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3. ASPETTI METABOLICI COMUNI

3.2. INSULINO-RESISTENZA

3.2.2. PCOS e insulino-resistenza

La presenza di insulino-resistenza nelle donne affette da PCOS è stata documentata per la prima volta negli anni ’80 (Burghen et al., 1980). Gli esperti che nel 2003 hanno partecipato alla stesura dei criteri di Rotterdam riportano che a soffrire di insulino- resistenza è il 10-25% della popolazione generale e che la prevalenza sale a oltre il 50% nelle donne con PCOS (The Rotterdam ESHRE/ASRM-sponsored PCOS consensus workshop group, 2004). In circa il 30% delle pazienti normopeso e nel 70% di quelle sovrappeso/obese la sensibilità all’insulina è inferiore rispetto a quella registrata nei controlli con lo stesso BMI, a dimostrazione del fatto che lo sviluppo dell’insulino-

resistenza nella PCOS è in parte indipendente dal peso corporeo (Randeva et al., 2012). Alla compromissione della risposta insulinica, infatti, sembra contribuire (in misura modesta ma significativa) anche l’eccesso di androgeni circolanti. I meccanismi sono in gran parte ancora da chiarire, ma diversi studi in vitro e in vivo, su umani e animali, rivelano che gli ormoni sessuali maschili possono indurre insulino-resistenza interferendo direttamente con l’azione dell’insulina sui tessuti bersaglio, riducendo la risposta lipolitica alle catecolamine nel tessuto sottocutaneo, promuovendo l’infiammazione di basso grado e alterando la secrezione di adiponectina.

La somministrazione di moderate dosi di testosterone a femmine di ratto castrate, per esempio, induce un calo repentino della sensibilità insulinica muscolare, inibendo la sintesi del glicogeno e aumentando il numero di fibre glicolitiche rapide (per loro natura meno sensibili all’insulina) (Diamanti-Kandarakis & Dunaif, 2012). Quando i miotubi di ratto in coltura sono pre-esposti al testosterone, inoltre, la fosforilazione inibitoria delle serine di IRS-1 indotta dall’insulina come parte del suo meccanismo di auto-regolazione aumenta di circa tre volte (Allemand et al., 2009). Nel 2007, Courbould ha scoperto che il trattamento con testosterone di pre-adipociti sottocutanei prelevati da donne in buona salute e successivamente differenziati in vitro interferiva in modo significativo con l’azione metabolica dell’insulina, pur preservando quella mitogena; la somministrazione di ciproterone acetato, un inibitore del recettore degli androgeni, annullava completamente l’effetto.

Nelle donne con PCOS il testosterone riduce l’espressione dei recettori ß2- adrenergici e della lipasi ormono-sensibile a livello del tessuto adiposo sottocutaneo, attenuando la lipolisi indotta dalle catecolamine e predisponendo gli adipociti sottocutanei all’ipertrofia (Arner, 2005; Spritzer et al., 2015). L’infiammazione cronica di basso grado che può conseguirne sembra essere ulteriormente aggravata dalla stessa iperandrogenemia. Dei ricercatori americani hanno somministrato dosi ripetute di DHEA, un androgeno surrenale che può essere convertito in testosterone, a donne sane in età riproduttiva, in modo da raggiungere concentrazioni ematiche di androgeni comparabili a quelle presenti nelle donne con PCOS. Ciò che hanno scoperto è che le cellule mononucleate (linfociti e monociti) rispondevano up-regolando la via di

segnalazione di NF-κB e aumentando la trascrizione e il rilascio di TNFα, sia a digiuno che in presenza di iperglicemia (González et al., 2014).

Infine, uno studio cinese ha rivelato che la somministrazione di testosterone è in grado di inibire la secrezione di adiponectina ad alto peso molecolare da parte del tessuto adiposo, sia nei topi che negli esseri umani (Xu et al., 2005). L’adiponectina ad alto peso molecolare è l’isoforma più attiva nel promuovere la sensibilità insulinica e diversi gruppi di ricerca hanno dimostrato che nelle donne con PCOS i suoi livelli plasmatici sono inversamente correlati a quelli del testosterone libero, indipendentemente dal BMI (Wickham et al., 2011).

