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CAPITOLO 1: VALORE

1.5 Performance e capitale intellettuale

Il capitale intellettuale nel suo aspetto quantitativo, si ritiene che spieghi gran parte del differenziale tra valore di mercato e di bilancio.

Alcune indicazioni in questo senso le abbiamo già da Onida [1951] secondo cui l’inadeguatezza dei risultati contabili a rappresentare la performance complessiva di un’azienda è riconducibile al fatto che il modello del bilancio trascura i fattori immateriali delle attività aziendali di cui non è in grado di coglierne correttamente le dinamiche di creazione o consumo.

Anche Galeotti [2001] aggiunge che “nell’attuale realtà economica, sempre più pervasa da immaterialità e dinamicità, il reddito/margine di periodo molto spesso non riesce a cogliere pienamente i risultati dei processi aziendali di creazione del valore”.

Sotto l’aspetto qualitativo, sebbene col tempo il framework sia stato notevolmente ampliato, [Edvinsson e Malone, 1997; Sveiby, 1997; Sydler et al., 2014], in realtà la maggior parte degli studi sul capitale intellettuale poggia sulla classica tripartizione: capitale umano, Human Capital, HC, capitale strutturale, Structural Capital, SC (o Organizational Capital) e capitale relazionale, Relational Capital RC (o Customer capital) [Wang et al., 2014; Nimtrakoon, 2015; Bontis et al., 2015].

Il capitale umano concerne la somma delle conoscenze, competenze, innovatività e impegno del dipendente [Ahangar, 2011; Bontis, 1998; Morris, 2015], è la conoscenza dell'individuo che non appartiene alle imprese e che i dipendenti portano con sé quando lasciano l'organizzazione.

Il capitale umano per Edvinsson e Malone [1997] è una combinazione delle conoscenze, delle competenze, dell’esperienza e delle capacità individuali dei dipendenti dell'impresa, di cui l’impresa non può appropriarsi, mentre Hudson [1993] lo definisce come combinazione di quattro fattori: eredità genetica, istruzione, esperienza e gli atteggiamenti sulla vita e sul mondo del lavoro. In linea con Roos et al. [2005], il valore del capitale umano deriva dalla competenza, dall'atteggiamento e dall'agilità intellettuale dei dipendenti, concetti che possono essere riassunti in:

 le competenze generano valore attraverso la conoscenza, le abilità, i talenti e know-how;

 l’attitudine, il valore generato dal comportamento dei dipendenti nel posto di lavoro;

 agilità intellettuale è la capacità di innovare e cambiare le pratiche, riflettere su come raggiungere soluzioni innovative.

Il capitale strutturale include gli asset di maggior valore per l’impresa, come le capacità organizzative, la cultura, i processi, i beni intellettuali (marchi, brevetti ecc.), le banche dati [Ahangar, 2011; Denicolai et al., 2015].

A differenza del capitale umano, dove i diversi contributi sembrano convergere, nel caso del capitale strutturale vi è evidentemente una maggiore divergenza tra le diverse definizioni concettuali.

Secondo Edvinsson e Malone [1997] il capitale strutturale è l'infrastruttura che incorpora, forma e sostiene il capitale umano, incoraggiando il fattore umano a creare e condividere la conoscenza. Il capitale strutturale non solo rafforza e potenzia il capitale umano ma rivela anche l'attitudine dell'organizzazione a trasmettere e immagazzinare materiale intellettuale. A differenza del capitale umano, il capitale strutturale può, dal punto di vista dell'azionista, essere posseduto dall’impresa. Bontis [1998] esprime idee su questa lunghezza d’onda, definendolo come i meccanismi e le strutture dell'organizzazione che possono aiutare i

dipendenti nella loro ricerca di prestazioni intellettuali ottimali

nell’organizzazione e, così facendo, perseguendo un’ottimale performance globale del business. L’essenza del capitale strutturale è la conoscenza incorporata nella routine di un'organizzazione. Bontis et al. [2000] includono tra gli altri nel capitale strutturale: banche dati, manuali procedurali, strategie, routine. In altre parole, tutto ciò in cui la conoscenza può essere trovata all' interno dell'organizzazione e che differisce da quella che risiede nei lavoratori dipendenti. All'interno strutturale capitale possiamo trovare:

 elementi interni come le infrastrutture, i processi e la cultura d'impresa;

 elementi che si riferiscono alla capacità di rinnovamento di un'impresa e ai risultati della sua innovazione sotto forma di diritti commerciali protetti, proprietà intellettuale, ecc.

