EZIO VANONI
69 il presupposto necessario da cui mosse la Corte di merito nel soffermarsi sulla
questione testé indicata, la quale fu da essa ritenuta decisiva sul riflesso che nel caso particolare rientrasse nell’ ambito della giurisdizione ordinaria di stabilire la legittimità dell’accertamento, verificando se la Commissione centrale era corsa
in che risulti incom patibile c o ll’ idea di giurisdizione : basti riflettere che a norma del codice di procedura civile « può essere impugnata con ricorso per cassazione una sentenza appellabile del tribunale, se le parti sono d ac cordo per omettere l ’ appello » (’ ). È vero che in quest’ ultimo caso l ’ omis sione d’ un grado consegue ad accordo delle parti, anziché a iniziativa uni laterale: ma questa differenza riguarda il fatto giustificativo d ell’ omis sione : mentre l’ omissione, come effetto g iu r id ic o , non si dimostra, per intanto, affatto contraria al concetto di giurisdizione.
Finalmente, il carattere giurisdizionale delle com m issioni tributarie ha come conseguenza che possono essere impugnate alle sezioni unite della corte di cassazione, per « motivo attinente alla giurisdizione » (2), le de cisioni della commissione centrale delle imposte. Ora tale risultato pare condannevole al Guicciardi « non potendosi pensare che successivamente a una sentenza delle sezioni unite » della corte di cassazione « possa di nuovo adirsi, per la medesima controversia, il giudice ordinario di prima ista n za ». Ma questo risultato sarebbe assurdo solamente se il tribunale di prima istanza fosse chiamato a rivedere e a sindacare, in veste di giudice di gravame, la sentenza delle sezioni unite. Così invece non è, perche le sezioni unite decidono unicamente sulla questione di giurisdizione, mentre il tribunale pronuncia sul merito. A nche nel processo ordinario, « finche la causa non sia decisa nel inerito in primo grado, ciascuna parte può ch ie dere alle sezioni unite della corte di cassazione che risolvano le questioni di giurisdizione » (s) : e, dopo che le sezioni unite hanno emanato, in senso affermativo, il regolamento di giurisdizione, la causa ritorna al giu dice di primo grado.
4. - In conclusione, dunque, la critica del Guicciardi alla tesi della giurisdizionalità delle com m issioni tributarie, pur condotta con acume, non riesce persuasiva.
Ciò tanto più importa notare, in quanto la posizione del Guicciardi, in fondo, non è isolata. A nche l’ opinione d ell’ Ingrosso si può, ad esempio, ricondurre, a guisa di non dichiarata premessa, a un certo scetticism o c irca la giurisdizionalità delle com m issioni tributarie. Invero 1’ Ingrosso
attribuisce ai due giudizi, quello presso le commissioni e quello dinanzi al magistrato ordinario, un contenuto sostanzialmente diverso. Movendo d a ll’ asserto che, nelle imposte dirette, l ’ atto, col quale si costituisce l’ o b bligazione tributaria, sia l ’ iscrizione d e ll’ imposta nel ruolo, egli ne con clude che il processo dinanzi ai giu dici ordinari sia destinato al controllo della legittim ità d ell’ iscrizione nel ruolo, mentre lo stadio che si svolge
(’ ) Art. 360., c. p. c. (2) Art. 362 c. p. c. (a) Art. 41 c. p. c.
in errore nel dichiarare ia inammissibilità dell’ appello contro la decisione della Commissione distrettuale e quindi definitiva la pronuncia da questa emessa.
Indubbiamente, così giudicando, la Corte del merito disconobbe il principio fondamentale, già altra volta riconosciuto da questo Supremo Collegio sulla con
presso le com m issioni apparterrebbe ancora al meccanismo costitutivo del- l ’ obbligazione tributaria (*) : quindi, in sostanza, al congegno a m m in istra tivo di formazione del rapporto d’ imposta. C orollario: il magistrato ord i nario avrebbe potestà di sindacare la regolarità del procedimento avanti le comm issioni, in quanto tale riesame non esorbiterebbe dal controllo della valida costituzione del rapporto d ’ imposta.
