• Non ci sono risultati.

3. ASPETTI METABOLICI COMUNI

3.2. INSULINO-RESISTENZA

3.2.1. Tiroidite di Hashimoto e insulino-resistenza

Uno studio clinico che ha coinvolto 63 pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto eutiroidei da più di un anno grazie alla terapia con LT4 riporta che l’insulino-resistenza era presente nel 41,2% dei casi (Mazaheri et al., 2014). Uno studio olandese condotto su 1518 soggetti eutiroidei, non in terapia con LT4, ha rivelato che livelli bassi di fT4, seppur nel range della normalità, sono associati ad un significativo aumento dell’indice di insulino-resistenza HOMA-IR, indipendentemente da obesità e circonferenza vita; in aggiunta, un TSH normale-alto è associato a una ridotta sensibilità insulinica (Roos et al., 2007). L’elevata prevalenza dell’insulino-resistenza nella tiroidite di Hashimoto, dunque, potrebbe essere in parte dovuta ad un’ipofunzionalità della ghiandola tiroidea.

Gli ormoni tiroidei contribuiscono alla regolazione del metabolismo glucidico attraverso vari meccanismi. Nel fegato la T3 stimola la glicogenolisi e la gluconeogenesi, incrementando il rilascio di glucosio nel sangue e attenuando gli effetti dell’insulina, che tende a sopprimere entrambi i processi. In caso di ipertiroidismo la ridotta risposta all’insulina da parte degli epatociti può sfociare in insulino-resistenza epatica, favorendo lo sviluppo di intolleranza ai carboidrati. Nei pazienti diabetici affetti da ipotiroidismo, invece, il minor rilascio epatico di glucosio potrebbe ridurre il fabbisogno di insulina esogena e favorire l’insorgenza di crisi ipoglicemiche.

A livello periferico la situazione sembra essere più complessa. Gli ormoni tiroidei, infatti, up-regolano allo stesso tempo sia molecole che sinergizzano con l’insulina (es. GLUT-4 ed enzimi coinvolti nella glicolisi e nella sintesi del glicogeno) sia molecole che ne antagonizzano gli effetti (es. recettore delle catecolamine sugli adipociti). L’eccessiva attivazione della via glicolitica indotta dall’ipertiroidismo a livello del muscolo scheletrico potrebbe aggravare l’insulino-resistenza epatica, a causa dell’iperproduzione di lattato, del suo rilascio in circolo e della conseguente conversione in glucosio ad opera degli epatociti. Il calo di T3 e T4 registrato nell’ipotiroidismo, invece, riduce la sensibilità di muscolo e tessuto adiposo all’insulina, con effetti sulla glicemia che sono in parte controbilanciati dal ridotto rilascio epatico di glucosio.

Tra i meccanismi che legano ipotiroidismo e insulino-resistenza periferica potrebbero giocare un ruolo chiave anche possibili disfunzioni mitocondriali, la diminuzione del flusso sanguigno postprandiale e cambiamenti nel profilo adipochinico.

Gli ormoni tiroidei possono indurre l’espressione del coattivatore 1α del PPARγ (PGC-1α), un regolatore chiave della biogenesi mitocondriale capace di promuovere la proliferazione dei mitocondri e di aumentarne la capacità ossidativa. Ridotti livelli di T3 potrebbero quindi alterare l’espressione del PGC-1α e compromettere la funzionalità mitocondriale, favorendo l’accumulo intracellulare di lipidi e l’insulino-resistenza (Brenta, 2011).

Uno studio condotto su 10 donne ipotiroidee e 11 eutiroidee ha messo in evidenza il possibile ruolo del flusso sanguigno postprandiale nell’insulino-resistenza associata a ipotiroidismo. I ricercatori, infatti, hanno registrato un aumento significativo del flusso sanguigno a livello del muscolo dell’avambraccio e del tessuto adiposo a 90 minuti dal pasto, soltanto nelle donne eutiroidee. Nelle ipotiroidee l’uptake postprandiale di glucosio era significativamente ridotto, nonostante l’insulinemia fosse più elevata e la frazione di estrazione del glucosio simile. Ciò suggerisce che i bassi livelli di ormoni tiroidei potrebbero pregiudicare l’azione vasodilatatoria diretta dell’insulina a livello del tessuto muscolare e quella indiretta a livello del tessuto adiposo, mediata dall’attivazione simpatica e dall’aumento della noradrenalina (a cui le cellule adipose dei pazienti ipotiroidei sono meno sensibili). Il mancato aumento della perfusione contribuirebbe in modo significativo al ridotto uptake postprandiale del glucosio e, di conseguenza, all’insulino-resistenza (Dimitriadis et al., 2006).

In aggiunta, l’aumento dei livelli plasmatici di TSH potrebbe stimolare la secrezione di adipochine pro-infiammatorie, contribuendo indirettamente alla riduzione della sensibilità insulinica. Gli adipociti maturi, infatti, esprimono recettori per il TSH, che una volta attivati inducono il rilascio di IL-6, TNFα e della proteina chemiotattica per i monociti-1. Il legame del TSH al suo recettore può inoltre attivare la PKC, una serina- treonina chinasi in grado di fosforilare e inibire l’IRS-1 e/o il recettore dell’insulina interferendo con le vie di segnalazione dell’ormone (Felske et al., 2015).

Nel 2018, uno studio cinese ha messo in luce il possibile contributo allo sviluppo dell’insulino-resistenza da parte delle alterazioni a carico del sistema immunitario nei pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto. I ricercatori hanno ricreato un modello murino della malattia: i topi con tiroidite autoimmune erano effettivamente insulino-resistenti e avevano livelli aumentati di citochine pro-infiammatorie; oltre a ciò, i ricercatori hanno notato un'anomala distribuzione dei linfociti T sia a livello plasmatico che nel tessuto adiposo viscerale, con un aumento del rapporto T helper/T citotossici e un calo significativo dei Treg. Sapendo che una diminuzione periferica dei Treg è presente anche nel diabete di tipo 2 e che il loro aumento nel tessuto adiposo è associato a un miglioramento dell’insulino-resistenza indotta dall’obesità nei topi, gli autori dello studio hanno provato a scoprire se la reinfusione di Treg provenienti da animali sani migliorasse la sensibilità insulinica anche nei topi con tiroidite di Hashimoto. Effettivamente, la somministrazione dei Treg, oltre a ridurre gli anticorpi anti-tiroidei e l’infiltrazione infiammatoria della ghiandola, ripristinava la sensibilità insulinica e migliorava il profilo citochinico, abbassando i livelli delle molecole pro-infiammatorie IFN-γ, IL-1β, IL17A, IL6 e TNFα e aumentando quelli dell’anti-infiammatoria IL-10. Gli effetti positivi dell’infusione permanevano anche a seguito della somministrazione di anticorpi capaci di distruggere i Treg plasmatici. L’ipotesi più accreditata, dunque, è che a ridurre l’insulino-resistenza siano i Treg stabilitisi nel tessuto adiposo viscerale, capaci molto probabilmente di regolare la secrezione citochinica in senso anti-infiammatorio (Yang et al., 2018).