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E POI SEGUITA LA PRATICA NATA DA ESSA »

Nel documento ANNUARIO DEL (pagine 23-31)

(LEONARDO da VINCI)

Eccellenze, Signore e Sign ori - che. sie te qui cortese-mente convenu t i per rendere coll a vostra presenza plU so-lenne e più degna questa cerim on ia con cu i la tradizione vuole che si apra un nuovo anno di lavoro e di studio dei nostri giovani allievi - consen t ite che, non tanto a voi, quanto a questi giovani io mi rivolga per metterli, fin dal primo giorno, di fronte'a quello che a me sem b r a uno dei più importantie deipiù deli catiproblemi dellaloro vita di st u diosi.

Problema di equ ili b ri o fra due div erse e spesso con t r a -st an t i esigen ze di qualsiasi insegnamento su pe riore - e del-l'insegnamento superiore tecnico in modo particolare - pro-blema di eq uilib rio tra la naturale aspirazione della nostra men t e alle più alte vette della con osce n za, e la indisp en sa bile iniziazione a quella pratica professionale per cui la scie nza si traduce in applicazioni utili all'uomo ed alla societ à .

Il problema non è nuovo: non è di quelli che sono st a t i posti dal moderno rapido evolvers i della scie n za e della tecni ca.

Nè nuova è la solu zione che noi possiamo tentare di dargli.

Leonardo da Vinc i - che coll'ala del genio ha sfior at i tutti gli argomenti, ed a proposito di ciascu n o ha detta una parola riv elatrice di una insuper ata profondità di pen siero

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2 - Annua rio del Pol itecnico di Torino.

Leonardo da Vinci av eva gla enunciato il problema e lo aveva insieme risolto con un tipico e sa p ie n te ammonimento:

«Stu dia prima la scienz a, epoi seguita la pratica nata da essa», E non v'è fra noi , io cre d o , chi non si sen t a d'accordo con lu i in quest a così ovvia e ra gi onevole affermazione di preminenza tra la teoria e la pratica.

E non ci sareb be più nulla da dire se noi dov essimo limi-tarci, come Egli si è limit ato , ad una assiom a t ic a affer m a zione di principio; se non fossimo noi di quelli che l' affermazione di principio sentono il bisogno di con fortare con argomenti positivi e di concre tare con precis a zion i che dicano se e come i princip ii possono poi trad u rs i in atto e conciliarsi colle esi-genze della vita di ogni giorno.

Perchè si fa presto a dire che biso gna prima st u diare la scie n za, ma basta essers i messi una volta per questa via, seriamente, con sincer it à di propositi, sen za riserv e nè mezzi ter m in i,'per accorgers i che questo è un programma che non ha limiti ; che più lo si persegue, più vasti si scop r on o gli oriz-zon ti e le nuov e mete da cu i lo st u dios o, quando è preso dal fa scino dell a: ricerca , e messo di fronte al mistero dell 'universo, non sa più, non può più, non vuoI più distoglier lo sguardo.

St u di a re la scie n za : ma vuoI dire far convergere tutte le forze, tutte le potenze del proprio essere vers o la conquista dell a ver it à . E basta che un lembo, sia pur modestissimo, di questa veri t à di cu i sia m o irrimediabilmente assetati ci si riv eli - basta che un piccolo sq u a rcio si faccia nel denso velo che alla nostra mente la na sconde - basta che un tenue raggio di luce, attr avers o quello sq u a rci o, giu n ga a colpire la nostra intelligenza, perchè noi sia m o per sem p re conqui-stat i, ed alla scie n za vot iamo per sem p re tutti noi stessi, tut t a la nostra vita.

Ma tutta una vita non basterà più all'impresa che è, come ho dett o, per su a natura sen za limiti-n è con fin i.

