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suo onore (attività di cui esistono diverse testimonianze: cfr soprattutto

La presa di distanza dal movimento dissidente è infine un’occasione per Prato (una delle poche, se non l’unica) per de- finire più precisamente, sul piano filosofico, il suo orientamento spirituale e per esplicitare quali siano – o ancor più, quali non siano – i suoi riferimenti teorici. Egli si dichiara avverso ai ge- suiti e al curialismo, ma distante allo stesso tempo da alcune let- ture teologiche come quelle di David Friedrich Strauss o Ernest Renan che, pur partendo da presupposti differenti, giungono en- trambe ad una scissione tra il Gesù storico ed il Cristo dei dog- mi e della fede – Strauss in senso ‘mitizzante’, Renan in senso ‘umanizzante’.60 L’accenno alla sua ammirazione giovanile per

l’apologista settecentesco Antonino Valsecchi sembra suggerire, piuttosto, la vicinanza dell’abate ad un approccio interpretativo rispetto al rapporto tra fede e modernità legato alla tradizione cattolica. Anche l’allusione alla natura semplice del proprio modo di vivere la religione, che paragona a quello dei «contadi- ni di Segonzano», sembra coerente con questa visione tradizio- nale, lontana dalla proposta della teologia liberale ma anche dal- la pretesa di equiparare perfettamente fede e ragione. In un’altra lettera scritta nello stesso periodo quest’ultimo punto è ancora più esplicito:

bisogna chinare il capo se si vuole restare cattolici: e in quanto a me (che con tutti i miei lunghi studî confesso di professare la fede del carbonajo, come di- cono i Tedeschi, cioè di credere fermamente anche ciò che non intendo, quando io sia persuaso che Cristo o la Chiesa, che è il medesimo, abbiano parlato) chinerò [il] capo innanzi al domma della infallibilità [pon]tificia, pro- clamata che sia dal concilio [ecu]menico, come lo chino innanzi al [domma] della Trinità e della Incarnazione e [umanità] del Verbo e simili altri, dei

60

Un giudizio di Prato sulla celebre e discussa Vita di Gesù di Renan si trova anche in una lettera scritta qualche anno prima a monsignor Luigi Mar- tini, che pure se ne era occupato nella sua opera Risposta all’opuscoletto inti-

tolato: Perché vi proibisce il vostro parroco di leggere la Bibbia?: «per ciò

che riguarda il libro di Ernesto Renan […], io lo lessi appena comparso, e confesso che quella lettura mi fece una dolorosa impressione vedendovi l’aberrazione d’uno spirito d’altronde elevato e ricco di preziose cognizioni. Per altro io non so comprendere l’ira direi quasi solenne di certuni contro quello scritto, che disapprovo altamente, ma che credo meno nocivo di quanto esso pare a prima vista». Prato a Luigi Martini, Trento, 20 agosto 1864 in Ar- chivio Diocesano di Mantova, Archivio Luigi Martini, b. 20.

qua[li] intendo tanto poco la ultima ragione [d’] essere, quanto della infallibi- lità prefata.61

Marcella Deambrosis accusava Augusto Sandonà di aver sot- tostimato l’adesione di Prato al movimento dei dissidenti che, secondo la storica, non si sarebbe apertamente manifestata solo perché ritenuta controproducente.62 La nostra impressione, per il

momento provvisoria e che andrà eventualmente confermata o smentita, è che la vicinanza di Prato al movimento – vicinanza senz’altro esistente in linea teorica, pur con alcune riserve – non abbia mai trovato davvero la forza, o meglio la volontà, di tra- mutarsi in impegno concreto. Ci sembra insomma che lo spirito di lotta, la carica polemica e anche la tenacia (quella tenacia che spingeva Prato a ‘minacciare’ i suoi interlocutori di «tem- pest[arli] di lettere come so far io quando voglio, e voglio sem- pre, quando una cosa mi preme»),63 caratteristiche tutte che co-

stituiscono in fondo la cifra dell’abate in ambito politico, non investano la sfera delle questioni di fede. In campo religioso Prato sembra, se non meno interessato, comunque meno voliti- vo, diremmo più passivo. Vi è anche, forse, una certa ambiguità, probabilmente non intenzionale, nell’atteggiamento di Prato in questo specifico frangente; un’ambiguità, nel senso di scarsa chiarezza, di cui la sua azione e il suo pensiero politico sembra- no invece totalmente scevri. Si pensi alla risposta con cui egli declinò l’invito al secondo congresso veterocattolico, sunteggia- ta anche nella lettera qui di seguito pubblicata: per Augusto Sandonà una manifestazione di netta distanza,64 per Deambro-

sis, al contrario, di implicita adesione, per gli stessi organizzato- ri del congresso, di chiaro sostegno se, contro le intenzioni di

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Frammento di lettera, in parte illeggibile e senza data, luogo e destinata- rio (che probabilmente è Filippo Fedrigotti, come viene indicato nell’indice che precede la raccolta): BCR, Ms. 4.5, c. 156.

