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Come anticipato, sono due gli scritti che rivestono un’importanza teorica nell’indagine dello statuto teorico che una scienza relativamente, e problematicamente, aggiungeremmo volentieri, giovane come la socio- logia nell’ambito della prima fase della riflessione sul fenomeno giuridi- co. Un séminaire de sociologie e Le droit constitutionnel et la sociologie, anche se pubblicati a distanza di sei anni l’uno dall’altro, sono parte in- tegrante di un’unico progetto teorico, centrato sulla fiducia, tutta positi-

vistica, che la sociologia possa costituirsi come scienza, e, ancora di più, come una scienza positiva, secondo una modalità cara a Comte. La lettu- ra de Un séminaire de sociologie (un breve resoconto di un seminario in- terno al dottorato della facoltà di diritto dell’ateneo bordolese) è rivela- trice dell’attitudine scientista del giovane Duguit, ma anche delle illusio- ni che questa giovane scienza ha ingenerato nelle generazioni dei giuristi negli ultimi decenni dell’800: si procede nella direzione intrapresa al li- vello degli studi di dottorato. La sociologia vi è interrogata e considerata una disciplina dallo statuto scientifico che nel tempo acquisiterà lo statu- to di precisione che caratterizza le scienze naturali68, né le fa ostacolo il

principio della libertà e dell’autonomia della volontà umana. Le droit

constitutionnel et la sociologie, invece, rivela la determinazione teorica di

Duguit, tesa nella direzione di una rivisitazione oggettivistica e positiva della scienza giuridica, quasi obbligata a disancorarsi da quel coté di me- todologie tradizionali, impregnate di metafisica soggettivistica, segnate dall’uso di quel metodo deduttivo, attraverso cui, letteralmente, si sono andate costituendo. Ne va della stessa costituzione della giurisprudenza come scienza. Si tratta di un tema che ricorrerà spesso nell’opera di Du- guit, e che in Le droit constitutionnel et la sociologie, si declina nel se- guente modo: la possibilità stessa di un diritto costituzionale come scienza è possibile solo nella misura in cui quest’ultimo non si costituisca come commento esegetico della costituzione che regge una nazione69. La

68 «Les adversaires de la sociologie ont aussi qu’elle n’était pas une science, parce

que les prévisions certaines lui étaient impossibles. L’objection ne porte pas; l’impuissance dans laquelle se trouve le sociologue de faire des prévisions, n’est momentanée et tient uniquement à l’état encore imparfait de sa science. Cette prévision deviendra assurément possible le jour où une quantité considérable de faits sociaux auront été observés et classés. D’ailleurs, il est certaine branche de la physique, la météreologie pa rxemple, à laquelle personne ne conteste le caractère scientifique, et qui, de l’aveu même de ses représentatnts les plus autorisés, est dans l’impossibilité de formuler des prévisions certains», L. DUGUIT, Un séminaire de sociologie, in «Revue internationale de sociologie», cit., p. 203.

69 «Si le constat selon lequel on doit accorder à Duguit un place relativement secon-

daire dans la fondation du droit constitutionnel français est indéniable, il convient toute- fois de dissiper l’équivoque qu’une telle observation contient. En effet, quand on évoque, d’un part le « droit constitutionnel d’Adhémar Esmein » et d’autre part, le Traité de droit constitutionnel de Duguit, on ne parle pas du même objet. Dans le premier cas, l’expression droit constitutionnel désigne le constitutionalisme entendu comme la science qui examine les institutions politiques et leur rapport au sein d’un régime constitutionnel, tandis que le droit constitutionnel du Traité de Duguit a pour objet d’étudier les grandes questions juridiques qui se posent pour l’organisation et le fonc- tionnement de l’Etat, entendu au sens large, incluant aussi bien les ‘gouvernants’ que les

mutevolezza di questa costituzione sarebbe infatti tale da invalidare quei criteri di stabilità e permanenza, sulla cui base un oggetto può dirsi de- gno di un’analisi scientifica. Se la costituzione è il prodotto della volontà del legislatore, e se la scienza giuridica altro non è, se non il suo com- mento letterale, allora non vi è possibilità di una scienza del diritto costi- tuzionale: la critica di Duguit sembra rivolta, in primo luogo, alle facoltà di giurisprudenza francesi, che si sono avvantaggiate, sul piano del rico- noscimento formale, dell’eclisse di ogni attività di rilevazione scientifica del diritto, per consegnarsi ad un’attività puramente esegetica70. Nella

