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Oltre il Doha Round; gli accordi preferenziali delle diverse aree geografiche

Nel documento L’Italia nell’economiainternazionale (pagine 84-87)

relazioni economiche tra Europa e Africa

3.2 Oltre il Doha Round; gli accordi preferenziali delle diverse aree geografiche

Anche nel 2008 e nel 2009 la crescita esponenziale degli accordi preferenziali bilaterali e regionali è continuata senza interruzioni, nonostante la crisi finanziaria globale abbia provocato l'introduzione di alcune misure protezionistiche e di ritorsioni da parte di alcuni

paesi20.

Il numero dei Preferential Trade Agreements (PTA), che includono sia gli accordi di libero scambio che altre forme di cooperazione economica, conclusi nel periodo 2000-2008, ammonta, infatti, a più della metà di tutti quelli conclusi nel secolo precedente, a indicare

una crescita senza precedenti21.

Le ragioni di questo fenomeno possono essere sostanzialmente ricondotte a tre. La prima è senza dubbio la paralisi del Doha Round, che non ha dato segni di miglioramento nell’anno appena trascorso. La seconda è quello che è stato definito “effetto competizione”, evidente nelle recenti strategie dell’Ue, e che mira ad aumentare il peso di un’area o di singoli paesi rispetto ai concorrenti. Infine c’è il cosiddetto “effetto domino”, in base al quale la

creazione di blocchi commerciali incentiva fortemente i paesi a farne parte per timore di eventuali effetti avversi del restarne esclusi.

L’area più dinamica in questo senso è risultata, sia in generale che per il 2008-2009, l’Asia-Pacifico. Il Nafta e l’ASEAN rappresentano qui i grandi blocchi regionali di rilievo, per peso economico e numero di abitanti, anche se, dati gli accordi progettati, potrebbero ritrovarsi ben presto parte di agglomerati ben più significativi.

Nel 2007 è stato per la prima volta utilizzato il nuovo Transparency Mechanism, messo a punto nel dicembre 2006 a Doha, al fine di assicurare che accordi bilaterali e regionali preferenziali siano compatibili con le norme dell’Omc. Il meccanismo, impiegato per la prima volta per esaminare, a maggio 2007, il Trattato di Libero Scambio tra Australia e

20 Si rimanda all’approfondimento Il nuovo protezionismo, in questo capitolo.

21 Per maggiori dettagli, fare riferimento al database dell’Omc, lanciato a gennaio 2009 e consultabile al:

http://rtais.wto.org/UI/PublicMaintainRTAHome.aspx.

Fonte: elaborazione ICE su dati OMC

0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 194 8 195 0 195 2 195 4 195 6 195 8 196 0 196 2 196 4 196 6 196 8 197 0 197 2 197 4 197 6 197 8 198 0 198 2 198 4 198 6 198 8 199 0 199 2 199 4 199 6 199 8 200 0 200 2 200 4 200 6 200 8 Numero di ACR 0 50 100 150 200 250 300 350 400 450

ACR notificati nell'anno (scala sn) ACR in vigore (scala dx) ACR totali, in vigore e no (scala dx)

Grafico 3.1 Accordi Commerciali Regionali (ACR) notificati all'OMC. Fino al marzo 2009

Thailandia, è considerato essenziale per conciliare il panorama sempre più complesso degli accordi regionali con le norme multilaterali. A maggio 2009, un totale di 44 trattati sono già stati esaminati, ed è stato messo online un database con i singoli trattati.

Il timore generale, tuttavia, è che il sistema degli scambi commerciali mondiali si stia spostando verso un sistema di accordi che si sovrappongono con il rischio, tra gli altri, di effetti collaterali avversi come un aumento della complessità dei meccanismi commerciali e una distorsione degli scambi che finirebbero per frammentare ancora di più, anziché

integrare, le economie dei diversi paesi.

Il principale vantaggio riconosciuto al multilateralismo rispetto a PTA bilaterali o regionali è, inoltre, la protezione dei paesi più deboli, che in negoziazioni bilaterali possono essere indotti ad accettare accordi non paritari pur di assicurarsi benefici minimi. In questo senso, il fallimento degli accordi Doha risulterebbe in una vera e propria debacle per i paesi meno sviluppati, la cui tutela è senza dubbio maggiormente assicurata in sede Omc che in singole negoziazioni, siano esse regionali o bilaterali.

Considerando invece gli aspetti positivi, viene sottolineato da più parti che questa proliferazione di iniziative contribuisce in ogni caso a dare una spinta in senso di

liberalizzazione degli scambi in un momento in cui la negoziazione in sede multilaterale risulta chiaramente bloccata senza vie di uscita a breve scadenza.

