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Plurale (maschile e femminile) e femminile singolare

Sull’alternanza tra nominativo e vocativo in rumeno

22) Conform formulei, Ioane (VOC), rezultatul este ‘In base alla formula, Giovanni, il risultato è ’ 321

5.3 Fattori pragmatici e sociolinguistic

5.3.2 Il ruolo dell’articolo

5.3.2.2 Plurale (maschile e femminile) e femminile singolare

PLUR. –ART +ART

M F M F VOC -lor NOM -i -e/-le/-ie -i, -uri -(i)i -le F. S. –ART +ART VOC -o

NOM -ă/-a, -e, -Ø -a

Prospetto delle uscite dei nominativi e dei vocativi plurali (M e F) e femminili singolari

Diverso è lo stato della desinenza di vocativo plurale -lor: formalmente, essa coincide sia con l’articolo sia con la marca di caso genitivo-dativo. Quest’ultima sarebbe stata poi estesa al vocativo plurale a seguito di una rianalisi di alcune apposizioni al dativo in rumeno antico336. A partire da una frase come vă spun vouă fraţilor ‘io parlo a voi fratelli’ si sarebbe giunti a vă spun vouă, fraţilor, ‘io parlo a voi, fratelli’ o, ancora, da vai de voi

bogaţilor ‘guai a voi ricchi’ a vai de voi, bogaţilor, ‘guai a voi, ricchi’337.

Un’espressione rimasta nel rumeno moderno, come Doamnelor şi Domnilor ‘signore e signori’, avrebbe avuto in origine un antecedente pronominale dativo di seconda persona, poi sottinteso ‘(a voi,) signore e signori’. La desinenza -lor ha perso l’originario tratto di definitezza ed è stata rianalizzata come marca di vocativo plurale.

I nominativi plurali presentano diversi tipi di restrizioni, di natura prevalentemente sintattica:

- i femminili non modificati non possono ricorrere senza articolo in contesti vocativali (a);

- i maschili non modificati, salvo alcune eccezioni338, possono presentare sia la forma definita che la forma non definita (b):

336 Croitor-Hill (2013: 807). 337

Spitzer (1945: 8).

338

Di nuovo fa eccezione il sostantivo domn che al plurale tende a ricorrere nella forma di nominativo articolato: Faceţi loc la scară, domnii (NOM + ART)! /*domni (NOM)! ‘Signori, fate spazio alla scala!’ (Croitor-Hill 2013: 810).

a) Fetele (NOM + ART) /*Fete (NOM), mergem la un film? ‘Ragazze, andiamo a vedere un film?’;

b) Bravo, rugbişti (NOM)! /rugbiştii (NOM + ART)! ‘Bravi, giocatori di rugby!’339.

Nel vocativo femminile uscente in -o non è possibile riconoscere la presenza dell’articolo, il quale, se ci fosse, verrebbe assorbito dalla vocale desinenziale. Tale desinenza, dall’origine dibattuta340, viene comunque considerata, a livello sincronico, come propria del vocativo femminile appartenente alla declinazione non definita. Si parlerà, pertanto, di vocativo articolato solo in riferimento al maschile singolare in -ule. Diversamente dalla rispettiva forma di nominativo, quella con la desinenza di vocativo -o è portatrice di un particolare tratto di informalità che può giungere fino all’indicazione di una mancanza di cortesia. Non sempre, tuttavia, è facile tracciare e riconoscere confini netti nell’uso delle due forme; in aggiunta, i femminili possono trovarsi anche nella forma di nominativo definita anche se le modalità di impiego di quest’ultima non sono state particolarmente approfondite. Un tentativo di risolvere la questione viene proposto da Croitor e Hill: «the [nominative] definite form is restricted to contexts where the vocative encodes other pragmatic features beyond the call/attention drawing»341. La loro spiegazione, però, sempre legata a fattori di natura pragmatica, risulta poco dettagliata dal momento che non si specifica quali sono i particolari contesti pragmatici cui ci si riferisce.

