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Le premesse dell’analisi dei dati: dal framework RWA alle ipotesi di ricerca

un’analisi empirica delle intenzioni individuali di fecondità

4.3. Le premesse dell’analisi dei dati: dal framework RWA alle ipotesi di ricerca

Come si è visto nel capitolo 3, gli interrogativi a cui ci si propone di cercare una risposta attraverso l’analisi dei dati riguardano innanzitutto le differenze nell’andamento della fecondità riscontrabili tra contesti territoriali considerati simili sotto altri punti di vista e, in seconda battuta, le “apparenti” contraddizioni che tali andamenti presentano rispetto ai principali assunti teorici contemporanei (cfr. capitolo 2). Ciò che ci si domanda, in particolare, è perché sia i tassi di fecondità aggregati sia i comportamenti riproduttivi individuali siano così diversi tra loro all’interno dei diversi paesi europei, discostandosi spesso in misura rilevante dalle previsioni, mentre la cornice interpretativa definita dalle determinanti classiche della fecondità – modernizzazione, secolarizzazione, ecc. – porterebbe ad attendersi altre conclusioni.

L’obiettivo principale che ci si propone di perseguire è innanzitutto quello di rintracciare un insieme di fattori – sociali e individuali – che possano essere considerati comuni ovvero “contare” in tutti i paesi rispetto all’andamento della fecondità, definire le relazioni che li legano tra loro e ai comportamenti riproduttivi e operazionalizzarli, identificando gli indicatori e le variabili in grado di esprimerli nel modo più adeguato. In secondo luogo, si cercherà di ipotizzare una sorta di “meccanismo” che consenta di spiegare perché, a partire dagli stessi elementi, si possano avere risultati diversi – intesi come decisioni e comportamenti riproduttivi diversi – nei diversi paesi. A questo proposito, una strada che si ritiene in grado di

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offrire indizi interessanti risiede nel tentativo di prendere in considerazione più fattori simultaneamente anche a livello macro, in analogia con quanto sempre più si cerca di fare a livello micro attraverso i modelli di analisi multivariata. Anche nelle analisi esplicitamente volte ad esplorare il ruolo delle caratteristiche contestuali rispetto all’andamento della fecondità, sembra generalmente sottovalutata la possibilità che i diversi elementi identificati dalla teoria come possibili determinanti della fecondità concorrano – rafforzandosi, compensandosi o opponendosi l’uno con l’altro (attraverso interazioni equivalenti a quelle abitualmente studiate a livello individuale) – a costruire milieu tanto diversi nella sostanza, quanto simili nell’apparenza qualora invece siano osservati rispetto ad un’unica dimensione. Senza una prospettiva “comprendente”, in grado ad esempio di affiancare al confronto tra l’ammontare del PIL pro-capite e la fecondità anche la valutazione della disponibilità o meno di servizi per l’infanzia a prezzo contenuto o il grado di diffusione di valori familiari tradizionali, non è difficile rilevare tra i singoli indicatori associazioni apparentemente incoerenti, mentre analisi più articolate consentirebbero di far emergere ulteriori relazioni e interazioni.

Rispetto ad un quadro potenzialmente tanto complesso, non sembrano attualmente disponibili approcci teorici sufficientemente organici e generali per fondare analisi di ampio respiro e spiegare le relazioni tra fattori e piani di analisi diversi. Per questa ragione si è ritenuto opportuno provare a cambiare prospettiva, rinunciando a seguire un approccio teorico parziale per analizzare uno o più aspetti specifici, e affidare invece il ruolo di chiave di lettura ad un framework concettuale, il framework RWA, esplicitamente pensato per rendere conto delle disomogeneità tra i tassi di fecondità di paesi diversi (cfr. capitolo 3). L’obiettivo di analizzare gli aspetti comuni che portano alle decisioni di fecondità attraverso un unico meccanismo interpretativo, in grado di prendere in considerazione più aspetti – materiali e ideali, individuali e sociali – è dunque perseguito attraverso l’adozione di tale framework che, declinato tanto a livello macro quanto a livello micro, si ritiene possa contribuire ad evidenziare le relazioni tra i diversi aspetti considerati consentendo di spiegare quali ostacoli o quali opportunità facciano sì che, a partire da fattori e assetti per certi versi simili, si giunga ad avere comportamenti riproduttivi diversi in paesi diversi, preso atto che

