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CAPITOLO 2: IL CASO WELCOME ITALIA

2.7 Principali risultati

Per rispondere alla domanda di ricerca su come il capitale intellettuale è collegato al valore e qual è il ruolo dell’innovazione in questa relazione si è utilizzata una metodologia qualitativa, il case study.

Questo passaggio è stato necessario perché dall’analisi della letteratura, esplorando le relazioni tra valore e performance attraverso studi quantitativi, e studi quali-quantitativi relativamente alla relazione valore e capitale intellettuale, si comprende che è necessario sempre più addentrarsi nelle imprese per comprenderne le specificità, poiché sono emersi risultati non coerenti.

Inoltre, nel contesto attuale, la misurazione del valore richiede di ampliare la prospettiva di analisi incorporando anche elementi di capitale intellettuale. L’innovazione rappresenta indubbiamente un volano per la creazione di valore ma le misure classiche non consentono di misurare adeguatamente questa importante componente mentre gli indicatori di capitale intellettuale sono risultati maggiormente coinvolti nelle innovazioni, sia incrementali che radicali.

Nella ricerca su quali sono gli indicatori di misurazione del valore e delle performance del capitale intellettuale che meglio rispondono a questa necessità si può concludere che un solo indicatore non riesce a rispondere a tutte le istanze degli interlocutori mentre per un’impresa è importante disporre di un sistema integrato di essi, in accordo con la tendenza relativa ai sistemi di misurazione delle performance orientata verso modelli multidimensionali di misurazione che tendono a spostare l’attenzione verso una dimensione di analisi di tipo non- financial.

Queste considerazioni permettono di declinare ulteriormente i risultati in ulteriori riflessioni.

La scelta degli indicatori è guidata dagli stakeholder

In relazione al caso specifico, si coglie la necessità di cambiare impostazione nella ricerca sul valore passando da una creazione di valore per gli azionisti a una stakeholder theory.

Gli stakeholder sono sempre più coinvolti nelle dinamiche dell’impresa e non è risultato adeguato al caso fare ricerca solo su indicatori per i soli azionisti.

Dal caso Welcome Italia emerge un’ulteriore indicazione: ogni gruppo di stakeholder richiede differenti indicatori. La caratteristica degli indicatori “stakeholder driven” rappresenta un dato importante perché può aiutare a comprendere come mai la disclosure sul capitale intellettuale non è così diffusa.

Se da un lato l’accademia sviluppa nuovi modelli da poter implementare e suggerisce alle imprese che la gestione del capitale intellettuale sia importante, affinché il flusso informativo si completi è necessario che gli stakeholder che dovrebbero ricevere queste informazioni le richiedano e le apprezzino.

Nel nostro caso nessuno stakeholder, neanche tra i più preparati finanziariamente come banche o fondi d’investimento internazionali, ha, infatti, né richiesto un report ad hoc, né dati specifici, né un indicatore di sintesi del capitale intellettuale. Questo testimonia un certo livello di immaturità degli stakeholder, almeno quelli che si rivolgono al panorama italiano delle piccole e medie imprese, che forse non sono ancora pronti a comprendere i risultati della gestione del capitale intellettuale.

Come Welcome Italia include nella relazione sulla gestione i financials che i suoi stakeholder ritengono più significativi, così, quando gli operatori del sistema avranno preso consapevolezza dell’importanza del capitale intellettuale, ci si può attendere una crescente disclosure sul capitale intellettuale per rispondere a queste esigenze informative.

La segmentazione degli indicatori per stakeholder può rappresentare un interessante spazio futuro di sviluppo sul tema della disclosure.

Lo studio del capitale intellettuale in sinergia con la pratica

Indicazioni importanti, inoltre, relative a questo caso di studio, sono state colte anche grazie ad un approccio da practicioner adottato. Si conferma l’esigenza espressa dall’accademia di mantenere un contatto con la pratica per sfruttare le sinergie di questo rapporto.

I KPI relativi al MBO, sono apparsi uno spazio interessante, e forse più difficile da indagare, del capitale intellettuale. Non si sono trovati nella letteratura riferimenti ai KPI per il MBO attraverso misure di capitale intellettuale, forse per la mancata disclosure di informazioni di questo tipo.

