L’ARREMBAGGIO AL DIRITTO D’AUTORE SU INTERNET
3. Osservazioni critiche
Emerge così la questione centrale del caso The Pirate Bay: lo statuto penale del
provider in materia di violazioni del diritto d’autore su Internet.
La dottrina e la giurisprudenza hanno vagliato diversi percorsi interpretativi, quali la responsabilità del direttore di giornale3, il reato omissivo improprio4, il concorso ex art. 110 c.p.5.
Bisogna spendere alcune parole sui tentativi di ricostruire una posizione di garanzia in capo all’Internet service provider (ISP) in modo da configurare una loro responsabilità ex art. 40, cpv. c.p. per il mancato impedimento della commissione di reati in materia di diritto d’autore da parte dei propri utenti iscritti.
Le strade percorse in tale direzione sono diverse: alcuni hanno sostenuto che l’attività del provider sarebbe pericolosa e da ciò discenderebbe una loro posizione di garanzia, cioè di controllo della fonte di rischio6; altri, pur prendendo in considerazione l’opzione interpretativa dell’art. 40, comma 2 c.p., la escludono per l’inesigibilità in concreto dell’adempimento dell’obbligo di controllo, sulla falsariga di una disposizione analoga nell’ordinamento tedesco7
; infine, vi è chi8 suggerisce di ricavare una posizione di garanzia speciale e ad hoc dall’obbligo di porre fine alle violazioni del diritto d’autore a seguito di provvedimento dell’autorità giudiziaria, come previsto dagli artt. 156 e 156 bis l. aut.9.
L’ultima delle soluzioni proposte, sebbene fornisca un esplicito appiglio normativo, ci pare da respingere per due ordini di motivi: prima di tutto, il d.lgs. 70/2003 all’art. 17 sancisce l’assenza di un obbligo giuridico di impedimento dei reati in capo ai provider, quando esclude in ogni caso il dovere di controllo preventivo e generalizzato sui dati da essi trasmessi o registrati, a prescindere dalla qualifica di access, caching o host
provider, in ossequio al principio della cd. net neutrality; sul piano strettamente
3 S. S
EMINARA, La responsabilità penale degli operatori su Internet, Dir. inf., 1998, 759 ss., nonché cfr. retro l’intervento precedente del dott. Bassini contrario all’estensione analogica della disciplina penale sulla stampa all’ISP, perché si tratterebbe di un’interpretazione in malam partem.
4 L. P
ICOTTI, La responsabilità penale dei service providers in Italia, Dir. pen. proc., 1999, 501 ss.;
5 C. P
ARODI – A. CALICE, Responsabilità penali e Internet - Le ipotesi di responsabilità penale
nell’uso dell’informatica e della telematica, Milano, 2001, 128 ss.; L. PERDONÒ, Le responsabilità penali
collegate all’uso di Internet fra comparazione e prospettive di riforma, Dir. inf., 2007, 323; E. DI
AGOSTA, Il caso Pirate Bay arriva alla Cedu: spunti per una riflessione sulla responsabilità degli internet service provider, tra libertà d’espressione e reati in materia di copyright, Cass. pen., 2013, n. 10, 3375;
6 F.S
GUBBI, Parere pro veritate, Dir. inf., 2009, 746 ss.;
7
Si tratta della legge federale sui servizi telematici (Gesetz über die Nutzung von Telediensten,
Teledienstegesetz - TDG) del 27 luglio 1997, che ha introdotto nell’ordinamento tedesco alcune norme
che riguardano specificamente la responsabilità dei provider e degli operatori in internet, contenute precisamente nel § 5 della legge in discorso. Sul tema rimandiamo a F. RESTA, La responsabilità penale
del provider: tra «laissez faire» ed obblighi di controllo, Giur. merito, 2004, 1715 ss.;
8 R. F
LOR, Tutela penale e autotutela tecnologica dei diritti d’autore nell’epoca di Internet.
Un’indagine comparata in prospettiva europea ed internazionale, Padova, 2010, 458;
9 Peraltro, aderendo alla posizione sopra esposta, la posizione di garanzia del provider sarebbe limitata
all’impedimento dei soli reati previsti dagli artt. 171 – 171 novies l. aut., senza possibilità di estendere per tale via la responsabilità dell’ISP per reato omissivo improprio ad altri reati informatici propri o impropri.
penalistico, poi, gli artt. 156 e 156 bis l. aut. fissano un obbligo di attivazione che sorge a carico dell’ISP dopo la commissione di un reato, mentre è noto che le posizioni di garanzia e il correlativo obbligo di impedimento dell’evento devono preesistere al reato, altrimenti saremmo di fronte a meri obblighi di attivarsi10.
Per queste ragioni, la tesi del concorso di persone nel reato ex art. 110 c.p. ci pare la migliore, a condizione di non dilatare i confini del contributo concorsuale atipico del
provider; due sono soprattutto i rischi che paventiamo nella prassi giurisprudenziale: la
lettura estensiva del criterio condizionalistico per quanto riguarda l’elemento obiettivo e l’impiego disinvolto del dolo eventuale sul piano soggettivo.