le cause e le conseguenze del cambiamento demografico hanno molte caratteristiche comuni in tutte le società contemporanee industrializzate. In parallelo con le caratteristiche comuni, vi sono anche differenze riguardanti lo sviluppo demografico a lungo termine, nei modi in cui queste società sono organizzate, nelle loro caratteristiche culturali e nelle diverse politiche relative alle relazioni familiari. Tutto questo ha un impatto sullo sviluppo delle relazioni familiari nel recente passato, nel presente e nel futuro. Districare le cause delle differenze nelle risposte demografiche ci aiuterebbe a comprendere le regolarità generali dello sviluppo delle relazioni familiari nei paesi sviluppati (Vikat et al., 2007, 396).

La sequenza logica con cui si cercherà di giungere ad approfondire la varietà dei comportamenti individuali segue sostanzialmente il percorso tracciato dalla Coleman

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boat (cfr. capitolo 3). Prima di tutto dunque si ricostruisce se e come, a livello macro,

i vari paesi presentino assetti istituzionali, economici e socio-culturali diversi e abbiano sviluppato anche sistemi di protezione sociale diversi soprattutto per quanto riguarda le misure di sostegno alla famiglia, alla conciliazione e la cura dell’infanzia, cercando le modalità più idonee per esprimere tale diversità in termini adeguati e compatibili con l’analisi empirica. In seguito, a livello micro, si assume che gli individui residenti in ciascun paese differiscano senza dubbio tra loro per quanto attiene ad una serie di caratteristiche personali (che sarà necessario tenere sotto controllo), ma che compiano tutti, a partire dal contesto in cui vivono, una serie di valutazioni analoghe in merito ai comportamenti da realizzare, valutazioni durante le quali prendono in considerazione i molteplici aspetti, individuali e sociali, che entrano a far parte del loro orizzonte cognitivo. Di qui l’ipotesi che proprio le differenze che possono prodursi in questa fase siano all’origine non solo dei diversi comportamenti riproduttivi individuali ma anche, chiudendo il ciclo con ritorno al livello macro, dei diversi tassi di fecondità nazionali. In realtà, come si è già accennato, l’analisi del lato destro della figura – ovvero il processo che riconduce le azioni individuali al livello macro-sociale – non viene affrontato né teoricamente né empiricamente, cosicché i due passaggi centrali dell’analisi proposta riguardano l’esame delle caratteristiche macro che, definendo il contesto in cui si trova a vivere, possono incidere sulle condizioni sperimentate dall’individuo a livello micro e l’approfondimento delle modalità con cui l’individuo stesso, a partire dalla valutazione di tali condizioni, giunge alla formulazione dell’intenzione di avere un figlio.

In tale quadro, il motivo e al tempo stesso la giustificazione dell’approfondimento empirico proposto provemgono dalla constatazione di come oggi avere un figlio non costituisca più un obbligo morale e/o sociale, ma sia di fatto la conseguenza di una scelta personale compiuta più o meno razionalmente228 dalle future madri e dai futuri padri (van de Walle, 1992). Tale slittamento dal sociale all’individuale rappresenta un passaggio ideale (e materiale) che rende necessario porre al centro dell’analisi non più solo le caratteristiche della società come tipicamente avveniva nelle teorie macro (cfr. capitolo 2)229, ma l’intero processo di valutazione che precede e presiede alle

228 La questione della “razionalità” dei comportamenti riproduttivi non rinvia, evidentemente, solo alle valutazioni economiche né a processi di scelta razionale interpretati in senso classico, quanto piuttosto, come si è già notato, a processi di valutazione delle proprie condizioni – intese in termini di aspirazioni, risorse, vincoli – per come sono note e accessibili all’individuo. A sua volta, neppure il giudizio che conclude la valutazione può essere considerato razionale in senso stretto, dal momento che risente di opinioni, credenze e percezioni che possono orientarlo verso ciò che è desiderabile (individualmente o socialmente) pur non essendo “preferibile” alle condizioni date. D’altra parte «le spiegazioni della scelta razionale standard basate sui cambiamenti del costo-opportunità sono teoricamente più eleganti, ma non aiutano a spiegare perché la gente continua ad avere figli nelle società sviluppate, in cui il valore strumentale netto dei figli è negativo» (Friedman, Hecter, Kanazawa, 1994, 375, corsivo dell’autore). In merito alla scelta di avere figli nei contesto contemporaneo, si veda anche Morgan, King (2001).