Il capitale relazionale include la conoscenza ottenuta instaurando relazioni con stakeholder esterni [Kweh et al., 2014; Yu et al., 2015].

Il capitale relazionale si riferisce ai benefici reciproci che derivano da una relazione tra parti indipendenti [Dyer et al., 2004]. Relazioni sociali integrate che si traducono in capitale relazionale hanno attributi di fiducia, trasferimento di informazioni e risoluzione comune dei problemi [Uzzi, 1997]. Tali relazioni implicano anche impegno e aspettative di reciprocità. Il capitale relazionale è un’importante fonte delle risorse per migliorare le capacità e svilupparne di nuove a sostegno della attuazione delle strategie. I clienti sono un gruppo di stakeholder esterni molto importante, e solo fornendo ai clienti un valore superiore a quello fornito dai concorrenti le imprese ottengono un vantaggio competitivo [Sirmon et al., 2007].

Se si analizza come cambia il concetto di misurazione nel passaggio tra i primi studi sul capitale intellettuale alla sua seconda fase si nota un avvicinamento tra i concetti di capitale intellettuale e valore:

 si evidenzia il carattere di unitarietà perché anziché individuare come idealmente scomporre l’elemento; si accetta che solo come sistema il capitale intellettuale può produrre valore;

 il focus si sposta dagli stock ai flussi. Dalle categorie alle interazioni attraverso le quali si crea valore;

 si passa dalle cause delle differenze tra book value e market value all’individuazione dei percorsi di creazione di valore;

 si passa dall’individuazione delle risorse intangibili alle attività di creazione e sviluppo di queste risorse: la risorsa intangibile rappresenta un potenziale di creazione di valore e questo riporta il focus verso il futuro nell’ottica di sviluppo e miglioramento [Chiucchi, 2004].

Risulta tutto coerente con i caratteri di valore sono stati tratteggiati grazie ai nostri Maestri e che risultano attuali ancora a giorni nostri.

Da notare inoltre anche che molte delle problematiche esaminate nella letteratura relativa alla misurazione della performance, definizione, misurazione, gestione e reporting, si riscontrano nel filone di letteratura che ha ad oggetto gli intangibili [Garengo et al., 2005; Tangen, 2004]. Alcune di queste similitudini saranno analizzate nell’analisi del caso di studio.

Ad esempio, gli studi di Barnes et al. [1998] e Rantanen e Holtari [2000] evidenziano che le imprese si concentrano sulle prestazioni operative e finanziarie, raramente vengono utilizzati modelli bilanciati. Infatti, l'innovazione, le risorse umane, le indagini di clima aziendale, la R&S e la formazione sono raramente misurati.

La naturale evoluzione del concetto di valore verso quello di capitale intellettuale si coglie immediatamente con la definizione di Edvinsson e Malone [1997]: “Intangible assets are those that have no physical exsistence but are still of value to the company” oppure Stewart [1997] “is intellectual material – knowledge, information, intellectual property, experience that can be put in use to create value” oppure “Il capitale intellettuale è il sistema delle risorse immateriali aziendali su cui l'azienda deve far leva per creare valore” [D'Egidio, 2003]. Si utilizza volutamente la parola "sistema" e non "insieme" perché tra le risorse immateriali che compongono il capitale intellettuale si sviluppano, incessantemente, delle relazioni che sono alla base della creazione e dello sviluppo dello stesso e anche della creazione di valore.

