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Organicismo e giuspubblicistica: le funzioni dello Stato

Tra gli studi giovanili di Duguit, ce n’è uno in particolare che attesta della tensione nonché del rapporto che, in questa fase della sua riflessio- ne, il giuspubblicista intrattiene con l’organicismo sociologico in genera- le e con la riflessione di Spencer in particolare, quello dedicato alle fun- zioni giuridiche dello Stato moderno79. Si tratta di un lavoro che, al di là

78 Sulla scorta dell’indicazione, dal punto di vista di chi scrive assai significativa, di

C. LÉVI-STRAUSS (La sociologie française, in AA.VV., La sociologie au XX siècle, a cura di

G. Gurvitch, II, Paris 1947, pp. 513 ss), Carla Faralli mette in evidenza come la pretesa della sociologia di costituirsi come una ‘superscienza’, intesa alla maniera di Comte e Spencer, sia stata superata nel suo stesso sviluppo dottrinario (C. FARALLI, Léon Duguit filosofo del diritto, p. 29): «Tuttavia, abbandonato per tempo l’imperialismo sociologico, i sociologi francesi compresero presto che la sociologia è una scienza da considerare ad egual stregua delle altre e che pertanto essa non deve essere presa come una disciplina isolata, spiegatesi in un suo proprio dominio, ma piuttosto come un metodo ed un atteggiamento di ricerca dei fenomeni umani. Questo fece sì che la sociologia, entrando in rapporto con le altre discipline, sociali ed umane, operasse in profondità su di esse, aprendole a problemi e metodi nuovi».

79 L. DUGUIT, Les fonctions juridiques de l’État moderne, in «Revue internationale de

sociologie», 1894, pp. 161-197. Per un chiarimento sul rapporto tra formalismo interpretativo e varianti del giusrealismo il contributo di M. BARBERIS, Separazione dei poteri e teoria giusrealista dell’interpretazione, in Analisi e diritto 2004. Ricerche di

di alcune ingenuità metodologiche giovanili, lascia intravedere con chia- rezza determinati tratti, di stile e concettuale, che caratterizzaranno la riflessione ‘matura’ di Duguit, il cui orientamento generale consiste nel non prendere immediatamente posizione nella disputa, di natura ssquisi- tamente politica, tra sostenitori dello Stato ‘minimo’, e sostenitori dello Stato che, intervenendo attivamente nella vita politica, tende, perciostes- so, a diventare ‘totale’. Nella misura in cui Duguit non ritiene che vi sia una risposta universale alla questione, il problema si rivela, piuttosto, quello di intenderne la portata in rapporto ad uno spazio ed un tempo determinato: con ciò, però, la ricerca del giuspubblicista già si qualifica metodologicamente, dal momento che in gioco non è la risposta in quan- to tale, dotata del requisito dell’assolutezza, dell’universalità, dell’asto- ricità, bensì quello della riconduzione della politica alle strutture funzio- nali della società, le quali variano con tempo, richiedendo, volta per vol- ta, diversi approcci politici alla medesima questione. Con ciò, Duguit ri- badisce quanto e in che misura la politica sia un’arte, che deve risponde- re ad una conoscenza scientifica della realtà. D’altra parte, questo sforzo resta circoscritto tematicamente, dal momento che oggetto dell’interesse dell’allora giovane studioso è l’insieme delle funzioni giuridiche dello Stato. Funzioni giuridiche che Duguit tiene a distinguere dalle funzioni effettive; nell’approccio del giuspubblicista la tensione è tutta rivolta nel- la direzione della giuridicità delle funzioni dello Stato, oggetto di una riflessione scientifica, che rivendica un suo statuto di autonomia tanto rispetto all’economia, quanto rispetto alla politica. Purtuttavia, nono- stante questa premessa, concentrando la sua attenzione sulla sfera giuri- dica, il giuspubblicista lascia presentire quanto la questione della speci- ficità del diritto sia significativa nella sua ricerca: distinti, forse un po’ ingenuamente, i fenomeni economici e quelli giuridici sulla scorta della contrapposizione tra l’alimentazione e la relazione intese come funzioni, la prospettiva che prevale è, da un lato, quella realistica, per cui siffatte categorie rivestono esclusivamente una funzione esplicativa rispetto a dei fenomeni la cui natura esorbita la sfera concettuale, mentre, dall’altro si rimarca come, tanto nella realtà quanto nella rappresentazione che se ne dà, non si tratti, rispetrtivamente, di oggetti e concetti semplicemente distinguibili. Alla base di un lavoro su categorie che vengono, con straordinaria attualità, definite “puramente esterne”, il giuspubblicista evita ogni discussione relativa alle modalità d’intervento politico dello Stato, così come del ritorno che quest’intervento ha sulle sue stesse

