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A PARTIRE DALLA RICEZIONE HAECKERIANA

Nel documento Quaderni di studi kierkegaardiani (pagine 97-133)

di ALESSANDRAGRANITO

1.

Una recensione letteraria (En literair Anmeldelse) è il titolo con cui il 30

mar-zo 1846 Kierkegaard consegna alle stampe la sua personale recensione della novel-la Sogno e realtà. Due Epoche (Drøm og Virkelighed. To Tidsaldre), uscita a Copena-ghen il 30 ottobre 1845 e ultima della proficua serie di racconti – Una storia di

tut-ti i giorni (En Hverdags–Historie) – di Thomasine Gyllembourg (1773-1856)1, la più celebre scrittrice danese dell’epoca.

1 Ultima di quattro figlie, Thomasine Christine Buntzen nasce nel 1773 a Copenaghen, in una famiglia della middle-class danese. Sposatasi diciassettenne con il saggista repubblicano Pe-ter Andreas Heiberg (1758-1841), di quindici anni più grande di lei, se ne separa quando, a cau-sa dei suoi contestati scritti di carattere politico-liberale che contravvenivano alle ordinanze di cen-sura stabilite dal re Federico VI, nel 1799 Heiberg viene condannato all’esilio e costretto a trasferirsi a Parigi. La giovane Thomasine e il loro unico figlio, Johan Ludwig (1791-1860) di appena 8 an-ni, rimangono a Copenaghen. Nonostante le persistenti richieste mediante molteplici lettre

re-marquable scritte da Thomasine al marito, il divorzio fu concesso solo grazie all’intervento della

corona danese. Su questo, si veda la lettera n. 16 contenuta in: J.L.HEIBERG, Peter Andreas

Hei-berg og Thomasine Gyllembourg, vols. 1-2, rivista e ampliata da A. Friis e J. Raabek, Copenhagen

Gyldendal, 41947, vol. 1, pp. 103-111. Il fatto costituisce un vero e proprio scandalo per la Dani-marca dell’epoca, ma è anche vero che già nel periodo dell’esilio di Peter Andreas Thomasine si lega al barone svedese Carl Frederik Gyllembourg-Eheresvärd (1767-1815), con il quale convola a seconde nozze nel 1801. Rimasta vedova di costui, nel 1831 va a vivere (fino al 1856, anno del-la sua morte) a Christianshavn presso il figlio Johan Ludvig Heiberg (1791-1860) – divenuto nel frattempo Pontifex maximus della Golden Age danese, astro della vita culturale dell’epoca, bril-lante senza essere profondo, critico affatto originale, drammaturgo e direttore del Teatro Reale di Copenaghen [Cfr., J. STEWART(a cura di), Johan Ludwig Heiberg, Copenhagen, Museum Tuscu-lanum, 2008] – e della nuora Johanne Luise Pägtes (1812-1890), l’attrice del Teatro Reale di Co-penaghen più famosa dell’epoca. La loro casa divenne ben presto la più importante coterie intel-lettuale danese. Su questi aspetti di non marginale rilievo per rinquadrare il contesto culturale de

Una recensione letteraria, si veda: J. STEWART(a cura di), The Heibergs and the Theater, Copen-hagen, Museum Tusculanum, 2012. Per un approfondimento della figura e dell’opera di Thoma-sine Gyllembourg e di quale ruolo essa abbia avuto nell’epoca della Golden Age danese, si veda-no in particolare: G. KJÆ, Thomasine Gyllembourg, Author of A Story of Everyday Life, in

Inter-national Kierkegaard Commentary, a cura di R.L.PERKINS, vol. 1: “Early Polemical Writings”, Ma-con-Georgia, Mercer University Press, 1999, pp. 87-108; K. NUN, Thomasine Gyllembourg Two Ages and her Portrayal of Everyday Life, in Kierkegaard and His Contemporaries: The Culture of

Ambientate nella Copenaghen della prima metà del XIX secolo, queste

no-velle di costume (“storie umili di vita quotidiana”) ritraggono l’umanità di quei

gior-ni con una predilezione per la psicologia dei personaggi e per gli aspetti della vita personale e sociale della middle-classe della Golden Age danese, realizzando così un’ec-cezionale corrispondenza tra le peculiari istanze individuali e la più ampia cornice nella quale esse vengono inserite. I racconti della Gyllembourg non sono però ec-cezionali di per sé, ma lo diventano nel momento in cui Kierkegaard ne fa strategi-camente un pretesto letterario e un mezzo formale per ricavare dialettistrategi-camente quei predicati concreti che, esposti nel canovaccio solo in maniera narrativa, gli servono per approntare una riflessione di carattere dell’epoca in cui vive.

