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5. DISCUSSIONI

5.2 VALUTAZIONE DEGLI STRUMENTI OPERATIVI (MOSE, SDE E DCM)

Le informazioni scaturite dallo studio comparato sullo sviluppo embrionale delle tre specie prese in considerazione, fagiano, pernice e starna, sono state utilizzate per la redazione del MOSE (Manuale di Osservazione dello Sviluppo Embrionale). Questo manuale fornisce, nel dettaglio, informazioni sullo sviluppo embrionale con una cadenza giornaliera, permettendo:

• un rapido confronto giornaliero nell’ambito della stessa specie;

• un confronto tra le tre specie, nell’ambito dello stesso giorno preso in considerazione.

Insieme al MOSE, è stato redatto un secondo strumento operativo denominato SDE (Schema di Determinazione dell’Età dell’embrione); questo, prendendo in considerazione in maniera più concisa le singole specie, permette una efficace e rapida stima dell’età di morte degli embrioni; la rapidità di esecuzione della stima, in condizioni di allevamento, è da considerarsi un enorme beneficio ed assoluta priorità.

L’uso del MOSE da una parte insieme all’uso dello SDE dall’altra, sembra in grado di permettere di stimare l’età degli embrioni con una approssimazione di circa 1 giorno, e ciò indifferentemente dalla specie considerata.

Inoltre, il fatto che questo risultato è raggiungibile grazie al solo esame macroscopico degli embrioni, cioè senza ricorrere ad esami istologici e/o microscopici, fa sì che l’età di morte degli embrioni sia facilmente stimabile anche da parte degli stessi allevatori o dei tecnici di allevamento (veterinari, tecnici faunisti, ecc.). Dal punto di vista pratico, questo rappresenta un fatto di assoluta utilità, rendendo il metodo proposto

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di particolare interesse nell’ottica di mettere a punto una serie di interventi allo scopo di migliorare le performance di schiusa delle uova di selvaggina in condizioni di allevamento.

È da considerare però, che i dati e gli strumenti fin qui descritti, sebbene di un certo interesse pratico, non sarebbero di per se utili ai fini del miglioramento della percentuale di schiusa delle uova di selvaggina in condizioni di allevamento; del resto, stimare l’età di morte dell’embrione risulterebbe un esercizio del tutto inutile se ciò non fornisse ulteriori specifiche informazioni in merito ai fattori che quella mortalità hanno determinato in quella data fase di sviluppo embrionale.

Per questa ragione, si è proceduto alla messa a punto di un ulteriore strumento denominato DCM (quadro sinottico per la Determinazione delle Cause di Morte). Sulla base della stima dell’età di morte dell’embrione effettuata attraverso l’uso del MOSE e dello SDE, il DCM è in grado di fornire informazioni relative alle possibili cause di morte dell’embrione. Questo strumento, è scaturito da informazioni derivanti dalla consultazione della bibliografia disponibile in merito alle cause di mortalità embrionale nelle diverse specie avicole. Inoltre, grazie a riferimenti a sezioni del testo inerenti a determinati aspetti produttivi e/o di allevamento, il DCM sembra essere un valido contributo nella individuazione delle più opportune azioni in grado di ridurre o “attenuare” i fenomeni di mortalità. In questo senso, quindi, quest’ultimo strumento sembra essere un valido supporto per allevatori e tecnici, al fine del miglioramento delle performance di schiusa delle uova di selvaggina.

Nonostante ciò, ci sembra di poter affermare che il DCM necessiti di ulteriori contributi bibliografici al fine di migliorarne l’efficacia e conseguentemente, la sua utilità pratica. Infatti, per la sua redazione, si è dovuto fare troppo spesso riferimento a dati relativi a specie avicole allevate intensivamente, cioè ad avicoli allevati con obiettivi ed in condizioni del tutto diverse da quelle in cui si alleva la selvaggina (principalmente polli e tacchini).

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Nel complesso, nel DCM vengono riportati le possibili operazioni, che normalmente vengono svolte in allevamento e durante l’incubazione, in cui possono essere insorte problematiche in grado di causare morte degli embrioni; successivamente, per ciascuno di queste operazioni, il DCM individua le cause di morte embrionale ritenute più probabili, fornendo, per ciascuna di queste, un riferimento al testo nel quale la problematica considerata viene più ampiamente descritta e discussa; in questa sezione, infine, sarà anche possibile ottenere suggerimenti per le eventuali azioni da intraprendere al fine di ridurre la mortalità embrionale.

Seguendo quanto riscontrato in bibliografia, nel DCM sono state individuate complessivamente 7 “fasi critiche”. Di queste, in particolare, 5 si riferiscono al periodo di incubazione e altre 2, che le precedono, sono:

• una relativa alla fase di riproduzione o, per essere più precisi, relativa alle “uova non fecondate”;

• una relativa al periodo pre-incubazione, ossia allo stoccaggio delle uova.

