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Il principio di collaborazione attiva

3. LA LEGGE 231/2007: L’APPLICAZIONE DELLA DISCIPLINA AGL

3.3. Il principio di collaborazione attiva

Il rischio di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo contemplato dal d.lgs. 231/2007 poggia su un sistema di obblighi, rivolti, come abbiamo visto, ad un’ampia platea di destinatari. In particolare l'apparato preventivo dell’antiriciclaggio si fonda sull'imposizione dei seguenti istituti:

 adeguata verifica della clientela secondo un approccio basato sul rischio;

 registrazione e conservazione delle informazioni acquisite nell'assolvimento degli obblighi di adeguata verifica;

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RAZZANTE R.– DELLAROSA “La normativa antiriciclaggio e il nuovo sistema dei controlli interni”, in “Bancaria”, n.1/2010, pag. 58.

38  segnalazione di operazioni sospette;

 adozione di adeguati assetti organizzativi, procedurali e misure di controllo interno.

Ulteriore strumento di prevenzione del riciclaggio, caratteristico del nostro ordinamento, è costituito dalla previsione di norme che pongono limitazioni all'uso del contante e dei titoli al portatore, applicabili alla generalità dei soggetti.

Prima di procedere ad esaminare gli obblighi imposti agli intermediari occorre precisare che il sistema antiriciclaggio è da un lato un sistema preventivo, in quanto contempla obblighi di collaborazione per gli intermediari finanziari e per i professionisti, e dall’altro un sistema repressivo, caratterizzato da sanzioni penali e amministrative. A loro volta gli obblighi di collaborazione si declinano in due modalità sostanzialmente differenti, anche se complementari.35

Da un lato abbiamo la c.d. collaborazione passiva, finalizzata a garantire la conoscenza approfondita della clientela e a prescrivere la conservazione dei documenti relativi alle transazioni effettuate.

Dall’altro abbiamo l’espletamento di una vera e propria attività valutativa delle operazioni finanziarie, attraverso meccanismi di controllo e di approfondimento, che va a costituire la c.d. collaborazione attiva, volta all’individuazione e segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio. La collaborazione attiva si compone quindi di una serie di comportamenti autonomi volti a segnalare le anomalie riscontrate nella gestione dei flussi finanziari.

La normativa antiriciclaggio, dagli esordi ad oggi, ha sempre promosso il concetto di “collaborazione attiva”, secondo il quale i soggetti destinatari degli obblighi non devono solo assicurare la corretta gestione e la disponibilità di accesso ai documenti relativi alle operazioni, per agevolare l’attività degli organismi investigativi36, ma sono anche chiamati ad operare consapevolmente durante l’adempimento di tali obblighi.

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RAZZANTE R., Il riciclaggio come rischio tipico dell’intermediazione finanziaria, in “Rivista di Diritto Bancario”, 2008, pag. 10

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Cfr. ARENA M. – RAZZANTE R., Normativa Antiriciclaggio e Responsabilità da Reato delle Società, Edizioni Giuridiche Simone, Napoli 2009, pag. 54

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« Le investigazioni le fanno Guardia di finanza, Uif, Dia e Dna, ma sono gli operatori finanziari che hanno la maggiore conoscenza del cliente e a loro spetta il compito di segnalare eventuali operazioni economiche sospette, quelle dietro cui potrebbero esserci denari di provenienza illecita o comunque poco

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Tra gli obblighi, quello di segnalazione è sempre stato considerato il fulcro nell’assolvimento degli adempimenti di “collaborazione attiva” a contrasto del riciclaggio di capitali e richiama, immediatamente, all’attenzione la segnalazione di operazioni sospette. Con il d.lgs. 231/2007, l’obbligo di segnalazioni di operazioni sospette ha risentito di importanti modifiche che potremmo definire logiche oltre che normative37, dalle quali deriva la necessità per i destinatari degli adempimenti a dover considerare la corretta attuazione del proprio adempimento di “collaborazione attiva” non partendo esclusivamente dall’analisi delle segnalazioni attuate, ma in modalità sempre più efficienti nell’individuare ed esaminare con tempestività le anomalie attraverso una corretta attuazione dell’obbligo di adeguata verifica. Da qui la regola del “know your customer” (o KYC) – la conoscenza del cliente – come strumento essenziale e indispensabile nel sistema antiriciclaggio.

In questo senso l’obbligo di adeguata verifica è da considerarsi quale principale fondamento dello stesso obbligo segnaletico in quanto costituisce quella base di acquisizione di dati e informazioni che, risultando strutturata secondo il rischio, consente di attuare idonee valutazioni, presupposto indispensabile per l’attuazione delle segnalazioni, e di documentare le verifiche effettuate. L’obbligo di adeguata verifica che sarebbe, per definizione, da ricomprendere tra gli adempimenti della c.d. “collaborazione passiva”, può di conseguenza altresì essere ricompreso nella c.d. “collaborazione attiva”, in quanto ne è il presupposto. Ne discende la complementarietà e il labile confine tra le due forme di collaborazione viste inizialmente.

Per concludere, occorre poi ricordare che le banche, le assicurazioni, le SIM e gli altri intermediari finanziari dispongono per la loro attività di un patrimonio di informazioni, riguardanti gli utilizzatori dei loro prodotti e servizi, che le pongono in una posizione tale da rendere efficiente, per il corretto svolgimento del sistema antiriciclaggio, affidare loro una funzione di agenti (senza però sostituirsi alle autorità). L’efficienza di questi meccanismi di controllo basati sull’iniziativa degli operatori stessi dell’intermediario, si fonda principalmente sulla loro volontà di instaurare rapporti

trasparenti.» Da “Di antiriciclaggio parlano tutti, ma pochi sanno cos'è”- Intervista a Emanuele Fisicaro, presidente del Centro studi antiriciclaggio e compliance.

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TOSELLO M., L’evoluzione dell’obbligo segnaletico (di “collaborazione attiva”) in ambito antiriciclaggio: tra “approccio basato al rischio”; “segnalazione” e “astensione”, in Diritto bancario, Giugno 2012, pag. 2.

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trasparenti con le Autorità di vigilanza, condividendo con queste il ricco patrimonio informativo di cui dispongono.

Per incentivare l’adozione di simili condotte collaborative, la stessa legge Antiriciclaggio prevede una sanzione pecuniaria amministrativa, in caso di omessa segnalazione. L’ipotesi di riciclaggio doloso in capo al dipendente è una circostanza rara e nel caso, spetta all’autorità inquirente l’onere di provare che chi non ha segnalato sia complice nella perpetrazione del reato. Se il percorso dell’operazione mai segnalata è assolutamente ricostruibile, non vi sarà alcuna autorità che potrà sanzionare chi non ha segnalato allo stesso modo di chi ha riciclato. Se invece dalla ricostruzione emergono volontà collaborative scarne e palesemente rivelatrici di negligenza dei soggetti che hanno assistito la clientela nel compimento delle operazioni, sarà corretto accertare da parte delle autorità, che nessuna complicità vi sia stata nel perpetuare il reato.