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Perché la cultura araba rifiutò il teatro greco

Nel documento N CANONE PER IL TEATRO ARABO U (pagine 72-75)

6. RETROSPETTIVA: LA QUESTIONE TEATRALE IN ALCUNI TESTI PRECEDENTI A

6.2. AL -M ALIK Ū DĪB (1949)

6.2.2. Perché la cultura araba rifiutò il teatro greco

Egli, ritenendo semplice la questione e il percorso facile, aveva comincia-to da dove più gli aggradava e dedicandosi senza risparmio alla letteratu-ra teatletteratu-rale moderna. Studiarla non gli costava fatica, nè gli eletteratu-ra difficile comprenderla. Ma gli dissero: «Se vuoi fare sul serio ritorna ai Greci!».

Ed egli ritornò (‘āda) a Eschilo, Sofocle, Euripide e Aristofane. Lì com-prese perché la letteratura araba celebra la qaṣīda e non riconosce dignità letteraria al dramma teatrale, nonostante esso sia poesia. Perché la qaṣīda è l’eredità che proviene dall’antichità, come la poesia teatrale è per la let-teratura greca l’eredità che proviene dall’antichità!148

Tornando però alle fonti del teatro europeo, ritornando al teatro greco e chiedendosi cosa fosse realmente, T.Ḥ. scopre l’essenza del teatro. Il teatro greco in-fatti è conosciuto principalmente nel suo versante testuale, a partire dalla prospettiva della storia della letteratura, ma esso conserva ad un tempo anche la sua scaturigine prima, che non è testuale. Nella sua “seconda navigazione” T.Ḥ. scopre le radici me-ta-teatrali del teatro: la religione e il rito.

È un caso di serendipità, T.Ḥ. volendo scoprire l’origine nobile della lettera-tura teatrale, non soltanto ne dimostra la nobiltà, ma ne scopre anche l’essenza reli-giosa. Da questa scoperta avvenuta inaspettatamente, avendo come oggetto d’indagine soltanto la letteratura, egli si trova davanti un altro motivo probabilmente più familiare alla cultura arabo-islamica. Scopre il teatro in quanto luogo per esperire una Weltanschauung, una visione del mondo. Nella tragedia poi egli scorge il grado più alto di perfezione raggiunto dal teatro greco e dalla sua poesia, e il luogo privile-giato per esperire una visione religiosa del mondo e della vita.

Una genealogia, dunque, in cui il teatro arabo attraverso il teatro europeo ac-quista il patrimonio della letteratura teatrale che risale ai Greci. E un’archeologia in cui il teatro viene ricondotto al suo principio primo, il «sentimento religioso»149.

tradotto150. Quali furono le ragioni di un tale rifiuto del teatro? Posto che il teatro aveva delle origini letterarie dignitose, che aveva una consistenza contenutistica mol-to importante, e che aveva diverse eco nella letteratura filosofica, che pure venne massicciamente tradotta e recepita dalla cultura araba, perché non suscitò l’interesse degli intellettuali arabi?

Le ragioni sono molteplici. Ragioni storiche innanzitutto. Ancor prima che fosse rivelato l’Islām il poeta arabo Imru’ l-Qays (V-VI secolo), secondo la tradizione, giunse nel Medio Oriente ellenico, di cui certamente conobbe i teatri e gli spettacoli, tuttavia non potè importare il teatro nei territori arabi poiché il teatro richiede neces-sariemente alla civiltà che lo voglia adottare la sedentarietà, elemento che la nomade civiltà araba beduina non possedeva. In questo modo i primi contatti tra teatro e cul-tura araba fallirono.

In seguito, costituito l’impero islamico, gli arabi cominciarono a confrontarsi con le diverse culture con le quali si imbattevano. Tra queste vi fu anche la cultura greca. Il patrimonio letterario greco passò agli arabi dapprima attraverso la media-zione di traduzioni siriache, realizzate da monaci che non avevano avuto interesse a tradurre le opere teatrali greche. Tuttavia anche quando, in seguito, gli arabi diven-nero padroni anche della lingua greca non decisero comunque di tradurre in Arabo i testi teatrali, come mai?

Probabilmente fu il contenuto mitico a rendere gli arabi musulmani incerti sulla liceità della loro traduzione, eppure molti altri testi che pure riferivano di cre-denze pagane vennero recepiti, anche se ripuliti di quanto questi contenevano di ido-latrico.

Secondo T.Ḥ., vi sono due ragioni più stringenti per spiegare questo rifiuto.

