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3. Capitolo 3 – Analisi comparativa tra Siren shenghuo 私人生活 (Vita privata) e L’amante

3.7 Analisi stilistica

3.7.1 Peculiarità stilistiche in L’amante

Scrivere deve essere questo: fondersi nel vuoto, essere sola e contemporaneamente aperta a tutto, porosa alle cose che l’attraversano e a questo miscuglio indicibile.

(M. Duras)

I testi della Duras sono duri, sinceri sino alla crudeltà. Nei suoi libri mette a nudo i sentimenti più elementari e inconfessabili e lo fa con uno stile tutto particolare che la contraddistingue.

Innanzitutto, questo costante sconforto e malinconia che le perforano l’anima, che non l’abbandonano, che la spingono a cercare risposte sul senso della vita senza trovarle, permeano anche i suoi scritti. Questo stato di incertezza, confusione, spaesamento, la difficoltà di trovare un senso, si concretizzano nella dinamica degli opposti utilizzata dalla scrittrice. Vengono continuamente accostati temi contrastanti (tra tutti l’amore e la morte):

Di quanto ci amavamo e di quanto anche riuscivamo a odiarci, vivendo quella storia di rovina e di morte che era la storia della nostra famiglia – una storia fatta di amore e di odio,

che sfugge ancora ad ogni mio intendere, che mi è ancora inaccessibile331.

L’amore insensato che provo per lui rimane per me un insondabile mistero. Non so perché

amassi al punto di voler morire della sua morte332.

330 Chen Ran, Siren shenghuo, cit., p. 44.

331 Duras, L’amante, cit., p. 33.

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Che mai più conoscerà quella felicità, dice: disperata, smisurata, da uccidersi333.

Il continuo peregrinare alla ricerca di un senso nella dinamica degli eventi, viene avvertito come un vuoto, un’inspiegabile mancanza a cui bisogna rassegnarsi:

Che quello che di solito si teneva nascosto ai bambini, bisognava invece dirlo, dire il lavoro, le guerre, le separazioni, l’ingiustizia, la solitudine, la morte. Sì, questo lato della vita, infernale e irrimediabile insieme, si doveva insegnarlo ai bambini, come a guardare il cielo, la bellezza delle notti del mondo. […] Sapere questo prima di tutto: che non si sapeva niente.

Che persino le madri che dicevano ai figli di sapere tutto, non sapevano334.

Per questo la parola “niente” viene usata continuamente all’interno del romanzo.

Il tema del contrasto viene ribadito anche nell’uso degli aggettivi. Spesso vengono infatti accostati aggettivi opposti e discordanti:

È felice, di una felicità allegra e seria nello stesso tempo, troppo forte, fragile335.

Lei dorme. Il Cinese ascolta l’autista cantare un canto della Manciuria, selvaggio e dolce,

urlante e mormorato336.

L’uso dell’aggettivazione è ridondante. Serie di aggettivi vengono posti uno dietro l’altro, separati da virgole, in un elenco continuo. Anche l’uso di ripetizioni è frequente. Lo stile della Duras procede allora per aggettivi e ripetizioni e le frasi si susseguono, semplicemente separate da virgole, diventando anche molto lunghe. L’effetto crea un ritmo che sembra inseguire qualcosa, veloce, ossessivo, che spinge il lettore a continuare la lettura.

Il problema è un altro, ma non so quale sia. Non è quello che credono le donne. Le guardo, nelle vie di Saigon o nelle località sperdute della savana. Ce ne sono di bellissime, bianchissime, tutte curano molto il loro aspetto, soprattutto nei posti sperduti. Non fanno nulla, cercano di mantenere la loro bellezza, di conservarla, per l’Europa, per gli amanti, per le vacanze in Italia, per le lunghe ferie di sei mesi ogni tre anni, quando finalmente potranno raccontare quello che succede quaggiù, questa vita in colonia così strana, parlare di com’è servizievole questa gente, di quanto sono bravi i boys, della vegetazione, dei balli,

333 Duras, L’amante della Cina del Nord, cit., p. 164.

334 Ivi, pp. 25-26.

335 Ivi, p. 68.

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delle ville bianche, tanto vaste che ci si perde, dove abitano i funzionari nominati nelle località sperdute. Aspettano. Si agghindano per niente. Si risparmiano. Nell’ombra delle ville si conservano per dopo, credono di vivere in un romanzo, con i grandi armadi pieni di vestiti da non saper che farne, e che esse collezionano, come collezionano la fuga di quei giorni d’attesa. Alcune impazziscono. Altre vengono piantate per una servetta che sa tacere. Piantate. Questa parola, quando le colpisce, ha un suono spaventoso, il suono di uno schiaffo. Alcune si uccidono.

Questo mancare delle donne a sé stesse sempre l’ho sentito come un errore.

Non c’era da attirare il desiderio. Il desiderio era in colei che lo provocava o non esisteva.

C’era fin dal primo sguardo o non era mai esistito337.

O ancora:

Arriva il dolore nel corpo della bambina. Dapprima acuto, poi terribile, poi contraddittorio, come niente altro. Niente: infatti è quando diventa insopportabile che comincia ad allontanarsi, che cambia, che diventa qualcosa che fa gemere, gridare, invade tutto il corpo, la testa, tutta la forza del corpo, della testa e quella del pensiero, folgorato.

La sofferenza abbandona il corpo magro, la testa. Il corpo rimane aperto sul fuori, è stato attraversato, non sanguina più. Non si può più chiamare dolore si può chiamare forse morire. E poi quella sofferenza si ritrae dal corpo, dalla testa, si ritrae insensibilmente da tutta la

superficie del corpo e si perde in una felicità ancora sconosciuta di amare senza saperlo.338.

Gli aggettivi usati sono spesso forti, cruenti:

Forse l’età della bambina che si palesa di colpo come un fatto brutale, totale, inavvicinabile,

quasi indecente339.

È stato alla fine, quando era diventato solo dolcezza e oblio, che si era sentita di nuovo l’estraneità in quel grido, terribile, osceno, impudico, indecifrabile, come la pazzia, la morte,

come una pazzia indecifrabile340.

Il tono aumentava, gridavano da tutte le parti, dai ponti, dalla sala macchine, dal mare, dalla notte, da tutta la nave, da tutte le parti. Prima isolate, le grida si raggruppano, diventano un

clamore unico, brutale, assordante, spaventoso341.

337 Duras, L’amante, cit., pp. 26-27.

338 Duras, L’amante della Cina del Nord, cit., p. 60.

339 Ivi, p. 56.

340 Ivi, p. 150.

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