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1. INTRUDUZIONE

1.3 RIPRODUZIONE IN CATTIVITÀ

1.3.8 PERFORMANCE RIPRODUTTIVE: FERTILITÀ E SCHIUSA

Le performance riproduttive negli allevamenti di selvaggina non sono del tutto equiparabili a quelle di altre specie aviarie allevate in maniera intensiva per la produzione di carne.

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La bassa percentuale di schiusa delle uova che le caratterizza, infatti, è uno dei parametri che più di altri influisce negativamente sul successo riproduttivo di queste specie selvatiche.

Infatti mentre la percentuale di schiusa media nel pollo è di 85-88%, nelle specie selvatiche questa percentuale è molto più bassa, 75-80% per il fagiano e del 65-70% per la pernice (Fronte et al., 2006).

Come già ricordato più volte, la maggior parte degli studi su queste specie vertono principalmente sul pollo, sia per un interesse economico, sia per una maggiore disponibilità di animali allevati. Per quanto riguarda il pollo, l’andamento della mortalità embrionale all’interno del periodo di incubazione presenta, in condizioni di normalità,sempre le stese caratteristiche, ovvero due picchi di maggiore mortalità embrionale nei giorni iniziali e in quelli finali (schiusa) del periodo d’incubazione, e un plateau nei giorni centrali dell’incubazione. Questo andamento è riportato nel seguente schema:

% MORTALITÀ EMBRIONALE

GIORNI DI INCUBAZIONE

Schema 4 : grafico sulla mortalità embrionale del pollo durante l’incubazione (AA.VV, 2009)

Possiamo solamente dedurre che questo grafico possa rispecchiare l’andamento della mortalità embrionale anche per specie come il fagiano, la pernice e la starna. L’apertura delle uova non schiuse a fine del processo d’incubazione, consente di poter individuare i momenti critici dell’incubazione, ovvero quelli in cui il numero

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maggiore di embrioni è morto; se l’andamento della mortalità embrionale si discosta in maniera evidente dal grafico preso in considerazione per i polli (schema 4), ovvero presenta picchi di mortalità nella fase centrale dell’incubazione, questo sarà indice che qualche problema è sorto durante l’incubazione. Individuati i giorni critici, si può risalire alle operazioni che possono aver influito sulla morte dell’embrione.

Le performance di schiusa possono essere influenzate da numerosi fattori e per questo è molto importante effettuare controlli in ogni fase. I controlli che devono essere effettuati in allevamento vertono principalmente sul controllo dei riproduttori (nutrizione, fertilità, sanità e igiene), la conservazione delle uova ed il processo di incubazione (temperatura e umidità, ventilazione, rotazione della uova).

Il controllo delle uova non schiuse al termine del processo di incubazione, è quindi una pratica che ai fini del miglioramento delle performance di schiusa, e quindi riproduttive, può essere ritenuta molto utile ma nell’attuarla bisogna ricordarsi che tra le uova non schiuse sono presenti anche le uova non fertili; la schiudibilità però è una caratteristica che riguarda solamente le uova feconde. Per questo motivo, quando al termine dell’incubazione si calcola la percentuale delle uova non schiuse, bisogna tener conto che questa contiene anche le uova non fertili e si dovrà calcolare la percentuale di schiusa solamente tra le uova fertili; questo può essere fatto effettuando un semplice calcolo, la percentuale di schiusa verrà divisa per le percentuale di uova fertili, il numero ottenuto dovrà essere moltiplicato per 100 e il risultato rappresenterà la percentuale d schiusa “reale”, ovvero delle uova fertili incubate. Per una migliore comprensione diamo un esempio di calcolo.

se a fine incubazione la percentuale di schiusa “totale” è del 86,4% e dopo l’apertura delle uova non schiuse si calcola che la percentuale di uova fertili sia del 96% (ovvero il 4% delle uova non schiuse erano non fertili), il calcolo sarà il seguente:

(86,4/96)*100 = 90

Il risultato ottenuto è 90, quindi la percentuale di schiusa “reale” è del 90% (COBB Hatchery guide, 2008).

