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Verso un nuovo approccio artistico.

2.1.4 1960-1990: Maggiore spazio politico e culturale.

O: An European school, the students about half African half European TM: A French school?

4. Il confronto tra gli artisti: Chris Ofili e Simone Leigh.

4.1. Chris Ofili.

4.1.5. Verso un nuovo approccio artistico.

Nel 1999 Ofili scelse di ritirarsi dalla scena pubblica e trasferire il proprio studio da King Cross alla propria casa a Est di Londra, dedicandosi perlopiù al disegno. In quel periodo ebbe modo di ragionare su una diversa strada che la sua pittura avrebbe potuto prendere. Quel ritiro gli permise di produrre un nuovo corpo di opere intitolato Monkey Magic (fig. 33), trittico

29 Katherine Brinson, After the fall, cit., p. 9. 30

Judith Nesbitt, Beginnings, cit., p. 16. 31

Jerry Saltz, Chris Ofili’s Thumping Art-History Lesson, «Vulture», 28-10-2014, s.n.p. https://www.vulture.com/2014/10/chris-ofilis-thumping-art-history-lesson.html.

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avente come protagonista una scimmia33 in panciotto che sorregge un calice dal quale fuoriesce la triade della tentazione: una storia morale sesso, denaro e droga. Dopo la realizzazione di questi primi tre dipinti, Ofili proseguì la serie realizzando diverse tele ciascuno caratterizzata da un singolo colore dominante in mezzo a più tonalità che contribuivano a creare sfondi lussureggianti. Il risultato fu la realizzazione di ben tredici tele, le cui scimmie rimandavano ai discepoli presenti nell’ultima cena della storia biblica. Questi dipinti lo introdussero in un mood più introspettivo e lo indirizzarono verso un’iconografia meno immediata. Pur non avendo programmato queste lavori come facenti parte di una serie, egli decise che sarebbero stati presentati insieme, sotto forma di installazione.34

Durante quei tre anni di lavoro, la galleria Victoria Miro si stava trasferendo da Cork Street a Wharf Road, a nord di Londra, in un luogo più adatto e spazioso. Chris Ofili e David Adyaje35 si impegnarono diverse settimana per trasformare il secondo piano della galleria in un ambiente simile a quello di una cappella e qui inserirono gli ultimi lavori di Ofili. Il risultato fu un’installazione che prese il titolo The Upper Room e fu aperta al pubblico nel giugno del 2002 (fig. 34).36

Gli eventi nei quali l’artista fu coinvolto all’inizio del nuovo secolo gli furono necessari per maturare definitivamente un nuovo linguaggio formale e metaforico. Con la svolta del nuovo millennio, Ofili forgiò un nuovo registro visuale nel quale il suo approccio decorativo alla figura raggiunse stadi inesplorati. A contribuire a questa svolta formale fu un viaggio compiuto nel 2000 nell’isola Trinidad, perché invitato a prendere parte a una residenza artistica nella capitale Port of Spain. L’artista convinse gli organizzatori ad invitare anche Peter Doig, sua amico pittore scozzese che aveva vissuto sull’isola per ben cinque anni quando bambino.37 Prima di lasciare Trinidad, Doig decise di acquistare un pezzo di terra nella parte nord dell’isola; Ofili, egualmente affascinato dal luogo, si disse che in seguito vi sarebbe tornato.38

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Il soggetto è ispirato ad un’immagine di Andy Warhol del 1957. 34

Judith Nesbitt, Beginnings, cit., pp. 8-21.

35 David Adyaje (1966) è un architetto inglese di origini ghanesi. 36

Calvin Tomkins, Into the Unknown, Chris Ofili returns to New York with a major retrospective, cit., s.n.p. 37

Peter Goig (Edimburgo, 1959) è un pittore britannico. Quando Ofili si iscrisse al Chealsea College of Art, questi si stava già laureando. Nonostante la differenza di età, i due artisti divennero presto amici.

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Dopo questa breve esperienza, Chris Ofili rincasò in Inghilterra ricco di nuove immagini che gli ispirarono una serie di lavori carichi dell’anima pop degli anni Sessanta e Settanta e caratterizzati da una nuova palette tricolore ispirata alla bandiera Panafricana di Marcus Garvey: il rosso, simbolo del sangue dei martiri, il verde della natura, ed il nero, colore di pelle degli abitanti dei Caraibi e generalmente delle popolazioni africane.39 Una nuova consapevolezza sulla sua origine stava prendendo piede nella sua arte, una sorta di ritorno alla patria. I risultati di questa maturazione furono evidenti in una mostra di dipinti tenutasi nel 2002 alla galleria Victoria Mirò di Londra, e l’anno seguente, nell’ installazione realizzata per la Biennale d'arte di Venezia: invitato a rappresentare l’Inghilterra, Ofili realizzò Within

Reach (fig. 35), progetto pensato insieme a David Adjaye.40 Si trattò di era una narrazione

pittorica della storia d’amore tra un uomo ed una donna neri in un Eden africano, «a paradise of tropical foliage and romantic ardor».41 La nozione di paradisiaco cominciò a giocare un ruolo importante nell’immaginario di Ofili. Nelle opere che realizzò successivamente, infatti, la componente di atmosfera celestiale fu costante, talvolta affiancata a riflessioni sul concetto di tentazione, espulsione e penitenza. «The artist has described the biblical Eden as “a complicated space” where good and evil necessarily coexist».42

La fonte per la realizzazione delle opere esposte alla Biennale furono probabilmente i sentimenti che l’artista aveva provato per Trinidad e per la propria moglie, Roba El-Essawy. Il titolo della serie fu

Afronirvana e rappresentava coppie di amanti impegnati in rituali di corteggiamento entro un

atmosfera di paradiso tropicale (fig. 36). Realizzate con sfere di sterco animale, questi lavori erano caratterizzati da una frammentazione della composizione in aree monocromatiche che suggerivano la modularità delle vetrate, dei mosaici o degli arazzi; le classiche proporzioni della sede del padiglione inglese della Biennale furono trasformate in un ambiente di luce e colore del tutto moderno.43

I dipinti di Within Reach furono gli ultimi ad includere le feci di elefante, i punti colorati e le decorazioni esuberanti. I lavori di Ofili smisero di estrarre elementi dalla cultura popolare per farne i soggetti delle proprie rappresentazioni, e nei due anni consecutivi non adoperò più

39 Judith Nesbitt, Beginnings, cit., pp. 8-21. 40

Ibidem. 41

Calvin Tomkins, Into the Unknown, Chris Ofili returns to New York with a major retrospective, cit., s.n.p. 42 Katherine Brinson, After the fall, cit., p. 11.

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olio, ma sperimentò con il disegno e gli acquerelli. Il pieno cambiamento nel linguaggio visuale dell’artista fu evidente soltanto a partire dai tre anni successivi.