strutture, intese in senso giuridico. L’idea di Duguit è che, nell’ambito di un generale riferimento a quella che possiamo definire “natura delle co- se”, sia possibile reperire dei tratti costanti, che segnino il carattere di persistenza al di là del mutamento, maggiormente evidenti in alcune piuttosto che altre epoche.

I casi possibili sono tre: «Si nous démontrons que le rapport qui se forme a toujours le même caractère, nous en conclurons que le mode de participation des organes sera toujours le même. Si, au contraire, le ca- ractère du rapport varie, le mode d’intervention des organes de l’Etat variera aussi. Si enfin nous établissons que dans tous les cas le rapport, né de la fonction exercée, est un acte de volonté et implique par là même l’intervention de la personne de l’Etat, nous devons en conclure que la mise en œuvre d’une fonction quelconque de l’Etat exige toujours le concours de tous les organes, constituant par leur réunion la personne politique, quelque nombreux et divers que soient ces organes, que ja- mais l’un d’eux ne pourra accomplir seul une fonction de l’Etat, et, qu’enfin, si leur mode de participation varie, c’est seulement en raison de leur structure propre et non en raison de la fonction accomplie»80.

Ciò premesso, Duguit ritiene di poter considerare la società umana alla stregua di un insieme di individui che appartengono alla specie, uni- ti da una comunione originaria dei bisogni, che insieme, per il tramite del lavoro, cercano di soddisfare questi bisogni: a partire da quest’aggregazione iniziale, rinvenibile anche nelle società primitive, quella che si realizza progressivamente è una differenziazione, causata da quella che, sulla scorta dell’insegnamento di Spencer, è definita la legge del passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo. Già in questo scritto giova- nile, emerge la determinazione concettuale sulla cui scorta il potere, lun- gi dall’essere un fenomeno ‘originario’, è solo ed esclusivamente un ef- fetto della differenziazione sociale, ossia della tendenza a passare dall’omogeneo all’eterogeneo. Governati e governanti sono, sin dalla prima fase dell’opera di Duguit, effetto della medesima legge sociale, legge che fissa le linee della differenziazione sociale, di cui la differenza tra sessi è parte costitutiva, e di cui, in definitiva, lo Stato è considerato effetto.

Il fatto che la ricerca di Duguit sia confinata all’ambito propriamente giuridico, allora, è da inquadrarsi in un ambito più ampio, che è quello della differenziazione sociale: la società politica è considerata solo una delle forme possibili di associazione, e in quanto tale, non può né deve

essere considerata in rapporto privilegiato al giuridico. La preminenza dell’elemento sociale è tale che di fronte ad essa le forme politiche svani- scono, quale sua semplice declinazione. Aristocrazia, democrazia, Stato- nazione, Stato teologale sono nomi della differenziazione sociale. In que- sto senso: «Peu importent ces différences: l’Etat est toujours le produit d’une différenciation entre un ou plusieurs individus qui commandent, et les autres individus qui obéissent»81.

Questo scritto di Duguit è, con ogni probabilità, quello che più di ogni altro risente di quell’impostazione sociologistica che affetta la fase iniziale della sua ricerca. L’influenza di Spencer è presente in modo mas- siccio82: Duguit, al livello di questo saggio, evidenzia come: «La societé

est un être vivant; l’Etat est un organe de cet être vivant. Cette distinc- tion élémentaire a souvent été méconnue. Il peut y avoir, et il y a des so- ciétés encore très peu développées ne présentent aucune différeciacion entre gouvernants et gouvernés»83.