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Naturalmente per ottenere la percentuale di schiusa “reale” è indispensabile la distinzione delle uova non fertili da quelle morte durante i primi stadi di sviluppo embrionale, distinzione non sempre di facile esecuzione.

Non essendo ancora ben visibile l’embrione e soprattutto le diverse porzioni dello stesso, entrambi i tipi di uova possono assumere un aspetto molto simile. Se osservate attentamente, anche se in maniera macroscopica, è però possibile vedere come le uova non fertili presentino i margini del disco germinativo meno netti e più frastagliati di quanto non accada in quelle fertili; inoltre, nelle prime, è anche possibile riscontrare delle chiazzature all’interno che conferiscono al disco germinativo (blastodisco) un aspetto meno omogeneo e cromaticamente irregolare (AA.VV, 2003). Questa distinzione, però, può essere colta solo nel caso in cui le uova vengano analizzate ”tempestivamente” e non a fine incubazione, quando l’uovo risulterà interamente colliquato.

Una via di mezzo potrebbe essere rappresentata da un controllo effettuato al momento della speratura, soprattutto se questa è effettuata il più precocemente possibile (8 giorni). È di fondamentale importanza è anche la determinazione dell’età di morte degli embrioni, sia durante la prima fase di incubazione (0-10 giorni) che durante le successive. Infatti, conoscere lo stadio in cui uno o più embrioni arrestano il loro sviluppo, può permettere di risalire più facilmente alle possibili cause di morte (Gonzalez et al., 1999) ed intervenire in maniera adeguata sul processo di incubazione, per rimuovere o limitare l’effetto della causa di mortalità.

Dopo la fecondazione, l’uovo permane nell’ovidutto per almeno 24 ore, periodo in cui le cellule del blastoderma si riproducono fino ad un numero di 60.000; questa nuova formazione assume una conformazione molto caratteristica e ben riconoscibile.

Per poter analizzare correttamente le strutture dell’uovo al fine di riconoscere un uovo fecondato da uno “bianco”, è bene aprire delicatamente l’uovo a livello del polo

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ottuso, rimuovere la calotta e le membrane dell’uovo, e individuare così il blastoderma. Solitamente questa struttura, avendo una densità maggiore rispetto al tuorlo, nei primi giorni ancora molto liquido, la si può osservare sulla sua superficie proprio all’altezza del polo ottuso; nel caso in cui ciò non bastasse, è sempre possibile rimuovere con attenzione il guscio restante e far scivolare il tuorlo sul palmo di una mano, finché il blastoderma non verrà individuato (AA.VV, 2003). A questo punto, ad una osservazione macroscopica ad occhio nudo, sarà possibile osservare alcune differenze utili per riconoscere le uova fertili da quelle non fertili.

Nel caso in cui l’uovo sia fertile, questa formazione, che sarà denominata “blastoderma” (Foto n.9), ha un diametro di circa 4-5 millimetri; su di essa, sarà possibile distinguere due strutture, una più esterna, ad anello e di color bianco, a sua volta denominata “area opaca” e una interna, centrale e di colore più chiaro, denominata “area pellucida”; queste strutture appaiono nettamente distinte l’una dall’altra, a margini netti e dai contorni uniformi.

Foto 10: Blastoderma

Nel caso in cui invece l’uovo non sia fertile, la struttura che si osserverà viene denominate “blastodisco”(Foto n.10); questa struttura apparirà come una piccola zona densa, bianca, di circa 2 millimetri di diametro, ossia circa la metà del diametro del blastoderma; la sua forma non è mai perfettamente rotonda ed i suoi margini si presentano più irregolari che nel blastoderma; il blastodisco, inoltre, è circondato da

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un’area più chiara, circolare, fino a 4 millimetri di diametro e che sembra essere riempito di “bolle”, bolle che infine non sono in realtà altro che globuli di tuorlo (AA.VV, 2003).

Foto 11: Blastodisco