comunicano già informazioni di Corporate Responsibility.

Figura 22: Ricorso ai servizi di verifica esterna delle informazioni di Corporate Responsibility99

Come si può vedere anche in questo caso il trend è crescente in entrambi i campioni, in particolare più che raddoppiato all’interno del campione G250 nel corso delle ultime sei edizioni dell’indagine.