229 L’importanza di ricorrere all’analisi individuale è confermata anche da uno dei principali rischi che corrono gli studi sulla relazione tra “fertility gap” e “domanda latente di politiche familiari” condotti

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decisioni di fecondità e che coinvolge diversi aspetti: dalle conseguenze sulla propria vita alla propria capacità di gestire situazioni e ambienti di vita, dalle risorse disponibili a livello individuale ai valori e agli ideali interiorizzati, dalle opportunità fornite dal contesto istituzionale alle rappresentazioni collettive dominanti.

Il filo conduttore dell’analisi è dunque costituito dal legame tra l’intenzione di avere un figlio e le valutazioni compiute dal singolo individuo, valutazioni che a loro volta si ipotizzano legate ad una serie di fattori individuali (micro) e contestuali (macro) che il framework RWA consente di inquadrare in modo unitario e di connettere attraverso una logica comune. Nella figura 8, oltre ad essere indicati gli aspetti fondamentali inclusi negli indici RWA-micro e macro, sono evidenziati i principali legami che si ipotizza intercorrano tra le precondizioni registrate ai due livelli, alcune delle quali saranno approfondite nel corso dell’analisi empirica.

Figura 8 – Schema di traduzione empirica delle componenti RWA e delle relazioni tra livelli

In particolare, se a livello macro si ritiene essere presente una sorta di interazione reciproca tra willing e able nei confronti di ready (ovvero che condizioni ideali e materiali più favorevoli possano accelerare l’adozione dei nuovi comportamenti riproduttivi, ma anche che una maggiore diffusione di tali comportamenti sia in

esclusivamente con indicatori di livello aggregato: il rischio di fallacia ecologica. Il divario tra figli desiderati e tassi di fecondità in un paese è in tali studi considerato indicativo di una “finestra di opportunità per l’azione politica; in realtà, il gap nella fecondità è misurato a livello macro, mentre le politiche agiscono a livello micro essendo rivolte agli individui che desidererebbero più figli di quelli che hanno, non a tutti, e questo porta facilmente a valutazioni errate anche dell’efficacia delle stesse politiche (Philipov, 2009, 357).

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grado di retroagire tanto sul clima culturale del paese quanto sul sostegno concreto predisposto per la famiglia), a livello micro, come si vedrà, l’ipotesi riguarda solo la possibile influenza di opinioni condivise e risorse disponibili – willing e able – sulla valutazione ready della positività di avere un figlio. Ai margini dello schema sono inoltre riportate le coordinate utilizzate per classificare i diversi approcci teorici (cfr. capitolo 2) che il framework RWA consente di prendere in considerazione simultaneamente, collegandole orizzontalmente attraverso la specificazione delle precondizioni willing – la legittimazione morale e culturale del comportamento – e

able – le risorse e i mezzi per metterlo in atto – da soddisfare in modo congiunto e

verticalmente attraverso l’ipotesi dell’influenza delle condizioni di contesto, materiali e ideali, che si riflettono sulle valutazioni individuali delle proprie condizioni materiali e ideali nonché, in generale, delle conseguenze legate alle scelte di fecondità.

Per quanto riguarda il livello contestuale, seguendo la revisione del framework illustrata nel capitolo 3 e alla luce delle verifiche effettuate nel paragrafo 4.2, si ritiene che gli indici ready, willing, able, pur non esaurendone la complessità, riescano a “caratterizzare” in modo sufficientemente discriminante e coerente la situazione dei paesi analizzati, ritraendo i rispettivi milieux attraverso le condizioni – o le pre-condizioni nell’ottica RWA – che li contraddistinguono: lo stato di “avanzamento” di ciascun paese rispetto all’adozione di una serie di comportamenti post-transizionali; il clima culturale più o meno favorevole a un’idea di famiglia e di genitorialità non tradizionali; il livello delle misure e degli interventi predisposti a sostegno della genitorialità e della compatibilità tra ruoli diversi. Tali indici sono dunque utilizzati non solo per l’analisi a livello macro, ma anche per cercare di includere nell’analisi dei dati individuali, attraverso la specificazione di alcuni modelli multilivello, gli aspetti del contesto ritenuti in grado di influenzare le valutazioni che si ipotizza precedano la formulazione delle intenzioni di fecondità.