Il ragionamento ha il tenore che segue: nella misura in cui ci si pone dal punto di vista strettamente giuridico, che è quello che maggiormente preme al giuspubblicista, la relazione si instaura e che rende possibile il funzionamento dell Stato è quello tra comandante e comandato, ciò che di questo rapporto è l’effetto, ossia l’obbedienza, appare, dal punto di vista dell’ordine posto (donné) e non dell’ordine imposto (imposé), ri- conducibile a due forme essenziali, a due modi d’espressione fondamen- tali. L’ordine, in questo senso, può essere generale nella misura in cui si applica a tutti senza distinzione, o particolare (spécial), nella misura in cui, al contrario, ha effetti solo in un caso particolare: di quest’ultimo, si può dire che esso è imposto o in virtù di un ordine generale, di cui è, semplicemente, l’esecuzione, oppure che esiste in quanto isolato, e allora non ha ragione di esistere. Dunque, anche il comando che si applica al caso particolare ha senso solo in rapporto in rapporto ad un ordine su- periore. In sostanza: «En résumé, la fonction juridique de l’Etat se tra- duit toujours en un ordre donné; mais cet ordre peut intervenir sous trois formes différentes. En employant des expressions modernes qui s’imposent, bien qu’elles prêtent quelque peu à confusion, nous dirons: lorsque l’Etat formule un ordre général, pour tous, il exerce la fonction législative; lorsqu’il formule un ordre spécial, qui est l’application faite à quelques-uns d’un ordre général donné à tous, il exerce la fonction exé- cutive; lorsqu’il formule un ordre spécial, qui est l’application d’une

81 Ivi, p. 165.

82 Cfr, H. SPENCER, Principes de sociologie, t. III, Parte V, cap. II. 83 Léon D

ordre général formulé pour tous, l’Etat exerce la fonction gouvernemen-

tale»84.

Ora, da un lato, così facendo, si anticipa quella che sarà la sua con- cezione materiale dell’atto, che è inteso materialmente per la sua struttu- ra intrinseca, e non formalisticamente sulla base dell’organo da cui pro- mana, dall’altro, assai acutamente, sostiene, senza inoltrarsi in una disa- mina critica della struttura psichica dell’uomo, che la sfera di attività dell’uomo è, al tempo stesso, sociale e individuale, intendendo dire con ciò che l’individualismo, nelle sue traduzioni giuridiche, il monismo sta- tualista e il particolarismo proprio delle singolarità, non è in grado, in quelle che sono le sue traduzioni politiche, stato totale e stato minimo, di rendere la complesità della vita umana. In più, così facendo, in modo seppur implicito, Duguit riconduce l’universalità alla generalità: non esi- ste il bene in assoluto del cittatido, si dà, piuttosto, una traduzione poli- tica di alcuni interessi la cui referenza ultima è quella dei gruppi sociali, i quali vivono in una dialettica più ampia, che è quella della società, strut- turata nel suo complesso. Questa distinzione, però, prima che foriera di sviluppi filosofico-politici, lo è di una ben determinata concezione della funzione esecutiva, distinta in amministrativa e giudiziaria, a seconda che con essa lo Stato protegga l’interesse collettivo o quello individuale. Né le funzioni dello Stato, così delineate, possono esser considerate coe- ve: contro Hegel, ispirandosi in ciò a Jhering, il giuspubblicista francese evidenzia l’importanza della storia materiale delle formazioni empiriche anteriori allo Stato moderno, il quale dismette, in questo senso, il suo primato assiologico, essendo considerato alla stregua del prodotto dell’evoluzione storica e della differenziazione sociale più che non il fondamento logico di qualsivoglia riflessione in tema di diritto e giuridi- cità. Dal punto di vista dell’evoluzione storica, la funzione che Duguit presuppone come originaria nello Stato non è quella legislativa, bensì quella governamentale, legata ad imperativi di natura particolare.