Il filosofo danese, già attento lettore della “penna illustre” della Gyllem-bourg2, sceglie infatti di recensire Due Epoche anzitutto perché, nonostante qualche perplessità3, vi rinviene una stupefacente consonanza con la propria impostazione filosofica: il riflesso dell’“elevazione ideale e spirituale” nella “vita quotidiana” che, lungi dall’essere frutto di un astratto scavo deduttivo di tipo filosofico-speculativo,

2 Dal protocollo d’asta della biblioteca personale di Kierkegaard [Auktionsprotokol

over Søren Kierkegaards Bogsamling, a cura di H. P. Rohde, København 1967. D’ora in poi citato

con la sigla Auk.] risultano presenti sia Storie di tutti i giorni, sia opere critiche sui racconti della Gyllembourg: [Forfatteren til En Hverdags-Historie], Til Herr Celestinus, in Kjöbenhavns

flyven-de Post, Interimsblaflyven-de, nos. 1-100, 1834-1836, a cura di J.L.Heiberg, n.31. 1934 [Auk. 1607]; To Tidsaldre. Novelle af Forfatteren til “En Hverdags-Historie”, a cura di J.L. Heiberg, C.A.Reitzel,

Kø-benhavn 1845 [Auk. 1563]; Nye Fortœllinger af Forfatteren til “En Hverdags-Historie”, vols. 1-3, a cura di J.L.Heiberg, C.A.Reitzel, København 1835-1836 [Auk. 46]; Castor og Pollux. Novelle af

Forfatteren til En Hverdags-Historie, in Urania. Aaborg for 1844, a cua di J.L.Heiberg, København,

H.I. Bing & Söns, 1843, pp. 215-281 [Auk. 57]; [P.M.Møller], “Recension af: Nye Fortœllinger af

Forfattener til en Hverdagshistorie, in Efterladte Skrifter af Poul M. Møller, a cura di Ch. Winther,

F.C.Olsen, Ch. Thaarup, C.A.Reitzel, København 1839-1843, vol. 2, pp. 126-158 [Auk. 1574-1576].

3 In una chiosa personale posta nell’“Introduzione” a Due Epoche Kierkegaard non ri-sparmia alla scrittrice ironiche riserve e strali polemici in merito alle scelte stilistiche e all’impo-stazione intellettuale della Gyllembourg, con l’intento di richiamarla a un atteggiamento di luci-dità e disillusione: «La Storia di tutti giorni è nondimeno un luogo di riposo o se vogliamo di pre-ghiera, […] buon senso addolcito e affinato in persuasione da sentimento e fantasia. […] A ogni trauma dell’individualità, che in fondo è solo psichico, la visione di vita della Storia di tutti giorni apporta eo ipso conforto e guarigione». Il titolo completo con cui Una recensione letteraria è pre-sente negli Søren Kierkegaard Skrifter è il seguente: En literair Anmeldelse. To Tidsaldre. Novelle

af Forfatteren til “En Hverdags- Historie”, udgiven af J.L.Heiberg. Kbhv. Reitzel 1845, anmeldt af

S. Kierkegaard, København C.A. Reitzel, 1846. Per l’edizione danese di questa e delle altre ope-re kierkegaardiane menzionate nel pope-resente lavoro, il riferimento è ai Søope-ren Kierkegaards Skrifter, 55 voll., a cura di N. J. Cappelørn, J. Garff, J. Knudsen, J. Kondrup, A. McKinnon, F. Hauberg Mortensen, København, Søren Kierkegaard Forskingscenter-G.E.C. Gads Forlag, 1997ss. D’ora in poi indicato con la sigla SKS. La collocazione de Una recensione letteraria negli Skrifter a cui fa-rò costantemente riferimento è SKS 8, 5-106. Qui SKS 8, 23-24. Per la traduzione italiana del te-sto, il riferimento è: S. KIERKEGAARD, Una recensione letteraria, trad. it. di D. Borso, Milano, Gue-rini & Associati, 1995, qui p. 43 e p. 45. Sul finale però ammette che le considerazioni espresse nella sua “forse sproporzionata recensione” sono state l’esito di letture ripetute e rinnovate di Due