Welcome Italia, una PMI italiana, sebbene innovativa, fa largo uso di indicatori di capitale intellettuale per allineare gli obiettivi operativi a quelli strategici, ma di questa tendenza non vi è traccia nelle comunicazioni esterne dell’impresa.

Questo aspetto sottolinea ulteriormente l’importanza, in questa fase, in cui il capitale intellettuale, almeno in Italia e almeno nelle piccole e medie imprese, non è in una fase di diffusione a causa delle mancate richieste degli stakeholder, ad entrare nelle imprese e capire quale uso fanno del capitale intellettuale. Analizzare esclusivamente le comunicazioni esterne dell’impresa potrebbe non fornire un quadro completo delle pratiche di capitale intellettuale.

Fattori di successo della misurazione del capitale intellettuale e del

Value Based Management

Un'altra indicazione che si può cogliere dall’analisi del caso è che l’adozione di misure di performance troppo complesse può condurre ad un lock-in nell’accounting [Chaminade e Roberts, 2003] e a non rispettare quei requisiti di semplicità che manager e, in questo caso, anche dipendenti, richiedono. Non si deve confondere il concetto di semplicità con l’adozione di misure tradizionali. Ad esempio in Welcome Italia è risultato più efficace da utilizzare e semplice da comprendere il tasso di fedeltà della clientela, indicatore di capitale relazionale, piuttosto che un financial classico come l’EBITDA. La semplicità degli indicatori è uno degli elementi per il successo delle iniziative di misurazione del capitale intellettuale, ma sono necessari anche ulteriori elementi.

Voler sviluppare un modello di misurazione del capitale intellettuale, così come voler aderire ai principi del Value Based Management, senza uno scopo di fondo preciso può portare a risultati che non sono quelli sperati. Misurazioni una

tantum non possono portare con sé quel commitment necessario al successo dell’iniziativa.

Uno dei motivi di fallimento di queste iniziative risiede nel calare dall’alto questi strumenti senza un’adeguata motivazione che permea l’azienda, senza che siano assorbiti i principi della creazione di valore o della misurazione del capitale intellettuale. È necessario preparare una comunicazione strutturata e favorire un contesto di apprendimento per poter diffondere principi e comportamenti. Questo implica anche che sia necessario considerare la misurazione del capitale intellettuale, o più in generale il Value Based Management System, una politica di gestione che ha continuità nel tempo.

Inoltre, voler necessariamente seguire ad esempio la “moda” di misurazione del capitale intellettuale potrebbe portare all’utilizzo di misure di performance standard non rilevanti per il business, nell’adottare misure non adeguate alla struttura finanziaria ed alle specifiche esigenze del business. Welcome Italia ha costruito internamente il set di indicatori che reputa importanti, pronta a modificarli qualora sia necessario. In questo ambito sembra, quindi, che un set precostituito sia utile come ispirazione ma che le imprese debbano maturare al loro interno tre elementi fondamentali per far sì che il sistema funzioni: come sottolineato la necessità, lo scopo della misurazione, la cultura di fondo nell’organizzazione e la capacità di scegliere e misurare il set rilevante di indicatori.

L’adesione ad un framework specifico tra quelli sviluppati, non sembra una soluzione adatta, almeno alle piccole e medie imprese. Si richiede alle piccole e medie imprese di avere la capacità di comprendere i framework esistenti ed adattarli alla loro realtà. Inoltre, poiché sarebbe impossibile che un’impresa, soprattutto di piccole e medie dimensioni, racchiuda in sé tutte le professionalità e abbia il tempo di costruire e misurare gli indicatori, dovrebbe anche avere la capacità di selezionare quali indicatori rilevare autonomamente e per quali avvalersi di soggetti esterni per la rilevazione.

Capitale intellettuale e creazione di valore: dal passato al futuro attraverso l’innovazione

È interessante notare come in Welcome Italia, sebbene i financials rappresentino la maggior parte degli indicatori utilizzati per decision-making e più in generale per gli stakeholder esterni, la dimensione del capitale intellettuale più rappresentata è quella del capitale relazionale. Come detto, relativamente agli indicatori per stakeholder esterni l’azienda effettua anche previsioni sugli andamenti futuri.

Appare, quindi, che nella creazione di valore per il futuro le variabili dominanti siano il capitale relazionale e i risultati economico-finanziari.

Con riferimento, invece, agli stakeholder interni la variabile chiave sembra essere il capitale strutturale, particolarmente enfatizzata nel MBO, che conduce alla creazione di valore e performance nel presente.