La funzione legislativa, al contrario, presuppone nello Stato un note- vole livello di differenziazione, necessitando della separazione dei due ambiti generale e particolare; in questo senso, per Duguit: «La fonction dite legislative, c’est-a-dire l’ordre général, n’a pu apparaître la première. En effet, elle suppose dans la societé qui la pratique, un état d’esprit re- lativement avancé. Elle implique la formation chez l’homme de la dou- ble conscience sociale et individuelle»85. La legge come fonte, per Du-

guit, ha una sua storicità, ma la sua origine non è considerata coeva in 84 Ivi, p. 171.

senso assoluto all’affermazione dell’individualismo giuridico e della mo- dernità intesa in senso filosofico: la nascita della forma-legge è conside- rata coeva già alle società ariane e semitiche, consustanziale all’affermarsi delle società storiche. Duguit non percorre la strada del ritorno né ad una concezione giuridica pre-moderna, né ad una modalità tradizionale di concepire i rapporti giuridici: si assiste, assai più che non in Gény, al tentativo di non considerare in opposizione, quanto piuttosto in conti- nuità tradizione e modernità. Ciò implica, e questo è, a parere di chi scrive il punto maggiormente rilevante, una relativizzazione in senso funzionalistico dello Stato, considerato nell’ambito dello sviluppo della civiltà giuridica, e, perciò, ad essa subordinato. «L’autoritè politique étant par définition même le produit de la differenciation entre giouver- nants et gouvernés, la fonction gouvernamentale apparaît aussi comme le produit direct de cette differenciation. Dans les societés, qui sont en- core à l’état tout à fait primitif, le chef commande les chasses et les expéditions, distribue à chacun sa besogne, châtie ceux qui portent at- teinte à l’ordre, à la sécurité du petit groupe, et juge même les différends qui s’élèvent entre les individus. Dans tout cela il y a un ordre donné, mais seulement un ordre individuel, donné directement, et qui n’est point l’application à quelques-uns d’une régie faite pour tous. D’ordre général il n’y en a point encore; par là même, le chef n’aura pas la fonc- tion exécutive administrative ou judiciaire, mais seulement la fonction gouvernementale»86.

Nella misura in cui la funzione legislativa non è considerata primaria, nella misura in cui diventa rilevante nella costituzione delle società stori- che, Duguit ritiene essenziale alla cultura giuridica l’apporto di quelle società “senza Stato”87, di quelle società primitive, che la coscienza occi-

dentale non ha mai considerato essenziali nella definizione di se stessa come giuridica. Le conseguenze che Duguit trae da questa ricostruzione storica sono tre: da un lato, la considerazione del primato della funzione legislativa rispetto a quella esecutiva. Nella concezione del giuspubblici- sta francese, la funzione esecutiva deriva naturalmente da quella legisla- tiva prima di tutto per la struttura logica che ne regola i rapporti, strut- tura a partire dalla quale l’anteriorità storica della legge trova piena giu- stificazione88. Dall’altro, l’analisi della legge da un punto di vista esclusi-

86Ivi, pp. 172-173.

87 Il riferimento, neanche a dirlo, è al testo di P. CLASTRES, La Societé contre l’État.

Recherches d’anthropologie polique (1974), ed. it., La società contro lo Stato, Verona 2003.

88 In questo senso (L. DUGUIT, Les fonctions juridiques de l’État moderne, cit p. 175):

vamente funzionale mette in evidenza come, inizialmente, le leggi aves- sero quasi esclusivamente la forma di leggi in cui la preminenza dell’elemento penale si intreccia strettamente con quello religioso, che si rivela, a sua volta, in grado di strutturarlo come fatto sociale formalisti- camente inteso. Duguit, nella fattispecie, si rivela integralmente debitore dell’insegnamento di Durkheim: la storia dell’umanità vive all’interno di un movimento di progressiva differenziazione da un nucleo originario di matrice religiosa che ne determina il momento formale in quanto espres- sione rituale, il cui nucleo è rappresentato dalla pena. Il diritto penale, da collegare a quella forma di solidarietà che Durkheim definisce mec- canica, costituirebbe il nucleo centrale della coscienza collettiva, mentre la solidarietà nella sua forma ‘organica’ sarebbe esclusivamente il pro- dotto di un movimento di differenziazione progressiva, prodotto di un progressivo allontanamento da questo nucleo, la cui espressione norma- tiva sarebbe il c.d. “diritto restitutivo”.