62 Deambrosis, Conciliatoristi e riformisti, p. 301, in riferimento ad A. Sandonà, I “vecchi cattolici” e Giovanni a Prato, «L’Alto Adige», 17-18 set- tembre 1912, n. 212 (ripreso in Id., Giovanni a Prato ed i “Vecchi Cattolici”, «Quaderno della rivista Trentino», 6 (1930), fasc. IX, pp. 308-309).

63 Prato a Giovanni Ciani, Trento, 1 febbraio 1875 in BCT, BCT1-3010, n. 33.

64 La stessa interpretazione è riscontrabile in Garbari, Giovanni a Prato, pp. 38-39.

Prato, proprio in virtù di essa si sentirono legittimati a portare pubblicamente i saluti dell’abate in apertura dei lavori.

Senza dubbio si tratta anche, o forse soprattutto, di una que- stione di interessi e di priorità. La parte di carteggio finora esa- minata, certo incompleta ma comunque piuttosto consistente (si tratta di diverse centinaia di lettere, scritte da Prato a decine di corrispondenti e nelle più varie fasi della sua vita, dal 1836 – appena giunto a Vienna per frequentare il “Frintaneum” – fino al 1883, anno della sua morte), dà un’idea piuttosto precisa di quale sia la quasi esclusiva direzione delle sue energie e del suo tempo.65 Ed è significativo che, nonostante un avvenimento

epocale per la Chiesa cattolica come il Concilio, il dogma del- l’infallibilità papale e le sue conseguenze in ambito dottrinale; nonostante gli illustri contatti epistolari che, come abbiamo vi- sto, lo fanno apparire un interlocutore di riferimento per molte personalità del mondo cattolico ed intellettuale tedesco e italia- no; anche in un frangente come questo, insomma, il primo inte- resse di Prato non smette mai di essere la politica. Sempre all’amico Sandonà, nell’agosto 1871 – ossia ancora nel pieno della polemica antinfallibilista – scriveva quasi esasperato: «Adesso io non mi occupo molto della questione della infallibi- lità, quantunque mi piovano adosso ad ogni tratto e lettere e scritture da ogni parte, su quel tema»; pur investito da questa pioggia di missive, ciò che gli sta più a cuore è, come sempre, la «questione della nostra autonomia nazionale».66

65

In questo senso la «duplicità di interessi politico-religiosi» di Prato, di cui parla Deambrosis, Conciliatoristi e riformisti, p. 275, ci sembra quanto- meno molto sbilanciata verso il primo dei due poli.

66 Prato a Giuseppe Sandonà, Margone, 4 agosto 1871 in BCR, Ms. 4.5, cc. 163-164.

APPENDICE

Giovanni a Prato a Giuseppe Sandonà, Trento, 29 novembre 1872.67 Carissimo!

