• Non ci sono risultati.

Il “precedente” nella giurisprudenza della Corte e la sua normatività

IL VALORE DEL “PRECEDENTE” NELLA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

2. Un “precedente” de facto vincolante

2.3. Il “precedente” nella giurisprudenza della Corte e la sua normatività

La bindingness o non bindingness della ratio decidendi, ossia l’efficacia dell’oggetto del precedente giudiziale, è stata da sempre percepita come la questione centrale per determinare se un ordinamento aderisse o meno a una dottrina dello stare decisis. Tuttavia, come illustrato, tale binomio è riduttivo di ogni riflessione in tema di precedente. Il valore, il peso e l’importanza del precedente giudiziale non esprimono, infatti, che cosa esso sia bensì ne individua una delle sue caratteristiche, quella dell’efficacia.

Al contempo, non si può negare che il concetto di “dottrina del precedente” o “dottrina dello stare decisis” viene comunemente identificata con la presenza di un valore vincolante della ratio decidendi, quale che sia la fonte di tale vincolo, nei confronti del giudice successivo – con diverse attenuazioni in base alla posizione e al grado gerarchico in cui tale giudice si trova – non foss’altro che per il fatto che la case law è, in tali ordinamenti, considerata la principale fonte del diritto. E, peraltro, nella prospettiva della dottrina più tradizionale non si pone la problematicità dell’efficacia del precedente in quanto il precedente per definizione «ha efficacia giuridicamente vincolante per le decisioni successive di casi identici o analoghi, […]; ciò che non ha questa efficacia non è un precedente in senso proprio»139. Tale prospettiva è certamente ristretta e attuabile

139 M.TARUFFO, Dimensioni del precedente giudiziario, op. cit., spec. p. 426. L’A. puntualizza che «anche nell’ambito della teoria tradizionale del precedente vi sono dubbi a proposito dell’efficacia vincolante che esso dovrebbe avere. Le ipotesi in cui questo effetto non si verifica per le ragioni più varie, e le tecniche di cui i giudici si servono per evitare il vincolo del precedente sono tali da far dubitare dell’esistenza di un vincolo giuridico effettivamente operante. Si riconosce dunque che il precedente è efficace solo quanto il giudice del caso successivo ritiene opportuno non discostarsene: ma allora si è sul

solo per alcuni tratti del sistema inglese, al contrario risulta troppo rigorosa se applicata a una teoria generale del precedente. Pertanto, atteso che pur in assenza di una compiuta dottrina dello stare decisis la Corte fa ampio uso delle proprie decisioni precedenti, si cercherà di individuare il perimetro della loro efficacia e del grado della medesima.

La prima constatazione sull’efficacia è che pur in assenza di un obbligo giuridico, né tanto più la Corte ha mai mostrato la sussistenza di obbligo di altra natura come potrebbe essere quello morale, di attenersi alle proprie precedenti pronunce – peraltro, come si vedrà di seguito140, quand’anche si allontana da una linea giurisprudenziale o da un precedente giudiziale il giudice di Lussemburgo non ritiene di dover necessariamente fornire delle motivazioni – e de facto essa non se ne distanzia141. Tuttavia, la mera affermazione di una vincolatività de facto del precedente giudiziale della Corte di giustizia nulla dice sul carattere di tale vincolatività (e, dunque, della sua normatività) e sul grado di efficacia della medesima. In breve, l’espressione bindingness de facto nulla aggiunge ad un’analisi sulla determinazione del grado di normatività del precedente giudiziale della Corte di giustizia, se non il fatto che la normatività, l’obbligatorietà, del precedente trova la sua ratio in forme diverse rispetto ad un sistema in cui il precedente è formalmente vincolante (formally bindingness), ove la fonte di tale vincolo è insita in un obbligo giuridico di ordine costituzionale o consuetudinario che prevede che il precedente debba essere, a talune condizioni, necessariamente seguito142.

Per superare dunque l’impasse dato dall’assunto che il precedente è vincolante altrimenti non è precedente pare più utile affrontare il tema dell’efficacia del precedente a mezzo di una scala di gradi di efficacia del medesimo, secondo una gradazione che va dalla più stringente al valore meramente illustrativo della pronuncia precedente. Si

terreno dell’efficacia persuasiva del precedente, o di una bindingness attenuata, non su quello di una vincolatività rigorosa».

