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L’organizzazione della funzione antiriciclaggio in una struttura di gruppo

5. LA FUNZIONE ANTIRICICLAGGIO NEI GRUPPI ASSICURATIVI

5.3. L’organizzazione della funzione antiriciclaggio in una struttura di gruppo

COMMITTEE OF THE EUROPEAN SUPERVISORY AUTHORITIES, Identification of Financial Conglomerates, 2012.

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Cfr. SIGNORETTI R., La crescita esterna delle imprese assicurative europee, Tesi di dottorato di ricerca in banca e finanza, Università degli studi di Roma "Tor Vergata", 2009, pag. 50.

40

In linea con il suggerimento del GAFI «For groups, to the extent possible, there should be a common control framework». Cfr. FATF, Risk-Based Approach. Guidance for the Life Insurance Sector , Parigi, Ottobre 2009, pag. 36.

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5.4. zione della funzione Antiriciclaggio in una struttura di gruppo

A livello organizzativo, così come a livello di singola compagnia vi è la possibilità di optare per un modello decentrato piuttosto che per un modello decentrato, anche a livello di gruppo si pone la medesima possibilità di scelta. Nel caso di un gruppo assicurativo si parla però di accentramento e decentramento il linea verticale, per distinguerlo dall’accentramento/decentramento orizzontale che abbiamo analizzato nei precedenti paragrafi.

Per accentramento il linea verticale di intende la costituzione di un’unità specializzata presso la capogruppo, la quale accentra presso di sé tutte le responsabilità e le attività legate alla funzione antiriciclaggio. Questa possibilità è espressamente prevista dall’art. 20 del Regolamento ISVAP n. 41/2012, il quale contempla il caso in cui la funzione antiriciclaggio venga esternalizzata alla capogruppo, o anche ad un’altra società del gruppo stesso.

Condizione necessaria affinché si possa realizzare l’accentramento è che presso le controllate, considerando per semplicità il caso in cui si sia affidato il presidio unitario della gestione del rischio di riciclaggio alla capogruppo, venga nominato un referente che dovrà svolgere una funzione di supporto al responsabile antiriciclaggio della capogruppo, con il compito di presidiare i processi collegati alla normativa antiriciclaggio nell’impresa di riferimento, coordinandosi con la funzione antiriciclaggio di gruppo. Alternativamente al referente, può essere invece previsto con i medesimi compiti, una specifica unità antiriciclaggio, senza però ricorrere ad un vero e proprio decentramento.

In ogni caso il Regolamento prevede uno scambio di informazioni tra il responsabile della funzione del gruppo e i referenti delle singole imprese appartenenti al gruppo con riguardo agli esiti delle attività di controllo effettuate presso le stesse, nonché con riguardo di ogni accadimento di rilievo concernente l’area di interesse.

Uno dei maggiori punti di debolezza che caratterizzano il modello accentrato è infatti la scarsa integrazione nella rete informativa, che comporta un aggravio degli oneri per la strutturazione di adeguati flussi informativi tra tutte le società e strutture interessate.

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 L’elevata possibilità di conseguire economie di scala e di scopo principalmente attraverso l’utilizzo di metodologie condivise e conoscenze adottabili in una pluralità di situazioni o società presidiate creando, dunque, specifiche sinergie operative. E’ utile ricordare che ad economie di scala e di scopo derivanti dall’accentramento delle competenze corrispondono minori costi per l’impresa;  L’elevata flessibilità operativa intesa come capacità di pronto adattamento a

cambiamenti organizzativi e funzionali della struttura del gruppo, derivante dalla semplicità di tale soluzione;

 L’omogeneità di approccio, a livello di gruppo, alle diverse disposizioni normative, così come richiesto dal Regolamento in tema di gruppi con operatività cross border.

L’accentramento della funzione antiriciclaggio è necessario nei gruppi assicurativi, caratterizzati dalla presenza di un certo numero di linee di business nonché dalla complessità e sofisticazione dei prodotti e dei servizi offerti. Queste caratteristiche, infatti, necessitano di un’intensa attività di coordinamento e controllo che può essere realizzata solo da una struttura centrale, completamente dedicata, autonoma e adeguatamente dotata di risorse umane, tecniche e finanziarie.

Con l’aumentare delle dimensioni e della complessità aziendale, però, il collocamento organizzativo della funzione e il coordinamento delle controllate diventano inevitabilmente più complessi e non privi di aspetti, che, se non adeguatamente gestiti, possono diventare critici.

In particolare, il modello accentrato diventa inadeguato in presenza di gruppi di grandi o meglio grandissime dimensioni, come i conglomerati finanziari oppure come i gruppi che operano a livello intercontinentale.

In questi casi sarà più opportuno adottare un modello decentrato, in cui ogni impresa facente parte del gruppo inserisce al suo interno una funzione antiriciclaggio alla quale competeranno tutte le attività volte a presidiare il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo. La funzione di capogruppo si limita a definire le linee guida e le metodologie utili a ricondurre ad unità il quadro informativo relativo a tale rischio all’interno del gruppo.