Le evidenze più interessanti, con riferimento al caso Welcome Italia, dallo studio della relazione tra valore e capitale intellettuale, sono che il capitale relazionale e i financials sono più rappresentativi del valore futuro mentre il capitale strutturale è un indicatore del valore creato dal passato al presente.

Se si dovesse esprimere questo concetto attraverso costrutti presi in prestito dalla scomposizione dell’EVA si potrebbe sostenere che il capitale strutturale sia più rappresentativo del Current Operations Value mentre il capitale relazionale, attraverso il suo contributo alle innovazioni radicali, del Future Growth Value.

Questo finding potrebbe spiegare alcuni dei risultati contrastati emersi in letteratura circa la relazione tra capitale intellettuale e performance [Firer e Williams, 2003].

Come si pone il capitale umano in tutto questo?

Il capitale umano è considerato da Welcome Italia la componente più importante del capitale intellettuale che, come enfatizzato da Wang e Chang, [2005], ha un impatto indiretto sulle performance.

Il capitale umano ha, quindi, un impatto indiretto sul valore perché il capitale umano influenza positivamente il capitale strutturale e relazionale [Bontis, 1998; Bontis et al., 2000; Cabrita e Bontis, 2008; Sharabati et al., 2010]. I risultati

del presente studio sono anche coerenti con Yassen et al. [2016] che hanno studiato l’impatto del capitale intellettuale sul vantaggio competitivo in Giordania nel settore delle telecomunicazioni.

Inoltre, lo schema di relazioni che collega le componenti del capitale intellettuale all’innovazione risulta coerente con Chen et al. [2014] e Costa et al. [2014] con riguardo alle innovazioni radicali.

Sempre relativamente alle innovazioni radicali i risultati del presente lavoro sono coerenti con Agostini e Nosella [2017] perché, oltre che confermare che tutte e tre le componenti del capitale intellettuale hanno un’influenza positiva sulle performance di innovazione radicale, è proprio grazie al fatto che le componenti possono trasformarsi e completarsi a vicenda che si ottengono migliori performance innovative.

Con l’analisi del caso sono stati ottenuti risultati coerenti con la grand theory che vede il capitale intellettuale come enabler dell’innovazione.

Dall’analisi del caso emerge, infatti, una interessante definizione di innovazione fornita dal CEO di Welcome Italia: un nuovo processo, prodotto, servizio, un sistema di riduzione dei costi che sia vista e apprezzata dai clienti. Coerentemente con Mouritsen, [2006] che sostiene che si crea valore quando, grazie alle capacità interne, si crea qualcosa che qualcuno fuori dall’impresa reputa di valore, si può collocare l’innovazione come l’elemento che permette al capitale intellettuale di concretizzarsi e impattare sul valore.

Il fatto che il legame tra capitale intellettuale e valore non sia diretto, ma che l’innovazione si frappone fra i due, potrebbe spiegare perché gli effetti del capitale intellettuale sul valore sono ritardati nel tempo e imprevedibili [Vaisanen et al., 2007; Janošević et al., 2013] e perché esistono differenti percorsi di creazione del valore [Tseng e Goo, 2005].

Capitale intellettuale e innovazione

L’innovazione è vista come assoluta necessità delle imprese quindi l’approfondimento di queste relazioni è quanto mai importante.

Nel presente studio inoltre si è potuto distinguere il corso delle innovazioni incrementali da quelle radicali. Anche differenziare la ricerca in questo senso è risultata una scelta fondamentale.

Sebbene l’inizio del processo innovativo può essere riscontrato dal capitale umano, nel caso analizzato, le innovazioni incrementali seguono percorsi di creazione del valore che si estrinsecano dal capitale strutturale.

Le innovazioni radicali hanno, invece, bisogno della sinergia delle tre componenti del capitale intellettuale per condurre all’innovazione. Questa, però, ha un effetto negativo sul capitale umano, che deve essere contrastato con nuovi investimenti, inserimenti, formazione, condivisione di conoscenze, altrimenti porterà con sé delle retroazioni negative. Questo effetto è coerente con la proposizione di Sveiby [2012] secondo cui le innovazioni comportano feedback negativi.

L’innovazione è quindi necessaria, sia incrementale che radicale, ma non ha degli effetti esclusivamente positivi.