E l'uomo che avrà provato a vivere nella su ggest iva atmosfera della ricerca disinteressata - l'uomo che, avendo imparato a su bire in sile n zi o la oscurità di interminabili at-tese, avrà , a premio della su a insonne fatica, anche una sol volta conosciuta l'ebbrezza di una con q u is t a - l'uomo ch e si sen te ormai non inutile gregario in questa impresa che guida l'umanità verso una sem p re meno·imperfetta e meno

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incompleta conoscenza dell 'univ erso e delle sue leggi - non sapr à più distoglier e la su a mente dalla meta luminosa che, sol che gli appaia, sia pur lontana ed ina ccessibile, ha l'a rcana virtù di elevare e di arricchire il su o spirito . .

Se quest 'uom o si tro v a accan t o dei giovani, egli sognerà su bit o di avvincerli, di conquistarli al su o id eale, di farli partecipi del suo entusiasmo, di farne i contin uatori d el-l'opera sua .

.E quando si accorgerà che soltanto un a piccola élite

può e vuo le seguirlo su la via lumin osa della scienza pur a, dell a scienza fine a se stessa, della scien za disinteressata, della.scien za che nella eleva zio ne e nello arricchimento dello spirito trova, colla sua ra gion d'essere, il suo compimento ed il suo pre m io - quando si accor ger à che, per ragioni di · congen it a insuffi cienza o an che soltan t o (ciò che è forse ancor più.triste) per ragioni di conven ien ze suggerite od imposte da situazioni famigliari o sociali, la maggior par t e dei su oi allie vi non sa che fars i di ciò ch'egli vor re b be dar loro, ma chie de soltan t o, e vuole solta n to essere pre p arata ed abilit ata all' esercizio di una professione - allora il problema si imporrà a lui in tutta la su a crudezza ed egli sar à su o malgr ado co-stretto a chied ersi quand' è che il precetto «Studia prima la scienza » potrà cons ide rars i port ato a com pimen t o, e dovrà ced ereil passo all'altro: «epoi seguita la pratica nata da essa». E gli accadrà forse di sent irsi incapace a riso lver e il problema che lo porta inopinatamente fuori.del quadro stesso della su a vit a; e quasi cer t a men te gli accadrà di riconoscersi inadatto a guidare quei giovani per vie che non sono le su e, che non son o quelle che egli conosce e persegue.

E logi camente pen serà, e lealmente vi dirà, che nel loro ulteriore cammino è meglio che quei giovani vengano guidati da altri, che vivano nella pratica , che esercit in o effettiva-mente la professione.

Ciò che , a prima vista, potrebbe sembrare assai facile a farsi , dato che di uomini che, vivendo nel pratico eser cizio. della professione, vi abbiano acquistato perizia e prestigio, v'è per cer t o maggior dovizia che di cultori di scie n ze pure.

Ma facile non è.

Non per nulla Leònardo da Vinci non si è limitato a dire: «Studia prima la scienza e poi seguita la pratica» ma 19

- vedi la finezza del gemo - ha detto: «seguita la pratica nata da essa scienza »,

V'è in questa sua precisa enunciazione un imperativo a cui noi non possiamo sottrarei se non vogliamo tradire in-sieme e la scie n za e la pratica e i giovani che a noi si affidano.

A un certo punto dei loro st u di la scu ola deve consentire che questi giovani distolgano lo sgu a r d o dalla scienza pura per volge rlo alle ap p lic a zion i; dev e anzi predisporre questa deviazione, questo sp os t a men t o di obbiettivi, deve preordi-narIa, ma preo ccupandosi di far sì che la pratica a cu i i gio-va n i si avvian o sia quell a che Leonardo ch ia ma «nata dalla scienza »e come tale con se r v i colla scie n za tutti quei rapporti che ne fanno una non degenere figlia.

Per esser preciso dirò che la pratica a cu i noi avviamo i nostri giovani allievi dovrebbe essere animata da uno sp i-rito di ricerca non meno viv o ed intraprendente di quello che car a tteri zza l'attività scie n t ifica propriamente detta.

E noto infatti che i problemi che la tecnica è chiamata ad affrontare ed a risolvere sono solo eccezion alm en t e di quelli di cu i noi possediamo una solu zione razionale.

Nè il tecnico può arrestarsi di fronte alle limitazioni che alla scelta dei problemipotrebberoapparireimpostedallost u dio attuale dell e nostre conoscenze scie n t ifiche e dalle conseguenti possibilità di calcolo.

