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I quattro quadranti: le teorie esplicative rilette alla luce del duplice continuum sociale/individuale e materiale/ideale

Approcci, teorie, modelli esplicativi: il quadro teorico di riferimento

2.2. I quattro quadranti: le teorie esplicative rilette alla luce del duplice continuum sociale/individuale e materiale/ideale

L’analisi della letteratura e, soprattutto, l’approfondimento degli elementi più spesso messi in risalto quali discriminanti di approcci teorici alternativi hanno portato ad isolare come dimensioni di riferimento le due dicotomie sociale-

individuale e materiale-ideale. La scelta dell’ambito di indagine – macro-sociale o micro-individuale – rappresenta, infatti, un primo spartiacque attorno al quale è possibile posizionare i diversi contributi esplicativi: il livello a cui viene affrontata l’analisi della fecondità per un verso circoscrive l’obiettivo e il raggio d’azione di spiegazioni che riguardano tendenze collettive oppure comportamenti individuali, per l’altro influisce sulla scelta dei fattori e dei meccanismi interpretativi chiamati in causa per renderne conto. Un secondo spartiacque corre poi tra l’attribuzione della “responsabilità” della riduzione della fecondità agli aspetti materiali ed economici dell’esistenza – le concrete condizioni di vita – o agli aspetti ideali e culturali – principalmente i valori e le attitudini – ed interseca tutti i tentativi di spiegazione dei comportamenti riproduttivi, indipendentemente dal livello di analisi.

In entrambi i casi si tratta di antinomie che, oltre a rappresentare in molti casi un ostacolo alla corretta traduzione e verifica empirica delle ipotesi teoriche, nel tempo hanno dato origine anche ad accese controversie tra gli studiosi, non solo nel campo degli studi sull’evoluzione della fecondità (Coale, Watkins, 1986; Cleland, Wilson, 1987; Hammel 1990; Burch, 1996; Fricke, 1997; de Bruijn, 2006; Charbit, Petit, 2011). Nel quadro dell’elaborazione teorica contemporanea, l’alternativa tra prospettive interpretative solo materialiste o solo idealiste (tipicamente declinata, in demografia, nel dualismo struttura-cultura) è sempre più spesso considerata una contrapposizione artificiale, superata in favore di una complementarità tra categorie

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di fattori (Pollak, Watkins, 1993; Szretzer, 1993; Gérard, Piché, 1995; Greenhalgh, 1995; Lesthaeghe, Moors, 2002; Tabutin, 2000; Szoltysek, 2007), mentre più limitata sembra per ora la capacità di integrare i livelli di azione e di spiegazione micro e macro. Il confine tra proposte esplicative che mettono in rilievo esclusivamente elementi e processi collettivi macro – le transizioni – e quelle che al contrario sono elaborate esclusivamente in chiave individualistica micro – le scelte – sembra infatti rappresentare ancora una dimensione di difficile sintesi, benché a partire dai primi anni Novanta del secolo scorso comincino ad emergere proposte di analisi istituzionale-contestuale e multilivello (Lecaillon, 1990; Livi Bacci, Blangiardo, Golini, 1994; McNicoll, 1994; de Bruijn, 1996; Vimard, 1997; Charbit, 1999; Huinink, 2001; Rosina, Zaccarin, 2000; Matysiak, Vignoli, 2009).

La trasformazione delle due dicotomie – sociale-individuale e materiale-ideale – in continua consente di definire due assi che, disposti perpendicolarmente sul piano cartesiano, disegnano uno spazio concettuale formato da quattro quadranti al cui interno sono state collocate le diverse teorie in base alla loro vicinanza/lontananza dagli assi stessi: l’assegnazione delle teorie ai quadranti prescinde da qualsiasi criterio disciplinare e/o di appartenenza accademica; ad essere preso in considerazione è esclusivamente il grado di centralità accordato nelle spiegazioni ai concetti corrispondenti agli estremi delle coordinate.

La scelta di posizionare l’una o l’altra dimensione sull’asse verticale piuttosto che orizzontale è del tutto discrezionale, tuttavia, seguendo la convenzione utilizzata negli schemi concettuali della teoria dell’azione che includono lo studio della relazione tra dimensioni macro e micro32, si è preferito identificare nella dicotomia sociale-individuale la coordinata verticale, ponendo la società-macro sul vertice superiore e l’individuo-micro su quello inferiore in modo da restituire, anche visivamente, la relazione società-individuo che nell’analisi sociologica e demografica vede la prima “sovrastare” idealmente il secondo (Alexander, 1988; Coleman, 2005; Livi Bacci, Blangiardo, Golini, 1994; Rosina, Zaccarin, 2000; de Bruijin, 2006). Di conseguenza, il continuum materiale-ideale si dispiega in senso orizzontale e vede collocato all’estremo sinistro il riferimento agli aspetti materiali-economici e all’estremo destro quello agli aspetti ideali-culturali.