Epoche: sebbene inizialmente “il riflesso dell’epoca non mi risultava molto chiaro», in seguito i

pen-sieri sono diventati più nitidi, tanto da voler esprimere all’“esimio autore ignoto” la sua gratitu-dine “per il piacere provato alla lettura”. Cfr., SKS 8, 106; trad. it., 156.

emerge come la conseguenza dell’abilità della scrittrice di plasmare il proprio vissu-to con il contesvissu-to svissu-torico-sociale in cui vive e di trasporlo in prodotvissu-to letterario sia alla luce del proprio realismo etico che della propria “visione della vita”

(Livs-An-skuelse)4.

Ed è a partire da tali presupposti critico-letterari e, paradossalmente, a dispetto del titolo, che Una recensione letteraria dev’essere introdotta anzitutto come una pro-duzione del Kierkegaard qua critico e non qua autore: egli cioè non redige sempli-cemente una recensione, ma un pamphlet socio-politico che condensa sia la sua im-placabile disamina politico-sociale della Golden Age della metà del XIX secolo sia la propria posizione religioso-politica. Con piglio esigente e severo egli esplora e svi-luppa il suo rapporto personale e privato con la coscienza culturale della propria epo-ca per fornire un correttivo: smascherare l’artificiosità dell’espressione (grundtivighiana) “esigenza del tempo” (Tidens Fordring) – “un tempo che oggi chiede una cosa, do-mani vuole il contrario” – e tener fermo alla “fedeltà” (Troskaben) “verso se stessi” e “verso la propria epoca” in ordine non al temporale ma all’Eterno, non all’effimero e al faceto ma alla serietà5. In altri termini, in maniera radicale e mordace,

Kierke-4 «[In Due Epoche la Gyllembourg] fornisce un esempio mirabile di mutamento dal-l’interno della ripetizione creatrice»; SKS 8, 17; trad. it., p. 35. Su questo aspetto e sul realismo let-terario della Gyllembourg si veda ad esempio: K. NUN, Thomasine Gyllembourg: Kierkegaard’s

Ap-preciation of the Everyday Stories and Two Ages, in Kierkegaard and his Danish Contemporaries,

a cura di J. Stewart, Aldershot, Ashgate, 2007, pp. 151-165, qui p. 154; H. HONG–E. HONG,

“Pre-face” and “Conclusion” from Thomasine Gyllembourg’s Two Ages, in S. KIERKEGAARD, Two Ages:

The Age of Revolution and The Present Age. A Literary Review, trad. ingl. di H. Hong-E. Hong,

Princeton-New Jersey, Princeton University Press 62009, pp. 153-155. Sul punto Emanuel Hirsch è particolarmente critico: «I personaggi [della Gyllembourg] modellati sugli stereotipi della

Ge-sellschaftskomödie, le conversazioni aderenti a canoni convenzionali, il ripresentarsi di schemi

fis-si che rendevano prevedibili le trame, non brillavano certo per drammaticità e approfondimento psicologico»; E. HIRSCH, Vorbericht des Übersetzers über Thomasine Gyllembourg: «Zwei

Zeital-ter» 1845, in S. KIERKEGAARD, Eine literarische Anzeige, tr. ted. di E. Hirsch, Gütersloh, Mohn, 1983, pp. XIII-XXXII, qui in particolare p. X e pp. XVIII-XIX. Anche Salvatore Spera riserva perplessità: «[La Gyllmebourg] non seppe andare oltre una descrizione letteraria piuttosto banale: il suo realismo è ancora confusamente mescolato a situazioni e impressioni romantiche e perfino decadenti. Lo stile è particolarmente sciatto, a volte di una drammaticità roboante, sovrabbondante in scene magniloquenti e di maniera»; S. SPERA, Kierkegaard politico, Roma, Istituto di Studi filo-sofici, 1978, rispettivamente p. 39 e nota 3 p. 39.