prospettiva che Duguit inaugura, le facoltà di diritto francesi del suo tempo, monopolizzate dal metodo esegetico, sarebbero state vittima di un duplice ordine di ‘prevenzioni’. Còlto dal punto di vista dell’uomo comune, di coloro che vivono l’applicazione del diritto, più che di colo- ro la producono, il mondo dei giuristi apparirebbe incomprensibile, “inaccessibile”: quella dei giuristi si andrebbe costituendo sempre più come una casta autoreferenziiale, la cui referenza ultima giacerebbe in un sapere sganciato dalle esigenze della realtà concreta.

D’altra parte, in un senso diametralmente opposto, gli uomini “di scienza” considererebbero la giurisprudenza un corpo disciplinare che di scientifico non ha nulla: ecco la duplice impasse in cui si sarebbe invo- luta, in Francia, la scienza giuridica tardo-ottocentesca, lontana dai biso- gni della società e poco scientifica. Con ciò, Duguit lascia emergere il proprio orientamento, che è profondamente filosofico, nella misura in cui ritiene che una teoria debba essere sì funzionale ai bisogni della so- cietà, ma che non vi è modo migliore di esaudire quest’aspettativa che costituendosi come scientifica, epistemologicamente avvertita in senso realista. Duguit è, evidentemente, dell’avviso che non vi sia “nulla di più pratico di una buona teoria”: la ricerca di categorie realisticamente co- struite, verificabili sperimentalmente, epistemologicamente avvertite, co-

‘agents’ (les fonctionnaires). L’acception donnée par Duguit à ce terme de droit constitu- tionnel suppose justement de le comprendre dans un sens très large que l’on peut résu- mer en disant qu’il s’agit, en réalité, d’une théorie générale de l’Etat ou du droit public général», Olivier BEAUD, Duguit, l’Etat et la reconstrucuin du droit constitutionnel, in

Autour de Léon Duguit. Colloque commémoratif du 150e anniversaire de la naissance du Doyen Léon Duguit, Bordeaux 29-30 mai 2009, a cura di F. Melleray, Bruxelles 2011, pp. 36-37. Il senso con cui Duguit nella sua opera matura intende il diritto costituzionale, è, allora, da considerarsi in piena linea di continuità con l’ispirazione giovanile di questi testi.

70 Sul punto, si faccia riferimento a: A.-J. A

RNAUD, Da giureconsulti a tecnocrati –

Diritto e società in Francia dalla codificazione ai giorni nostri, a cura e con una Nota Introduttiva di F. Di Donato, Napoli 1993.

stituirà “filo rosso” che ne informerà, coerentemente, tutta una ricerca, che intende essere pragmatica, senza per questo nulla concede al prag- matismo71. La posizione nei confronti dell’insegnamento del diritto rive-

la l’ambiguità fondamentale del positivismo formalistico, di cui la Scuola dell’Esegesi è impregnato: sul versante della sua ripruduzione, il sapere giuridico si rivela lontano dai bisogni della società, strutturato in modo tale da generare un atteggiamento sulla cui base il momento pratico, quello dell’applicazione del diritto, diventa del tutto a-teoretico, privo di riferimenti scientifici. Si tratta di un formalismo che risponde ai bisogni dell’istituzione, più che a quelli della società. Conseguentemente, sul versante della scienza, l’insegnamento impartito nelle facoltà di diritto è ritenuto invece poco scientifico, e quindi finalizzato esclusivamente alla creazione di figure professionali, che applichino il diritto, senza però confrontarsi criticamente col suo fondamento scientifico.