Sulla base degli studi considerati, pertanto, il quadro che emerge per il femminile singolare è il seguente:

neutralità espressiva

[– informalità] [+ informalità] [+ informalità] [– cortesia]

NOM (–ART) VOC (-o) + NOM (+ART): altri contesti pragmatici rispetto al richiamo di attenzione.

339 Esempi tratti da Croitor-Hill (2013: 810). 340

La desinenza -o viene ritenuta, dai più, un prestito slavo, cfr. ad es., Rosetti (1945: 139; 1947: 104); Dindelegan (2013: 273); Croitor-Hill (2013: 806). In due famosi studi di Tucker (1944: 24 e segg.) e Spitzer (1945: 13) le si attribuisce, invece, un’origine romanza.

341

5.3.2.3 Considerazioni conclusive

Le restrizioni fonetiche e prosodiche che determinano la scelta tra le desinenze -e e -ule da un lato, e il significato peggiorativo di quest’ultima desinenza dall’altro, bastano già da sole a dimostrare che l’articolo, nei contesti allocutivi, non abbia il suo consueto valore di definitezza. Su questa linea si era già posto Hořejší, notando che «le vocatif roumain ne participe pas – à la différence des autres cas des noms et des adjectifs – à l’opposition articulé-non articulé; les vocatifs terminés en -e et -ule ne sont pas distingués de cette façon, car l’opposition sémantique entre ceux-ci est d’un autre genre que celle qui distingue les formes articulées et non articulées des autres cas»342.

A conferma di ciò, si aggiungono anche le ragioni, poco chiare, dell’alternanza tra nominativo articolato o non articolato negli stessi contesti vocativali (si pensi soprattutto al caso del femminile singolare).

Nella maggior parte delle lingue la presenza dell’articolo non è ammessa in funzione vocativale dal momento che il destinatario possiede una semantica inerentemente definita; la sua assenza, inoltre è, a volte, l’unico fattore che permette di identificare un sintagma vocativale, qualora questo non sia marcato da altri mezzi morfologici (cfr. ad esempio ingl. waiter! vs. *the waiter!)343. Il rumeno presenta invece un sistema idiosincratico nell’uso dell’articolo, un sistema che non ne prevede la cancellazione nelle allocuzioni e che può essere spiegato in base a motivazioni di ordine pragmatico e sociolinguistico. Un’attenta riflessione a riguardo è stata condotta nel lavoro di Hill, in linea con gli schemi riassuntivi della distribuzione delle varie forme per ciascuna categoria di genere e numero: «The article has the function of qualifying the inter- personal relation in that address […]. The definite article is irrelevant for the specific/definite interpretation […]. The presence of the article in the Vocative Phrase does not preserve its default function, since the article is used to mark the [i-p] features and probably the [2nd person] as well, but not definiteness»344.

Un’altra particolarità del rumeno va vista nel fatto che le marche di vocativo, caso dedicato per l’allocuzione, denotano inaspettatamente un contesto meno marcato, essendo

342 Hořejší (1965: 251). 343 Hill (2014: 62). 344 Hill (2014: 65).

associate al tratto dell’informalità, quando invece ci si aspetterebbe che il caso più specifico fosse associato a un contesto a sua volta più specifico (+ formalità).

Se si prendono in considerazione le singole forme di caso relativamente alla struttura morfologica, visibili nel modo più completo nel paradigma del maschile singolare, tuttavia, si osserverà una corrispondenza tra l’aumento della complessità formale da un lato e del numero di significati dall’altro, nel rispetto del principio di iconicità per cui a un aumento di marche sul piano formale corrisponde, su quello semantico, un aumento di significati. Il vocativo articolato (forma più marcata dal punto di vista morfologico) è portatore, oltre che del tratto [+ informalità], anche del tratto [– cortesia] in determinati contesti. Il nominativo non articolato, rappresentato generalmente dal tema puro, invece, può essere usato come default anche in un contesto neutrale dal punto di vista della formalità.