5 Tali considerazioni sono influenzate da due fattori dirimenti per una corretta com-prensione della natura e delle finalità del testo: uno biografico e l’altro culturale. Da un punto di vista biografico, oltre all’irrigidimento dei rapporti con Heiberg, in quegli stessi mesi (gennaio-feb-braio 1846) era in corso la polemica virulenta con “Il Corsaro” (Corsaren), periodico satirico di impostazione radicale e repubblicana (“Ça ira Ça ira” era il motto desunto dal cosiddetto

“Caril-lon national” della Rivoluzione Francese: “les aristocrates à la lanterne”) fondato dall’ebreo Meïr

Aron Goldschmidt (1819-1887) sul modello della stampa satirica parigina e largamente diffuso nel-la società cittadina danese del tempo. «Il suo potere – scrive George Brandes [G. BRANDES,

Sø-ren Kierkegaard, Samlede Skrifter, I-XVIII, København 1899-1910, qui vol. II, p. 378] –

sembra-va dominare su tutta la cosiddetta stampa seria». Nei Papirer è chiaramente descritta la situazio-ne: «[…] uno di questi giorni comincerà la stampa di Una recensione letteraria. È tutto in ordine; ho solo da stare calmo, muto, fiducioso che “Corsaren” appoggerà negativamente l’intera impre-sa come desidero». Le citazioni dai Papirer si riferiscono alla seguente edizione: Søren Kierkegaards

Bo-gaard analizza la propria epoca mediante la sua personale Weltanschauung filosofi-co-religiosa che, scevra dell’intento della persuasione retorica – senza cioè offrire una parvenza di pacata ed estraniante armonia con ciò che succum et sanguinem è inve-ce dissonanza irrisolta – “ficca il dito” nel conflitto incomprimibile e interroga la

ten-sione e il dissidio che segnano il XIX secolo.

ghandel Nordisk Forlag, 1909-1948; seconda edizione aumentata, voll. XII-XIII (supplementari), a cura di N. Thulstrup e voll. XIV-XVI (indici), a cura di N. J. Cappelørn, København, Gylden-dal, 1968-1878. Nelle citazioni il numero romano indica il volume, la lettera (A, B, C) la sezione, il numero arabo il brano secondo l’ordine progressivo dato dai curatori; l’eventuale numero ara-bo tra il numero romano e la lettera indica invece il tomo. D’ora in poi citata con la sigla Pap. L’e-dizione italiana del Diario kierkegaardiano si riferisce alla seguente eL’e-dizione: Diario, vols. 1-12, a cura di C. Fabro, Brescia, Morcelliana, 1980-1983 (terza edizione). D’ora in poi citata con la sigla

D seguita da numero dell’estratto di riferimento. Qui: D 1201 (“RAPPORTO”); Pap. VII1 A 98 del 9 marzo 1846. “Il Corsaro” è stata una sorta di felix culpa per Kierkegaard, in quanto, come egli stesso annota nel Diario, ha avuto un «ruolo decisivo nella sua formazione»; Cfr., Pap. X2A 251; D 1792; Pap. IX A 92; Pap. X1187. E dai Papirer emerge chiaramente anche come la stesu-ra stessa della Recensione è rinviata diverse volte non solo perché fino al 20 febbstesu-raio Kierkegaard è impegnato con le bozze di Postilla, ma anche proprio a causa degli attacchi continui con “Cor-saren”. Cfr., Pap. VII1A 104, del 16 marzo 1846: «Scrissi i due articoli contro Møller e “Corsa-ren”. E poi gioii a recensire la Storia di tutti i giorni». Nell’annuario di estetica Gæa [Gea], usci-to il 22 dicembre 1845, Peter Ludvig Møller recensisce Stadi sul cammino della vita [Stadier paa

Livets Vei] accusando Kierkegaard di avervi descritto il suo rapporto con Regine. Kierkegaard

rea-gisce da La patria (Fœdrelandet) del 27 dicembre 1845 con un articolo [L’attività di un estetico

viag-giatore, e come tuttavia abbia dovuto pagare anche il pranzo, di Frater Taciturnus] che provoca due

interventi su “Corsaren”: uno dello stesso Møller e l’altro di Goldschmidt. Dopo una seconda re-plica di Kierkegaard del 10 gennaio 1846, “Corsaren” passa a un’invettiva ben più sferzante, cul-minando con le ridicolizzanti caricature di Kierkegaard disegnate da Klæstrup che lo ritrae in ma-niera beffarda e grottesca. Kierkegaard viene addirittura identificato con “il matto” della Cope-naghen del tempo Michael Leonard Nathanson che fu più volte ricoverato in un istituto di sani-tà mentale. In breve tempo diviene oggetto di scherno, di scimmiottamento irriguardoso (Søren diviene il soprannome attribuito ai personaggi comici), di pettegolezzo nei salotti intellettuali di Copenaghen, tanto che “le strade e le piazze della città divennero per lui inabitabili”. Cfr., Pap. VII1A 98, 107; VIII1A 99, 163, 175, 458, 544; IX A 64, 370; X1A 123. Sul punto, si veda l’“In-troduzione” curata da Alastair Hannay alla sua traduzione inglese di En literair Anmeldelse: S. KIER