Asia-Pacifico

La crescita degli accordi preferenziali su base bilaterale o regionale è stata negli ultimi anni particolarmente rilevante per l’area asiatica, non soltanto in ragione del numero, come già sottolineato, ma anche perché essa rappresenta una sostanziale inversione di tendenza. Questo è evidente nel numero crescente di accordi firmati da Cina, Giappone e Corea del Sud, che ancora nel 2001 non erano parte di alcuno di essi (ad oggi è rimasta solamente la Mongolia).

Da quando è entrata nell’Omc, la Cina ha concluso accordi bilaterali un po’ ovunque nel mondo, di cui 7 sono nell’area Asia-Pacifico. Particolarmente importanti quello con l’Asean nel 2002, e quello con la Nuova Zelanda concluso a marzo 2008, il primo firmato da un paese ad alto reddito con la potenza emergente asiatica. Tuttora lontana dalla finalizzazione è invece l’area di libero scambio (o Free Trade Area, FTA), in discussione dal 2005, con l’Australia, nonostante la crescita sostenuta degli scambi tra i due paesi che ha portato la Cina a divenire il primo partner commerciale dell'Australia nel 2008. Questa strategia giocata su più tavoli mostra da parte della Cina un atteggiamento aperto, attento ad evitare la formazione di blocchi chiusi, e capace di negoziare nello stesso tempo con paesi di differente orientamento (sviluppati/emergenti, agricoli/produttori di servizi). Questo è dovuto anche al fatto che per la Cina la negoziazione di accordi è prevalentemente un mezzo per stabilire buone relazioni diplomatiche, più che ottenere specifici obiettivi di tipo

commerciale.

L'Asean ha continuato anch'essa la corsa alla firma di FTA, sia su base bilaterale che multilaterale. I singoli paesi membri sono impegnati in circa 130 FTA in vari stadi di negoziazione, mentre l'Asean come blocco regionale partecipa a un totale di sei.

Di notevole importanza, tra di esse, la firma, tra Australia e Nuova Zelanda da una parte e l'Asean dall'altra, di una zona di libero scambio (FTA), nel febbraio 2009, che entrerà in vigore non più tardi del 1° gennaio 2010, e che includerà merci, servizi e protezione della proprietà intellettuale.

Per quanto concerne le altre negoziazioni ancora in itinere, in soluzione d'arrivo appare quella con la Corea del Sud, dopo che a febbraio 2009 la Thailandia ha risolto la controversia sul riso che la vedeva esclusa dai negoziati comuni.

Interessanti sono anche le evoluzioni in questo senso del Giappone e della Corea.

bilaterale e regionale, come un mezzo per aumentare il potere negoziale nell’arena globale, favorire l’integrazione e incentivare gli scambi. I positivi esempi di Europa, Nafta e

Mercosur sono debitamente riportati e analizzati, sottolineando il fatto che, contrariamente ad alcune pessimistiche previsioni, il commercio mondiale non si è indirizzato nel senso di una guerra tra blocchi di mercato.

La Corea del Sud è uno degli stati maggiormente attivi, con FTA in progresso o in atto nei cinque continenti, che includono, oltre quelle già menzionate con Stati Uniti e Asean, Cile, Singapore, India, Ue, Efta, Canada e Messico, e con prospettiva di iniziare analoghe negoziazioni con Australia, Nuova Zelanda e Perù.

L’impressione generale è che l’Asia-Pacifico, l’area più dinamica del mondo, non mostri una chiusura in se stessa – anche se gli scambi intra-area si sono intensificati.

Al livello normativo, inoltre, sono presenti numerose spinte all’allargamento dell’Asean ad una zona di libero scambio che includa, in varie combinazioni, la maggior parte dei paesi dell’Asia orientale, la più probabile delle quali sembra essere l’Asean + 3 che includerebbe, oltre all’Asean stessa, Cina, Giappone e Corea del Sud.

Americhe

Il panorama dell’emisfero occidentale rivela una crescente sfiducia nei meccanismi negoziali multilaterali, anche a livello regionale, che ha interessato tanto gli Stati Uniti quanto i paesi latinoamericani.

Mentre prima del 2000 l’attività bilaterale degli Stati Uniti era stata piuttosto limitata – Nafta e Israele – negli anni successivi il numero delle FTA è andato aumentando

notevolmente, con partner di varie parti del mondo, e la tendenza non ha mostrato segni di inversione nemmeno dopo le elezioni presidenziali del novembre 2008.