Sono dolente sentendo che la tua salute non è così ferma come io vorrei; e mi duole che le mie molte occupazioni non mi permettono di venire a vederti con quella frequenza che sarebbe nei miei desiderî. Ma spero, prima che spiri l’anno, di poter fare una scappata a Villa. Intanto, in risposta alla tua d’oggi, ti dirò che i Dissidenti della Germania (ché con altro nome io non potrei desi- gnare quei Signori che si chiamano colà Vecchi cattolici) si vanno aumentan- do, a misura che si accrescono i rigori curiali da parte dei Vescovi; com’è il caso nella diocesi di Ermeland, in Prussia, dove il Vescovo Msr. Cremnetz68, che fu, al principio, uno degli oppositori, nel Concilio vaticano, del domma espresso nella Bolla Pastor aeternus, e che sottommessosi poi alla maggio- ranza ne divenne uno dei più zelanti propugnatori, scommunica adesso a de- stra e a manca, e dopo aver contribuito ad accelerare in Germania le ordinan- ze contro i Gesuiti, e le leggi repressive contro i Vescovi, contribuisce adesso a far sì che la Chiesa dei dissidenti si amplifichi meravigliosamente. Non così a Monaco, dove il Vescovo procede colla massima prudenza e riserva; per modo che, a quanto venni pochi dì fa assicurato dal Dr. Druffel (distinto isto- riografo incaricato dalla Un. di Monaco della pubblicazione di cose inedite riferentisi all’epoca della Riforma e mandato a me dall’amico Döllinger per motivi riferentisi a questa pubblicazione)69 in Baviera i Dissidenti vanno poco avanti, appunto perché il Vescovo di Monaco e Freising si guarda bene dall’accostar polveri alla mina con atti di zelo troppo arrischiato. Del resto tu non dubiterai, già da questa mia relazione, che io sono lontano dall’appar- tenere ai Dissidenti; nemico dei Gesuiti, perché li credo dannosi alla Chiesa, nemico del Curialismo romano, perché lo credo composto di elementi che non tendono ad altro che a scopi materiali, e avverso conseguentemente a tutte quelle pratiche e dimostrazioni, che fanno del cattolicismo poco meno che un feticismo e quasi giustificano, agli occhi degli uomini serî, gli eccessi degli Iconoclasti, in mezzo alla confusione onde oggi il mondo geme, io mi man- tenni cattolico come uno dei miei più semplici contadini di Segonzano; uomo incallito in ogni genere di studî severi, so quale rapporto passi tra la fede e la scienza; non mi allettano i ragionamenti dei materialisti né mi spaventano col- le loro conclusioni quei metafisici, che prescindendo dalla positività delle as- serzioni del Cristo (il quale, si guardi bene, non si prese mai la cura di dimo- strar nulla filosoficamente), basano le loro deduzioni unicamente o sopra dati

67

BCR, Ms. 4.5, cc. 168-171. Uno stralcio della lettera è stata pubblicata da A. Sandonà, I “vecchi cattolici”.

68 Si legga: Krementz.

69 Si tratta di August von Druffel, curatore dei Beiträge zur Reichsgeschi-

chte, il cui primo volume uscì nel 1873. Di questo incontro a Trento tra Druf-

fel e Prato attraverso Döllinger riferisce anche quest’ultimo in una lettera a Lord Acton, 27 novembre 1872 (pubblicata in I. von Döllinger, Briefwechsel

1820 - 1890, Bd. 3, hg. von V. Conzemius, Beck, München 1971). Non è per

o sopra postulati della umana ragione, e ora ti negano il Cristo storico per fabbricartelo dommatico, come fa Strauss, ora del Cristo ti fanno un romanzo, dotto se vuoi e piacevole a leggersi, come Renan; ora fanno insomma l’uno ora l’altro tentativo per sostituire alla semplice, sapiente e perciò bella dottri- na cristiana cattolica un’altra dottrina; ma non arrivano mai a persuadermi; prima di tutto perché ciò che sostituiscono offre in molti punti le difficoltà del mistero senza controbilanciarle col peso di una incontestabile autorità, e poi perché non mi danno tali motivi da guadagnare il mio convincimento. Ti ri- corderai quante volte, nei begli anni della nostra giovinezza, noi abbiamo par- lato delle cose della fede e come ci accordavamo allora ad ammirare il Val- secchi, del quale tu facevi studio speciale: sono molti anni che io non leggo scritti polemici di quel genere; ma mi è sempre ancorarestato in mente un tuo detto, che io feci mio e lo mantengo: “La questione è se Dio abbia sì o no par- lato; risolta questa, tutto il rimanente non sono che chiacchiere”.

Ma vedo che io m’allontano dallo scopo di questa lettera, che, come vedi, scrivo improvvisando: permetti dunque che m’interrompa e mi raccolga per darti lume in quelle cose di cui mi chiedi e di cui pochi meglio di me potreb- bero oggi darti contezza. L’anno scorso i Vecchi cattolici tennero un Con- gresso generale a Monaco (al quale venni invitato anch’io dal Prof. Friedrich, ma non accettai l’invito) tanto per conoscersi. Le prese deliberazioni non si riferivano che al modo di ottener chiese per l’esercizio di Culto e di venire riconosciuti come cattolici dallo Stato. Quest’anno il Congresso ebbe luogo a Colonia nei giorni 19 ai 27 di settembre. Io ebbi anche per quest’assemblea un invito da parte del Comitato, al quale risposi con una lettera circostanziata, nella quale dopo aver fatto vedere, che attesi i modi un po’ rigidi di vedere della grande maggioranza della mia diocesi, una mia partecipazione qualun- que al Congresso porterebbe semplicemente uno scandalo senza poterne spe- rare alcun utile per la causa di quelle riforme, che anche io desidero nella Chiesa, faceva chiaramente vedere, che eglino, i Dissidenti, difficilmente po- trebbero adottare tali deliberazioni che potessero aver forza per la Chiesa cat- tolica; chiudeva coll’esprimere la lusinga, che le determinazioni del Congres- so servirebbero ad aprire gli occhi a chi si deve, a chi, voleva dire, à l’obbligo e il diritto di insegnare e comandare nella Chiesa. Tanto bastò perché all’aper- tura del Congresso, il Riferente dichiarasse di avere avuti degl’indirizzi di simpatia dall’Italia da parte di Ruggiero Bonghi e Terenzio Mamiani da Ro- ma e da Giovanni Prato da Trento. Questa notizia pubblicatasi nella Gazzetta universale70 e riprodotta dai fogli clericali d’Innsbruck non poteva mancare di destare nella nostra Curia vescovile qualche apprensione; però siccome i giornali del paese ebbero il tatto di non occuparsene, la cosa non ebbe conse- guenze; ad ogni modo io non avrei dubitato di dare tutte quelle pubbliche di- chiarazioni, che mostrassero, che, quantunque nella mia pochezza, per la na- tura degli studî di cui mi occupo e per le accidentali relazioni personali in cui

