• Non ci sono risultati.

L'esercito di Candragupta era di tipo stabile, sempre pronto all'occorrenza e con risorse fornite direttamente dallo stato. I soldati erano reclutati trasversalmente da tutte le caste anche se Kautilya menziona il fatto che sarebbe preferibile non usare come soldati gli appartenenti alla classe dei brahmani perché troppo inclini a perdonare il nemico piuttosto che ad eliminarlo.

Una figura fondamentale dell'esercito indiano era il Senapati ossia colui che era a capo del ministero della guerra. Questa figura doveva idealmente possedere tutte le doti proprie di un perfetto capo militare, dal genio strategico alla conoscenza delle più avanzate tecnologie nel campo delle armi.

Il Senapati era colui che divideva l'esercito in reggimenti e si occupava di coordinarli tra loro; era talmente importante da ricevere lo stesso vitalizio che era dovuto alla regina, al principe ereditario ed al primo ministro.

Ovviamente questa descrizione si applica all'esercito imperiale indiano così come era stato creato dopo l'effettiva conquista dei territori.

Al momento del colpo di stato Candragupta dovette forzatamente affidarsi a soldati mercenari ed al reclutamento semi forzato di uomini provenienti dalle svariate tribù indiane, inoltre in quel momento egli era sia capo dell'esercito che capo di stato.

Secondo la tradizione indiana l'esercito era formato da quattro parti fondamentali: la fanteria, la cavalleria, i carri da guerra e gli elefanti da guerra.

Tra queste parti le più interessanti erano sicuramente la fanteria e gli elefanti da guerra.

Secondo Arriano le truppe di terra erano armate di arco, o anche di giavellotti; gli archi erano molto grandi e potevano lanciare frecce e dardi di dimensioni notevoli che erano in grado di trapassare la corazza del

nemico, inoltre ogni soldato della fanteria era armato di spada da utilizzare in quelle occasioni in cui il corpo a corpo era inevitabile.

Kautilya ci offre un resoconto ancora più completo dell'armamento del tipico fante indiano specificando che erano tutti dotati di armature e che avevano in dotazione diversi tipi di arco classificati secondo il materiale, la grandezza e la potenza della gittata.

Ogni giorno all'alba la fanteria era impegnata in manovre di addestramento che erano eseguite di fronte al sovrano e da lui valutate. La fanteria era considerata fondamentale perché poteva operare su qualsiasi tipo di terreno ed in qualsiasi condizione meteorologica.

Per quel che riguarda il reparto degli elefanti da guerra dobbiamo innanzitutto descrivere come questi imponenti animali venivano catturati ed addestrati per poterli usare senza pericoli in battaglia.

Per prima cosa bisognava individuare l'elefante da addestrare.

C'erano persone il cui lavoro consisteva nell'osservare gli elefanti e valutare se fossero adatti ad un uso militare: gli esemplari ideali dovevano essere imponenti, resistenti, in ottima condizione fisica e non troppo anziani.

Una volta individuato l'esemplare che si riteneva adatto, questo veniva attirato verso uno spazio controllato, come esca veniva usato un elefante femmina posto all'interno di questo spiazzo circondato da fossi profondi e coperti da ponti mobili.

Dopo aver catturato l'elefante bisognava addestralo in modo che potesse essere guidato in battaglia; era quindi fondamentale abituarlo non solo a tenere in groppa un certo numero di uomini, quattro in tutto, compreso l'uomo che teneva le redini, ma anche a non spaventarsi in situazioni di pericolo o caotiche perché il campo di battaglia era rumoroso e se l'elefante avesse reagito negativamente ad urla concitate o al fragore delle armi e fosse sfuggito al controllo del suo guidatore avrebbe causato danni immensi.

potevano essere usati per aprire varchi nelle file della fanteria ed avevano inoltre un forte impatto emotivo sul nemico.

Gli elefanti però soffrono il caldo torrido ed era quindi consigliato usarli in periodi umidi, meglio ancora in caso di pioggia.

Curiosamente gli elefanti da guerra indiani finirono per avere un ruolo fondamentale all'interno delle guerre tra i diadochi. Infatti Seleuco ne ricevette 500 da Candragupta in seguito agli accordi di pace stipulati dopo il fallito tentativo di conquista dell'India e li usò in battaglia ottenendo una vittoria importante contro Antigono nel 301 a.C. presso Ipso.

Megastene ci informa del fatto che Candragupta aveva creato un ministero della guerra costituito da una commissione di trenta membri che erano divisi in sei comitati (panchāyats), ogni comitato era incaricato della gestione di uno specifico dipartimento: ammiragliato, fanteria, cavalleria, carri da guerra, elefanti ed infine il comitato per i trasporti, il commissariato ed il servizio militare.