Definito il diritto costituzionale alla stregua di un sapere scientifica- mente ed epistemologicamente informato, rifiutandone la declinazione quale pratica di riproduzione tautologica, per l’appunto esegetica, di un sapere già dato, studio sistematico dei fatti relativi tanto all’origine dello Stato, quanto al suo sviluppo nelle società antiche e alla sua forma in quelle contemporanee, con lo scopo di determinarne le modalità nel presente, se non nel futuro, se ne fissano le modalità nel senso dell’osservazione e della costatazione di “fatti sociali”. Si tratta di un

71 «A l’heure actuelle, non Facultés de droit sont le victimes d’une double préven-

tion. Auprès des gens du monde et des hommes de pratique, leurs professeurs passent pour vivre dans un monde inaccessible aux profanes; enfermés dans des études vieilles et sans portée, ignorants des besoins changeants de notre société, méconnaissant comme à plaisir l’évolution de notre jurisprudence, ils n’enseigneraient à leurs élèves qu’une sub- tile exégèse sans but et sans profit, bagage encombrant et inutile, dont le magistrat et l’avocat devront se débarrasser au plus tôt. Quant aux hommes de science, ils affirment chaque jour que l’enseignement de nos Faculté n’a rien de scientifique: les professeurs de droit, disent-ils, préparent leurs élèves aux carrières administratives et judiciaires; ils font des avocats, des notaires, des magistrats; mais leurs enseignement n’est que profes- sionnel», L. DUGUIT, Le droit constitutionnel et la sociologie, cit., p. 488. La polemica realista contro il pragmatismo sarà una costante nel percorso di Duguit: sulla base filosofica della posizione espressa da DURKHEIM (cfr. Pragmatisme et sociologie. Cours inédit prononcé à La Sorbonne en 1913-1914 et restitué par Armand Cuvillier d’après des notes d’étudiants (1955), trad. it Pragmatismo e sociologia: corso tenuto alla Sorbona, 1913-14, Roma 1986), molto netta, nel volumetto Le pragmatisme juridique sono raccolte tre conferenze tenute da Duguit rispettivamente a Madrid, Lisbona e Coïmbra, in cui si confronta, con vena fortemente polemica, con le tendenze pragmatiste e con l’uso finzionistico dei concetti all’interno della scienza giuridica. Cfr. L. DUGUIT, Le pragmatisme juridique, a cura e con una Présentation di Simon GILBERT, Paris 2008.

modus operandi finalizzato a determinare le leggi che regolano fatti rile-

vanti normativamente in senso sincronicro e diacronico nel tentativo di anticipare e prevedere, se non di pianificare, il quadro normativo della società. In questo contesto, per legge non si intende altro che la forma- lizzazioni di regole che scandiscono il succedersi dei fatti nella società72.

Fissato in questi termini il dominio di un diritto costituzionale – qui costituzionale è da intendersi in senso latissimo, nel senso di un diritto che regola, per l’appunto, la costituzione della società, e che è funzionale ad essa –, che si voglia scientifico, si definiscono due atteggiamenti, dei quali uno solo è quello conforme alle finalità scientifiche proprie di quest’ambito.

Quella che si delinea è l’opposizione che sarà ribadita nel corso di tutto lo sviluppo dottrinario del giuspubblicista francese, tra un atteg- giamento metafisico, segnato dalla deduzione da principi a priori, e il metodo ‘positivo’, verificabile sperimentalmente, che fa riferimento all’induzione, epistemologicamente e, soprattutto, metodologicamente controllato. Sarà bene evidenziare come, già al livello de Le droit consti-

tutionnel et la sociologie, la questione non è ontologica, quanto, più coe-

rentemente, metodologica: a Duguit non preme capire se i risultati di quella metafisica soggettivistica che, non a torto, è ritenuta sostrato teo- rico del positivismo giuridico formalistico, siano, in sé, veri o falsi. Vero e falso, infatti, in questa prospettiva, non sono valori assoluti, rilevando piuttosto in rapporto al loro essere adeguati al dominio teorico nel quale una scienza opera fondativamente nei confronti di se stessa. Definito l’ambito di definizione del diritto costituzionale, i postulati del soggetti- vismo giuridico sono da respingere dunque sul piano metodologico, in- nanzitutto perché le questioni di cui discettano non possono essere og- getto di determinazione, né razionale, né scientifica. In quest’analisi vi è sia l’eco di un approccio kantiano, sulla cui scorta la ragione non può se non involvendosi in contraddizioni superare l’ambito dell’esperibile, ma, ancor di più, è presente un’anticipazione della nozione, tutta novecente- sca, di “ostacolo epistemologico”. Duguit infatti mette in evidenza come

