relazioni economiche tra Europa e Africa
3.3 La strategia di politica commerciale bilaterale dell’Unione europea 23
L’Unione europea, dato il nuovo arresto del Doha Round, ha proseguito nella sua rinnovata e proattiva strategia di politica commerciale bilaterale che l’ha caratterizzata a partire dal 2006. Gli accordi commerciali bilaterali non rappresentano una novità nella politica commerciale dell’Ue, dato che ne esistono già da tempo diversi considerati non in contrapposizione con le iniziative multilaterali. Obiettivo dichiarato è quello di generare nuovi flussi commerciali, migliorare la competitività delle imprese europee nei mercati in espansione e preparare il terreno per una futura più ampia liberalizzazione del sistema commerciale mondiale. In questa ottica, pur rinnovando l'impegno prioritario per il processo di liberalizzazione commerciale in ambito multilaterale, è stata avviata una nuova serie di negoziazioni nell'ambito di accordi commerciali bilaterali.
23 Le informazioni riportate in questo paragrafo sono essenzialmente tratte dai siti ufficiali della Commissione Europea:
I negoziati di partenariato economico tra l’Ue e i paesi Acp hanno marciato a ritmo spedito, anche se numerosi disaccordi, soprattutto da parte dei paesi africani, ne hanno ritardato la conclusione; difficoltà notevoli, anche se in via di risoluzione, sono state incontrate in quelli con la Corea del Sud. A ritmo lento sono proseguite anche le trattative per un accordo di libero scambio con l’India e di associazione con la Comunità Andina e gli Stati
dell’America Centrale; mentre, dopo alcune fasi altalenanti, sembrano essere ormai in fase di stallo quelli con la regione del Golfo e con l’Asean.
Grandi progressi sono stati invece registrati con i paesi del Mediterraneo, con la prevista ratifica dell'accordo di Associazione con la Siria per il 2009 e l'inizio ufficiale dei negoziati con la Libia a luglio 2008.
Con il completamento di questi accordi, l’Ue ne avrà conclusi con l’intero globo. Oltre alle iniziative di cooperazione commerciale, nella sua nuova strategia globale, la Commissione Europea ha delineato anche i meccanismi a difesa dei suoi interessi commerciali, concentrandosi maggiormente sugli ostacoli che le imprese europee incontrano oltre le frontiere dei nostri partner commerciali, sulla protezione dei diritti di proprietà intellettuale e su forme di concorrenza sleale.
Al maggio 2009 l’Unione europea era parte in causa in 34 controversie sottoposte all’Omc (in quattordici casi come ricorrente e nei rimanenti venti come convenuta). Come già accaduto, la maggior parte di tali controversie sono con gli Stati Uniti (in sette casi come ricorrente, in sei come convenuta). Il caso maggiormente degno di nota ha continuato ad essere quello relativo alle controversie «Airbus/Boeing», in merito a sovvenzioni che sarebbero state concesse a tali costruttori. La disputa è continuata per tutto il 2008, e la
decisione finale da parte del panel24non è ancora ad oggi arrivata (maggio 2009). Altri punti
di frizione hanno invece riguardato gli standard sanitari, come gli Ogm e ormoni. Nel caso degli Stati Uniti, il motivo fondamentale di disaccordo è rappresentato dall'uso degli strumenti di difesa del commercio utilizzati dalla Ue.
È inoltre continuata anche nel 2009 la controversia sulle banane, dopo che, nell’aprile 2008, il panel dell’Omc, convocato su richiesta dell’Ecuador in merito al regime d’importazione di banane dell’Unione europea, aveva stabilito che esso non è conforme alla regole
commerciali internazionali, non garantendo lo stesso trattamento a tutti i paesi esportatori. L’Ue, come segnalato dall’Ecuador, è quindi colpevole di mantenere le proprie tariffe troppo alte e non in accordo con le precedenti sentenze (l’inizio della cosiddetta “guerra delle banane” risale, infatti, al 1996). La Ue ha dichiarato a gennaio 2009 che provvederà ad una modifica delle tariffe nel contesto di un più ampio accordo sul commercio delle banane. Di seguito le principali evoluzioni nei rapporti bilaterali dell’Unione europea, nel secondo semestre del 2008 e nei primi sei mesi del 2009, divisi per grandi aree geografiche.
