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Negli anni giovanili Alessandro fu educato a combattere come un macedone ma a pensare come un greco, o almeno questo era nelle intenzioni di suo padre Filippo quando scelse i precettori del figlio.

In realtà Alessandro non abbracciò mai fino in fondo i valori ed i concetti politici propri di un greco rivendicando sempre la propria identità dapprima come macedone ed epirota, discendente di Achille ed Eracle28, e

poi come nuovo Gran Re di Persia, avendo sempre chiaro che agli occhi dei greci sarebbe in ogni caso rimasto un re proveniente da una terra considerata barbara.

Ad ogni modo essere stato allievo di Aristotele fu per il macedone una grande opportunità, soprattutto perché in quel periodo ebbe modo di imparare la geografia, la botanica, la medicina, la storia e la letteratura da una delle persone più dotte della Grecia. Aristotele regalò al giovane Alessandro una copia commentata dell'Iliade che finì per accompagnarlo durante tutti i suoi spostamenti. E' noto che Alessandro fosse molto curioso ed i suoi interessi andavano dall'osservazione di nuove specie animali all'architettura.

Il rapporto tra Alessandro ed Aristotele, dopo la fine del periodo in cui furono allievo e maestro, fu costellato di alti e bassi. Aristotele credeva fermamente nella polis come base della politica, cosa che ovviamente si scontrava con il concetto di monarchia assoluta rappresentato da Alessandro.

I rapporti tra i due si fecero progressivamente sempre più tesi quando Alessandro iniziò a vestire e, soprattutto, ad agire sempre più come un monarca orientale.

In ogni caso Plutarco ed altre fonti sostengono che i due continuarono a

28 Il figlio di Achille, Neottolemo noto anche come Pirro, sarebbe stato il capostipite della casa regnante epirota mentre la casa regnante macedone faceva risalire le sue origini alla città di Argo ed a Temeno (uno dei discendenti di Eracle).

scriversi per tutta la vita. Alessandro inoltre inviava di tanto in tanto ad Aristotele piante particolari o altre stranezze che incontrava durante le sue campagne.

Nel 323 a. C subito dopo la morte di Alessandro, Aristotele dovette lasciare Atene a causa delle pressioni del partito anti-macedone, che non gli perdonava di essere legato alla corte argeade29, il filosofo rimase in

esilio a Calcide fino alla sua morte sopraggiunta l'anno seguente.

Non sappiamo come Aristotele reagì all'imprigionamento ed alla morte di suo nipote Callistene, implicato in una congiura contro il re. Possiamo pensare che Alessandro in tale occasione avesse scritto personalmente al filosofo per spiegare la situazione ma non abbiamo alcuna prova. Di fatto non sappiamo di preciso nemmeno come e quando morì Callistene. Una lettera in cui si fa un velato riferimento ad Aristotele ed al fatto che Alessandro lo incolpava in parte del tradimento di Callistene venne inviata ad Antipatro, questa missiva viene citata da Plutarco30, ma in realtà un

altro congiunto di Aristotele era ancora parte della corte e non subì ritorsioni di alcun genere.

Diogene Laerzio riporta inoltre che Aristotele avrebbe mantenuto una corrispondenza epistolare anche con Efestione, che aveva con ogni probabilità fatto parte del gruppo di giovani macedoni che accompagnò Alessandro a Mieza. Purtroppo neanche queste lettere ci sono pervenute quindi non sappiamo se contenessero consigli politici di un qualche genere.

Candragupta fece del suo maestro Kauitilya il suo primo ministro ringraziandolo così per averlo accolto ed educato fin da giovane ed averlo affiancato nella conquista e nella gestione dei territori dell'impero indiano. Il rapporto tra allievo e maestro era molto stretto e durò tutta la vita, anzi Kauitilya rimase a corte anche dopo l'allontanamento volontario di Candragupta e fece da consigliere al nuovo re Bindsusara.

29 Non solo Aristotele era stato tutore di Alessandro ma suo padre Nicomaco era stato medico di Aminta III, il nonno di Alessandro.

Kautilya influenzò profondamente la visione politica di Candragupta, a lui era dedicata l'opera nota come Arthashastra, che significa “Trattato sulla politica” o “Scienza della politica”; l'opera era intesa come uno strumento educativo ed in essa si delineavano le azioni che un re saggio avrebbe dovuto compiere per governare al meglio. L'opera in sé si discosta nettamente dai trattati politici occidentali quasi contemporanei come “La

Repubblica”31 di Platone e si avvicina maggiormente ad una visione

realista e spregiudicata della politica che potremmo paragonare a quella che emerge da “Il Principe” di Machiavelli.

Il re, secondo Kauitilya, doveva essere pronto a fare di tutto per il bene dello stato, anche a compiere azioni a primo impatto ritenute poco onorevoli come rompere trattati e far assassinare i propri rivali.

Il re opera in un'area grigia, deve usare la propria autorità per proteggere la comunità e punire i trasgressori ed i disturbatori; il suo scopo deve sempre essere quello di guardare all'insieme e non al singolo.

Per questo è possibile che, ogni tanto, il sovrano sembri operare contro le leggi spirituali, ma non è vero perché in realtà sta solo esercitando il proprio potere sopra i suoi sudditi.

Un re che seguiva queste linee guida doveva essere considerato un sovrano buono e saggio perché poneva la prosperità dello stato al di sopra di ogni altra cosa compreso sé stesso e la sua morale.

Candragupta pare avesse fatto sue le idee del proprio maestro. Non abbiamo racconti che facciano pensare che il re avesse alcun dubbio riguardo alla necessità di adottare un comportamento moralmente ambiguo al fine di ottenere il meglio per il benessere della collettività statale.

In sostanza Kauitilya riuscì in quello in cui Aristotele aveva fallito: plasmare la mente di un giovane re fino a farlo diventare la propria personale versione di un sovrano illuminato.

Ad onor del vero Kauitilya, al contrario di Aristotele, non era un filosofo o

un maestro, ma un politico vero e proprio; per questo i suoi insegnamenti e le sue riflessioni sono maggiormente legati a fatti concreti, propri del periodo in cui visse.

Negli Arthashastra non si parla solo della “scienza della politica”, ma anche di agricoltura, commercio e di tutto ciò che serve per il benessere materiale dell'individuo e dello stato, senza per questo tralasciare il benessere spirituale.

In pratica Kauitilya nella sua opera non vuole solo esporre un sistema filosofico che trascenda verso un modello politico ideale, ma portare anche esempi concreti di cosa deve essere fatto da un re in diverse circostanze.

In ultimo è bene specificare che non è chiaro se e quando Kauitilya scrisse gli Arthasasta.

Probabilmente Kauitilya è l'autore solo di alcuni passaggi, mentre si devono alla sua scuola di pensiero certi concetti. Il tutto venne messo per iscritto, editato ed integrato solo in seguito da altri personaggi a noi ignoti. Di fatto quello degli Arthashastra è un genere letterario che fa parte del filone dei “libri di consigli” spesso dedicati a figure di autorità e potere per guidarli nel loro ruolo.

Quindi ci sono testi che precedono o seguono Kautilya e si prefiggono lo stesso scopo: educare il sovrano.

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