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Il Partenariato istituzionalizzato: brevi osservazioni sopra il modello comunitario.

Seppure, come anticipato in premessa, la nozione sia ancora in fase di affinamento, tanto a livello comunitario, quanto a livello nazionale, pare opportuno evidenziare il fondamentale apporto dell’Unione Europea anche in tema di Partenariato Istituzionalizzato (PPPI), contributo ulteriormente arricchito dalla Giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea.

Con tale espressione si intende riferirsi alla creazione di entità terze con compiti di assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico, detenuta congiuntamente dal partner privato e dal soggetto pubblico264.

Tale fenomeno si traduce principalmente nella creazione di società miste, caratterizzate appunto dalla convivenza di capitale pubblico e capitale privato.

264

G.F. CARTEI,Le varie forme di partenariato pubblico-privato. Il quadro generale, in G.CERRINA FERONI (a cura di), Il partenariato pubblico-privato: modelli e strumenti, Torino, Giappichelli, 2011;

L’entità comune così creata viene deputata ad assicurare la fornitura di un’opera o di un servizio a favore del pubblico. Dall’analisi effettuata nel Libro Verde del 2004 si rilevò che negli Stati membri spesso il ricorso a queste strutture è effettuato per la gestione di servizi pubblici a livello locale (ad esempio, per i servizi d’approvvigionamento idrico o per la raccolta dei rifiuti).

La cooperazione diretta tra il partner pubblico ed il partner privato, nel quadro di un ente dotato di personalità giuridica propria, permette al partner pubblico di conservare un livello di controllo relativamente elevato sullo svolgimento delle operazioni, che può adattarsi nel tempo in funzione delle circostanze, attraverso la propria presenza nella partecipazione azionaria e in seno agli organi decisionali dell’impresa comune. Essa permette, inoltre, al partner pubblico di sviluppare un’esperienza propria riguardo alla fornitura del servizio in questione, pur ricorrendo al sostegno di un partner privato265.

Al proposito, in seguito alla consultazione svolta con gli Stati membri, è intervenuta la Commissione Europea nel 2008 sottolineando che “l’incertezza giuridica che regna attorno alla partecipazione di partner privati ai PPPI può nuocere al successo della formula” e che “il rischio di dar vita a strutture basate su contratti che successivamente possono rivelarsi non conformi al diritto comunitario, può anche dissuadere le autorità pubbliche e i soggetti privati dal costituire partenariati pubblico-privati istituzionalizzati”266.

La Commissione in tale circostanza ha voluto ricercare le modalità di applicazione delle disposizioni comunitarie in materia di appalti pubblici e concessioni in caso di costituzione e gestione di partenariati pubblico-privati istituzionalizzati, analizzando tanto i principi applicabili, quanto le modalità di svolgimento della fase di costituzione del soggetto e di selezione del partner privato. Non ultimo, rileva anche la fase successiva alla costituzione, ossia lo svolgimento del rapporto.

Tuttavia, con riferimento specifico al PPP istituzionalizzato, come individuato dal Libro Verde 2004, è stato ritenuto267 che, nonostante si realizzi certamente una condivisione di intenti e la costituzione di un soggetto che rappresenta senza dubbio la collaborazione tra pubblico e privato, mancherebbe un elemento essenziale del Partenariato, ossia il rischio per la parte privata. Ciò non perché la partecipazione societaria sia priva di rischi, ma perché tale

265

Commissione Europea, Libro verde, 30 aprile 2004, cit., par.54

266

Commissione Europea, Comunicazione interpretativa della Commissione sull’applicazione del diritto

comunitario degli appalti pubblici e delle concessioni ai partenariati pubblico-privati istituzionalizzati (PPPI),

12 aprile 2008, par.1

267

rischio non è diverso dal rischio insito in qualsiasi partecipazione societaria e risulterebbe ripartito egualmente tra i soci, siano essi pubblici o privati.

Diversamente, adottando l’interpretazione della Corte di Giustizia, così come assorbita dal legislatore comunitario nella direttiva 2014/23/UE in tema di concessioni, il rischio del privato dovrebbe essere specifico, di tipo operativo o comunque di disponibilità del bene. Parimenti, il fatto che la selezione del partner privato avvenga mediante procedura ad evidenza pubblica, non consentirebbe comunque di riequilibrare la situazione di disparità che vi sarebbe con gli altri soggetti privati interessati allo stesso mercato del soggetto a composizione mista. Pertanto, il PPP istituzionalizzato, oltre a non essere una categoria omogenea, come non lo è quello contrattuale, mancherebbe dell’elemento di traslazione del rischio, anche solo parziale.

Anche con riferimento ai Partenariati Pubblico-Privati istituzionalizzati, vige il discorso precedentemente svolto in relazione ai modelli contrattuali: anche nella gestione di queste entità occorre applicare i principi di trasparenza, concorrenza e divieto di discriminazione definiti dal Trattato.

Difatti, l’impossibilità di applicare in materia i principi su cui si regge l’istituto dell’in

house providing268, in ragione della partecipazione del capitale privato alla società, ha stimolato la Commissione a richiamare l’attenzione sull’esigenza di rispettare le regole di aggiudicazione contrattuale con riguardo alla scelta del partner privato e di assicurare che la procedura di selezione tenga in conto il carattere del contratto e/o il ruolo attribuito all’apporto privato.

Sui requisiti dell’in house, che è cosa diversa dal partenariato istituzionalizzato, sono intervenute le direttive 2014269. Si ricordi, infatti, che la conseguenza dell’individuazione di una relazione in house è proprio l’esclusione dall’applicazione delle suddette direttive appalti e concessioni270. Pertanto, è stato in primo luogo individuato quale elemento fondamentale il controllo analogo, che secondo le direttive sussiste ove l’amministrazione aggiudicatrice eserciti un’influenza determinante e decisiva sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni significative dell’affidatario in house.

268

Su tale materia è infatti intervenuta in numerose occasioni la Corte di Giustizia Europea individuando i principi da applicare ai conferimenti in house: tra tante CGE, Sez.V, 18 novembre 1999, C-107/98; CGE, sez V, 8 maggio 2014, causa C-15/13; CGE, sez.III, 29 novembre 2012, C-182/11,

269

Nel merito direttiva 2014/24/UE art.12.1, direttiva 2014/25/UE art.28.1 e direttiva 2014/23/UE art. 17.1

270

Per un’analisi delle direttive sotto tale profilo: C. VOLPE, L’affidamento in house: situazione attuale e

Inoltre, viene previsto il concetto di prevalenza dell’attività, ossia che oltre l’80 % delle attività della persona giuridica controllata, deve essere effettuato nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice di cui trattasi.

Rilevante è, poi, la precisazione circa la partecipazione nel capitale sociale della persona giuridica controllata, in quanto, seppur venga premesso che nella persona giuridica controllata non vi deve essere alcuna partecipazione diretta di capitali privati, viene posta l’eccezione delle “forme di partecipazione di capitali privati che non comportano controllo o potere di veto, prescritte dalle disposizioni legislative nazionali, in conformità dei Trattati, che non esercitano un’influenza determinante sulla persona giuridica controllata”, così permettendo l’esclusione dalla normativa appalti e concessioni anche per affidamenti a soggetti “moderatamente” misti.

In mancanza di questi elementi (ossia il rapporto di controllo tra il soggetto affidante e il soggetto affidatario), invece, si sarebbe in presenza di un fenomeno di partenariato pubblico- pubblico oppure di un partenariato pubblico-privato istituzionalizzato, con ogni conseguenza in termini di applicazione almeno parziale delle direttive.