-KEGAARD, A Literary Review. Two Ages, a novel by the author of A story of Everyday Life, trad. ingl. di A. Hannay, London, Penguin, 2011, pp. VII-XXIV, qui in particolare: pp. X-XI e XXI-XXIII. Su questi aspetti molto chiara e ben dettagliata è anche l’“Introduzione” alla traduzione inglese di En literair Anmeldelse curata da Howard ed Edna Hong: S. KIERKEGAARD, Two Ages: The Age

of Revolution and The Present Age. A Literary Review, cit., in particolare: “Historical

Introduc-tion”, pp. VII-XII. Più specificamente, sul rapporto tra Kierkegaard e Goldschmidt si è soffermato Johnny Kondrup in un lungo e interessante saggio in cui sviscera la figura di Goldschmidt riabi-litandola da «mera nota della biografia kierkegaardiana» e facendola emergere come una delle “fi-gure-cardine della cultura danese del tempo”, dato che «non fu solo il fondatore de Il Corsaro, ma anche diffusore del Bildungsroman tedesco in Danimarca»; J. KONDRUP, Meïr Goldschmidt: The

Cross-Eyed Hunchback, in Kierkegaard and His Danish Contemporaries, a cura di J. Stewart, cit.,

pp. 105-147. Sul rapporto di Kierkegaard con “Corsaren” e, più specificatamente con Goldsch-midt e Møller, si veda la ben documentata e dettagliata introduzione storica curata da Howard Hong ed Edna Hong al volume The Corsair Affair (and Articles Related to the Writings), Princeton-New Jersey, Princeton University Press, 2009, pp. VII-XXXVIII. In tale contesto, i riferimenti a Una

recensione letteraria sono: pp. 203-204, p. 208, p. 215, p. 301. Il volume in questione – corredato

direttamen-Perseguire tale intento richiede però uno sforzo triplice che mi pare chiara-mente profuso proprio in Una recensione letteraria: (1)praticare l’esercizio della greca parresia – la danese Redelighed –, il “parlar chiaro e onesto”6per evitare ogni forma di pavido silenzio e di adulazione, per anteporre il dovere morale all’apatia mo-rale; (2)“rendere attenti” alle insidiose sirene della modernità, alla decadenza e al sov-vertimento dei valori, all’epoché e alla deflagrazione della “individualità”

(Indivi-dualitetens); (3)promuovere quel movimento dialettico inverso – che è anche compito maieutico – di “scuotere la massa per trovare il singolo”.

Tale approccio rende Una recensione letteraria molto più che “un ‘libriccino’ sperequato e anfibio, a mezzavia tra il saggio letterario e il pamphlet politico”, ma un atto di j’accuse non sottaciuto nei confronti della fatuità della modernità, il

manife-sto della sua “visione profetica e destabilizzante dell’epoca”7, “una decisiva pietra miliare” della filosofia kierkegaardiana8, il risultato della “somma ironia di Kierke-gaard che decide di relegare il suo giudizio conciso e inappellabile dell’epoca in fon-do a una recensione”9caustica e affatto rasserenante.

te coinvolti in quella che Paul Rubow [P. RUBOW, Goldschmidt og Nemesis, København, Munk-sgaard, 1968, p. 118] ha definito “la più celebre controversia nella storia letteraria danese”. Uno degli obiettivi che Kierkegaard si era prefissato era quello di eliminare “Corsaren”, “dominatore con l’animo servile” (D 1582; Pap. VIII1A 419), da lui considerato un detrimento sociale, il se-gno della corruzione e del “pervertimento dell’opinione pubblica” (Pap. IX A 303). Dal punto di vista teoretico lo sfondo concettuale della Recensione è costituito non solo dalla polemica cultu-rale-editoriale con Heiberg, ma anche dall’interpretazione fraintesa che sia Heiberg sia la Gyllem-bourg danno del concetto di “ripetizione” (Gjentagelsen). Entrambi, infatti, lo modellano su ca-tegorie naturalistiche assimilandolo semplicisticamente a un ciclico ritorno dell’identico e tralasciando le ben più profonde valenze etico-filosofiche. Su questi aspetti, si veda la dettagliata ricostruzio-ne di Dario Borso, “Prefazioricostruzio-ne” a: S. KIERKEGAARD, Prefazioni, Lettura ricreativa per determinati