140 V. infra, par. 3 del presente capitolo, nonché cfr. O.DUE,Understanding the Reasoning of the Court of Justice, in (eds.)G.C.RODRIGUES IGLESIAS,O.DUE,R.SCHINTGEN,C.ELSEN, Mélange en hommage à

Fernand Schockweiler, Baden Baden, 1999, p. 73 ss., spec. p. 85, ove l’A. afferma che «[…] the Court

endeavors to develop a coherent and consistent case law thereby avoiding uncertainty among the subjects of Community law and especially among the national courts. Therefore precedents play a considerable role. However, the Court in no way considers itself bound by its previous case law. Maybe for this reason the Court did not in the beginning find it necessary to state expressly when it deviated from the reasoning in earlier judgments and why it did so».

141 J.J.BARCELÓ, Precedent in European Community Law, op. cit., spec. p. 420.

142 L’efficacia del precedente risulta con maggior rilievo quando si guarda all’argomentazione fondata sul precedente da parte di un giudice di grado inferiore, aspetto a cui è dedicato il quarto capitolo del presente lavoro. In questa fase, come anticipato nei paragrafi che precedono, si guarderà all’efficacia dell’autoprecedente della corte suprema, v. infra capitolo IV.

possono individuare quattro gradi di efficacia: (i) vincolatività formale (formal bindingness); (ii) un precedente formalmente non vincolante ma avente una certa autorità (not formally binding but having force); (iii) formalmente non vincolante e non avente autorità ma portatore di un supporto ulteriore (not formally binding and not having force but provinding further support); (iv) meramente illustrativo o altro valore (mere illustrativeness or other value)143. Una critica che potrebbe essere opposta a tale ripartizione riguarda la sua effettiva utilità a fronte di una Corte che solo raramente discute del valore della propria giurisprudenza precedente. La scelta di una tale analisi risiede, in primo luogo, nel fatto che una tale misurazione del grado di efficacia del precedente trascende dalla tradizionale opposizione tra common law e civil law che, come più volte rilevato, è sviante e limitativa rispetto ad un’analisi del precedente e, in secondo luogo, permette di prescindere da eventuali pre-categorizzazioni sul valore del precedente.

Il primo grado di efficacia può essere escluso dall’analisi in quanto, a tutta evidenza, non applicabile all’ordinamento dell’Unione. E, come messo in evidenza dalla dottrina maggioritaria, forse opportunamente, una dottrina del precedente formalmente vincolante non è stata mai prevista dai trattati, specialmente per la natura aperta degli stessi e per la necessità della Corte di vedersi attribuito un certo margine di flessibilità rispetto alla propria giurisprudenza, specie qualora in presenza di importanti implicazioni costituzionali o a fronte di modifiche apportate ai trattati risulti opportuno allontanarsi da quanto statuito in precedenza144. Peraltro, pare poco opportuno spendersi sull’opportunità

143 La quadripartizione proposta è stata ripresa da A.PECZENIK,The Binding Force of Precedent, in

(eds.) D.NEIL MCCORMICK ET AL., Interpreting Precedents, Oxford, 1997, p. 461 ss., passim; v. altresì, M. TARUFFO, Dimensioni del precedente giudiziario, op. cit., spec. p. 426 ss.

144 A.ARNULL, Interpretation and Precedent in English and Community Law, op. cit., spec. p. 120. Le medesime ragioni rispetto all’assenza di una dottrina del precedente sono messe in evidenza anche dall’avvocato generale Trstenjak (Conclusioni dell’avvocato generale Verica Trstenjak rese il 28 marzo 2007, causa C-331/05 P, Internationaler Hilfsfonds c. Commissione, ECLI:EU:C:2007:191, par. 85) il quale afferma che «l’effet de création d’un précédent des arrêts n’est pas une caractéristique inhérente à la juridiction de l’Union. Bien que les juridictions communautaires s’efforcent, dans l’intérêt de la sécurité juridique et de l’interprétation unitaire du droit communautaire, d’interpréter le droit de façon cohérente, la structure générale tant de l’ordre juridique communautaire que des juridictions elles-mêmes s’oppose à ce que celles-ci soient liées par leur jurisprudence antérieure. Historiquement, cela s’explique par le fait qu’à l’origine la Communauté a été fondée pas des États qui appartenaient au cercle continental des pays européens de droit civil, ce qui a marqué l’ordre juridique supranational qu’ils ont créé. En outre, cela résulte également du fait que la Cour, à l’origine, a été fondée en tant que juridiction de première et de dernière instance, avant qu’il ne lui soit adjoint, par décision du Conseil, le Tribunal de première instance. Il aurait été inapproprié d’attribuer aux arrêts l’effet de création de précédents, au sens de la “common law”, dans la mesure où un revirement d’un arrêt de la Cour ayant acquis force de chose jugée n’aurait été possible qu’à travers la modification des traités fondateurs. Or, si l’on considère l’obstacle constitutionnel que cela