Per quanto riguarda il livello individuale, seguendo anche in questo caso la revisione del modello illustrata nel capitolo 3, la declinazione micro del framework RWA è utilizzata per spiegare le intenzioni espresse dai soggetti attraverso l’analisi dei punteggi totalizzati sui tre indici ready, willing, able, sintetizzati a partire dai dati raccolti nell’ambito della Generations and Gender Survey e corrispondenti, rispettivamente, alla valutazione più o meno positiva della decisione di avere un figlio; alla percezione della genitorialità come una scelta più o meno moralmente e socialmente legittimata; alla disponibilità dei mezzi, tecnici e istituzionali, necessari per realizzare le proprie intenzioni.

In quest’ottica, dopo aver appurato se sia effettivamente riscontrabile un’associazione tra i punteggi registrati sui tre indici e la formulazione di intenzioni più o meno positive, la prima ipotesi che si intende valutare è se e in quale misura sia possibile attribuire un ruolo “prioritario” all’indice ready nell’orientare le intenzioni. In particolare, pur non sposando alcuna teoria di matrice economica costi-benefici, si ritiene che la valutazione espressa dall’intervistato a proposito delle conseguenze che

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la nascita di un(altro) figlio avrà sulla sua vita rivesta un ruolo centrale rispetto alla formulazione di un’intenzione positiva, dal momento che in tale processo il soggetto mette in atto un’operazione di analisi simultanea non solo delle condizioni in cui si trova ma anche degli effetti che il comportamento in questione potrà avere (Philipov, 2009; Testa, 2010). Pur con i limiti dovuti all’operazionalizzazione dei concetti espressi dagli indici230, si ipotizza dunque che ready per un verso risenta dei punteggi totalizzati sugli altri due indici (che precisano le condizioni materiali e ideali del soggetto) e dall’altro presenti un legame diretto con l’intenzione stessa tale per cui, anche nel caso in cui le altre condizioni non siano soddisfatte, ad una valutazione

ready positiva pare lecito attendersi comunque un’intenzione positiva.

La seconda ipotesi che si intende valutare è, come già accennato, se la decisione di avere o meno un(altro) figlio, per quanto indubbiamente frutto di considerazioni del tutto personali, risenta in modo non irrilevante anche dell’ambiente sociale in cui gli individui stessi si trovano a vivere, ovvero del panorama di vincoli ed opportunità a partire dal quale essi possono prefigurarsi ed elaborare le proprie strategie di vita familiare e personale. Si ritiene, infatti, che contesti istituzionali e socio-culturali diversi contribuiscano a creare milieu più o meno family friendly ovvero più o meno adatti a sostenere le decisioni riproduttive, rispondendo ad una sorta di domanda

latente di supporto familiare riscontrabile, in particolare, nei paesi a bassa fecondità

(Chesnais, 1998). Per cercare di approfondire il ruolo di tali milieu si è deciso di specificare e testare un modello di regressione multilivello231 che consenta di inserire e stimare, contemporaneamente ai parametri relativi al livello individuale, anche i coefficienti di variabili indipendenti relative al livello contestuale, ovvero ai cluster in cui possono ritenersi inclusi gli individui, rappresentati in questo caso dai paesi in cui vivono.

A tal fine, l’analisi empirica sottintende un’integrazione tra le due ipotesi precedenti poiché attraverso l’analisi multilivello si verificherà se e in che misura le variabili relative al contesto rappresentate dai tre indici RWA-macro esercitino un effetto sulla variabile individuale ready che, a sua volta si ipotizza legata al tipo di intenzione dichiarata. A differenza della stima di un modello ad un solo livello in cui vengano inserite le variabili di contesto tra le altre232, la stima di un modello a più

230 Dal momento che l’analisi viene realizzata sui dati raccolti nell’ambito di un’indagine non progettata per verificare il framework RWA (anche se, come si vedrà, la spiegazione della formazione delle intenzioni di fecondità costituisce un tema centrale), gli indici sono costruiti a partire da variabili esistenti che si ritiene possano essere in grado di esprime i relativi concetti, tuttavia si tratta in ogni caso di un’operazione “a ritroso” non di una vera e propria definizione operativa.

231 La decisione di proporre un’analisi multilivello pur in mancanza del requisito di numerosità delle unità di secondo livello, i paesi, è dovuta al fatto che l’obiettivo principale non è la stima dei parametri per trarre conclusioni dai risultati ma piuttosto l’approfondimento e la valutazione dell’utilità di un modello esplicativo, rappresentato dal framework RWA modificato, che, si auspica, potrà essere verificato nella sua validità ai fini statistici in altra sede.