L'esercito macedone era anch'esso di tipo stabile e prevalentemente formato da forze di terra. In realtà i soldati provenienti dalla Macedonia vera e propria costituivano solo un terzo delle forze impegnate nella spedizione di Alessandro, il resto era formato da forze alleate, come la cavalleria dei tessali ed i giavellottisti delle tribù della Tracia, e mercenari. Le fonti antiche non coincidono per quel che riguarda i numeri dell'esercito macedone all'inizio della campagna di Persia ma erano di sicuro complessivamente molto più bassi di quelli a disposizione dell'esercito persiano: ad esempio nella battaglia di Gaugamela le forze di Alessandro ammontavano, secondo Arriano, a circa 47.000 soldati, contando sia fanteria che cavalleria, mentre Dario schierava più di 1.000.000 soldati, 200 carri falcati sciti e 15 elefanti da guerra indiani37.

Il vantaggio dei macedoni era costituito dal genio strategico di Alessandro e da una tattica che si basava in particolare su due corpi scelti dell'esercito

introdotti da Filippo II: la falange macedone e la cavalleria degli eteri.

La falange macedone era un corpo di fanteria pesante basato sullo stesso concetto della falange obliqua inventata da Epaminonda a Tebe, infatti Filippo era stato per un certo periodo ostaggio a Tebe durante la sua giovinezza ed aveva studiato le tecniche di combattimento tebane.

All'interno della falange macedone c'erano due reparti principali: gli hypaspitai ed i pezeteri.

Gli hypaspitai erano opliti, portavano un grosso scudo noto come aspis ed erano armati di picca e spada: oltre che dallo scudo erano protetti anche dall'armatura ed erano schierati al margine destro della falange.

I pezeteri erano invece al centro della falange, armati di sarisse che andavano dai 5 ai 7 metri di lunghezza e protetti da armature pesanti complete di schinieri. I pezeteri portavano gli scudi sulla spalla sinistra in modo da poter manovrare con entrambe le mani le pesanti sarisse, inoltre lo scudo proteggeva non solo chi lo portava ma anche il lato debole del compagno posizionato al suo fianco.

Durante gli scontri le sarisse delle prime file venivano tenute in avanti, mentre le altre restavano puntate verso l'alto e venivano abbassate solo in un secondo momento, dopo la prima carica; infatti un avversario che non fosse stato trafitto dalle sarisse della prima fila si sarebbe comunque trovato intrappolato in mezzo alle aste divenendo una facile preda per le sarisse delle file dietro.

La falange macedone fu fondamentale nella battaglia del Granico. In quell'occasione venne schierata al centro e, dopo che la cavalleria degli eteri aveva aperto dei varchi nella fanteria nemica, si inserì negli spazi creati lasciando l'esercito persiano senza vie di fuga, pressato tra le sarisse e le impetuose acque del fiume.

Il più grande difetto della falange era costituito dalla vulnerabilità ai lati, in particolare sul lato destro, per questo motivo gli hypaspitai erano schierati lungo il lato destro e la falange veniva affiancata dalla cavalleria pesante degli eteri.

La cavalleria degli eteri era stata anch'essa creata come corpo permanente dell'esercito da Filippo. In questo corpo servivano i nobili macedoni che potevano permettersi di mantenere un cavallo personale. Gli eteri non avevano un'armatura identica e standard. Potevano infatti avere armature di cuoio o di metallo in base alle preferenze personali, non portavano scudi o schinieri, ma avevano elmi leggeri di tipo beotico; i cavalli non erano corazzati ed i cavalieri avevano in dotazione una lunga lancia nota come xiston ed una spada monofilare.

Il sovrano era a capo di uno squadrone di eteri formato da 400 cavalieri , durante gli scontri lo squadrone reale si poneva alla punta dello schieramento romboidale che la cavalleria adottava in battaglia. Uno squadrone regolare era invece solitamente composto da 200 cavalieri. Sebbene la cavalleria degli eteri fosse in grado di reggere bene agli urti e di perforare le file nemiche, essa era solitamente impegnata solo dopo che la fanteria nemica aveva già aperto i ranghi, quindi a scontro già iniziato. Un reparto particolare dell'esercito venne creato da Alessandro sul finire della sua vita quando introdusse il corpo degli Epigoni. Ne facevano parte giovani iranici, provenienti dal territorio persiano ma addestrati ed equipaggiati come i macedoni; essi avrebbero dovuto rappresentare il futuro dell'esercito dell'impero macedone, almeno per come lo aveva pensato il suo fondatore; un grande esercito composto da tutte le genti che facevano parte dell'impero che avrebbe combattuto seguendo la tecnica macedone.

In realtà questa decisione non venne presa bene dalla maggioranza dei soldati di Alessandro che vedevano in questa novità l'ennesima prova dell'ormai definitivo allontanamento del sovrano dai valori tradizionali della sua terra d'origine. Inoltre temevano che i giovani Iranici fossero dei rimpiazzi per i fedeli veterani greco macedoni e che avrebbero presto superato i Macedoni per importanza nella gerarchia militare.

Non esisteva nell'esercito macedone una figura paragonabile al senapati indiano; c'erano generali con incarichi più o meno importanti, ma non

un'unica figura che controllava l'intero esercito. Questo perché di fatto il capo supremo dell'esercito macedone era il re, che prendeva parte alle battaglie in prima persona ed era uno stratega di alto livello.

Documenti correlati