dell’assenza di una tale dottrina in quanto una semplice constatazione fattuale mostra che una dottrina del precedente formalmente vincolante non risulta imposta da parte di nessun ordinamento nei confronti della propria corte suprema, nemmeno la House of Lord lo è145; sarebbe stato senz’altro sorprendente una teoria del precedente formalmente vincolante imposta alla corte suprema di un ordinamento nuovo, quale quello comunitario, istituito da sei Paesi di tradizione civilista.

Passando dunque all’esame delle ulteriori gradazioni di efficacia, il secondo grado che attribuisce al precedente una certa autorità, pur non essendo formalmente vincolante, caratterizza quegli ordinamenti in cui il ragionamento giuridico si fonda, in larga parte, sul precedente giudiziale. A differenza del primo grado in cui l’eventuale mancato rispetto del precedente è considerato unlawful146, in tale diverso caso un allontanamento dal precedente potrebbe essere soggetto a critiche e, se posto in essere da parte del giudice di grado inferiore potrebbe essere soggetto a una revisione in grado di appello147. In tal caso, trattandosi di una corte suprema la critica a cui si esporrebbe la decisione di allontanarsi dal precedente è quella della dottrina e dei consociati. La mancata adesione a tale precedente comporta il rischio di minare alla certezza del diritto e all’autorità della corte medesima, specie se non vengono fornite argomentazioni a supporto dell’allontanamento.

Tale grado di efficacia del precedente non si riscontra nei confronti dell’autoprecedente della Corte ma lo si può trovare nella normatività attribuita ad un precedente nel caso in cui il giudice di Lussemburgo limita nel tempo gli effetti di una sua pronuncia pregiudiziale148. In tale caso, in effetti, il precedente formula una regola di

aurait comporté dans les État membres, la Cour devait être mise en mesure de s’écarter, le cas échéant, de sa jurisprudence antérieure et de donner à l’évolution du droit communautaire une nouvelle orientation».

145 Come rilevato da Barak, gli ordinamenti di common law nonché quelli misti (come quello israeliano, Paese di cui l’A. è originario) vige la regola ai sensi della quale “una pronuncia della corte suprema vincola tutte le corti, eccetto la Corte stessa”. (Cfr. A.BARAK, La discrezionalità del giudice, Milano, 1995,

passim).

146 Peraltro, questo grado più elevato di vincolatività incontra dei limiti in quanto, come rilevato da Allen «[i]n the last analysis, the judge follows “binding” authority only because it is a correct statement of

the law […]. When it is plainly and admittedly founded on error his obligation disappears» (C.K.ALLEN,

Law in the Making, Oxford, 1958, spec. p. 281).

147 Rispetto all’efficacia del precedente nel rapporto verticale con il Tribunale v. infra, capitolo IV.

148 M.CONDINANZI,R.MASTROIANNI, Il contenzioso dell’Unione europea, Torino, 2009, spec. p. 232; K.LENAERTS,I.MASELIS,K.GUTMAN, EU Procedural Law, Oxford, 2014, spec. p. 246-248 e 476; G. STROZZI,R.MASTROIANNI, Diritto dell’Unione europea. Parte istituzionale, Torino, 2019, spec. p. 449.

Sul punto, inter alia, Corte giust., sent. 17 maggio 1990, causa C-262/88, Barber c. Guardina Royal

Exchange Assurance group, ECLI:EU:C:1990:209, pt. 41 «[a]insi que la Cour l’a reconnu dans son arrêt

diritto rispetto agli effetti della pronuncia stessa che si impone, in primo luogo, al giudice del rinvio e, in secondo luogo, ai giudici comuni che si trovino nella medesima situazione, chiamati ad attuare la statuizione della Corte di giustizia. In queste occasioni, il precedente è un precedente normativo in quanto prevede una disciplina che, seppur frutto dell’interpretazione di una disposizione di diritto dell’Unione, viene formulata dal giudice – solitamente nel caso in cui sia necessario un bilanciamento tra i principi generali dell’ordinamento quali la primazia e l’efficacia diretta e la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo.