La concezione ora riassunta sta e cade con la proposizione che ne viene posta a fondamento, che cioè l ’ atto generatore d ell’ obbligazione t r i - butaria nelle imposte dirette sia non il precedente avviso d ’ « accertam ento», ma l ’ iscrizione a ruolo. In realtà, la costituzione del rapporto d ’ imposta si deve al primo atto, non a questo secondo che ha mera funzione integra tiva e di titolo esecutivo. Ne ho dato la dimostrazióne altrove, e a quella rinvio (2). P erciò il giudizio dinanzi alle com m issioni tributarie s’ inizia a im posizione già effettuata, per il controllo d ell’ imposizione stessa; non è punto una fase del procedim ento d ’ im posizione ancora in corso.
5. - Vediam o ora di fissare le idee in merito al rapporto tra le due fasi processuali.
L ’ oggetto d ’ esse, fondamentalmente, co in cid e : è l ’ accertamento del d i ritto del reclamante, per i m otivi da esso indicati, a ll’ annullamento d el l ’ atto d ’ im posizione; e, quando questo diritto risulti esistente, la pronuncia (costitutiva) d e ll’ annullamento stesso (s).
N ello stadio presso il giudice ordinario, in forza della regola « solve et repete », va necessariamente cumulata con la domanda d ’ annullamento d ell’ atto d ’ im posizione la pretesa conseguenziale, rivolta alla restituzione della somma indebitamente pagata in base all’ atto d ’ im posizione asserito illegittim o (4). Questo aggiungersi, però, della pretesa di restituzione a quella originaria d’ annullamento non pregiudica la perdurante identità di oggetto delle due fasi processuali: basti considerare che anche nel pro cesso civ ile v ’ ha una situazione analoga, quando « l e domande di restitu zione o di riduzione in pristino e ogni altra conseguenziale alla sentenza di cassazione si propongono al giudice di rinvio » (5), senza che per questo 1
(1) Vedi la nota dell’ lNGROSSO nel Foro ital., 1938, I, 953. (2) Dir. proc. trib., citato, n. 27, p. 106-118.
(3) Rimando ai chiarimenti da me dati circa l’ impugnazione dell' atto d’ im posizione nel quale fondamento normale e unitario del processo tributario, in
Dir. proc. trib. nn. 31-38, pp. 133-148.
(■*) Debbo ancora rinviare, per quest’ inquadramento dogmatico del «so lv e et repete», al citato mio libro, n. 34, pp. 151-156, dove si tenta una spiegazione razionale della nota e tanto discussa regola.
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forme tesi dell’ Avvocatura dello Stato, per cui il ricorso all’ autorità giudiziaria in materia di imposta di ricchezza mobile, nei casi in cui la legge lo ammette cioè di estimazione complessa (art. 53 testo unico 24 agosto 1877 numero 4021), non è dato come mezzo d’ impugnazione delle decisioni emesse nella sede
giu-il contenuto del giudizio di rinvio debba reputarsi differente da quello del giudizio che ha condotto alla sentenza cassata.
L ’ identità d’ oggetto fra giudizio presso le com m issioni e giudizio presso i tribunali ordinari io l ’ interpreto anzi nel modo più rigoroso: non solo cioè, nel senso, di cui nessuno dubita, che nel passaggio dall’ uno all’ altro procedimento non sia amm issibile il mutamento oggettivo della contestazione, sì che, per esempio, non possa il contribuente sostituire una richiesta di riduzione d ell’ im posizione con una richiesta d ’ annullamento totale : ma altresì nel senso che neppure molivi d ’ annullamento d ell’ im posizione non fatti valere dinanzi alle com m issioni possano essere affac ciati avanti il giudice ordinario ( ’ ).
Orbene: se c ’ è identità d ’ oggetto fra i due giudizi, non occorre altro per ritenere che si stabilisca fra essi una continuità, esprim entesi tecni camente n ell’ appartenenza al medesimo, e unitariamente 'perdurante,
rapporto processuale. Non sarebbe possibile opinare diversamente. Perchè,,
se noi dovessimo pensare che, col terminare dello stadio presso le com m is sioni tributarie, si chiuda non una fase processuale, ma un processo, e un nuovo, diverso processo, non una nuova fase processuale, s’ apra dinanzi al giu dice ordinario, non sapremmo spiegare come il primo processo si chiuda senza la formazione della cosa giudicata. Avrem m o una d eci sione giurisdizionale (quella d e ll’ ultima commissione adita) conclusiva di un processo, ma sprovvista d e ll’ efficacia della cosa giudicata, tanto che il rapporto da essa regolato può essere ulteriormente discusso, e accertato in maniera divergente, da parte dei giu d ici ordinari. P er evitare questo assurdo, non c ’ è altra via, se non quella di ritenere che, dopo la pronuncia d ell’ ultima commissione tributaria adita, il processo non sia concluso, ma continui davanti ai giu d ici ordinari !