ceti e a seconda dell’ora e della circostanza di Nicolaus Notabene, Milano, Guerini, 21990, pp. 7-45. Da un punto di vista culturale, però, anche questo episodio è da includere nella più ampia criti-ca kierkegaardiana della concezione di “cultura” (Dannelse) della Golden Age danese. Questo è chiaro già nella “Prefazione” del libro, ove Kierkegaard si rivolge in maniera pungente alla cultu-ra superficiale e civettuola dei giornali e dell’elite intellettuale danese alla luce di un concetto di cultura mutuato dalla Bildung e della Erziehung tedesche: «[…] si vedrà facilmente che la recen-sione non è per lettori critico-estetici di giornali, ma per creature razionali che trovano il tempo e la pazienza di leggere un libricino […]. Sono esentati dal leggerlo quanti derivano la loro cultura critico-estetica dai giornali»; SKS 8, 9; trad. it., p. 25.

6 Che cosa voglio? è il titolo di un articolo di Kierkegaard apparso sul “Fædrelandet” il

31 marzo 1855 (SKS 14, 179-181): «Semplicissimo: voglio Redelighed». Il termine Redelighed de-riva dall’antico danese redheligh che significa “palese, evidente, verace”. Sul rimando di questo ter-mine alla greca parresia cinica – considerata nell’attualità del suo portato etico-culturale da Michel Foucault [M. FOUCAULT, L’herméneutique du sujet, Cours au Collège de France (1981-1982), Pa-ris, Seuil-Gallymard, 2001; trad. it. di M. Bertani, ID., L’ermeneutica del soggetto, Corso al

Collè-ge de France (1981-1982), Milano, Feltrinelli, 2003, p. 146 e p. 210] – è Ettore Rocca che apre un

interessante scorcio ermeneutico: E. ROCCA, Kierkegaard, Roma, Carocci, 2013, pp. 270-278.

7 D. BORSO, “Prefazione” a S. KIERKEGAARD, Una recensione letteraria, cit., p. 14.

8 Mi pare condivisibile quanto scrive Emanuel Hirsch a riguardo: «Die literarische

An-zeige ist ein entscheidender Markstein in Kierkegaards Denken»; E. HIRSCH, Geschichtliche

Ein-leitung zur siebzehnten Abteilung, in S. KIERKEGAARD, Eine literarische Anzeige, cit., p. VII.

9 D. BORSO, “Premessa” a S. KIERKEGAARD, Una recensione letteraria, cit., p. 14. La re-censione di Kierkegaard suscita un entusiasmo che ben presto si diffonde negli ambienti

cultura-A partire dall’analisi della Zeitkritik kierkegaardiana, mediante una conte-stualizzazione storico-culturale e la messa in rilievo degli snodi teoretici ed etico-re-ligiosi presenti in Una recensione letteraria, l’intento del presente saggio è sottolineare la specificità della posizione etico-politica (religioso-politica) del filosofo danese al-la luce delal-la quale, infine, soffermarsi sull’attualità e sull’influenza che essa ha eser-citato sulla riflessione sociologico-filosofica del XX secolo grazie alla preziosa me-diazione operata dalla traduzione e ricezione del testo da parte di Theodor Haecker.

2.

L’attuale è un’epoca essenzialmente ragionevole, riflessiva, spassionata, che avvampa fu-gacemente d’entusiasmo e sverna safu-gacemente di indolenza. […] La sua accortezza, la sua bravura, consiste nell’arrivare al verdetto finale senza mai agire. […] Il suo stato è simile a quello di chi assopisce verso l’alba: gran sogni, poi torpore, poi ancora un guizzo spiri-toso o furbo onde giustificare la permanenza a letto10.

Secondo Kierkegaard “l’epoca attuale” (Nutiden) – che egli identifica con la

modernità tutta – è in balìa della vis inertiae, paralizzata nei cavilli di una iper-riflessione

“spassionata” (lidenskabsløse), “seducente e chiosante” che non solo trasforma l’im-mediatezza reattiva in una “presunzione vile”11, ma che soprattutto impedisce al-l’individuo di “stare da solo e audace sul piedistallo di un’azione cosciente”12. Si

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