La medesima normatività la si riscontra nei precedenti che hanno per la prima volta formulato un principio generale del diritto dell’Unione europea, quali il primato e l’efficacia diretta, nonché il principio di leale cooperazione. La vincolatività di essi è evidente in entrambi i risvolti che da tale formulazione sono susseguiti. Da un lato, il principio di leale cooperazione ha visto un’evoluzione dalla iniziale formulazione pretoria, costruita attorno al riferimento di cui all’articolo 86 TCECA149, alla sua codificazione in una disposizione del trattato, finanche ad un’articolazione e sviluppo del principio nel susseguirsi dei trattati. Dall’altro lato, per quanto riguarda i principi cardine dell’ordinamento dell’Unione, ossia il principio del primato e quello dell’efficacia diretta, essi non hanno dato luogo a una codificazione, nonostante i più di cinquant’anni dalla loro prima formulazione giurisprudenziale e le varie modifiche dei trattati istitutivi150

Il principio di leale cooperazione viene formulato dalla Corte come parametro di lettura delle disposizioni che prevedevano degli obblighi agli Stati membri, come

graves que son arrêt pourrait entraîner pour le passé, être amenée à limiter la possibilité pour tout intéressé d’invoquer l’interprétation que, saisie par voie de question préjudicielle, la Cour donne d’une disposition. Pareille limitation ne peut être admise que par la Cour, dans l’arrêt même qui statue sur l’interprétation sollicitée».

149 Art. 86, par. 1, TCECA «Gli Stati membri si impegnano a prendere tutte le misure di carattere generale o particolare atte ad assicurare l’esecuzione degli obblighi risultanti dalle decisioni e dalle raccomandazioni degli organi della Comunità e di facilitare questa nell’adempimento dei propri compiti». Cfr., M.CONDINANZI, Leale cooperazione, in (a cura di) G.AMATO,E.MOAVERO MILANESI,G.PASQUINO, L.REICHLIN, Europa un’utopia in costruzione, 2017, p. 122 ss.

150 Corte giust., sent. 5 febbraio 1963, causa 26/62, Van Gend en Loos, ECLI:EU:C:1963:1, ove con riferimento all’art. 12 TCEE la Corte ha così statuito: «attendu que le texte de l’article 12 énonce une interdiction claire et inconditionnelle qui est une obligation non pas de faire, mais de ne pas faire; que cette obligation n’est d’ailleurs assortie d’aucune réserve des États de subordonner sa mise en œuvre à un acte positif de droit interne; que cette prohibition se prête parfaitement, pas sa nature même, à produire des effets directs dans les relations juridiques être les États membres et leurs justiciables; […] attendue qu’il résulte des considérations qui précèdent que selon l’esprit, l’économie et le texte du traité l’article 12 doit être interprété en ce sens qu’il produit des effets immédiats et engendre des droits individuels que les juridictions internes doivent sauvegarder».

declinazione “comunitaria” del principio pacta sunt servanda, mentre in termini autonomi di principio generale emerge nell’elaborazione giurisprudenziale, come obbligo di risultato e non solo come mero obbligo di comportamento in capo agli Stati membri151, per poi essere compiutamente codificato nel trattato di Lisbona (art. 4, par. 3, TUE). Tuttavia, anche prima della sua codificazione il principio, nella forma del dovere degli Stati membri di assicurare l’esecuzione del diritto dell’Unione e di non ostacolare le istituzioni comportava l’ulteriore obbligo dello Stato di assicurare al singolo la piena effettività dei diritti lui conferiti dall’ordinamento e vedeva la propria vincolatività e sanzionabilità nei confronti degli Stati membri nella previsione di tre forme di enforcement: (i) l’invocabilità diretta delle disposizioni di diritto dell’Unione dotate di efficacia diretta; (ii) il diritto al risarcimento del danno per violazione del diritto dell’Unione da parte dello Stato membro152 e (iii) l’obbligo di interpretazione conforme della disposizione nazionale nonché l’obbligo di disapplicare il diritto interno che si poneva in contrasto con il diritto comunitario153. Sebbene in tale caso il principio di leale cooperazione formulato in via giurisprudenziale si sia configurato e declinato nel corso degli anni in non meno di quattro obblighi154, e dunque la regola di diritto contenuta nelle diverse pronunce non sia facilmente riconducibile ad unicum, gli strumenti posti in essere per garantire il rispetto di tali obblighi permettono di individuare l’autorità attribuita a

151 V. Corte giust., sent. 24 ottobre 1973, causa 9/73, Carl Schülter c. Hauptzollamt Lörrach, ECLI:EU:C:1973:110, pt. 39.