Paesi Acp (Africa, Carabi, Pacifico)
Le negoziazioni dell’Ue con i 79 paesi dell’Africa, Caraibi e Pacifico (ex colonie dei Paesi europei, i cosiddetti Paesi Acp) per la costituzione di un accordo di libero scambio
(Economic Partnership Agreements, gli EPAs) sono proseguite per tutto il 2008, anche se non si è arrivati alla conclusione definitiva entro l’anno, com’era stato annunciato. Gli EPAs sono degli accordi derivati dall'abolizione dei precedenti accordi di Lomé e Cotonou, divenuti in contrasto con le norme previste dall'Omc, e il loro obiettivo è quello di eliminare tutti i dazi doganali e le barriere non tariffarie sulle merci importate ed esportate in un lasso di tempo previsto (termine ultimo il 2020).
Tra le altre misure previste si inscrivono inoltre la liberalizzazione del settore dei servizi, il rafforzamento della protezione dei diritti di proprietà intellettuale, la standardizzazione dei
24 Collegio giudicante composto da tre esperti indipendenti, che viene nominato dall’Organo per la risoluzione delle dispute
sistemi di certificazione, delle misure sanitarie e fitosanitarie, delle norme sull’ambiente, il lavoro, la salvaguardia dei consumatori, la definizione di nuove regole sulla concorrenza, la firma di un accordo per la protezione degli investimenti esteri ed, infine, il sostegno
all'integrazione di carattere regionale.
Gli EPAs, le cui negoziazioni sono iniziate nel 2002, destinate originariamente a concludersi a fine 2007, erano inizialmente sei. Rispettivamente, quello per l'Africa Centrale (Cemac and Sao Tome and Principe), per l'Africa Occidentale (Ecowas and Mauritania), per l’Africa sud-orientale (Esa), per Comunità di Sviluppo Sud Africana – Sadc, per le isole dei Caraibi e per quelle del Pacifico.
La firma e ratifica degli Epa, tuttavia, ha incontrato sin dall’inizio una serie di resistenze, che si sono prolungate anche nel corso del 2008 e del 2009, soprattutto da parte dei paesi africani. In questione è l'accesso al mercato africano dei prodotti europei, che secondo i paesi dell'area danneggerebbe gravemente le economie locali, non ancora sufficientemente competitive.
A seguito di questa forte opposizione, si è trovata una soluzione di transizione, con accordi ad interim a copertura del solo commercio dei beni entro il 2020, tralasciando tutti gli altri settori. Inoltre, vengono previsti opportuni periodi di transizione per prodotti sensibili, come riso e zucchero, e merci specifiche per singoli paesi, per salvaguardare i benefici delle preferenze comunitaria.
Allo stato attuale, sono le maggiori economie del continente, tra cui Angola, Sudafrica e Nigeria, ad essersi pronunciate sfavorevolmente al riguardo, e la Namibia sembra sul punto di seguirne gli orientamenti, sebbene abbia già siglato degli accordi preliminari.
Alcuni paesi dell’Africa orientale e meridionale hanno preso la decisione di uscire dai blocchi regionali negoziali per firmare accordi separati con l’Ue: si tratta di Botswana, Mozambico, Swaziland e Lesotho, appartenenti alla South African Development Community (SADC), ma anche di Kenya, Uganda, Tanzania, Rwanda e Burundi, appartenenti alla East African Community (EAC). Tutti questi paesi hanno siglato accordi integrali.
Accordi ad interim sono stati firmati anche da Costa d’Avorio e Ghana per l'Africa occidentale, da Seychelles, Madagascar, Zimbawe, isole Comore, Mauritius e Zambia per l'Africa orientale e dalle isole Fiji e Papua Nuova Guinea per il Pacifico.
Al dicembre 2008, la sola regione che nel suo complesso ha firmato l'accordo in forma integrale è quella dei Carabi, siglando anche accordi di partenariato economico complessivi, impegnandosi a rimuovere le barriere sull’82,7 per cento delle importazioni provenienti dall’Ue nei prossimi 15 anni, e assicurandosi accesso libero e senza limitazioni per tutti i propri prodotti (ad eccezione di riso e zucchero, per i quali sono previsti periodi transitori). La Ue, che ha come obiettivo dichiarato di concludere la firma degli EPA per giugno 2009, ha risposto alle critiche con lo stanziamento di un fondo di 23 milioni di euro di aiuti allo sviluppo, che diventeranno disponibili non appena gli accordi saranno finalizzati.