Come per comprendere la relazione tra valore e performance è stato necessario analizzare come questa è stata esplorata dagli studi empirici, si prosegue analogamente per approfondire la relazione capitale intellettuale e performance. Viene posta però particolare attenzione a quegli studi che si propongono di testare questa relazione considerando alcune specificità: come detto, infatti, potrebbero sussistere dei caratteri che devono essere tenuti in considerazione, come quelli settoriali o territoriali.

Gli studi volti a esplorare la relazione tra capitale intellettuale e perfomance hanno principalmente testato la correlazione tra misure di sintesi del capitale intellettuale, come Market to book ratio, Q di Tobin e Value Added Intellectual

Capital, VAIC, e misure di performance; altri studi sono stati condotti attraverso survey.

Tra i primi largo utilizzo ha trovato l’adozione di una misura dell’efficienza del capitale intellettuale, VAIC, mentre sono state considerate misure di performance, perlopiù indicatori di derivazione contabile come ROA (Retourn on asset), indice di rotazione del capitale investito, ROE, tasso di crescita del fatturato e indice di produttività del personale anziché indicatori di reddito residuale.

Prima di approfondire lo studio della relazione capitale intellettuale e performance occorre approfondire le caratteristiche dell’indicatore VAIC per coglierne le peculiarità, potenzialità e limiti.

Sviluppato da Pulic [1998; 2000; 2004], il VAIC misura l’efficienza del capitale intellettuale a partire dai dati di bilancio [Guthrie et al., 2004] attraverso il valore aggiunto, VA.

Nel modello VAIC, il valore aggiunto, data la diversità delle diverse strutture di conto economico a valore aggiunto, e ricercando la maggior semplicità possibile, può essere calcolato anche come segue:

VA = P + C + D + A, dove:  P: reddito operativo

 C: i costi del personale dipendente, retribuzioni e spese sociali del personale

 D e A: ammortamenti e svalutazioni delle immobilizzazioni

Il capitale umano (HC) è calcolato come la somma di tutti gli stipendi. Il VAIC considera le spese relative ai dipendenti come un investimento [Pulic, 2002], non come costi.

Il capitale strutturale (SC) è calcolato sottraendo HC dal VA: SC = VA- HC

Il VAIC è fondamentalmente il risultato della somma di tre componenti: l'efficienza del capitale umano, HCE, l’efficienza del capitale strutturale, SCE e l’efficienza del capitale investito, CEE (costituito dall'efficienza del capitale fisico e finanziario).

HCE = VA/HC misura il valore aggiunto generato per unità di moneta investita nei dipendenti

L'efficienza del capitale strutturale (SCE) è calcolata come segue:

SCE=SC/VA indica quanto del valore aggiunto dell'impresa è generato dal capitale strutturale.

L'efficienza del capitale investito (CEE) si ottiene dividendo VA per CE (capitale impiegato):

CEE = VA/CE descrive in che misura il valore aggiunto dell'impresa è generato dal capitale investito.

Infine, VAIC si ottiene aggiungendo HCE, SCE e CEE. L' efficienza del capitale intellettuale (ICE) è data, ovviamente, dalla somma di HCE e SCE.

Il VAIC presenta numerosi punti di forza:

 può contare su dati pubblicamente disponibili e sottoposti a revisione;  si tratta di un indicatore di efficienza poiché valuta la capacità della

stessa di utilizzare al meglio le proprie risorse (fisiche e non) per produrre valore e quindi consente comparazioni tra imprese di diverse dimensioni, settori e nazioni;

 consente di assegnare un valore economico al CI nel suo complesso e alle categorie nelle quali lo stesso può essere articolato;

 ha modalità di calcolo semplici e standardizzate.

Nonostante questi numerosi lati positivi, il VAIC non è esente da critiche. In primo luogo, il metodo VAIC è spesso criticato perché non presenta una marcata separazione tra costi e investimenti [Lev, 2000]. Se è vero che gli investimenti sono un sacrificio di ricchezza in favore di un beneficio atteso, non si prevede che i costi sviluppino utilità oltre l’esercizio contabile. Sebbene, quindi, alcune spese relative al personale possano effettivamente produrre benefici futuri, come le spese sostenute per formazione o R&S sviluppata internamente, gran parte dei costi del personale produrrà un’utilità immediata.