Per quanto la legge in quanto fonte abbia vissuto, nell’ambito dello Stato, uno sviluppo senza precedenti, al punto da poter essere da molti identificata col diritto in sé, Duguit nega recisamente ogni sua feticizza- zione, evidenziando come la funzione di disciplinare l’individuale, origi- nariamente caratterizzante ogni gruppo sociale, non si oblii mai del tut- to: è questo il caso in cui lo Stato si trova nella necessità di edittare non tanto per via generale, quanto piuttosto per via singolare. Può accadere che le ragioni dell’individuo siano totalmente assorbite da quelle dello Stato, che la modalità di regolazione del generale prenda il sopravvento su quella individuale, e che quest’ultimo sia disciplinato esclusivamente attraverso il ricorso alla funzione che Duguit già precedentemente ha de- finito governamentale (gouvernamentale). Funzione che si ritrova laddo- ve la società politica sia oggetto di un’azione di sottrazione di potere, operata a suo danno da corpi sociali intermedi, che tendono a sostituirsi allo Stato, sottraendogli egemonia. Ora, per Duguit, l’esercizio del parti- colare per il tramite degli strumenti dello Stato è reso possibile solo nei casi in cui la sicurezza dello Stato, interna o esterna, si rivela minaccia- ta89.

où l’Etat procède par voie d’ordres généraux, une nouvelle fonction d’Etat devient évi- demment nécessaire. Il faut imposer à chacun l’acceptation de l’ordre général formulé pour tous; d’où la fonction exécutive, qui, nous l’avons montré plus haut, n’est autre chose que l’émission d’un ordre spécial, faisant à un ou plusieurs individus déterminés l’application de l’ordre général».

89 Così (ivi, p. 18): «Il serait intéressant de rechercher si les législations positives

Per quanto riguarda la funzione esecutiva (executive), già in prece- denza si sono mostrate le ragioni della sua subordinazione alla legge ed alla funzione dello Stato ad essa preposta, per cui essa non fa che seguir- ne l’evoluzione: così, nelle società religiose, essa è esclusivamente di ma- trice penale, e ciò nella misura in cui la legge ha si caratterizza per il suo vertere innanzitutto sull’esercizio dell’attività di repressione penale dei reali. L’accrescimento della funzione esecutiva che è dato constatare nel- le società contemporanee sarebbe nient’altro che una conseguenza dell’ampliamento dei confini della legge e del suo dominio di estensione, fisico e politico.

Oltre alle funzioni che Duguit chiama exécutive administrative ed

exécutive judiciaires, si evidenzia l’esistenza di una terza tipologia di

norme, che viene fatta corrispondere con quella fonction exécutive géné-

rale, mediante la quale lo Stato assicura l’esecuzione e l’applicazione del-

la legge, non avendo quale riferimento i cittadini cui è diretta, rivolgen- dosi bensì a quegli organi in grado da renderne possibile l’efficacia. In questo senso: «Par la fonction exécutive générale, l’Etat assure et sur- veille l’application spéciale de la loi, sans entrer en relation les individus auxquelles elle s’impose. L’Etat, quand il accomplit cette fonction, don- ne des ordres spéciaux, non aux particuliers, mais aux fonctionnaires chargés de donner des ordres aux particuliers»90.

Se la funzione legislativa attesta di un certo grado di sviluppo dell’umanità, nonché di differenziazione tra individuo e comunità, in vir- tù della legge della “progressiva preponderanza della solidarietà organi- ca”91, la funzione che, nella prospettiva fatta propria da Duguit, atteste-

fonction gouvernementale, dans quels cas les actes de gouvernement sont possibles. Mais cela sortirait du plan de cette étude. Disons seulement, qu’à notre avis, dans le droit po- sitif public français, les actes de gouvernement sont légaux, toutes les fois qu’ils sont rendus nécessaires par la sureté intérieure ou extérieure de l’Etat».

90 Ivi, p. 180.

91 É. DURKHEIM, De la division du travail social (1893), trad. it., La divisione del la-

voro sociale, con Introduzione di A. Pizzorno, Milano 1996. Sulla dimensione normativa in Durkheim, cfr., in prima istanza: S. LUKES, A. SCULL, Durkheim and the Law, Oxford