Per rendere comprensibile tanto la caratterizzazione tematica dell’area compresa in ciascun quadrante quanto le scelte di inserimento e di posizionamento dei vari contributi, occorre innanzitutto connotare in modo accurato le dicotomie concettuali che identificano gli assi. Contrariamente a ciò che avviene nel corso della cosiddetta definizione operativa, quando per trasformare un concetto in indicatore occorre declinarlo in modo estremamente specifico, precisandone le caratteristiche e diminuendone l’estensione, in questo caso, poiché il fine è inclusivo ed ogni termine della dicotomia ha il compito di sintetizzare in sé più costrutti, l’illustrazione di ciascun concetto tenderà a richiamare alcuni di tali costrutti e ad individuare solo i

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limiti estremi della categoria concettuale che si intende rappresentare. Allo stesso modo, anche la scelta delle etichette è volta a garantire il massimo dell’inclusività, per cui si è preferito ricorrere agli aggettivi, anziché ai corrispondenti sostantivi, per mantenere aperta la possibilità di declinarli secondo logiche plurime.

Per quanto riguarda, innanzitutto, il concetto di “sociale”, come si può intuire dai riferimenti precedenti e dal dibattito che attraversa la sociologia, con tale termine si vuole comprendere tutto ciò che rientra in un approccio epistemologico macro- sociale, in cui tanto i fenomeni studiati quanto le analisi empiriche e l’elaborazione teorica si situano a livello di tendenze aggregate: ciò che si studia, si analizza e si spiega non sono i comportamenti dei singoli individui in quanto tali, ma in quanto appartenenti ad una determinata società i cui modelli sociali e culturali – ovvero le determinanti strutturali relative al contesto – sono considerati cause (o conseguenze) delle dinamiche di fecondità della popolazione nel suo complesso (Caldwell, 1980; Gérard, Piché, 1995; Tabutin, 2000; de Bruijn, 2006). Entrando nel merito delle spiegazioni relative all’andamento della fecondità, un contributo teorico che si posiziona vicino al vertice “sociale” è, in linea di massima, caratterizzato dall’avere come oggetto l’andamento della fecondità osservato a livello collettivo, geografico o di gruppo sociale; si avvale di modelli interpretativi che non utilizzano indicatori riferiti a singoli individui ma medie, tassi, mediane che restituiscono un ritratto collettivo e non necessariamente hanno una controparte individuale; nella verifica delle ipotesi e delle relazioni causali impiega variabili che misurano gli effetti di processi di portata generale – in senso temporale, geografico e sociale – quali l’industrializzazione, la scolarizzazione, l’urbanizzazione, la secolarizzazione, ecc..

Sul polo opposto, il concetto di “individuale” fa riferimento invece agli approcci epistemologici di tipo micro-sociale, orientati ad approfondire aspetti e variabili che riguardano i singoli individui, nelle loro caratteristiche e nei loro processi intra- individuali, in quanto attori protagonisti della scena sociale. In questo caso, i comportamenti di fecondità non sono considerati in modo aggregato, come risposte tendenzialmente omogenee a stimoli che attraversano l’intera collettività, ma nella loro singolarità, come frutto di attitudini, preferenze, valutazioni costi-benefici e decisioni maturate a livello personale in modo più o meno consapevole. Per quanto riguarda l’andamento della fecondità, un approccio collocato nei pressi del vertice “individuale” osserva e spiega la riduzione del numero dei figli come una scelta del singolo, influenzata da variabili di natura diversa, operanti sul piano soggettivo, ma rilevanti dal punto di vista interpretativo perché dispiegano la loro azione secondo regolarità e ricorrenze che accomunano tutti i soggetti che condividono determinate caratteristiche.

Passando ad esaminare i due concetti cardine dell’asse orizzontale, il riferimento è, evidentemente, ad un’altra classica dicotomia sociologica che riveste una posizione centrale anche nel dibattito sull’andamento della fecondità: l’opposizione tra gli aspetti materiali – comprendenti innanzitutto la dotazione economica – e gli aspetti ideali – tra cui la cultura riveste evidentemente un ruolo di primo piano

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(Hammel, 1990; Greenhalgh, 1995; Caldwell et al. 1997). Anche in questo caso, i termini scelti per etichettare concetti complessi hanno lo scopo di comprendere sotto un unico ombrello più costrutti teorici. In particolare, come già accennato, con l’aggettivo “materiale” si vogliono indicare tutti quei fattori (in demografia definiti strutturali) che incidono direttamente e concretamente sulle condizioni di vita di una popolazione e del singolo individuo, come la disponibilità di denaro e altre risorse, il possesso e le caratteristiche delle abitazioni, la tecnologia applicata alla vita domestica e professionale, i modi di produzione e i modelli di stratificazione sociale, ecc., fattori che possono causare, tramite l’azione di meccanismi diversi, una modifica dell’andamento della fecondità a livello aggregato e/o di decisione individuale. Sull’altro fronte, si trovano i fattori ideali, intesi come valori, attitudini, aspirazioni, che a seconda della configurazione che assumono possono portare al formarsi di rappresentazioni e preferenze più o meno inclini al controllo della fecondità, consentendo di spiegare come mai popolazioni e individui che vivono in condizioni economiche identiche adottino comportamenti riproduttivi diversi. I quadranti prodotti dall’incrocio delle due coordinate così definite possono dunque essere caratterizzati come segue (cfr. figura 1):