Paesi del Mediterraneo
Data la loro vicinanza geografica, i legami storici e culturali e i flussi migratori attuali e futuri, i paesi sulla sponda meridionale del Mediterraneo sono partner importantissimi per
l’Unione25. L'idea di una zona di libero scambio tra la Ue e i paesi del Mediterraneo risale
alla Dichiarazione di Barcellona del 1995, che ha posto le basi per il successivo dialogo. Fra il 1995 e il 2004 la politica di integrazione regionale si è realizzata soprattutto attraverso il Partenariato Euro-Mediterraneo (Pem), lanciato appunto a Barcellona, e che prevedeva la creazione di una zona di libero scambio tra Ue ed Algeria, Autorità Nazionale Palestinese, Cipro, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Malta, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia, per promuovere le relazioni commerciali ed economiche in tutto il bacino del Mediterraneo.
25 Sui rapporti commerciali tra Ue ed area del Mediterraneo si veda il contributo di Scorca L - Sorelli S. “Evoluzione dei rapporti commerciali Ue - paesi del Mediterraneo alla luce degli Accordi di Barcellona: un’analisi gravitazionale”, in questo Rapporto.
A seguito dell’allargamento dell’Ue nel 2004, con tutti i paesi della sponda Sud del Mediterraneo facenti parte del Pem sono stati conclusi (ad eccezione della Siria) accordi di Associazione. Questi accordi prevedono un processo di liberalizzazione commerciale dei manufatti attraverso il libero accesso per le esportazioni dei paesi Med ed un
graduale smantellamento delle tariffe per le esportazioni dell’Ue. Nel settore agricolo sono accordate delle preferenze reciproche e asimmetriche e, per quel che concerne i servizi e gli investimenti, ci si avvia verso una progressiva ma più graduale
liberalizzazione.
Nel corso degli ultimi due anni, l’Unione europea ha cercato di rafforzare
l’integrazione regionale euro-mediterranea in vista della creazione di una zona di libero scambio entro il 2010, tra l’Ue e 10 paesi terzi mediterranei. Le azioni sono state volte a potenziare la convergenza delle normative in materia di prodotti industriali e a proseguire nella liberalizzazione del settore agricolo e dei servizi.
Nel 2008 vi sono state significative accelerazioni nel processo di integrazione regionale grazie anche alle iniziative del governo francese in vista di un’Unione per il Mediterraneo, che hanno dato il via alle negoziazioni con Libia e Siria.
Libia – Sebbene la Libia sia un interlocutore importante nel bacino mediterraneo, fino al 2008 non esisteva un quadro che disciplinasse le sue relazioni con l’Ue. A luglio 2008, tuttavia, la Commissione Europea ha aperto le negoziazioni per un accordo quadro di libero commercio con il paese.
Nell'avviare negoziati contrattuali con la Libia la Commissione intende perseguire un accordo di ampio respiro che copra differenti aree. Tra queste, è prioritario instaurare un dialogo e una cooperazione proficui sulle questioni politiche di comune interesse,
nell'ambito delle relazioni bilaterali e a livello regionale, compresi temi importanti come la sicurezza internazionale, lo sviluppo sostenibile e i diritti umani, contribuire alle riforme economiche e sociali in atto nel paese, sviluppare ulteriormente le relazioni commerciali ed economiche, fornire sostegno all'integrazione del paese nel contesto commerciale ed economico mondiale, collaborare in molti settori di comune interesse come l'immigrazione, l'energia, i trasporti, l'istruzione, l'ambiente e la cultura.
Per quanto riguarda l'accordo commerciale in senso stretto, questo riguarderà prodotti agricoli ed industriali, proprietà intellettuale, investimenti e appalti pubblici.
Siria – Dopo anni di difficoltà di ogni genere, l'accordo di Associazione tra la Ue e la Siria sembra essere infine pervenuto ad una positiva conclusione, con gli stati membri dell’Ue che dovrebbero ratificarlo entro la fine del 2009. La versione preliminare dell'accordo era stata siglata nel 2004, ma successivamente sospesa in seguito all'attentato al Premier
libanese Rafik Hariri nel febbraio 2005. Nel corso del 2008, tuttavia, la Ue ha stabilito che i tempi per una sigla dell'accordo fossero ormai maturi e nel dicembre 2008 è stata siglata una versione rivista dell'accordo.