152 Corte giust., sent. 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90 e C-9/90, Francovich, ECLI:EU:C:1991:428, pt. 33, 35 e 36, ove la Corte afferma che «il y a lieu de constater que la pleine efficacité des normes communautaires serait mise en cause et la protection des droits qu’elles reconnaissent serait affaiblie si les particuliers n’avaient pas la possibilité d’obtenir réparation lorsque leurs droits sont lésés pas une violation du droit communautaire imputable à un État membre. […] Il en résulte que le principe de la responsabilité de l’État pour des dommages causés aux particuliers par des violations du droit communautaire qui lui sont imputables est inhérent au système du traité. L’obligation, pour les États membres, de réparer ces dommages trouve également son fondement dans l’article 5 du traité, en vertu duquel les États membres sont tenus de prendre toutes mesures générales ou particulières propres à assurer l’exécution des obligations qui leur incombent en vertu du droit communautaire». Cfr. altresì, quale pronuncia che per prima esprime il concetto dell’obbligo risarcitorio imposto agli Stati membri come corollario del principio di leale cooperazione e dell’articolo 86 TCECA, Corte giust., sent. 16 dicembre 1960, causa 6/60, Humblet, ECLI:EU:C:1960:48.

153 V. M.CONDINANZI, Leale cooperazione, op. cit., spec. p. 127.

154 V. M.CONDINANZI, Leale cooperazione, op. cit., spec. p. 125 «a) un obbligo di assistenza e rispetto reciproco tra le istituzioni europee e gli Stati membri; b) un dovere di leale cooperazione delle istituzioni nei confronti degli Stati membri; c) un dovere degli Stati membri di assicurare l’esecuzione del diritto dell’Unione mediante la cooperazione con le istituzioni o astenendosi dall’ostacolare l’operato di queste ultime; d) un dovere di leale cooperazione tra le istituzioni».

tale regola e il grado di efficacia attribuito a tale principio155 dalla Corte stessa che ha proceduto a una definizione progressiva poi consolidata nell’articolo 4, par. 3, TUE.

Venendo ora al principio dell’efficacia diretta esso è stato elaborato dalla Corte, a mezzo del “precedente Van Gend en Loos” – inteso come regola di diritto contenuto in tale pronuncia – come una caratteristica della norma chiara, precisa e incondizionata di produrre effetti diretti all’interno degli ordinamenti nazionali e di fornire una tutela giurisdizionale diretta di posizioni giuridiche soggettive dei singoli. I requisiti così posti dalla sentenza Van Gend en Loos per l’individuazione della sussistenza o meno dell’effetto diretto di una determinata norma sono rimasti sempre gli stessi156 e il principio viene attuato dalla Corte talvolta con espresso richiamo157 alla pronuncia Van Gend en Loos la quale assurge a leading case, altre volte il principio viene ripreso senza che vi sia necessità per la Corte di richiamare il precedente giurisprudenziale158 che ne indentifica

155 Cfr. Conclusioni dell’avvocato generale Tesauro presentate il 28 novembre 1995, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, ECLI:EU:C:1995:407, par. 17, di cui più diffusamente infra.

156 V. G.TESAURO, Il diritto dell’Unione europea, Padova, 2012, p. 169.

157 Esemplificativo è il caso Da Costa deciso un solo mese dopo la causa Van Gend en Loos e avente ad oggetto la medesima questione pregiudiziale vertente sull’interpretazione dell’articolo 12 TCEE e sugli effetti diretti della norma; la Corte in tal caso cita testualmente il precedente Van Gend en Loos e decide attenendosi ad esso, «[e]ssendo le questioni d’interpretazione qui sollevate identiche a quelle già definite e non avendo la Corte ravvisato alcun nuovo elemento, per rispondere alla Tarifcommissie va fatto rinvio

alla precedente sentenza» (corsivo aggiunto), v. Corte giust., sent. 27 marzo 1963, cause riunite da 28 a

30/62, Da Costa, ECLI:EU:C:1963:6 (si rimanda per una presentazione compiuta della causa Da Costa,

infra capitolo III). Corte giust., sent. 9 febbraio 1982, causa 270/80, Polydor, ECLI:EU:C:1982:43; sent.