- livello sociale – fattori materiali: le teorie della modernizzazione

andamento della fecondità e fattori causali sono osservati tutti a livello aggregato, prendendo in considerazione principalmente gli aspetti concreti della vita associata; ad ogni assetto delle risorse materiali di una società corrispondono una precisa configurazione demografica ed un determinato andamento della fecondità; nel momento in cui un processo di trasformazione altera le condizioni di base dell’esistenza, l’equilibro della popolazione si modifica; in linea generale lo sviluppo socio-economico provoca una riduzione della fecondità;

- livello individuale – fattori materiali: le teorie della scelta razionale

andamento della fecondità e fattori causali sono analizzati a livello individuale e il ruolo di determinanti è attribuito agli aspetti materiali ed economici della vita; la decisione di avere o meno un figlio è frutto di una valutazione costi-benefici effettuata dai singoli a partire dalle risorse in loro possesso e dall’impegno che un figlio richiede; l’aumento dell’investimento necessario per allevare un figlio ha nel tempo portato a ridurre il numero di nascite;

- livello individuale – fattori ideali: le teorie delle preferenze

andamento della fecondità e fattori causali sono analizzati a livello individuale, ma sono gli aspetti ideali, culturali e valoriali, ad avere un ruolo predominante nel definire i comportamenti; ogni persona è caratterizzata da una determinata configurazione di personalità, da preferenze, aspirazioni e motivazioni rispetto all’avere o meno un figlio; la decisione di avere un figlio è il frutto di un conflitto/compromesso tra desiderio di genitorialità e la rinuncia ad altre ambizioni;

Figura 1 – Schema di classificazione delle principali teorie esplicative

Teorie della modernizzazione Teorie della secolarizzazione

Teorie della scelta razionale Teorie delle preferenze

Transizione Demografica Notestein, 1945 Rivoluzione Demografica Landry, 1934 Transizione Demografica Davis, 1945 MATERIALE/ ECONOMICO IDEALE/ CULTURALE INDIVIDUALE/ MICRO SOCIALE/ MACRO Determinanti istituzionali McNicoll, 1980 Sistema di welfare McDonald, 2000 Demand-supply Easterlin, 1975

Quantità/qualità dei figli

Becker, 1960

Costo del tempo femminile

Schultz, 1986

Allocazione del tempo

Becker, 1965 Utilità/disutilità dei figli Leibenstein, 1957

Preferenze familiari

Leibenstein, 1975

Valore dei figli

Fawcett, Arnold, 1973

Comportamento pianificato

Fishbein, Ajzen, 1985

Motivazioni, desideri, intenzioni

Miller, 1992

Preferenze

Hakim, 2000

Costo del tempo libero

Presser, 2001

Fecondità situata

Greenhalgh, 1995

Seconda Transizione Demografica

Lesthaeghe, van De kaa, 1986

Equità di genere McDonald, 2000 Modi di produzione Caldwell, 2004 Sistema di genere Mason, 1995 Variabili intermedie Davis, Blake, 1956 Determinanti prossime Bongaarts, 1978 Flussi intergenerazionali di ricchezza Caldwell, 1976 Deprivazione relativa Easterlin, 1976

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- livello sociale – fattori ideali; le teorie della secolarizzazione

andamento della fecondità e fattori causali sono osservati a livello aggregato, prestando attenzione in particolare agli aspetti culturali e valoriali della società; le rappresentazioni collettive definiscono ruolo e importanza di famiglia e figli, incoraggiando o meno la fecondità; nel tempo, un profondo cambiamento culturale provoca l’allentarsi del controllo sociale e il diffondersi di valori secolarizzati che rendono la genitorialità una condizione non più necessaria per definire l’appartenenza sociale.

Tale caratterizzazione, in termini tanto di denominazione quanto di descrizione, rappresenta evidentemente una semplificazione notevole delle teorie inserite in ciascun quadrante, ma si rivela utile per un’iniziale identificazione e una prima comparazione a livello generale. D’altra parte, come si è fatto cenno più volte, i contributi esplicativi non solo presentano un’articolazione e varietà tali da renderli difficilmente classificabili in modo univoco, ma in molti casi affrontano la spiegazione dell’andamento della fecondità tentando, più o meno esplicitamente, di conciliare i due livelli – sociale e individuale – e/o di prendere in considerazione fattori appartenenti ad entrambi gli ambiti dell’esperienza umana – materiale e ideale. Se si esclude, infatti, un numero limitato di approcci che potrebbero essere definiti “puri”, dal momento che negano apertamente la validità di uno dei due livelli di analisi e/o una delle due classi di fattori, la maggior parte dei contributi contemporanei si colloca in realtà su posizioni intermedie che la disposizione sul piano tenta di restituire visivamente avvicinandoli più o meno agli assi. Per questa ragione, la classificazione che segue deve essere letta innanzitutto come un espediente euristico, adottato per rendere agevole ed immediato il confronto, non certo con l’ambizione di restituire la complessità del dibattito contemporaneo sulla fecondità.

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