72 «Comme étude scientifique, je définis le droit constitutionnel: l’étude

systematique des faits relatifs à l’origine de l’État, à son développement dans les sociétés anciennes et à sa forme dans les sociétés contemporaines, dans le but de déterminer son organisation dans les sociétés futures. Observer et constater des faits; essayer ensuite de déterminer des loi, c’est-à-dire les rapports fixes qui unissent ces faits dans leur ordre de succession et dans leur ordre de coexistence; tenter enfin de prevoir, à l’aide de ces lois, les faits de l’avenir, tel est en bref l’objet de ces études; telle doit être la méthode», ivi, p. 492.

le stesse scienze c.d. naturali, (chimica, fisica e biologia prima di tutte), hanno conquistato il loro statuto di “scienze esatte”, solo attraverso un duro lavoro di autoemendazione dei propri presupposti, processo che ha reso necessario un movimento di liberazione da ogni presupposto aprio- ri, dal cui ambito, ingenuamente, si cercava di dedurre la regolarità dei fatti. Nella lettura del giuspubblicista francese, il metodo sperimentale si è potuto affermare come tale, solo nella misura in cui la subordinazione della scienza alla filosofia si è in qualche modo negata, allo stesso modo in cui la filosofia aveva negato la sua posizione di subordinazione nei confronti della teologia. In questo senso: «L’histoire des sciences phy- siques et biologiques nous est à cet égard un précieux enseignement. Pendant longtemps, tous ceux qui étudiaient les phénomènes de la na- ture, considéraient comme vrais absolument certains principes a priori, et cherchaient à en appliquer aux faits les conséquences logiques. Les sciences physiques restaient alors stationnaires, et elles n’ont fait de sé- rieux progrès que lorsqu’à la suite de Bacon et de Galilée on a defi- nitvement abandonné la méthode déductive pour l’observation et l’experimentation»73. Duguit investe la sociologia di un’aspettativa im-

portante, forse eccessiva, che tale si è rivelata nel suo sviluppo storico sicuramente, ritenendola in grado di potersi costituire, a tutti gli effetti, come “scienza esatta”: affinché questo traguardo agognato possa essere raggiunto, sarebbe necessario disfarsi di tutti quei principi di “diritto na- turale”, rivelati e presenti nella coscienza morale dei singoli ma su cui, purtuttavia, non sarebbe stata, sino a quel momento, possibile alcuna discettazione ‘oggettiva’. Emerge qui tutto il portato della critica storici- stica e della relativizzazione sociologica dell’universo concettuale del giusnaturalismo tradizionale. È chiara la percezione della mutevolezza, della relatività, della contingenza che ne ispira la formalizzazione prima e la recezione poi all’interno dei sistemi positivizzati di diritto positivo; la loro non-scientificità, però, non deriva dal loro carattere mutevole. I fenomeni di cui si occupa la sociologia sono essi stessi mutevoli, contin- genti, relativi: è per questo intederetta la loro trattazione scientifica? In- nanzitutto, essi soddisfano ad un requisito, ottemperando il quale pos- sono configurarsi come possibile oggetto di trattazione scientifica: ciò che, in ogni caso, li rende oggetto possibile di trattazione scientifica è che, per l’appunto, sono trattati dalla sociologia alla stregua di fenomeni e non di essenze, abitando il dominio del visibile più che quello dell’invisibile. In questo senso: «On ne s’aperçoit pas que ces principes

de droit naturel, sont le produit des idées, des mœurs, de l’éducation, des nécessités sociales, que ces principes vrais aujourd’hui seront faux demain comme ils l’étaient hier, que la notion et l’expression de droit naturel sont elles-mêmes le produit d’une conception momentanée de l’esprit humain. De plus enfin, ces principes sont peut-être exacts; mais ils sont en dehors du monde visible; ce sont des concepts de pure méta- physique, qui appartiennent comme tels au domaine de l’inconnaissable, qui peuvent servir de thème à un système religieux ou à un œuvre poé- tique (les grandes théories métaphysiques ne son pas autre chose), mais qui sont tout à fait étrangers à la science positive»74. Sulla scorta della

lezione di Montesquieu75, si definirà una scienza, la cui positività sarà

quella di un procedere che si voglia scientifico e che consisterà nella ri- cerca di costanti, da cui derivare leggi, intese non tanto in senso impera- tivo, quantopiuttosto nell’accezione di ‘rapporti’, che soddisfino al re- quisito della costanza e della necessità, e quindi derivanti da quella “na- tura stessa delle cose”, area estremamente problematica, definita purtut- tavia al di là di ogni connotazione metafisica.

