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Le parole raccontano tante storie, dall’ascolto alla scrittura

Il procedimento educativo e formativo, attraverso un atto di fiducia in se stesso, e nei suoi alunni, deve scegliere la via della complessità, perché solo attraverso a essa si può allenare in maniera adeguata una mente giovane e inesperta, ma feconda. Un testo complesso, portatore di un pensiero complesso, deve essere condotto “a un chiaro grado di leggibilità e discorsività”181

, consentendo dopo la comprensione del suo apparato strutturale, di essere rielaborato dal bambino. Di fronte ad un sistema complesso, come quello che può essere un testo, il bambino inconsciamente farà cadere l’attenzione su un elemento, una parola, che rispecchia il suo punto di vista, attuando così l’avvio per una sua interpretazione. Il passo successivo sarà quello di rielaborare, in modo chiaro e comprensibile, il suo sistema complesso, cioè quell’iniziale e inconscio richiamo all’attenzione sul quale ha sviluppato la sua interpretazione.

La parola è il tassello primario nel mosaico testuale, facile da isolare e da collegare. Prima di comprendere la complessità di un testo

181

G. Cremonini, F. Frasnedi, Nell’universo del senso. Strumenti di lavoro, Il Mulino, Bologna 1986, p. 17.

bisogna entrare in contatto con le parole che lo compongono, attraverso un processo definito induttivo, dal particolare al generale.

La parola è un segno linguistico, cioè una convenzione codificata dalla comunità dei parlanti. Il valore del segno è dato dalla combinazione di significante e significato, cioè dal contenitore e dal contenuto. Il significante di parola non è il solo aspetto grafico, ma anche la sua componente fonica, questo, però, non determina il significato, che risulta essere, invece, un quid scelto dalla comunità dei parlanti e attribuito per convenzione a quella determinata catena grafico – fonica. Quando il segno linguistico di parola si trova isolato, non inserito cioè in una situazione specifica, è percepito come la risultante di significante e di significato. La questione cambia inserendolo in relazione con altre parole. Avviene una sorta di «contaminazione» in cui il lettore fa risuonare nella mente quella catena grafica – fonica, che riecheggiando assieme, gli permette di percepire un ampliamento di significato rispetto al codice convenzionale. Infatti, la successione ritmica dei singoli elementi produce una catena fonica nuova, che accresce di conseguenza il valore semantico reale.

Le parole per essere conosciute vanno lette, è, infatti, “leggendo che

si scoprono le parole, o i grappoli di parole”182

: vettori di senso molto potenti, che permettono di incanalare il pensiero ed avviarlo alla riflessione.

Nei testi le parole brillano, scintillano, e ci proiettano, come fossero molle, nell’avventura di un ipertesto infinito, che noi stessi costruiamo, muovendoci nel labirinto. Scintillano per la loro stessa forza, e per l’energia colla quale i contesti premono su di loro. Eppure, con tutto il terribile peso che si portano dietro, si muovono con agilità da un contesto all’altro [..].183

182

F. Frasnedi, La lingua, le pratiche, la teoria, CLUEB, Bologna 1999, p. 73.

183

La scelta di certe parole allora non è casuale, l’autore di un testo n’è consapevole. Sa che le parole hanno un’energia propria che si può sprigionare in tutta la sua potenzialità collegandole con altre parole. L’intreccio relazionale, cui sono sottoposte, innesca “un processo energetico selezionato come tale, in alternativa ad altre relazioni

possibili”184. La parola, all’interno di queste dinamiche associative, si

comporta come un “vettore di energia di senso”185

, conducendo con sé tutto il valore attribuitogli da catene precedenti, generatesi in campi d’uso differenti, che sono però reperibili, sul piano paradigmatico, dal grado di codifica che la parola singola porta con sé. Ogni parola

