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Paradigmi di riferimento e questioni fondamentali

3.1 Riflessioni sulla metodologia

3.1.2. Paradigmi di riferimento e questioni fondamentali

La codificazione della realtà sociale esprime il punto di partenza della prospettiva positivista: la natura della realtà stessa è una dato reale, indipendente ed esterno al ricercatore, e dunque tale realtà è conoscibile. Gli elementi che compongono tale realtà sono ordinati da leggi universali e quindi la conoscenza si concretizza in generalizzazioni decontestualizzate rispetto allo spazio e al tempo che spesso prendono la forma di leggi

causa-effetto309. Discendendo dalle posizioni degli studiosi dell’Ottocento, si assume

infatti che i comportamenti umani siano governati da leggi deterministiche. Secondo Durkheim, il padre della sociologia positivista, “gli individui sono inseriti in regole sociali sul modo di pensare e di agire, che sono indipendenti dalla loro volontà e che li

308 Corbetta, 2003, Vol. I, 18.

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costringono a comportamenti ampiamente determinati310”. L’assunzione secondo la quale

i fatti sociali dipendano da leggi indipendenti dalla natura dell’uomo porta a considerare la conoscenza possibile solo tramite l’indipendenza tra studioso e oggetto studiato, e l’oggettività, ossia l’assenza di influenza tra le parti. Sul piano metodologico, vengono ad essere considerati come valide le tecniche delle scienze naturali. Prevarrà l’empirismo classico la cui espressione si tradurrà ed espleterà nell’uso della formulazione matematica. In letteratura vi è l’opinione, tuttavia, secondo la quale sia impossibile trovare un

“ricercatore contemporaneo che si riconosca pienamente nella prospettiva positivista311”.

Sono infatti diversi i riferimenti ad un nuovo orientamento, già a partire dal 1930, per infine giungere ai giorni nostri: la corrente neopositivista (1930 – 1960) e quella postpositivista (1960 – oggi).

Il modo nuovo di vedere ed affrontare le cose rivolge la sua attenzione massima alle questioni di tipo metodologico, finanche alla verifica empirica delle elaborazioni concettuali. Assume un ruolo centrale la questione epistemologica, e maggiore rilevanza assume il rapporto tra il “chi” e il “che cosa”, fra lo studioso e la realtà studiata.

Se il postulato del neopositivismo è la convinzione che “il significato di una proposizione

è il metodo della sua verifica312”, dunque il senso di un’affermazione deriva dalla sua

verificabilità empirica.La ricerca non appare avulsa dal contesto in cui si svolge e la realtà indagata è plausibilmente governata da relazioni interpretabili col tramite di leggi probabilistiche.

Mutuando tuttavia il linguaggio della matematica e della statistica, è venuto a identificarsi

il cosiddetto “linguaggio delle variabili313”. Ogni soggetto sociale, includendo anche gli

individui, può, infatti, essere definito sulla base di una serie di attributi e proprietà, le “variabili”, e i fenomeni sociali che vengono a manifestarsi tra i soggetti considerati sono analizzati come relazioni tra variabili314. “La variabile, coi suoi caratteri di neutralità, oggettività e operativizzabilità matematica, diventa[va] cosìla protagonista dell’analisi sociale […] La ricerca sociale risulta così «spersonalizzata», e il linguaggio delle variabili, con la misurazione dei concetti, la distinzione in variabili dipendenti e indipendenti, la quantificazione delle loro interrelazioni, la formulazione di modelli causali, offr[e] uno

310 Fattore, 2005, p. 9. 311Fattore, 2005, p. 10. 312 Corbetta, 2003, Vol. I, p. 26. 313 Lazarsfeld & Rosenber, 1955. 314 Corbetta, 2003, p. 26.

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strumento formale che permette[…] di andar oltre il «linguaggio quotidiano notoriamente vago [in un processo di] chiarificazione e purificazione del discorso [che è] fondamentale per lo scienziato sociale; […] la nostra conoscenza [può] essere organizzata in una qualche forma manipolabile ed il senso comune riformulato in proporzioni tali da poter

essere sottoposte a test empirico315.

In tal modo tutti i fenomeni sociali sono stati interpretati come misurabili, correlati, elaborati e formalizzati. Inoltre, cosa ben più rilevante, le teorie passate al vaglio dei processi di convalida e falsificazione in maniera oggettiva e priva di ambiguità.Ricalcando i percorsi delle scienze naturali che vedono l’introduzione della probabilità e dell’incertezza nella determinazione delle proprie leggi, anche le scienze sociali adottano il concetto di determinismo e concedono credibilità al connotato della probabilità. La legge probabilistica, tuttavia, implica il riconoscere di elementi di accidentalità, e la presenza di fluttuazioni e disturbi. Il cosiddetto “realismo critico” sottolinea l’atteggiamento di continuo sospetto e di propensione alla messa in discussione che il ricercatore deve assumere nei confronti di ogni acquisizione fatta dalla propria disciplina di riferimento e della scienza in generale. Si avverte così l’esigenza di sottolineare come, nonostante l’approccio razionale e matematico, l’oggettività della conoscenza dunque viene raggiunta solo in modo approssimativo. L’impossibilità manifestata ad accedere ad indagini sulla realtà non privi di “errori” plausibili rende la ricerca più disponibile ad appellarsi a dinamiche di indagine non esclusivamente matematico. La deduzione, dunque, attraverso il meccanismo di falsificazione delle ipotesi, diviene il modus operandi per eccellenza nel processo conoscitivo. In tal senso si registra un’importante apertura alle tecniche qualitative, senza tuttavia intaccare il predominio di quelle quantitative.

L’approccio postpositivista si colloca come spartiacque fra il precedente approccio positivista e la sua antitesi, l’approccio interpretativista.

Secondo tale approccio, la realtà è vista come un costrutto mentale e ai fini della ricerca è

importante l’interazione tra oggetto indagato e soggetto che indaga316.L’obiettivo della

ricerca non è più la ricerca di un nesso causa-effetto ma la costruzione della ricerca stessa. La ricerca viene definita come “un processo teso a comprendere come i soggetti sociali

315 Lazarsfeld & Rosenberg, 1995, 2, 11 in Corbetta, 2003, pp. 26-27. 316 Fattore, 2005, p.13.

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rappresentino la realtà317”. L’attività non procede tramite la definizione di teorie da

sottoporre a validazioni empiriche e suo obiettivo non è spiegare il perché delle relazioni e neppure elaborare modelli, la prospettiva interpretativa difatti si pone obiettivi diversi: cerca di comprendere il significato che gli attori assegnano ai fenomeni sociali.

Il rischio in cui è possibile che incorrano i ricercatori interpretativisti è, tuttavia, quello del

pregiudizio e del preconcetto. Weber parlava infatti di “avalutabilità 318 ”, ossia

l’indipendenza da giudizi di valore e di generalitànel tentativo tuttavia di garantire l’oggettività della ricerca sociale. In realtà è, secondo la visione interpretativista, innaturale che non vi sia una qualsivoglia forma di interferenza tra lo studioso e l’oggetto studiato. Se così non fosse non vi sarebbe la ragione d’esistere di tale approccio alla realtà indagabile.