Una più “concreta”: il lettore arabo medievale non aveva gli strumenti necessari per poter immaginare cosa fosse una rappresentazione teatrale. Egli non sapeva come era strutturato un teatro, come funzionavano le macchine sceniche – che nel teatro greco avevano raggiunto un grado molto alto di sviluppo – poiché non aveva mai preso parte ad una rappresentazione teatrale. E tuttavia, sapeva che si trattava di testi de-stinati ad una realizzazione pratica, dunque non reputava importante tradurre

150 Anche le traduzioni infatti giocano un ruolo determinante nell’acquisizione di un patrimonio aloc-tono, come scrive lo stesso T.Ḥ.: «La traduzione non è altro che uno strumento necessario a trasferirci alla meta più lontana», Ibi, p. 172, I.

cosa che non aveva una destinazione libresca.

Ed una ragione “culturale” e “letteraria”: gli arabi, vedendo che la letteratura teatrale greca era poesia, non reputavano necessario tradurla, poiché pensavano che la loro poesia fosse insuperabile151.

Così, seppure reputarono utile tradurre Platone o Aristotele, non considera-rono ugualmente utile tradurre Sofocle o Eschilo.

Tuttavia non vi era alcun impedimento religioso, né pratico, né vi era alcun motivo per reputare l’adozione del teatro meno utile di altri capitoli del patrimonio greco.

T.Ḥ, proprio per evidenziare l’assoluta eccezionalità del comportamento de-gli arabi nei confronti del teatro, istituisce delle omologie: la navigazione e l’equitazione. Sono due esempî eclatanti di come il mondo arabo abbia saputo accet-tare innovazioni che cambiarono notevolmente il suo stile di vita. Due esempi a par-tire dai quali è possible anche descrivere la fenomenologia dell’acquisizione di ele-menti alloctoni, che progressivamente vengono integrati totalmente dal mondo ara-bo. Il cavallo inizialmente sconosciuto ai beduini divenne un elemento così ben inte-grato che nel mondo arabo l’arte ippica seguì uno sviluppo del tutto originale. La navigazione152 non solo venne adottata dagli arabi, ma venne portata a livelli di svi-luppo tali che oggi a nessuno è possibile pensare l’evoluzione dell’arte marinara

151 «È tuttavia la poesia ad avere il posto d’onore nella produzione letteraria araba sia antica che mo-derna. L’arte del dire in forma poetica è in assoluto la più apprezzata presso un popolo che, per varie ragioni, ha di se stesso una concezione assolutamente “logocentrica”. Anche se si tratta di una produ-zione che risale all’epoca del paganesimo idolatra [la poesia della Ǧāhiliyya] essa ha conservato un prestigio indiscusso che si è anche accresciuto col tempo per varie ragioni», P. Branca, Pagine di Let-teratura araba, Educatt, Milano 2009, p. 16. Adonis descrive bene il rapporto tra poesia e lingua ara-ba; all’interno di questo rapporto si comprende quale sia la peculiarità della poetica araba e la difficol-tà che gli Arabi hanno avuto nell’accettare caoni poetici alloctoni: «È sulle caratteristiche dell’oralidifficol-tà poetica della Ǧāhiliyya [l’epoca pre-islamica] che nei secoli seguenti furono fondate la critica e le teo-rie poetiche. Essa impose criteri e regole che dominano ancora oggi, sia nel campo della scrittura che in quello estetico, del pensiero e della conoscenza della poesia. […] Precisiamo innanzitutto che la codificazione dell’oralitàpoetica e la sua formulazione in sistema doatato di regole, norme e statuti, avvennero solo successivamente all’instaurazione di contatto tra gli Arabi e altri popoli, e alle inter-pretazioni tra la cultura arabo-islamica e quella dei Greci, dei Persiani e degli Indù. I teorici arabi tra-sformarono tale codificazione in principio di ogni parola poetica e in legge generale della poeticità stessa. Quest’opera fu intesa ad affermare la specificità retorica e musicale della poesia araba, che la distingueva da quella degli altri popoli, e al contempo la salvaguardarla e ad applicarla. In tal modo, essa affermava l’identità della lignua e della poesia», Adonis, Op. cit., p. 9. Il confronto quindi con la poesia greca quindi era segnato dalla presa di distanza sin dalla formazione dei caoni poetici arabi; il canone poetico arabo nasce per differenziare la specificità poetica araba da quella degli altri popoli contigui.

152 L’esempio della navigazione ricorre anche in Qālabu-nā, cfr. M.K., vol. III, p. 889, II.

za gli apporti tecnici (e terminologici) degli arabi.

Anche per il teatro sarebbe potuto, e sarebbe dovuto, avvenire qualcosa di simile, eppure ciò non avvenne. Il mondo arabo rifiutò la tragedia greca senza sapere bene cosa stava rifiutando. Ma se era possibile agli arabi musulmani medioevali adot-tare il teatro, lo è anche per gli arabi musulmani del Novecento, e se quelli non lo fe-cero, questi però non possono non farlo.

Nel documento N CANONE PER IL TEATRO ARABO U (pagine 72-75)