Ora, per Duguit, sono da dividersi e specificarsi gli ambiti della fisica e della biologia, ossia da differenziare l’aggregazione meccanica da quel- la organica degli elementi: fisica e biologia sono quelle scienze che, nell’ambito della presupposizione di una concezione deterministica della realtà, ricercano leggi interenti, rispettivamente, alla natura inorganica e a quella organica. Duguit condivide però con Spencer la convinzione che si diano anche ambiti che superano l’organico, che caratterizzano l’uomo come le specie animali più organizzate, e che costituiscono l’oggetto delle scienze sociali, e, tra queste, della sociologia, che rispetto alle altre scienze sociali è in posizione di primato, e che, se da un lato è molto vicina alla biologia, dall’altro se ne distacca. Se lo studio della so- cietà intesa alla stregua di un organismo biologico ha dei limiti, ciò ha luogo, innanzitutto, perché la società stessa, in questa lettura, è un fe- nomeno definito, più che in senso organico, come super-organismo. Del- la sociologia, Duguit rileva non solo il suo progressivo affermarsi nel constesto culturale dell’Europa nella seconda metà dell’800, ma anche l’intreccio sempre più stretto che si viene stringendo tra scienze sociali e

74 Ivi, p. 490. 75 Per M

ONTESQUIEU, infatti (Esprit des lois, Libro I, Capitolo I): «Le leggi, nel loro

significato più ampio, sono quei rapporti necessari che derivano dalla natura delle cose. In questo senso, tutti gli esseri hanno loro leggi, la divinità ha le sue, le intelligenze superiori a quelle dell’uomo hanno la loro, le bestie hanno la loro, l’uomo stesso ha le sue».

scienza del diritto. Da un lato, l’ambizione intellettuale di una scienza, e qui il preciso riferimento è a Comte e a Spencer, che ritiene il mondo morale strutturalmente non diverso da quello della fisica, della chimica e della biologia, e che ambisce a ritrovarvi quei caratteri di unità e necessi- tà con cui aveva reso ragione del mondo fisico. Dall’altro, Savigny e Schæffle, corifei, rispettivamente, di una scienza del diritto storicistica- mente orientata, tesa alla rivalutazione del momento sociale dell’espe- rienza giuridica, e quindi del diritto come espressione della consuetudi- ne più che come prodotto della volizione della persona giuridica-Stato, e di una trasposizione di questo sapere nell’ambito di una definizione dei corpi sociali, fortemente debitrice di un organicismo biologico. Infine, in ambito francese, il fervore intorno alle scienze sociali intese positivisti- camente, e quindi in stretta connessione con la biologia, si traduce in un rinnovato approccio tanto alla sociologia stessa, quanto all’economia: è il caso di uno studioso già affermato come Espinas76 e di uno in via di af-

fermazione come Durkheim, il cui corso riscuote un notevole interesse nell’uditorio e che, sintomaticamente, fa sorgere in Duguit l’inter- rogativo se non sia il caso di tenerlo in una Facoltà di Giurisprudenza, più che di Lettere77.

Se la lettura di questi testi lascia trasparire quanto di ottimistico, ove non addirittura di fideistico, sia presente nel presumere la possibilità - presunzione essa stessa sintomo di una credenza, di un atteggiamento tipicamente tardo-otocentesco, caratterizzato dalla fiducia nelle poten- zialità della scienza e nel loro progresso all’infinito - tanto che la sociolo- gia abbia la capacità di costituirsi come una scienza esatta, per il tramite di un lavoro di emendamento delle sue categorie costitutive, quanto che essa possa costituirsi da pivot per una giurisprudenza che si voglia dav- vero scientifica, le problematiche affrontate in questa prima fase, fini- scono per rilevare ex-post, alla luce cioè di quella svolta epistemologica che il solidarismo imprimerà al sistema di Duguit, sollevandolo dall’’ingenuità’ teoretica dei suoi esordi. In definitiva, queste pagine so- no qui commentate “col senno di poi”, ossia a partire dalla chiara con-