La nuova amministrazione democratica, nonostante tradizionalmente meno disponibile a maggiori concessioni in tema di liberalizzazione commerciale di quelle repubblicane, ha mostrato di voler continuare le procedure per la ratifica delle ultime tre FTA siglate dagli Stati Uniti nel corso del 2007-2008 che sono ancora pendenti a causa di contenziosi. Mentre il trattato con Panama non presenta particolari difficoltà, sia quello con la Corea (settimo mercato per le merci statunitensi) che quello con la Colombia (ventiseiesimo) hanno incontrato numerosi problemi. L'amministrazione Obama, tuttavia, appare determinata a garantire l'approvazione del Senato almeno a quello con la Colombia, per ragioni soprattutto politiche (la Colombia è uno dei pochi dichiarati alleati americani in America centro meridionale).

Il caso della Corea22 si presenta più difficile; sebbene, per effetto del trattato, più del 94 per

cento dell'export statunitense godrebbe di esenzione da dazio in tre anni, i democratici continuano a sostenere che non è sufficiente a diminuire il deficit commerciale statunitense e che necessita pertanto di essere rinegoziato. Il governo coreano, tuttavia, non ha finora espresso parere positivo sulla questione, sebbene si sia mostrato disponibile al dialogo e a trovare soluzioni “creative” per risolvere la impasse senza riaprire il negoziato già concluso. Passando ad analizzare le dinamiche che interessano l’America centro meridionale, non ci sono grandi novità da segnalare in una area che ha conosciuto la massima attività negli anni cinquanta, quando furono formate le grandi aggregazioni regionali (Cacm, Andean,

Mercosur e Caricom) e con il Mercosur che rappresenta il più avanzato esempio di integrazione economica e commerciale.

Da rilevare sicuramente la rinnovata attività cinese nel concludere accordi ad ogni livello con i paesi sudamericani, culminata con l’accordo con il Cile, entrato in vigore nel 2007, che con tutta probabilità sarà a breve seguito da un analogo trattato con il Perù.

Sempre il Perù, uno dei paesi che ha mostrato recentemente il maggiore dinamismo

negoziale, ha siglato nel maggio 2007 due FTA, una con Singapore (che garantisce a gran parte dell’import e a tutto l’export dazio zero) e l’altra con il Canada. Il paese andino, che ha rappresentato nel 2008 la sola economia dell'area ancora in crescita sostenuta, ha inoltre iniziato nel maggio 2009 analoghe negoziazioni con il Giappone.

La Colombia, vicina alla ratifica della FTA con gli Stati Uniti, ha iniziato nel 2007 negoziati con il Canada, anche se in questo caso le resistenze da ambo le parti si annunciano difficili da superare nel delicato momento attuale.

Infine, gli sviluppi già segnalati non fanno presagire alcuna evoluzione per le negoziazioni, già in fase di stallo dal 2005, della FTAA, l’area di libero scambio che dovrebbe riunire tutti i 34 paesi dell’emisfero occidentale con la sola eccezione di Cuba.

L’accordo, avversato sia dal Congresso americano che da parte del Mercosur, non sembra destinato ad una veloce conclusione.

Africa

Il continente africano è tradizionalmente il meno dinamico nelle negoziazioni bilaterali. La prima FTA del continente è stata siglata nel 2000, all’interno dell’area COMESA, da parte di 9 paesi membri (Djbouti, Egitto, Kenya, Madagascar, Malawi, Mauritius, Sudan, Zimbabwe e Zambia), a cui si aggiungeranno via via tutti gli altri (19 in tutto). Il termine ultimo per l’annessione è stato fissato al 2012, ma è probabile che vi saranno slittamenti in avanti.

Gli Stati Uniti continuano a non avere allo stato un solo accordo di FTA con l’Africa Sub-sahariana. Le negoziazioni con il Sacu (South-African Custom Union, composta da Sudafrica, Lesotho, Swaziland, Botwana e Namibia), arenate dal 2006, sono state formalmente chiuse dalla nuova amministrazione Obama a maggio 2009, con la

dichiarazione che gli Stati Uniti perseguiranno invece negoziazioni bilaterali con i singoli stati membri.

Il Sacu ha invece iniziato nel 2008 negoziati per arrivare con la Turchia a una FTA che includerebbe merci e servizi, ed è allo studio anche una FTA tra Mercosur e Sacu (tra le due organizzazioni esiste già dal 2004 un PTA), che però non ha ancora superato la fase di studio e delle consultazioni multilaterali.

Iniziative da parte dei paesi asiatici per una presenza più attiva nel mercato africano sono state portate avanti anche nel corso del 2008.

Da segnalare un’iniziativa coreana per la realizzazione di una FTA con il Sudafrica nel gennaio 2008, e che potrebbe coinvolgere anche gli altri membri Sacu. Analoghe iniziative sono in discussione anche con la Cina.

Nel documento L’Italia nell’economiainternazionale (pagine 84-87)