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Se da un lato questa struttura non presenta i punti di forza tipici della struttura accentrata e sopra richiamati, dall’altro il modello decentrato offre i vantaggi di:

 Avere una elevata integrazione nella rete informativa di gruppo, che comporta una riduzione significativa degli oneri per la strutturazione di adeguati flussi informativi;

 Mantenere un certo livello di know-how in materia di antiriciclaggio all’interno delle singole imprese;

 Permettere di individuare in modo preciso i limiti e le responsabilità di ciascun Responsabile della funzione, dove invece la funzione accentrata presenta una pratica difficoltà nell’individuazione delle responsabilità in capo a ciascun referente.

Ovviamente i modelli esposti sono due modelli estremi, niente vieta al singolo gruppo di mixarli dando vita a soluzioni organizzative intermedie che più si adattino all’operatività del gruppo. Nella pratica, infatti si assiste, al diffondersi dei cd. “modelli a geometria variabile”, ossia di modelli il cui grado di accentramento e decentramento dipendono dalle peculiarità delle singole imprese e del gruppo.

La scelta del modello organizzativo dovrà essere fatta in coerenza con la dimensione del gruppo e con le sue strategie organizzative, e dovrà tenere conto delle risorse disponibili analizzando il rapporto tra i costi di implementazione del modello e i benefici potenzialmente ottenibili. A livello di gruppo è inoltre importante tenere conto dell’aree geografica di riferimento e dell’omogeneità dell’attività scolta. Infatti nel caso in cui non si fosse in presenza di un gruppo assicurativo, che come abbiamo visto, è caratterizzato da un’omogeneità settoriale, ma di un conglomerato finanziario sarà più appropriato adottare un modello decentrato che tenga conto dell’eterogeneità delle competenze,delle risorse, nonché dei sistemi operativi e procedurali che vi è tra le società del conglomerato.

Infine è bene ricordare come il modello, una volta individuato, dovrà essere oggetto di riesame con una cadenza quantomeno annuale, in modo da consentire

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un’adeguata evoluzione in grado di recepire appieno la dinamicità dell’attività imprenditoriale e del contesto normativo ove quest’ultima si inserisce.

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C

ONCLUSIONI

Dopo aver analizzato il Regolamento ISVAP n. 41/2012 nelle sue disposizioni funzionali e organizzative, si possono trarre alcune conclusioni finali. Innanzitutto è necessario premettere che si tratta al momento di una materia recentissima, rispetto alla quale si è tutt’ora in attesa di interventi normativi da parte delle Autorità di Vigilanza; basti pensare al Regolamento IVASS in materia di adeguata verifica della clientela che ad oggi non è ancora stato pubblicato in modo definitivo.

Sotto questo profilo occorre sottolineare il carattere innovativo che assumono le disposizioni in materia di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo per il settore assicurativo. Anche se nella cronaca finanziaria degli ultimi anni non mancano episodi di riciclaggio di denaro sporco tramite polizze vita, prima d’ora le compagnie non rivolgevano particolare attenzione alla gestione di questo rischio. Questo perché si è sempre pensato che il canale primario usato dai criminali per ripulire il denaro fosse quello bancario. In realtà, a causa dei maggiori controlli a cui è stato sottoposto il suddetto settore, i riciclatori usano ad oggi tecniche molto più complesse di ripulitura che spesso coinvolgono più tipologie di intermediari per far meglio perdere le tracce del denaro e nasconderne l’origine. Pertanto il Regolamento ISVAP oggetto della tesi va a colmare una vera e propria lacuna normativa, andando così ad equiparare dal punto di vista dei controlli interni le compagnie agli istituti di credito. In questo modo non si corre il rischio che i criminali considerino la stipula di polizze vita come un facile canale per eludere le autorità.

Dall’altro lato, occorre considerare alcune criticità in merito agli aspetti organizzativi e gestionali, ossia alcune problematiche sorte in sede di applicazione delle norme stesse. Fra queste appare rilevante il problema della sovrapposizione dei compiti e delle attività attribuiti dal Regolamento in esame alle molteplici strutture aziendali deputate a presidiare il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

Secondo l’ANIA1

sono almeno due le conseguenze più rilevanti di questa sovrapposizione:

 un appesantimento dell’organizzazione aziendale e un aumento dei relativi costi nel quadro complessivo dei controlli interni, a causa

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Cfr. ANIA, Osservazioni sullo schema di regolamento ISVAP in pubblica consultazione recante disposizioni attuative in materia di organizzazione, procedure e controlli interni a fini di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo, pag. 2.

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appunto della moltiplicazione e sovrapposizione dei ruoli e della connessa difficoltà di coordinamento;

 una evidente difficoltà di individuazione delle opportune sinergie e addirittura una conseguente potenziale “deresponsabilizzazione” di alcune delle strutture coinvolte.

Inoltre il comprendere nella definizione di “rete distributiva diretta”, e quindi sottoporre a controllo, anche intermediari quali ad esempio banche e SIM distributrici di prodotti assicurativi del ramo vita, solleva problematiche organizzative e gestionali non facilmente risolvibili, oltre a suscitare dubbi di più generale carattere interpretativo.

In conclusione se da un lato le norme introdotte per il settore assicurativo rappresentano un positivo passo avanti nel contrasto al riciclaggio di denaro sporco e nella lotta al terrorismo, dall’altro si auspica che alcune criticità gestionali relative all’organizzazione interna del sistema dei controlli, siano risolte con futuri e ulteriori interventi.

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