232 Un ulteriore possibilità è quella di controllare i gruppi inserendo una variabile che categorizzi il paese; in questo caso, però, sebbene sia possibile accertare l’esistenza di differenze nei coefficienti della variabile indipendente di interesse legate all’appartenenza ai diversi paesi, non è possibile affermare nulla a proposito della “causa” di tale differenza se non a livello teorico.

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livelli permette di scorporare la parte dell’effetto che la variabile indipendente contestuale esercita sulla dipendente di livello individuale (facendo variare l’intercetta e/o una specifica altra variabile di interesse a seconda del valore assunto dalla/dalle variabile/i contestuale/i inserita/e) e dunque di evidenziare la varianza della dipendente dovuta alla variabilità tra i gruppi, cioè tra i paesi, anziché solo quella interna al gruppo, cioè tra gli individui (legata alla variabilità delle caratteristiche individuali)233.

Un’ulteriore ipotesi, anch’essa esaminata attraverso la stima di un modello multilivello, riguarda la verifica di una possibile influenza esercitata dall’“amichevolezza” del contesto per quanto riguarda la predisposizione di misure in grado di sostenere la genitorialità ed alleggerire i conflitti famiglia/lavoro – indice

able-macro – sulla percezione espressa dalle intervistate a proposito della

disponibilità di mezzi sufficienti per non far dipendere la propria decisione di avere un figlio dalle condizioni esterne – indice able-micro. Si ritiene infatti che un ambiente sociale più favorevole, in grado di eliminare o comunque di alleviare una serie di questioni pratiche che interessano le famiglie con figli (dalle necessità di cura al sostegno economico), possa portare a ritenere migliori anche le proprie condizioni e la propria dotazione di risorse.

Per giungere a verificare empiricamente le ipotesi proposte – la prima “interna” al modello, le altre relative all’interazione micro-macro – dopo aver effettuato le opportune ricodifiche e sintetizzato gli indici relativi alle dimensioni RWA macro e micro, si è proceduto scomponendo il processo di analisi dei dati individuali in una serie di passaggi intermedi e inserendo, negli ultimi passaggi, i dati contestuali selezionati per rappresentare lo stato di ciascun paese rispetto alle precondizioni RWA rilevate a livello macro.

Innanzitutto, seguendo l’impostazione originale del framework RWA, si è verificato se e in che misura, a parità di altre condizioni, le intervistate che presentano punteggi superiori alla soglia fissata (pari a 5 punti su una scala 0-10) su tutte le tre precondizioni ready, willing, able mostrino anche intenzioni di fecondità tendenzialmente più positive. L’ipotesi sottintesa coincide con l’assunto posto alla base del framework RWA ovvero che l’adozione di un nuovo comportamento, nello specifico avere un figlio, richieda la soddisfazione concomitante dei tre requisiti riguardanti la positività, la legittimità e la capacità di realizzare il comportamento stesso, mentre la mancata soddisfazione anche solo di una delle precondizioni previste ne impedisca l’adozione (consentendo così anche di individuare quale precondizione risulta più “arrestata” e lo ostacola). Dal momento che tale verifica sarà condotta mediante la definizione di un modello di regressione logistica, di cui

233 È evidente, tuttavia, che, per quanto complesso, un modello empirico rappresenta sempre solo una parte della realtà – e più precisamente quella disegnata dalle variabili inserite nel modello stesso – con uno dei tanti modelli/occhiali possibili; inoltre, a differenza dei modelli teorici o concettuali, i modelli empirici utilizzati non incorporano retroazioni e relazioni non lineari, non possono spiegare un “processo” e neppure il funzionamento del meccanismo perché sono sempre una semplificazione più o meno drastica.

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l’intenzione positiva o negativa rappresenta la variabile dipendente, ci si attende che, a parità di altre condizioni, la propensione ad esprimere un’intenzione positiva sia maggiore tra le intervistate che hanno soddisfatto tutte le precondizioni.

Successivamente, si è cercato di verificare se la modifica proposta del framework RWA trovi riscontro tra gli individui di cui si analizzano i dati. In particolare, si è controllato se e in che misura l’intenzione delle intervistate di avere o meno un figlio nei successivi tre anni, a parità di altre condizioni individuali e di punteggio raggiunto sulle componenti willing e able, si mostri legata al variare della

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