“produce tutta l’energia di rinvio a catena di cui è capace”186

, andando così ad innescare, e avviare con le altre, un nuovo campo di riconducibilità. La parola da sola può raccontare le sue storie, quelle che la caratterizzano, quelle che l’hanno resa celebre e l’hanno sfruttata, ma nell’attimo in cui entra in collisione con altre parole le storie diventano infinite. Sono storie sempre diverse e nuove, che nascono dall’atto creativo di chi decide di farle suonare assieme, proprio secondo quel ritmo, e poi, ne possono nascere altre fuori dalla traccia testuale. Sono le storie del lettore, che dentro quell’andamento vede una propria interpretazione:

quando ci appropriamo della lingua come soggetti, per raccontare, parlare, ragionare, filtriamo la sua capacità istituzionale attraverso la nostra visione delle cose e del mondo. Diventiamo insomma creatori attraverso la capacità infinita di porre in essere nuovi contesti.187

Apprendere le parole per un bambino è funzionale per comunicare, in maniera sempre più chiara e discorsiva, un suo pensiero. Il bambino, però, s’indispettisce se, leggendo un testo, incontra parole

184

G. Cremonini, F. Frasnedi, Nell’universo del senso. Strumenti di lavoro, il Mulino, Bologna 1986, p. 20. 185 Ibidem. 186 Ibidem. 187

nuove, perché in genere lo s’invita a ricercarne il significato nel dizionario. Quando, invece, in un giorno di scuola qualunque, l’insegnante decide di leggere in classe una storia, ecco che l’attenzione di tutti i bambini è catturata all’istante. La voce dell’insegnante scivola fluida lungo il testo, cadenza e pausa il ritmo secondo le indicazioni segniate, cullando e seducendo la mente del bambino, che in quell’esperienza d’ascolto s’innamora con più facilità delle parole. Infatti:

del ritmo è molto più facile innamorarsi. Si tratta di un amore d’orecchio e tutto dipende da quanto, nella lettura, si valorizzi la voce. Ѐ più facile perché il ritmo ha un fascino irresistibile.188

In una circostanza come questa si svolgono in contemporanea due azioni, quella della lettura e quella dell’ascolto. Proprio l’ascolto produce una prima esperienza di lettura, in cui il bambino entra in contatto con le parole, in tutta la loro energia ritmica – semantica. L’insegnante, esperta conoscitrice di parole, le farà risuonare assieme in un ritmo che, allo stesso tempo, permetterà di percepirne la singolarità nella complessa orchestrazione testuale. La sua lettura, non arranca nella spasmodica ricerca del significato intrinseco, ma è come se stesse suonando col suo strumento vocale la partitura testuale. La lettura dell’insegnate consente di riempire la stanza con il valore ritmico delle parole, lasciando da parte i pensieri e il lavorio mentale che ci può essere in un lettore alle prime armi. Pone i suoi alunni nella condizione di soddisfare quel principio di piacere, che consentirà poi di addentrarsi con più interesse nel testo stesso. Così facendo l’ascoltatore comincia a entrare in contatto con gli accorgimenti testuali che l’autore ha utilizzato per adescarne l’attenzione. Non lì comprende in senso filologico, ma ne rimane meravigliato. Questi espedienti retorici hanno proprio il fine di richiamare il

188

lettore\ascoltatore su punti nevralgici per l’interpretazione. Tali espedienti sono spesso di valore fonico perché, come si coglierà meglio più avanti, il suono arricchisce, ed è decisivo per il senso.

Prima di diventare lettori esperti, prima ancora di portare l’alunno a

essere un “lettore ritmico”189

è necessario farlo entrare in contatto con la percezione ritmica della parola. Se si vuole davvero educarlo nella complessità del pensiero, per produrre a sua volta dei pensieri

complessi190, bisogna insegnarli ad ascoltare con attenzione, perché è

probabile che le vie della voce siano anche il sentiero più semplice per imparare poi a scrivere. Educarlo, alla maniera di un suonatore, a farsi l’orecchio nel comprendere che non tutte le scelte e gli accostamenti fra parole sono possibili, perché queste producono senso attraverso un equilibrato e funzionale accostamento sonoro. Un pensiero può farsi lingua secondo varie soluzioni, ma non tutte funzionano, cioè non tutte sono percepite dall’orecchio come possibile. Allenare l’ascolto, prima ancora d’insegnare a leggere e scrivere, perché è “il ritmo che permette l’organizzazione di un insieme complesso dando forma a un fluire”191

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