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Sebbene si parli di spie sia nell'impero macedone che in quello indiano il contesto in cui queste operavano è assai diverso.

Alessandro usava le proprie spie principalmente in faccende di tattica militare. Le spie erano inviate in avanscoperta per individuare il nemico, catalogarne i numeri, i punti di forza e le debolezze, ma anche per valutare il terreno e le vie più sicure per avvicinarsi all'obbiettivo. Tutto questo avveniva al fine di aumentare le possibilità di successo dell'esercito macedone al momento di uno scontro in campo aperto.

Chiaramente questo non significa che operassero solo in tale ambito, ma, dalle fonti antiche in nostro possesso, non abbiamo alcuna indicazione riguardo l'organizzazione vera e propria dei servizi segreti macedoni. Non sappiamo se rispondessero solo al re o se ci fossero anche altri ufficiali fidati che potevano raccogliere informazioni in sua vece; non sappiamo che tipo di organizzazione interna avessero; non sappiamo come ci si assicurasse che le informazioni ottenute dalle guide indigene, che venivano spesso utilizzate, non fossero false nè chi fosse incaricato di interpretare e tradurre le informazioni provenienti da queste guide.

Sembra che, prima delle battaglie di Isso e Gaugamela, Alessandro avesse ricevuto informazioni sugli spostamenti dell'esercito di Dario sia da dei disertori persiani sia da mercenari greci che avevano precedentemente deciso di combattere sotto insegna persiana; come queste informazioni fossero state verificate non ci è noto, ma certamente Alessandro non si sarebbe fidato senza riserve delle parole di quelli che erano essenzialmente dei traditori.

Riguardo all'argomento dell'affidabilità delle informazioni ottenute da persiani e dell'organizzazione dei servizi segreti macedoni è forse utile citare un caso particolare, quello del satrapo Mazeo.

Mazeo era satrapo dell'Assiria e governatore di Babilonia sotto Dario e mantenne il titolo di grande satrapo di Babilonia anche sotto Alessandro. Per spiegare il motivo di questa sua nomina mantenuta anche dopo la sconfitta, Robin Lane Fox38 avanza un'ipotesi interessante e più che

plausibile.

Secondo lo storico inglese, Mazeo avrebbe mantenuto la carica in seguito ad accordi presi prima della battaglia di Gaugamela, in cui era stato protagonista alla guida della cavalleria persiana, quando aveva cercato di impedire all'esercito Macedone di attraversare l'Eufrate.

In tale occasione Mazeo avrebbe avuto contatti diplomatici con Efestione, che era stato inviato a guidare l'avanguardia per costruire ponti sull'Eufrate, ed avrebbe espresso i propri dubbi sulla leadership di Dario, oltre ad un velato riferimento alla possibilità di cambiare la propria alleanza in cambio del mantenimento della sua posizione di prestigio. Di fatto, Mazeo non fu in grado di fermare l'avanzata macedone. I ponti vennero effettivamente completati per tempo e l'esercito macedone passò l'Eufrate; forse anche per una certa mancanza di resistenza da parte del satrapo. Sempre per via degli accordi presi con Efestione, Mazeo a Gaugamela avrebbe anche deciso di ritirarsi, nonostante fosse in una situazione di chiaro vantaggio rispetto al suo diretto avversario sul campo di battaglia, il generale Parmenione.

Se veramente furono presi accordi tra Efestione e Mazeo allora possiamo fare alcune considerazioni importanti.

In primo luogo questo porrebbe Efestione in una posizione decisamente elitaria all'interno della gerarchia macedone, visto che avrebbe agito per conto del re senza doverlo coinvolgere in prima persona.

38 Storico inglese specializzato in storia della Grecia classica. La teoria riportata in seguito è contenuta nell'edizione italiana, edita da Einaudi nel 2004, del libro Alexander the Great, Londra, Allen Lane, 1973.

Potrebbe anche essere un indizio del fatto che Efestione avesse un ruolo di spicco all'interno dei servizi segreti macedoni; perché di fatto quello tra lui e Mazeo sarebbe stato un accordo fatto per favorire la diserzione di quest'ultimo sul campo di battaglia.

Non sappiamo se esistesse nell'impero macedone una rete di spie reali che controllasse l'operato dei governatori provinciali, come accadeva invece nel regno di Candragupta.

Forse questa differenza ha origine nel fatto che Alessandro tendeva ad affidare posizioni di spicco a persone di cui si fidava e che aveva scelto personalmente di solito dai ranghi dell'esercito e della nobiltà; un lusso che Candragupta non si poteva permettere visto che non aveva a disposizione una tale rete di sicurezza formata da amici di lunga data e alleati.

Nel regno di Candragupta le spie erano organizzate in una vera a propria agenzia di servizi segreti, ed i servizi segreti erano considerati, accanto all'esercito, i pilastri su cui poggiava il governo.

Il re impiegava schiere di spie o detective che usavano stratagemmi di ogni tipo ed erano controllati da un ufficio preposto allo spionaggio.

La dottrina della necessità di esercitare un controllo costante in ogni ramo dell'amministrazione pervade tutti gli Arthashastra.

Nell'opera lo spionaggio è trattato come legittimo e doveroso in quanto viene impiegato nell'interesse e per la sicurezza dello Stato, quindi per un bene comune che supera di gran lunga il diritto alla privacy della singola persona39.

La rete di spie reale però non si limitava ad osservare l'operato dei sottoposti del re, ma era anche utilizzata per raccogliere informazione sui regni vicini da utilizzare in caso di conflitti, o anche solo da archiviare e ricordare e per avere notizie aggiornate riguardo eventuali lotte intestine che potevano affliggere i territori confinanti. Tali informazioni erano sempre

utili.

Kautilya afferma anche che, se possibile, è bene reclutare delle donne come spie perché sono più efficienti e portano maggiori risultati.

In generale negli Arthashastra viene consigliato di usare come informatori persone insospettabili, quelle che vengono solitamente ignorate; nani, eunuchi e giullari, che prestavano servizio nei palazzi e negli harem, potevano riferire pettegolezzi e segreti che i loro padroni si lasciavano sfuggire solo nella apparente protezione delle mura domestiche.

Candragupta inoltre viene descritto da diverse fonti, ad esempio da Megastene, come assai attento nel prendere precauzioni riguardo la sua sicurezza personale, quindi avrà certamente fatto un ampio uso dello spionaggio anche per assicurare la propria sopravvivenza, non solo quella dello stato, tenendosi sempre aggiornato riguardo a malcontenti o voci di rivolta.

Paradossalmente, Candragupta, che aveva a disposizione spie altamente addestrate e temeva maggiormente un colpo di stato che lo spodestasse, non subì mai attentati alla propria vita.

Al contrario Alessandro, che era circondato da un gruppo di persone che riteneva fidate, si ritrovò a dover fronteggiare due attentati alla propria vita nati in seno a quella cerchia di presunti amici a cui aveva affidato incarichi di prestigio.

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