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Secondo Sandonà, I “vecchi cattolici” e Cavalletti, L’abate Giovanni a

Prato, p. 198, Prato si riferisce all’«Allgemeine Zeitung» di Augusta – dove

tuttavia non siamo riusciti a rintracciare l’articolo cui si fa riferimento. Che la notizia degli indirizzi di saluto di Prato al congresso girasse nei giornali tede- schi è tuttavia testimoniato da un articolo del «Fränkischer Kurier» di Norim- berga (21 settembre 1872, n. 185).

mi trovo con uomini tedeschi della scienza, d’altronde illustri e stimati, i quali appartengono agli odierni dissidenti, io non posso a meno di partecipare mate- rialmente a questo movimento degli spiriti, pure la mia fede non è né vecchia né nuova, ma è tutt’affatto semplicemente, la fede cristiana cattolica, come la definisce il nostro catechismo diocesano. – Premesso questo hors d’œuvre, eccoti ciò che fu conchiuso nel Congresso di Colonia, che ebbe a Presidente il

Prof. Schulte di Praga e a Vicepresidente il Consigliere Petri di Wiesbaden:

Intervennero anche il Protestante Bluntschli, Consigliere di Stato svizzero, come pure intervennero Rappresentanti delle varie confessioni della Chiesa anglo-americana, e della greca; intervenne anche il P. Giacinto, ma ebbe il buon senso di non chiedere le parola, la quale gli sarebbe stata rifiutata. I pun- ti dell’ordine del giorno furono sei, cioè:

I. Sulla organizzazione della cura d’anime. Intorno a questo tema vennero prese 14 risoluzioni in relazione a un conchiuso anteriore adottato dal Con- gresso di Monaco, le quali stabiliscono che i sacerdoti scommunicati a motivo della loro non accettazione del domma della infallibilità pontificia non sono da considerarsi come esclusi dalla Chiesa cattolica né decaduti dal loro mini- stero; le altre si riferiscono a riforme poco significanti nella liturgia; la risolu- zione 14a dice che finché non ci sia in Germania un Vescovo tedesco dissi- dente (altkatholisch) si debbano impiegare il Vescovo di Utrecht e il Vescovo armenoper le funzioni vescovili.

II. Elezione di un Vescovo. – Il Congresso affida a una Giunta di 7 mem- bri, tra i quali devono esservi 3 Teologi, di cui 2 Canonisti le operazioni pre- paratorie per la scelta d’un Vescovo vecchio cattolico; e questa Giunta deve fissare il tempo opportuno della elezione, la residenza, la dotazione del Ve- scovo, deve mettere in chiaro i rapporti che passeranno tra il Vescovo e lo Stato e la Comunità, fissare un regolamento elettorale e uno Statuto, nel quale vengano fissati i diritti delle Comunità dirimpetto al Vescovo ecc. In questa Giunta furono nominati: Dr. Friedrich, Dr. Hasenklever, Maassen, Michelis, Reusch, Schulte, Wülffing.

III. Riunione di tutte le varie Comunità cristiane. A questo scopo, richia- mandosi a quanto fu su ciò deciso a Monaco, il Congresso nomina una Giunta composta dei Signori Döllinger, Friedrich, Langen, Lutterbek71, Michaud, Michelis, Rottels, Reinkens, Reusch e Schulte, coll’autorizzazione di aggiun- gervi altre personalità, che crederanno adattate.