Una accurata consultazione del DCM, così come strutturato, permette di individuare per ogni fase critica, le operazioni maggiormente interessate da fenomeni di mortalità insieme alle più probabili cause che possono aver determinato la presenza di uova sia non fertili sia con embrione morto. Nel primo caso (FC1), come già detto, le cause sono da ricercare principalmente nell’operazione di gestione dei riproduttori. Nel caso specifico, quindi, queste possono essere individuate nel rapporto sessi (DCM 1.1.1), alimentazione (DCM 1.1.2), densità di allevamento (DCM 1.1.3) ed età del maschio (DCM 1.1.4); il codice riportato tra parentesi, inoltre, fornisce il riferimento al testo in cui è possibile reperire suggerimenti in merito alla azioni da intraprendere per eliminare la causa o ridurre il suo effetto sulle performance di schiusa.

Per le uova con embrioni morti durante la fase di pre-incubazione (FC2), secondo quanto suggerito dal DCM, le cause di mortalità vanno ricercate, oltre che

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nell’operazione di gestione dei riproduttori, anche in quella di stoccaggio, di conduzione di pulizia e disinfezione oltre che in quella del trasporto delle uova. Per quanto riguarda la FC3 (embrioni morti tra 1° e 2° giorno di incubazione), le operazioni coinvolte sono quasi paragonabili alla fase precedente; ritroviamo infatti le operazioni riguardanti i riproduttori, lo stoccaggio e la pulizia e disinfezione delle uova, con la differenza che in questo caso non risultano interessate le operazioni di trasporto delle uova, ma sono invece coinvolte quelle relative all’incubazione.

Nella FC4 (3°-5° giorno), FC5 (8°-17° giorno) e FC6 (18°-19° giorno) si ritrovano le stesse operazioni, ovvero quella della pulizia e disinfezione e dell’incubazione, quest’ultima però nelle sue diverse componenti a seconda della fase critica. Nella FC5, si aggiunge, oltre ai due già nominati, l’operazione riguardante la gestione dei riproduttori; quest’ultima operazione la ritroviamo anche nella FC7 (21°-24° giorno), oltre alle operazioni riguardanti l’incubazione e il trasporto delle uova.

Come già precedentemente detto, da una parte lo studio comparato sullo sviluppo embrionale scaturito nel MOSE, dall’altra l’esame delle possibili cause di morte dell’embrione che ha portato alla redazione del DCM, sono aspetti strettamente legati tra loro; l’interazione di questi due studi e degli strumenti che ne sono scaturiti, infatti, permette di effettuare una agevole analisi della mortalità embrionale riscontrata durante il processo di incubazione. Questi strumenti operativi forniscono informazioni per risalire ai momenti più critici dell’intero processo di incubazione, identificando quali di questi sono maggiormente interessati da fenomeni di mortalità, e inoltre suggeriscono un criterio di intervento su diverse fasi dell’allevamento al fine di migliorare le performance riproduttive e in particolare di schiusa.

Per ultimo, ci sembra giusto sottolineare un aspetto importante e cioè che l’apertura delle uova non schiuse condotta ai fini del riconoscimento dell’età di morte dell’embrione, è un’operazione di solito condotta al termine del processo di

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incubazione; questo fatto, in particolare, fa si che in alcuni casi specifici dettagli possono non risultare ben individuabili e/o misurabili. Gli embrioni infatti, soprattutto se morti nei primi giorni d’incubazione, saranno andati incontro a colliquazione o degenerazione dei tessuti. Nonostante ciò, vi sono alcuni accorgimenti che possono permettere di giungere comunque ad una più o meno accurata stima dell’età di morte dell’embrione; ad esempio, gli embrioni morti nei primissimi giorni di incubazione, avranno caratteristiche poco riconoscibili per la degenerazione dei tessuti embrionali “primordiali” ma in questo caso, si potrà far riferimento alla eventuale esistenza dell’anello vascolare, la cui formazione e presenza rimane evidente anche a fine incubazione; o ancora gli embrioni morti nella seconda metà dell’incubazione (dal 12° giorno in poi), presenteranno un piumaggio più o meno sviluppato, altro elemento che rimarrà evidente anche dopo la morte dell’embrione e che può essere utilizzato per stimare l’età di morte dell’embrione. Per dare maggiori chiarificazioni vengono riportati di seguito alcuni esempi di uova aperte a fine incubazione con embrioni morti in diversi momenti:

Esempio 1)

Embrione di starna morto tra il 2° e il 3° giorno d’incubazione, l'embrione è

ben visibile, trasparente e

parzialmente circondato dall'anello vascolare che presenta un inizio di vascolarizzazione.

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Esempio 2)

Embrione di fagiano morto al 3° giorno d’incubazione, è visibile l'embrione a forma di “?”, circondato dalla trama vascolare all’interno dell'anello vascolare ormai colliquato.