Non lo può e non lo dev e. Perchè egli sa, e constata ogni giorno, che al di là dell e nostre possibilità di investiga-zione analitica esis te tutto un mondo di nuove possibilità che son o suggerite dall' esperienza e, più spesso ancora , dalla sem p li ce osservazione e dalla retta interpretazione dei feno-meni della natura.

Egli è spesso indotto a riconoscere che, persino nel caso dei problemi a cu i noi sia m o riusciti a dare una soluzione razionale, la realt à è poi non di rado div ersa da quella d efi-nita dai risultati dei nostri ca lcoli, e che solu zion i differenti, e spesso migliori , si realizzano per l'interv ento di fattori da cu i noi av evamo cre d u to di pot er prescin dere .

La ver it à è che l'estrema com p less it à dei fenomeni, il grande numero di va r ia b ili da cui essi.dipendono e l'incerto com p or t a men t o di esse, la molteplicità, e diciamo pure l'ar-bitrarietà, delle ipotesi che noi sia m o cos t ret t i a postulare

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quando tentiamo di tradurre quei fenomeni in termini mate-matici , rendono non di rado illusorio il rigore dell a solu zion e.

A questa solu zione, che del rigore ha solo l'apparenza, il tecnico è allora indotto a preferire posizioni che non hanno alcuna giustifi cazione razionale, ma che gli son o su gge rit e dalla su a personale intuizione del fenomeno.

D'altronde la st or ia dell 'ingegneria ci offre non pochi esem pi di cas i in cu i l'intujzione del tecnico ha feli cemente prec eduto gli svilu p pi della teoria: in cu i cioè questi svilu p pi hanno poi recato all'intuizione del tecnico il con for t o di una success iv a, piena, e perciò tanto più preziosa giustificazione.

Si può ben dire che, in questi cas i , la tecnica ha, con divi-natrice potenza, offerto alla scienza gli elem en ti basilari su cu i il proce sso logi co ha poi potuto svilu p p ars i.

Le vie di questa potenza divinatrice son o spesso oscure: promanano da misteriosi .rap p or t i fra la personalità del ricer-catore e la natura osservata; e sfociano nella en u n cia zion e del tutto ip ot etica di leggi che non è possibile verifica re,dire tta -mente, ma che trov eranno la loro conferma nel controllo spe-rimentale di qualche conseguenza che la scie n za, operando su quell e enunciazioni, abbia logi camente elab or a t a.

Ma non è di tutti percorrere vie siffa tte. Il tentarle im-plica, da parte del tecnico, una pres a di posizione non priva di ardimento; implica l'accetta zione di un aumento di r espon-sabilità; implica la deci sa volon t à di dominare il mondo esterno com p ien d o il su p rem o sforzo di .adeguarsi alle leggi che lo governano prima ancora di av erne la perfetta,cono -scenza.

Ora perchè in un tale tentativo sia evit at o il grav e in -combente pericolo di cadere nel più banale em pir is m o, è in dispensa b ile che il tecnico possa fare un sicu r o affid a men t o su di una solida formazione scie n t ifica .

In realtà l'in segn a men t o tecnico può senza pericolo spin -gersi al di là dei limiti dell e nostre con os cen ze Scie n t ifiche, ed affrontare la realtà rinunciando a cos t rin ge rl a nei tradi-zionali schemi troppo limita ti ed imperfetti, ed abbordare problemi che allo st a t o dell e cose son o teoricamente inabbor-dabili, solo se si rivolge a giovani in cu i le idee fondamentali di una concezione razional e dell 'univ erso son o cos ì profon-damente e sald a men te radicate da eli m inare ogn i peri colo

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che esse vengano perse di vista anche là dove sembr a esclusa , almeno per il momento, ogni possibilità di un a loro ap p lic a -zione diretta.

E

perciò proprio quando si vuole spingere !'in segna m ento tecnico più addentro e più innanzi nei settori dello scib ile scie n tifica men te non ancor del tutto esp lor a t i, che a questo insegnamento occorre premettere un più severo e prolung ato addestramento nell e discipline scie n t ifiche.

