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Origini della Giamaica e motivi del pluralismo culturale.

2.1.4 1960-1990: Maggiore spazio politico e culturale.

O: An European school, the students about half African half European TM: A French school?

4. Il confronto tra gli artisti: Chris Ofili e Simone Leigh.

4.2. Simone Leigh.

4.2.1. Origini della Giamaica e motivi del pluralismo culturale.

La prima cultura diffusasi in Giamaica, proveniente dalla vicina America Latina e da Hispaniola, si insediò sulla costa Sud dell’isola intorno all’anno 650 d.C.; questi primi abitanti furono individuati e studiati grazie al ritrovamento archeologico di ceramiche cosiddette Ostionoidi. Non molti secoli più tardi, dopo l’anno 880 d.C., questa popolazione venne rimpiazzata dai Taíno, popolo che rimase predominante sull’isola sino all’arrivo ed all’insediamento degli Spagnoli. La maggior parte degli archeologi afferma che i Taíno, alla fine del XVI secolo, contassero almeno 60.000 abitanti; una minoranza di studiosi è invece convinta che l’isola avesse raggiunto all’epoca una popolazione di almeno 100.000 individui.62

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Shea Henry, Robyn Woodward, Contact and Colonial Impact in Jamaica: Comparative Material Culture and

Diet at Sevilla La Nueva and The Taíno Village of Maima, in a cura di Corinne L. Fofman, Floris W.M. Keehnen, Material Encounters and Indigenous Transformation in the Earlt Colonial Americas: Archaeological Case Studies,

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Il 5 maggio 1949, durante il suo secondo viaggio verso le Americhe, Cristoforo Colombo sbarcò sulla spiaggia giamaicana di Santa Gloria, denominata successivamente St. Ann’s Bay, conosciuta per il porto riparato e per la presenza di un’ampia e pacifica popolazione indigena. L’incontro con gli abitanti dell’isola fu relativamente sereno: gli esploratori spagnoli tentarono di assicurarsi una buona condotta dei nativi e di mantenere con essi buoni rapporti attraverso lo scambio ed il commercio di cibi ed oggetti di varia tipologia. Nel corso della decade successiva, non sono documentati nuovi sbarchi spagnoli in Giamaica, eccezion fatta per le esecuzioni di approvvigionamento nel Sud dell’isola volute nel 1502 da Alonso de Hojeda, esploratore e governatore coloniale spagnolo.63 La Giamaica fu ufficialmente conquistata soltanto alcuni anni più tardi, nel 1508, quando l’ufficiale militare Juan de Esquivel, fu incaricato dal Governatore delle Indie, Diego Colón, di farsi accompagnare da sessanta coloni presso la spiaggia di Santa Gloria, allo scopo di instaurarvi un insediamento. In quanto nativo di Siviglia, Esquivel nominò la colonia Sevilla la Nueva che successivamente fu annessa ai territori dell’impero. L’isola della Giamaica appartenne per quasi un secolo e mezzo ai coloni spagnoli.64

Alla metà del XVII secolo, l’Inghilterra, prima potenza coloniale dell’epoca, cominciò a nutrire interessi nei confronti dell’isola e a ragionare su piani di espansione del proprio impero. Nel 1655 navi inglesi sbarcarono in Giamaica ed i marinai marciarono verso una delle principali città dell’epoca, St. Jago de la Vega. In pochi giorni la colonia spagnola fu conquistata dalle truppe bretoni; qualche settimana dopo gli Spagnoli furono costretti ad evacuare il territorio, ripiegando sulla vicina isola di Cuba. Tuttavia, alcuni Spagnoli superstiti trasgredirono ai comandi di Penn e Venables, i comandanti inglesi fautori dell’impresa espansionistica, ed invece di portare con sé i propri schiavi, li condussero sulle colline dell’isola, lasciandoli liberi. Questi schiavi costituirono il nucleo dei Maroons, gruppo di guerrieri di montagna che contrastò le azioni inglesi attraverso una costante guerriglia al fine di ostacolarne la piena colonizzazione della Giamaica. Dopo quindici anni di guerra, nel 1670, con la firma del Trattato di Madrid, La Giamaica venne ufficialmente riconosciuta proprietà britannica.65 63 Ibidem. 64 Ibidem.