A nostro modesto avviso su questo versante persino la decisione della Cassazione nel caso The Pirate Bay mostra qualche ambiguità, nella misura in cui vi si afferma che l’indicizzazione delle opere condivise in peer to peer segnasse la soglia di rilevanza penale della condotta del provider, non considerando però la circostanza che il database fosse destinato a tutti i file, protetti e no, proprio per la natura “neutrale” delle attività del provider su Internet11.
Ciononostante, la presenza di un indice delle opere condivise online è stata ritenuta dalla Corte di legittimità un’agevolazione causalmente efficiente rispetto alla commissione del delitto di cui all’art. 171 ter, comma 2, lett. A bis l. aut. da parte dei singoli autori delle condotte di upload e download simultaneo.
L’aspetto decisivo nella vicenda sub judice tuttavia, a nostro avviso, non è consistito tanto nell’indicizzazione delle opere per agevolarne la ricerca da parte dei “pirati della rete”, quanto nel conseguimento di un ingente profitto da parte del sito The Pirate Bay dalle inserzioni pubblicitarie, che connotava una fiorente industria fondata sullo scambio abusivo di contenuti protetti.
In altre parole, la prova del dolo specifico di lucro, richiesto dal delitto di immissione con comunicazione al pubblico di contenuti protetti da diritto d’autore, è stata raggiunta tramite un accertamento ex post, ovvero valutando l’entità degli introiti pubblicitari conseguiti effettivamente dal provider, invece che da una prospettiva ex ante, finalistica, come se il guadagno illecito fosse l’evento dannoso di una fattispecie causalmente orientata, mentre la norma integra pacificamente un reato di pericolo12.
La sentenza n. 49437/2009 compie pertanto un’evidente torsione patrimoniale della fattispecie incriminatrice della condivisione abusiva di file su Internet: i giudici di legittimità la trasformano difatti in un reato di danno agli interessi economici sottesi allo sfruttamento commerciale delle opere coperte da diritto d’autore, probabilmente avendo preso atto dell’insufficiente selettività del dolo specifico di lucro per determinare quali comportamenti siano realmente offensivi del bene giuridico tutelato e quali no13.
La diffusione via Internet di opere protette, in effetti, ha raggiunto le dimensioni del fenomeno di massa, tale da porsi in concorrenza sleale con il commercio legale di
software, film, musica, etc.; non si può però dimenticare che le opzioni di politica
criminale debbono comunque fare i conti con un delicato bilanciamento di interessi.
10 F. M
ANTOVANI, Diritto penale. Parte generale, VIIa ed., 2011,160-162;
11
G.VACIAGO, Sistemi peer to peer: rilevanza penale delle condotte in violazione dei diritti d’autore e
diritti connessi, Dir. internet, 2008, n. 3, 277 ss.;
12 Cass., 22 novembre 2006, Rizzi, in Foro it., 2007, II, 73; Cass., 4 luglio 2006, Bracchi; Proc. Rep.
Roma 15 dicembre 2006, in Foro it., Rep. 2008, voce Diritti d’autore, n. 205; G.i.p. Roma, ord. 9 ottobre 2007, in Foro it., Rep. 2008, voce Diritti d’autore, n. 205; n. 206;
13 C. P
Da una parte vi è la libertà di espressione dell’utente di Internet, cui si accompagna il diritto alla privacy sui dati di navigazione; dall’altra parte vi sono gli interessi degli autori delle opere di ingegno, di natura sia personalistica sia patrimonialistica.
Nell’epoca di Internet la legge 633/1941 (e s. m.) fissa il punto di equilibrio fra beni contrapposti dando la preminenza al diritto d’autore nella sua dimensione economico- patrimoniale, incriminandosi cioè la diffusione e la comunicazione delle opere protette qualora queste condotte assumano i connotati di un’attività imprenditoriale abusiva, come si evince dalle clausole sullo scopo commerciale e sul fine di lucro negli artt. 171
bis e 171 ter l. aut..
Questo perché di fronte alla pirateria informatica, in special modo quella relativa a
file musicali e audiovisivi, nonché a programmi per elaboratore elettronico, il baricentro
della tutela penalistica è posto nell’interesse commerciale dei produttori e dei distributori di tali prodotti dell’ingegno, piuttosto che nell’interesse personale dell’autore stesso dell’opera protetta14
.
Ne consegue, a contrario, che le condotte a uso personale restano estranee all’ambito di applicazione delle fattispecie penali, riservandosi a queste ultime, tutt’al più, delle sanzioni amministrative.
Il diritto d’autore nel mondo virtuale, perciò, è preso in considerazione dal diritto penale soltanto nella sua dimensione patrimoniale, secondo una tendenza paragonabile alla concezione economizzante del nuovo bene dell’“identità digitale”15
.
Il caso The Pirate Bay è dunque emblematico delle attuali strategie di contrasto alle violazioni del diritto d’autore online: a fronte della irrilevanza penale della cd. pirateria altruistica o domestica, è severamente punito il commercio illegale delle opere protette, anche da parte del provider.