• Non ci sono risultati.

Parroco e decano a Sarentino (1810-1819) e a Merano (1819-1826)

Può essere che l’incorporazione all’inizio del 1810 del terri- torio trentino al Regno italico abbia determinato un nuovo, al- meno parziale, ricambio dei professori nel Liceo di Trento, con una riduzione di quelli tedeschi – ad esempio del Tschiderer, che continuava ad avere qualche difficoltà con la lingua italiana. In ogni caso nell’agosto del 1810, all’età di 33 anni, Giovanni Nepomuceno venne nominato parroco dell’ampia parrocchia di Sarentino, nella parte bassa dell’omonima valle, territorio che apparteneva alla diocesi di Trento e al Regno Italico. L’anno se- guente gli venne affidata anche la responsabilità di decano. Fu- rono nove anni di intenso lavoro pastorale, che rimasero forte- mente impressi tanto nel cuore del pastore che della popolazio- ne. Qui, in una parrocchia molto estesa e, data la caratteristica orografica, composta, oltre che dal villaggio centrale, da molte frazioni discoste e relative cappelle e masi isolati, Tschiderer espresse in pieno la sua vocazione sacerdotale e pastorale in tut- to l’ampio spettro del suo mansionario, non esclusa un’oculata amministrazione del beneficio parrocchiale e dell’azienda agri- cola ad esso incorporata. In questi anni stava crescendo in Sa- rentino un giovane i cui destini erano destinati più tardi a incon- trarsi e intrecciarsi in maniera tanto significativa quanto fruttuo- sa: Pier Paolo Rigler, nato nel 1796 e, dal 1819 in poi, attivo e

10

Per tutto ciò (anche per gli appunti manoscritti di Tschiderer) cfr. Mayr,

stretto collaboratore di Tschiderer a Trento e nella Bassa Atesi- na (diocesi di Trento) lungo tutto il resto della vita di Giovanni Nepomuceno.

Dopo la definitiva incorporazione del territorio trentino alla Contea principesca del Tirolo, il governo austriaco procedette a una nuova serie di riforme ecclesiastiche ancora improntate ai princípi giuseppinisti, ma al contempo sorrette dalla preoccupa- zione e dall’interesse a che l’organismo della Chiesa cattolica fosse onorevole ed efficiente, ora con maggiore disponibilità a permetterle di attingere alle proprie sorgenti spirituali, sempre con il tradizionale intento di avere in essa un’‘utile’ risorsa civi- le e politica per il nuovo impero multinazionale. Anche verso la tradizione religiosa nel suo complesso l’atteggiamento era nuo- vo e più positivo: immediatamente a partire dal suo insediamen- to ufficiale nei nuovi territori nel 1815 il governo austriaco permise la riapertura di alcune case religiose, in particolare quelle dei Francescani Minori e Cappuccini, e anche dei Con- ventuali di Riva del Garda, e ne favorì la ridotazione materiale. Era un segnale importante e in controtendenza. Cominciava in effetti una stagione nuova per il cattolicesimo in Austria, certa- mente ancora condizionato per alcuni decenni dall’impostazione e dalla prassi burocratica statalista, ma al contempo ben più ri- spettato nella sua propria natura e addirittura favorito in ordine al contributo che da esso ci si attendeva per la società e per lo Stato.

In questo contesto il governo introduceva ulteriori riforme. Nel 1818, in accordo con la Sede romana – ‘bypassando’ invece quasi completamente le autorità ecclesiastiche locali – i confini della diocesi di Trento vennero sensibilmente ampliati, aggre- gandovi territori fino a quel momento soggetti alla giurisdizione dei vescovi di Coira e di Bressanone. Riassumendo si trattava dell’aggregazione alla diocesi di Trento di buona parte della Val Venosta con Val Passiria e Val Martello, nonché di tutto il comparto delle valli ladine che si dipartono dal gruppo dolomi- tico del Sella: Badia, Gardena, Val d’Ega e Fassa. Anche la bas- sa Val d’Isarco, fino addirittura a comprendere l’antica sede ve- scovile di Sabiona, venne assegnata alla diocesi di Trento. Il principio era quello della maggior possibile coincidenza dei

confini amministrativi e confini ecclesiastici, come pure di con- ferire alla diocesi di Trento un carattere plurietnico e plurilin- guistico che prevenisse una deriva nazionale italiana. Ciò però non bastava. Nonostante nell’ottobre 1818 fosse morto il vesco- vo Emanuele Maria Thun, la vacanza della sede trentina si tra- scinò per più di cinque anni fino al novembre 1823, quando venne finalmente nominato il vescovo Francesco Saverio Lu- schin. La ragione di questa in sé dannosissima situazione fu la ferma esigenza, da parte del governo viennese, di strappare alla Sede romana la nomina dei vescovi dell’impero austriaco (pro- priamente incardinata all’imperatore) – nel nostro caso di quelli di Trento e di Bressanone. Alla fine (qui come altrove) Roma dovette cedere, anche se in Curia si aveva cura di presentare la soluzione come una libera e sovrana concessione pontificia (‘teoria dei privilegi’, e propriamente a titolo di diritto di ‘pre- sentazione’) di ciò che in realtà era una tipica e ormai inconte- nibile espressione dello statalismo ecclesiastico e dei suoi pre- sunti iura circa sacra. Naturalmente la Sede romana si riservava – ed esercitava – il diritto di conferma del nominato (dopo aver- ne valutata l’idoneità e la corrispondenza ai canoni tridentini), senza la quale la nomina governativa non aveva alcun vigore. Il tutto naturalmente, ancora una volta, ignorando le autorità ec- clesiastiche locali. Ottenuta questa facoltà nel settembre del 1822, si poté procedere da parte del governo alla nomina del nuovo vescovo, nomina che in realtà si trascinò ancora alquanto a causa della ferma posizione della Sede romana di vedere attua- te alcune misure a favore della diocesi a contraccambio della avvenuta ‘pesante’ concessione. In tutto questo il futuro eletto Francesco Saverio Luschin, già da anni impiegato come referen- te ecclesiastico negli uffici del governo provinciale di Inn- sbruck, ebbe fin d’ora una parte importante, e proseguì poi nella sua qualità di vescovo quell’impegno di recupero ordinamentale ed economico delle istituzioni diocesane che era l’urgenza di questi anni. Anche per la complessità di queste trattative e di queste operazioni, soltanto nell’ottobre del 1824 egli prese pos- sesso della diocesi. L’anno seguente Trento conobbe un ultimo fondamentale passaggio di riordino istituzionale col venire attri- buita all’ambito metropolitano dell’arcivescovo di Salisburgo,

una misura che faceva ‘pesantemente’ il paio con la già attuata incorporazione amministrativa dell’ex principato vescovile alla Contea del Tirolo. Aggregata l’importante città di Merano11 alla

diocesi di Trento nel maggio 1818, e divenuta essa vacante nell’estate del 1819 per morte del parroco pro-tempore, nel set- tembre di quell’anno venne nominato parroco Giovanni Nepo- muceno e decano l’anno seguente. Per la diocesi di Trento era molto importante inaugurare la propria giurisdizione su quella nuova terra con un pastore di qualità, che valesse a sopire i ma- lumori suscitati da una decisione che poneva fine ad una lun- ghissima storia di giurisdizione curiense sulla Venosta fino al Passirio risalente al primo medioevo. Tschiderer fu ancora una volta all’altezza delle attese, anzi le superò, lasciando anche qui un ricordo caloroso e duraturo.

6. Canonico a Trento e provicario generale della diocesi