Il trattato, che garantirà ai due partner accesso ai rispettivi mercati (caratterizzato, nel caso della Siria, da alti dazi all'importazione), prevederà per la Siria un periodo di 12 anni di transizione, durante i quali alcune delle tariffe e delle quote resteranno in vigore. Questo inoltre aprirà la strada per una maggiore integrazione della Siria nella comunità
internazionale e renderà più agevole l'abolizione delle sanzioni da parte americana.
America centro meridionale
La Ue intrattiene già dialoghi per la negoziazione di accordi di libero scambio con tutti i principali blocchi dell'America centro meridionale.
Nel caso dei paesi del dell’America centrale, la maggior parte di questi sono ricondotti nel quadro degli EPA, di cui già si è parlato, mentre per il Mercosur i negoziati sono interrotti ormai dal 2006. Nonostante periodiche dichiarazioni da parte di stati membri dei due blocchi di volerle riaprire, non sembrano ancora sussistere le condizioni necessarie.
Comunità Andina (CAN)26 - La CAN e la Ue hanno iniziato le negoziazioni per il
raggiungimento di un accordo su scambi e investimenti a partire dal 1993. Il dialogo negli anni scorsi si è intensificato notevolmente fino a proporre la creazione di un’area di libero commercio tra le due regioni. A fine settembre 2007 si è tenuta a Bogotà la prima tornata di negoziati sui tre pilastri dell’accordo di Associazione: liberalizzazione degli scambi in materia di commercio e investimenti, dialogo politico in diversi ambiti, come appoggio alla governabilità, mutazioni climatiche, lotta contro le droghe e sviluppo compatibile,
programmi di cooperazione che riflettano la volontà congiunta di lotta alla povertà e all’esclusione sociale. Particolarmente intense erano state le trattative riguardanti l’ultimo pilastro con la presentazione dei 14 temi negoziali tecnici.
Nei successivi round, però, a Bruxelles nel dicembre 2007 e a Quito nell'aprile 2008, si è verificata una spaccatura all’interno del gruppo CAN, tale da rallentare anche il processo di integrazione dell’area. Si sono, infatti, delineati due blocchi: da una parte Colombia e Perù, a favore di una maggior liberalizzazione, e dall’altra l’Ecuador, che si è opposto a misure che limitano l’intervento dello stato in economia, e la Bolivia, non disposta a concessioni su appalti e servizi pubblici, e sui diritti di proprietà intellettuale.
La situazione rimane al momento abbastanza confusa ed è già stata avanzata l'ipotesi che la Ue arriverà ad adottare un trattato di associazione esclusivamente con Colombia e Perù così come fatto in precedenza dagli Stati Uniti.
Gli eventi per il momento sembrano dare supporto a questa versione: il presidente boliviano Morales ed ecuadoregno Correa hanno dichiarato a maggio 2009 di non voler negoziare un accordo con la Ue nei termini proposti.
Medio Oriente
Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg27) - Il Ccg è stato istituito nel 1981 con l’obiettivo di promuovere la cooperazione e l’integrazione negli affari economici, sociali e culturali e favorire la cooperazione nelle politiche estere e di sicurezza tra i sei Stati della Penisola Araba. Per l’Unione europea questa regione è di chiara importanza strategica, visto che circa il 20 per cento del petrolio importato proviene da questi paesi e che essi rappresentano il sesto mercato di destinazione delle merci europee. Nel dicembre 2008, tuttavia, le
negoziazioni per la creazione di un’Area di libero scambio, sono arrivate ad uno stallo improvviso, su richiesta dei paesi del Golfo. La ragione principale per l'interruzione del dialogo dopo quasi vent'anni di trattative è stata l'insistenza, da parte della Ue, su temi come i diritti umani e la democrazia, che i governi dell'area considerano come una indebita ingerenza in questioni interne.
Dopo questo episodio, i negoziati sono stati ripresi e interrotti nuovamente nel maggio 2009 e, sebbene le due parti continuino ad investire energie, non sembrano destinati ad una rapida risoluzione nel futuro prossimo.
Il Consiglio di cooperazione del Golfo ha inoltre iniziato altre negoziazioni di accordi dello stesso genere con Australia, Cina, Giappone e India.