L’insulino-resistenza, una volta instauratasi, può contribuire a peggiorare il profilo endocrino-metabolico delle pazienti affette da PCOS, a causa principalmente dell’iperinsulinemia compensatoria. Per mantenere sotto controllo la glicemia, infatti, le cellule ß pancreatiche cominciano a secernere maggiori quantità di insulina, in modo da controbilanciare la ridotta sensibilità di vari tessuti corporei alle azioni dell’ormone che influenzano il metabolismo glucidico (Williams & Wu, 2016). Il legame dell’insulina al suo recettore, normalmente, porta all’attivazione di due grandi vie di segnalazione: la via PI3K-Akt, che aumenta l’uptake del glucosio, stimola la sintesi proteica e inibisce la lipolisi, e la via MAPK-ERK, che regola la trascrizione genica e quindi la crescita e la differenziazione cellulare. Mentre l’attivazione della via PI3K-Akt è mediata esclusivamente dalle proteine adattatrici IRS-1 e IRS-2, l’attivazione della via MAPK-ERK può essere mediata anche dalla proteina adattatrice SHC (Corbould et al., 2006).

Nelle donne affette da PCOS, la fosforilazione inibitoria del recettore dell’insulina e di IRS-1 da parte di serina-chinasi presenti nella cellula si ripercuote negativamente sulla via metabolica PI3K-Akt, senza interferire con la via mitogenica MAPK-ERK: l’insulino-resistenza è dunque selettiva (Diamanti-Kandarakis & Dunaif, 2012). Le cellule della teca, in particolare, rimangono sensibili all’azione steroidogenica dell’insulina, che agisce up-regolando i siti di legame per l’LH e stimolando l’attività del citocromo P450c17, essenziale per la produzione di androgeni (Rosenfield & Ehrmann, 2016). L’iperinsulinemia in combinazione con alti livelli di LH può inoltre indurre la luteinizzazione precoce delle cellule della granulosa, favorendo l’arresto della crescita follicolare e compromettendo l’ovulazione (Diamanti-Kandarakis & Dunaif, 2012).

A livello delle ghiandole surrenali, elevate concentrazioni di insulina possono up- regolare l’espressione del citocromo P450c17 e incrementare l’attività di altri enzimi coinvolti nella steroidogenesi, amplificando la produzione di androgeni surrenalici indotta dall’ormone adrenocorticotropo (Rosenfield & Ehrmann, 2016). Un eccesso di androgeni surrenalici, in effetti, si registra nel 20-30% delle donne con PCOS (Torchen, 2017).

Infine, l’iperinsulinemia può sopprimere la produzione epatica della proteina legante gli ormoni sessuali (SHBG), aumentando la quota “libera” e quindi biologicamente attiva di diversi steroidi sessuali tra cui il testosterone, il di-idro-testosterone e l’estradiolo (Rosenfield & Ehrmann, 2016).

Oltre ad esacerbare l’iperandrogenismo, l’insulino-resistenza selettiva e la conseguente iperinsulinemia compensatoria possono favorire lo sviluppo dell’obesità e della sindrome metabolica. Il pathway PI3K-Akt, per esempio, a un certo punto si dirama, generando numerose vie collaterali ciascuna con una propria sensibilità all’insulina. Rispetto alla via che stimola l’uptake del glucosio, la via che inibisce la lipolisi e quella che up-regola il fattore di trascrizione lipogenico SREBP-1 sono più sensibili e, in caso di insulino-resistenza, vengono relativamente preservate (Kahn & Flier, 2000; Matsuzaka & Shimano, 2013). Questo spiega in che modo l’insulino- resistenza potrebbe favorire l’espansione del tessuto adiposo e dunque l’aumento di peso nelle donne con PCOS, ma - come vedremo - ha una profonda influenza anche sull’ipertrigliceridemia, l’ipercolesterolemia e la statosi epatica non alcolica (NAFLD), altre caratteristiche metaboliche spesso presenti nelle donne affette dalla sindrome.