IV. Diritti dei vecchi cattolici. Questo è un capitolo un po’ lungo; ma a stringere tutto in breve, il Congresso reclama per i vecchi cattolici, da parte dello Stato, il godimento di quei medesimi diritti che godono i giovani catto- lici e le altre chiese riconosciute; e in particolare (il che è la cosa la più impor- tante, come mi scriveva in settembre il Dr. Grünert parroco vecchio cattolico a Königsberg) l’uso promiscuo delle chiese parrocchiali e cattedrali.

V. Organizzazione del movimento della Riforma cattolica. Si fissano due Giunte, una a Monaco per la Germania meridionale, una a Colonia per la set- tentrionale; seguono poi direttive dettagliate.

VII. [sic] Mezzi di agitazione per il movimento delle dottrine vecchie cat- toliche. – Si cerchi di far leggere ai Tedeschi le Gazzette che sostengono i

71

principii vecchi cattolici, quali sono il Deutscher Mercur72 e il Katolik73 di Königsberg. Si spargeranno opuscoli; si terranno pubbliche Conferenze ecc; cose tutte da organizzarsi e attivarsi dalla relativa Giunta ad hoc.

Ecco; adesso credo di averti detto tutto quello che so io stesso. Se vuoi ul- teriori e più dettagliate informazioni, procurati il Rinovamento cattolico74 che viene dato fuori a Bologna dal Prof. Cassani, col quale io sono in attiva corri- spondenza.

Rivolgiti a Don Fr. Paoli a Rovereto, il quale possede anche l’annata del 1871, che è la prima. È un periodico grave, perfettamente cattolico, ma nemi- co dei Gesuiti e del Curialismo, e perciò poche settimane fa fu messo all’Indice. Se non sei in relazione con D. Paoli, posso spedirti io la 1a annata, o anche la seconda; ma per l’anno entrante farai bene ad associarti; non costa che 14 fr. in carta.

Ora non mi resta che abbracciarti in tutta fretta: sono occupato a finire un lavoro sul nostro paese, che mi fu chiesto da Lampertico per farlo pubblica- re:75 ci lavoro da un mese circa e mi riescì un mosaico abbominevole, perché io per natura mia, come sai, mi occupo sempre di molte cose contempora- neamente; e siccome il mio ministro di finanze mi permette bensì un copista, ma mi nega due o tre segretarî, devo lavorare anche materialmente sempre da me solo; da che nasce che molte delle mie cose, anzi le più, riescono incom- plete. Aggradisci dunque il buon volere e credimi sempre

Tutto tuo Tita Prato

72

Si tratta della rivista pubblicata dal 1872 a Monaco «Deutscher Merkur. Organ für die katholische Reformbewegung».

73 Il riferimento è alla rivista diretta prima da Michelis e poi da Grünert dal titolo programmatico «Der Katholik. Organ zum Kampfe gegen die jesui- tische Neuerung in der Kirche» (1872), dal 1873 «Der Katholik. Religiöses Intelligenz- und Sonntagsblatt zur Bekämpfung des Jesuitismus und Versöh- nung der christlichen Kirchen», Königsberg.

74 «Il rinnovamento cattolico. Giornale di studi religiosi e sociali», stam- pato a Bologna dal 1871.

75 Si riferisce alla memoria Sullo stato di coltura nel Trentino, letta all’Accademia Olimpica di Vicenza nelle tornate 28 dicembre 1872 e 3 gen- naio 1873 (cfr. E. Brol, Il giornalismo patriottico trentino in una lettera di

Giovanni Prato, «Rassegna storica del Risorgimento», 38,1951, fasc. III-IV,

pp. 265-287: 284). A questo proposito si veda la lettera di Prato a Fedele Lampertico, Trento, 21 gennaio 1873 in Biblioteca Civica Bertoliana, Vicen- za, Carte Lampertico, 158, c. 1.

!

MARCELLO FARINA

D

ON

L

ORENZO

G

UETTI

:

SPIRITUALITÀ DI UN CURATO DI CAMPAGNA

«La grandezza di una vita non si misura nella grandezza del luogo in cui si è svolta, ma da tutt’altre cose».1 Sono le parole

che don Lorenzo Milani scriveva a sua madre il 28 dicembre 1954, appena arrivato a Barbiana, terra madre e matrigna ad un tempo, luogo di benedizione e di maledizione (di esilio), per un uomo che aveva scelto di fare della sua vita un dono prezioso per tutte le donne e per tutti gli uomini che egli avesse potuto incontrare nella sua breve esperienza di prete.

Le avrebbe potute pronunciare, quasi ottant’anni prima, an- che don Lorenzo Guetti, egli stesso vissuto a contatto diretto con un mondo, quello contadino, segnato dalla miseria e dalla fame, incapace di emanciparsi da una condizione di subordina-