Analoga confusione esiste tra flussi e stock nel calcolo del capitale strutturale. Il capitale strutturale è uno stock, ma nel metodo VAIC è rappresentato dal residuo di due flussi: il valore aggiunto e il capitale umano. C’è da notare,

inoltre, che qualora il reddito operativo di un’impresa risulti negativo, anche il capitale strutturale lo sarà [Andriessen, 2004].

Consapevoli di queste potenzialità e limiti si passa ad analizzare gli studi che hanno cercato una correlazione tra VAIC e performance emerge che la maggior parte degli studi ha riscontrato una positiva correlazione tra VAIC e performance [Mavridis, 2004; Youndt et al., 2004; Chen et al., 2005]. Occorre segnalare, innanzitutto, un dato in contrasto con l’analisi della letteratura relativa a valore e performance: gi studi, infatti, sono stati condotti prevalentemente in mercati emergenti o comunque meno sviluppati di quello americano.

Inoltre, occorre evidenziare che, nonostante una segmentazione settoriale non si è riscontrata una coerenza di risultati. Analizzando il settore bancario e assicurativo, ampiamente esplorato, emergono risultati contrastanti su quale sia la componente del VAIC che risulta maggiormente correlata con la performance (vedi fig. 5).

Mavridis [2004] nel settore bancario giapponese, Goh [2005] nel settore delle banche d’affari in Malesia, hanno inoltre riscontrato una predominanza dell’impatto del capitale umano (HCE) rispetto al capitale strutturale (SCE) nelle performance. Questo dato è stato confermato, seppur in misura lieve, nel settore farmaceutico indiano [Bharathi Kamath, 2008].

Anche analizzando i findings per paese non si possono evidenziare risultati coerenti. Ad esempio, in India, in alcuni casi non si è riscontrata alcuna correlazione [Pal e Soriva, 2012], in altri una prevalenza del capitale umano [Bharathi Kamath, 2008], in altri ancora la prevalenza del capitale intellettuale nella sua interezza [Ghosh e Mondal, 2009].

Figura 5 - Capitale Intellettuale (VAIC) e performance

Settore Mercato Autore Anno Findings

Bancario

e assicurativo Giappone Mavridis 2004 HCE +

Malesia Goh 2005 HCE > SCE

Turchia Yalama e Coskun 2007

HCE e SCE > CEE

Australia Joshi et al. 2013

HCE > SCE, CEE

Malesia Chen, Liu e Kweh 2014 IC+

Bahrein Al-Musali e Ku Ismail 2016 HC

Arabia saudita

Al-Musali e Ku Ismail

2016 HC

Oman Al-Musali e Ku Ismail 2016 HCE, CEE

Kwait Al-Musali e Ku Ismail 2016 SC

Qatar Al-Musali e Ku Ismail 2016 CEE > SCEE

Egitto Sherif e Elsayed 2016 CEE

Ghana Alhassan e Asare 2016 HC

Farmaceutico India Bharathi Kamath 2008 HCE > CEE

India Ghosh e Mondal 2009 IC+

Imprese high tech Spagna María Díez et al. 2010 CEE

Cina Kai Wah Chu et al. 2011 SCE

Australia Clarke et al. 2011 CEE

Serbia Janošević, Dženopoljac e Bontis 2013 CEE

Settori vari India Pal e Soriya 2012 -

Serbia Komnenic e Pokrajčić 2012 HC > SC Serbia Janošević, Dženopoljac e Bontis 2013

HCE, SCE, CEE Italia Pietrantonio e Iazzolino 2014 SCE>HCE

Vari Nadeem et al. 2017 IC +

Agricoltura Malesia Lee e Mohamed 2014 CEE, SCE

Fonte: propria elaborazione

Bollen et al. [2005], con un metodo differente, attraverso una survey, hanno cercato di collegare il capitale intellettuale con le performance dell’industria famaceutica tedesca. I risultati hanno indicato che tutti e tre gli elementi del capitale intellettuale, vale a dire il capitale umano, il capitale strutturale e il capitale relazionale fungono da intermediari nell’influenzare i risultati della società.