Esempio 3)

Embrione di pernice tra il 5° e il

6°giorno d’incubazione,

l’embrione è bianco-rosato,

l'occhio è presente ma non le

vescicole encefaliche che

compaiono al 6° giorno.

L’embrione probabilmente

malformato presenta abbozzi degli arti posteriori e appare parzialmente liquefatto.

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Esempio 4)

Embrione di pernice morto tra il 6° e il 7° giorno d’incubazione, sono visibili le vescicole encefaliche e l'occhio ben formato ed è possibile vedere anche la pupilla. L'embrione appare infarcito di sangue.

Esempio 5)

Embrione di fagiano morto tra l’8° e il 9°giorno d’incubazione, l'embrione appare formato, è ben visibile l'occhio, l'abbozzo del becco e gli arti posteriori sono già sviluppati mentre

quelli anteriori ancora

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Esempio 6)

Embrione di pernice morto all’11° giorno d’incubazione, l’embrione è ben sviluppato, è visibile l'occhio, il becco è formato, arti posteriori e anteriori sviluppati e divisi nelle diverse porzioni anatomiche, dite separate; visibili le aree pteriliche sulla faccia esterna della coscia e sulla spina dorsale.

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6.CONCLUSIONI

Questo studio offre una descrizione analitica dello sviluppo embrionale di fagiano (Phasianus colchicus), pernice (Alectoris rufa) e starna (Perdix perdix), descrizione effettuata con cadenza giornaliera, per tutto il periodo di incubazione delle uova. I dati scaturiti da questo studio possono essere considerati particolarmente interessanti, se non altro per la loro “unicità”, visto e considerato che ancora oggi non erano disponibili dati simili per nessuna delle specie considerate. Inoltre, anche dal punto di vista qualitativo e quantitativo, le osservazioni e le misurazioni effettuate possono essere considerate sufficientemente esaustive.

Tutti i dati raccolti nell’ambito dello studio comparativo oggetto del presente lavoro, hanno inoltre permesso di redigere due strumenti operativi, il MOSE (Manuale Osservazione Sviluppo Embrionale) e lo SDE (Scheda di Determinazione dell’Età dell’embrione), ciascuno di questi strumenti, è stato pensato con l’obiettivo di permettere la stima dell’età di morte degli embrioni nelle uova non schiuse al termine del processo di incubazione. In particolare, MOSE e SDE permettono di stimare in maniera semplice ed immediata l’età di morte dell’embrione anche grazie al fatto che il loro impiego richiede semplici osservazioni dirette degli embrioni e, cosa assolutamente importante, di tipo prettamente macroscopico. L’accuratezza della stima dell’età di morte dell’embrione che è possibili ottenere mediante l’uso del MOSE e dello SDE, può essere ritenuta del tutto soddisfacente in funzione dell’obiettivo primario che lo studio si prefiggeva, cioè quello di porre le basi per un approccio funzionale e “razionale” verso il miglioramento delle performance riproduttive (schiusa) di fagiani, pernici e starne in condizioni di allevamento. Infatti, a questo scopo, un’approssimazione della stima dell’età di morte dell’embrione di circa un giorno, è da considerare del tutto soddisfacente.

Ancora, Mose e SDE, offrono interessanti informazioni anche in merito a differenze, di nuovo di tipo macroscopico, in relazione allo sviluppo embrionale delle tre specie considerate.

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Pur avendo un interessante fine pratico, da soli il MOSE e lo SDE non sono sufficienti a raggiungere lo scopo finale del presente studio, ossia, come detto, il miglioramento delle performance di schiusa e quindi riproduttive di fagiano, pernice e starna. Per questo motivo, le informazioni contenute nel MOSE e nello SDE, trovano un significato pratico e di una certa utilità nella redazione di un ulteriore strumento operativo, che abbiamo denominato DCM (Quadro sinottico per la Determinazione delle Cause di Morte). Quest’ultimo valorizza i dati contenuti nel MOSE e nello SDE, poiché, in funzione dell’età di morte embrionale, permette di individuare le fasi critiche ai fini della mortalità embrionale, le operazioni che più di altre sono coinvolte nel determinare fenomeni di mortalità ed infine, le vere e proprie cause che, da caso a caso, potrebbero aver causato mortalità embrionale.

Nel complesso, l’insieme di questi strumenti, quindi DCM incluso, sembra poter essere facilmente utilizzato da tutti gli addetti ai lavori ed in modo particolare da tecnici e allevatori, sia in quanto basati su semplici osservazioni macroscopiche, sia per la loro struttura che ne rende la consultazione una “guida” verso la rimozione di eventuali fattori che determinano una penalizzazione dei risultati di allevamento, in termini di schiusa in primis, ma, più in generale anche in termini di performance riproduttive.

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7. BIBILIOGRAFIA E SITOGRAFIA