E mano mano che nuov e e più ardite tecniche si vanno affermando, non è solta n t o della naturale evoluzione dei ri -spettivi insegnamenti che noi dobbiamo preo ccuparc i, ma del più ampio sviluppo che occorre attribuire alle scien ze fonda -mentalida cu i quell etecnichetraggono originee giustificaz ione.

Quando io pen so agli sviluppi cui daranno sicu r a men t e luogo le più recenti scoper te nel campo della fisica nucleare - e a quell a che sa rà fra pochi anni la nuovissima branca dell'ingegn eria: «l'ingegneria nucleare » - l'u nica cosa ch e mi preo ccupa è il fatto che nelle nostre Scuole non si sia ancora sen t it o il biso gno di provvedere alla istituzione, per gli allievi ingegneri, di un regolare insegnamento di fisica teorica (1). E non poss o lasciar passare l'occasione che mi si offre oggi di formulare il vot o che a questa ist it u zione si ad-divenga al più presto almeno in quell e scu ole che, come la nostra, hanno la tradizion e e la volontà di esser sem p re pr e-sen t i su l fronte, sempre in movimento, del progresso scienti-fico tecnico.

Come non posso esimerm i dall' auspicare che in queste nostre Scuole si trovi il modo di parlare più spesso e più diffusamente ai giovani dcllc fonti della con os cen za.

Poeo importa sotto qual titolo.

Una volta si sa reb be cer t a men te pen sato ad una «filo -sofia della scie n za ». In tempi più recenti l'in segnamen t o a eui io alludo avrebb e probabilmente preso il nome di «st oria della scienza » o di «critica dei principii».

Non v'è du bbio che domani lo si chiamerà più realistica-mente col nome di «tecnica della ricerca scien t ifica ».

Qu el che imp orta si è ch e in qualche modo si provveda non solo ad or ientare tem p est iv a men te verso la ricerca quei

(I) Nel Politecnicodi Milano si tiene un corso di «Fisica Nu cleare applicata».

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pochi che ad ess a dedicheranno poi tutta la vita, ma anche e sop r a t t u ttoad interessare al processo psi cologico della ri-cerc a l'intierà massa dei giova n i ed in modo particolare pro-prio quelli che finiranno inv ece per dedicarsi all' esercizio della professione.

Ai quali - prima di ch iu dere questo mio brev e inter-vento - io vorre i offrire una con clus ione che è, solo appa -rent ement e, paradossale, ma che merita tutta la loro atten-ZIOne.

Ed è questa: che quell'abito al rigore scien t ifico che si acquista nello st u dio sever o dell e discipline matematiche e fisi che - se rappresenta il presupposto ideal e della ricer ca pura e la indispensabile ca r a tter ist ic a di quanti a questa ricerca intendono dedicarsi - non-è meno necessario a color o 13 cu i attività si svolge r à nell'ambito della professione ; la quale, più spesso di quanto non si creda, inv este settori in cui le vie della inv estigazione razionale non son o ancora aperte, in cui .perciò le teorie scien t ifiche non ci soccor r on o, ma in cu i una severa formazione scie n t ifica può riuscir pre-ziosa ogniqualvolta l'ingeg n ere si venga a trovare nella ne-cessità di sce glie re tra le soluzioni ovvie della tecnica corrente e quell e, hen più impegnativ e, che gli sa r a nn o su gge r ite dalla sua personale intuizione di leggi non ancor con os ciute .

E biso gna che l'ingegnere sa p p ia che dall' ardimento , dalla consapevolezza e dal sens o di responsabilità con cui egli farà questa scelta, dipende non soltanto l'efficienza dell e su e crea-zioni, ma l'influenza che attraverso ad esse egli potrà eserci-ta r e su gli svilu p pi futuri della scie n za, della tecnica , della civiltà.

GUSTAVO COLONNETT I.

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DIRETTORI DEL POLITECNICO

Nel documento ANNUARIO DEL (pagine 23-31)