Con Song et al. [2005] si hanno delle indicazioni di differenze di risultati tra settori. Gli Autori hanno riscontrato che le capacità di marketing, tecnologiche e le loro complementarità e interazioni producono performance differenti quando il contesto varia rispetto all’industria high e low tech.

Cohen e Kaimenakis [2007], nel mercato greco e in un contesto piccole e medie imprese in settori knowledge intensive, concludono che il capitale umano è

correlato positivamente con le altre due componenti del capitale intellettuale. Inoltre, concludono che la performance è particolarmente influenzata da quegli elementi del capitale intellettuale che sono facilmente misurabili e monetizzabili, mentre gli effetti di quelli “soft”, che non possono cioè essere osservati o definiti in modo semplice, sono inconcludenti.

Ul Rehman et al. [2011] riscontrano una correlazione positiva tra HC e SC e performance, ma non con RC nel settore assicurativo.

Interessante il riscontro di Clarke et al. [2011] che rilevano un rapporto positivo tra HCE e SCE dell'anno precedente e performance dell'anno in corso. Si tratta di un dato importante nella ricerca di indicatori esplicativi delle performance future.

In uno studio condotto in Indonesia, Malesia, Filippine, Singapore e Tailandia Nimtrakoon [2015] ha riscontrato che sebbene il capitale intellettuale non differisca significativamente da un paese all’altro le diverse componenti del capitale intellettuale contribuiscono in maniera differente; il profilo del capitale intellettuale differisce da un paese all’altro oppure potrebbe essere sintomo, in alcuni paesi, della tendenza a investire principalmente sul capitale strutturale (SCE) e sul capitale fisico e finanziario (CEE) come mezzo per aumentare il rendimento per azionisti [Al-Musali e Ku Ismail, 2016]. Ci potrebbe essere la tendenza ad investire in capitale strutturale come sistemi informativi, processi, routine e procedure con l'intento di automatizzare laddove c’è un’area labor intensive per migliorare l'efficienza operativa e ridurre i costi, anziché di investire in risorse umane che comportano un notevole impegno e elevato livello di incertezza e di rischio e lunghi periodi per rientrare dell’investimento [Edvinsson e Malone, 1997].

Cambiando metodologia di ricerca, una percentuale considerevole degli studi attraverso survey è stata condotta utilizzando uno strumento di indagine dedicato sviluppato da Bontis [1998].

Bontis [1998] definisce le tre componenti come segue.

L'essenza del capitale umano è l'intelletto umano ed è quindi molto difficile da codificare. Il suo scopo è interno alla mente dei dipendenti.

L'essenza del capitale strutturale è la conoscenza incorporata nelle routine di un'organizzazione. Contiene elementi di efficienza, innovatività procedurale e accesso alle informazioni per codificarle in conoscenza. Inoltre, supporta gli elementi di minimizzazione dei costi e di massimizzazione del profitto per dipendente. Il suo campo di applicazione è interno all'impresa.

L'essenza del capitale relazionale è invece incorporata nelle relazioni esterne all'impresa. La sua portata è esterna all'impresa e, per sua natura, è la più grande e difficile da codificare.

A questi tre elementi il modello di Bontis aggiunge la performance valutata con dieci misure finanziarie e non finanziarie con riferimento alla leadership del settore e posizionamento di mercato, performance innovative, redditività, crescita e successo complessivo. In un successivo studio aggiunge ulteriori item relativi al capitale relazionale.

Con queste survey, vedi fig. 6, si conclude che alcune relazioni sussistono, indipendentemente dal settore, dal fatto che si tratti di impresa manifatturiera o di servizi. Tra queste HC e RC, RC e SC e la relazione tra SC e performance. La relazione invece tra HC e SC varia a seconda del settore e sembra più marcata nell’industria piuttosto che nei servizi [Bontis et al., 2000].