Asia
Asean (Association of South East Asian Nations: composta da Indonesia, Filippine, Malaysia, Singapore e Thailandia, Brunei, Vietnam, Laos e Myanmar (Birmania),
Cambogia28 – L'Unione Europea rappresenta il secondo partner commerciale dell'Asean e il
26 Costituita da Bolivia, Colombia, Ecuador, Perù.
27 Arabia Saudita, Oman, Qatar, Bahrain, Emirati Arabi Uniti, Kuwait.
28 Association of South East Asian Nations, istituita nel 1967 da Indonesia, Filippine, Malaysia, Singapore e Thailandia, è
stata successivamente estesa a tutti gli altri paesi del Sud-Est asiatico, ad eccezione di Timor Est: Brunei nel 1984, Vietnam nel 1995, Laos e Myanmar (Birmania) nel 1997, Cambogia nel 1999.
primo mercato di destinazione per l'export; questo da solo basta ad illustrare l'interesse per il blocco regionale asiatico di un accordo con la Ue. Nonostante dopo diversi anni di
discussione sull'opportunità di una FTA tra i due blocchi le trattative siano finalmente iniziate nel 2007, il 2008 non ha visto sostanziali progressi. Uno dei problemi maggiori per l'avanzamento di quello che sulla carta si presenta come un accordo molto articolato e completo è rappresentato dalla questione dei diritti umani, che la Ue vuole inserire come condizione preliminare a successive discussioni. Nel maggio 2009, i due blocchi hanno infine riconosciuto le divergenze e sono giunti ad una sospensione momentanea delle negoziazioni. La Ue ha successivamente dichiarato la sua disponibilità a firmate accordi bilaterali con i singoli paesi dell'area.
Corea del Sud - Sorte analoga ai colloqui con l'Asean sembra essere destinata a quelli con la Corea del Sud. I negoziati per creare una zona di libero scambio commerciale erano stati avviati nel maggio del 2007, e avevano come obiettivo quello di migliorare l’accesso di beni e servizi ai mercati in modo da intensificare i rapporti economici e commerciali. L’Unione europea è già il secondo partner commerciale dopo la Cina e rappresenta anche la prima fonte di investimenti esteri. La Corea è l'ottavo partner della Ue. Tra l’altro anche gli Stati Uniti hanno in corso di negoziazione un accordo analogo con il paese asiatico.
L'intenzione originale era quella di raggiungere un’intesa entro la fine del 2007, ma nonostante i risultati positivi ottenuti nel settore dei servizi, dei diritti di proprietà intellettuale, degli investimenti, le trattative si sono bloccate nel 2008 nel settore auto, ancora molto protetto in Corea. La Ue aveva proposto l’eliminazione, nei successivi 7 anni, di tutte le tariffe all’importazione sui prodotti coreani, con effetti sull’80 per cento del volume totale degli scambi nei primi 3 anni. Il governo di Seul proponeva invece di eliminarne solo il 68 per cento in 3 anni. Altri disaccordi hanno interessato i prodotti agricoli: l’Ue ha accolto la richiesta della Corea di designare riso, aglio e pepe come prodotti sensibili, ma al tempo stesso ha richiesto concessioni maggiori su vino e carne, al pari di quanto realizzato nell’accordo concluso con gli USA. All'ultimo summit a livello governativo a maggio 2009, tuttavia, non si è raggiunta alcuna conclusione positiva. Il punto di maggiore controversia ha riguardato, in questo caso, le restituzioni introdotte dal governo coreano per il settore auto, non riconosciute dalla UE. Le due parti hanno tuttavia dichiarato di voler arrivare ad un accordo per fine 2009.
India – Sono invece progredite, sebbene lentamente, le trattative avviate nel 2007 per un accordo di libero scambio tra l’Ue e l’India. La conclusione è prevista ormai per il 2010, a causa di alcune divergenze su temi inerenti i servizi, i diritti di proprietà intellettuale, la liberalizzazione del sistema bancario indiano e gli appalti pubblici. L'obiettivo dell’Ue è quello di aprire maggiormente il mercato indiano alle imprese europee, mentre per l'India si tratta di liberalizzare in misura maggiore gli standard per i prodotti alimentari. Si tratta di un accordo che potrebbe arrivare a coprire il 90 per cento del commercio dei beni tra i due paesi, il cui il flusso commerciale è cresciuto fino a raggiungere circa 56 miliardi di euro nel 2007. Il mercato dell’Ue rappresenta il 22 per cento dell'export per l’India, mentre al
contrario l’India conta poco più del 2 per cento del totale dell’Ue.