65 T. H. Mac Dermot, From a Jamaica Portfolio-Francis Williams, «The Journal of Negro History», Vol. 2, No. 2 (Apr., 1917), pp. 147-159.

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Furono gli Inglesi ad aver importato all’interno dell’isola le popolazioni africane. Similmente a quanto stava avvenendo nelle colonie del Nord America, gli schiavi neri furono sfruttati per quasi due secoli come manodopera servile sotto il comando e la supervisione di padroni europei. La fine della schiavitù fu riconosciuta soltanto nel 1838, dopo una lunga serie di lotte e proteste sociali, con la firma dell’Emancipation Act, grazie al quale il Parlamento britannico pose ufficialmente fine allo sfruttamento della popolazione di colore.

A questo punto della trattazione, piuttosto che proseguire una narrazione degli eventi storici dell’isola, è importante soffermarsi sulla pluralità etnica e culturale che, già a partire dal XVII secolo, ha caratterizzato la popolazione giamaicana. Nativi della vicina America Latina, Spagnoli, Inglesi, Africani e, più avanti nei secoli, Europei di altra provenienza ed Asiatici, hanno abitato l’isola caraibica, ciascuno di questi gruppi radicando una parte del proprio bagaglio culturale, e biologico e provvedendo a costruire istituzioni indipendenti e con una propria logica interna. Dopo l’avvento dei coloni spagnoli ed inglesi, la popolazione giamaicana cominciò a specificarsi in tre principali categorie razziali, determinando quindi la nascita di una società variegata e distinta in gruppi, classi e nazionalità. Il primo nucleo era costituito da Europei bianchi, venuto sull’isola nel periodo delle colonizzazioni. Tale gruppo non era del tutto omogeneo, ma comprendeva individui di diversa provenienza e nascita. La seconda categoria può essere definita di razza mista, ed è frutto della creolizzazione avvenuta tra gli Europei ed i discendenti degli schiavi africani. Infine, i neri puri provenienti dall’Africa, i quali diedero vita ad un propria comunità ed aggregazione.66

La pluralità etnica è stata causa di disomogeneità e instabilità all’interno della società giamaicana, ed ha causato tensioni spesso sfociate in violente azioni per la conquista del potere e la gerarchizzazione delle popolazione. Prima che si verificasse il fenomeno di creolizzazione, infatti, gli Inglesi manifestarono la loro superiorità nei confronti degli Africani costringendoli al lavoro forzato nelle piantagioni e nelle fattorie coloniali. Tuttavia, gli schiavi cercarono di portare avanti una resistenza e coloro i quali riuscirono a fuggire dalle

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Rex Nettleford, Caribbean cultural identity, the case of Jamaica: an essay in cultural dynamics, Center for Afro-American Studies/UCLA Latin American Center Publications, University of California, California, U.S.A., 1979, pp. 1-43.

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piantagioni si unirono ai Maroons spagnoli nel tentativo di contrastare la potenza coloniale inglese.67

Questa forte autodeterminazione della popolazione africana, ostile alla società bianca e inglese, stimolò una forte black consciousness tra gli abitanti giamaicani neri, consapevolezza che rimase viva anche dopo l’abolizione della schiavitù. La portata numerica dalle persone di discendenza africana entro la complessità della popolazione giamaicana ha fatto sì che si sviluppasse una tradizione tipicamente “afro-giamaicana”, presente ancora oggi sull’isola e diffusasi in vari stati dell’America e del mondo.68 Simone Leigh, pur essendo nata a Chicago, porta con sé questa discendenza africano-giamaicana, che manifesta esplicitamente nei propri lavori artistici.