Figura 6 - Survey Capitale Intellettuale e performance

Bontis Bontis et al. Bontis et al. Cabrita e Bontis Sharabati et al.

Anno 1998 2000 ns 2000 s 2008 2010 Campione Studenti MBA Imprese non servizi Imprese settore servizi Imprese settore bancario Imprese settore farmaceutico Mercato Canada Malesia Malesia Portogallo Giordania HC -> SC + +

+ (> non

servizi) + +

HC -> RC + + + + +

RC -> SC + + + non testata non testata

SC -> RC non testata non testata non testata + + RC ->

Performance + non testata non testata + + HC ->

Performance non testata non testata non testata non testata + SC ->

Performance + + + + +

Ulteriori studi basati su survey confermano la positiva correlazione tra gli elementi del capitale intellettuale e la performance sia nel settore delle TLC [Bin Ismail, 2005] che nel farmaceutico [Sharabati et al., 2010].

Jardon e Martos [2009], con una definizione di performance leggermente più ampia di Bontis e su un campione di SME, concludono che solo il capitale strutturale è la dimensione del capitale intellettuale che influisce direttamente sulla performance.

Sebbene, quindi, l’influenza del capitale intellettuale sul valore sia supportata da molti studi [Edvinsson e Malone, 1997; Stewart 1997; Petty e Guthrie, 2000; Guthrie, 2001; Chen et al., 2005; Kristandl e Bontis, 2007; Dumay e Tull, 2007; Liu et al., 2009] non è ancora chiaro quali siano le componenti del capitale intellettuale che sono direttamente correlate alle performance o che vi impattano in misura maggiore.

Risultati contrastanti o non significativi sono stati ottenuti valutando la correlazione tra le singole componenti del VAIC e la performance

Per spiegare queste differenze, un aspetto da tenere in profonda considerazione è il fatto che capitale umano, strutturale e relazionale si influenzano vicendevolmente e che quindi potrebbero alterare i risultati delle analisi in cui sono presi come variabili indipendenti tra loro [Jacobsen et al., 2005].

I dati suggeriscono anche la possibilità di una relazione di moderazione tra le componenti del capitale intellettuale HCE e SCE con il capitale fisico e finanziario, CEE, e sono queste relazioni che hanno un impatto sulla performance aziendale [Clarke et al. 2011].

Inoltre, l’interazione tra il capitale intellettuale e il capitale fisico e finanziario potrebbero rendere gli effetti del capitale intellettuale ritardati nel tempo e imprevedibili [Vaisanen et al., 2007; Janošević et al., 2013].

Potrebbe inoltre esistere una differente matrice culturale, come se esistesse un profilo del capitale intellettuale che fa parte della cultura, oppure la chiave di queste differenze è da ricercare in uno dei fattori ampiamente analizzati per cogliere le differenze relative alla diclosure del capitale intellettuale il grado di

maturità dell’impresa, livello di indebitamento, assetti proprietari [Bozzolan et al., 2003; Guthrie et al., 2006]. O altro ancora, c’è un ulteriore elemento che giustifica la relazione tra il capitale intellettuale e le performance?

Se ad esempio fosse l’innovazione l’elemento che unisce capitale intellettuale e performance e quindi il comportamento innovativo delle imprese la causa dei risultati contrastanti illustrati nei precedenti paragrafi?

Anche se il capitale intellettuale è stato etichettato come il fattore trainante per il successo e la competitività dell'azienda, la letteratura non riesce a misurare l'impatto dei diversi aspetti del capitale intellettuale (Bontis et al., 2005) sull'innovazione. L’innovazione può portare ad una maggior competitività sul mercato attraverso la ricerca di nuove opportunità o approfittando delle opportunità esistenti sul mercato [Drucker, 1984]. L’adozione di innovazioni può migliorare alcune performance non soddisfacenti e aiutare le imprese a sfruttare nuove opportunità [Premkumar e Potter, 1995]. L’innovazione è quindi un driver importante, se non il più importante, per la creazione di valore.