È vano ribellarsi a questa realtà, che emerge co ll’ evidenza più pal mare, sol che si mediti sul problem a facendo uso del proprio buonsenso, ed evitando form olo tralatizie, le quali hanno una certa rotondità di suono, cui corrisponde però un’ assoluta vacuità di pensiero. D i tali form ole se ne leggono parecchie nelle sentenze e nella dottrina.
T rovo affermato, per esempio, che « la giurisdizione amministrativa e un sistema chiuso e com pleto che, attraverso vari gradi, attua, come il suo ordinamento consente, il fine ultimo cui la giurisdizione tende, la composizione giuridica dei contrasti » ( i). Ora, che il sistema giurisdizio nale delle comm issioni tributarie sia « chiuso e completo » , non s’ integri
t1) In senso divergente App. Napoli, 18 marzo 1940, Riv. leg. fise., 1940, n. 15264: v. la mia trattazione nel libro oit„ n. 32, pp. 144-147.
Tisdizionale amministrativa, ma come distinto rimedio per nn riesame delle que stioni di diritto inerenti alla materia demandata alla cognizione del giudice ordinario.
A questo principio si era esattamente informato il Tribunale nel determi nare il tema controverso e ne aveva tratto la logica conseguenza che le questioni
invece col sistema dei giu dici ordinari, questo proprio è da dimostrarsi, non da darsi come presupposto !
A ncora vedo scritto che « a favore della distinzione delle due giu risdi zioni milita quel fondamentale principio del nostro diritto pubblico, che nelle interferenze fra giurisdizioni la regola è quella d ell’ autonomia e della separazione » (‘ ). Ma non so in quali sacri testi questo preteso principio ■sia stato proclamato. Conosco invece il concetto opposto d e ll’ wm'ià della giurisdizione, che il legislatore del nuovo processo civile italiano ha ria f fermato con energia (2).
A ltrove s’ invocano a dirittura i « principi generali del diritto pub blico », i quali farebbero « senz’ altro ripudiare il concetto che n ell’ àmbito del medesimo processo possano funzionare due giurisdizioni diverse e che l ’ autorità giudiziaria possa continuare un giudizio già definito dalla d eci sione della giurisdizione amministrativa » (”). Ma che nel medesimo pro cesso funzionino, nei diversi procedim enti e gradi, organi giurisdizionali differenti, è materia di quotidiana ed elementare osservazione ; e che questi organi appartengano non (per carità !) a due diverse « giurisdizioni » (la giurisdizione è una !), ma a due diversi ordini gerarchici n e ll’ àmbito della funzione giurisdizionale dello Stato, i tribunali amministrativi, cioè, e qu elli ordinari, è cosa di cui non riesco a scorgere l ’ asserita stravaganza. L ’ autorità giudiziaria ordinaria, nella sua più alta incarnazione gerarchica, le sezioni unite della cassazione, non ha forse una sorta di controllo supremo sui g iu d ici speciali, quanto ai lim iti della loro potestà ? U n processo avanti i giu d ici speciali è dunque sempre potenzialmente suscettibile di finire dinanzi a un organo (quello supremo) della gerarchia giurisdizionale Ordi
naria. Finalm ente ammetto che sarebbe curioso che i tribunali ordinari potessero continuare un processo « già definito » dai g iu d ici speciali ma la verità è che il processo dinanzi alle com m issioni tributarie non è affatto « definito » : esso continua, o può continuare, presso i g iu d ici ordinari.
Insom m a : non appare assolutamente accettabile, perchè conduce ai dim ostrati assurdi, l’ idea corrente nella giurisprudenza, che cioè al con tri
buente spetti « un duplice ordine di difese giurisdizionali autonome », in « sem plice rapporto di coordinazione » <*).
(’ ) Ranucci, ivi, 306 ; vedi già App. Roma, 23 luglio 1934, in Foro ital. 1934, I, 714, da cui il Ranucci mutua l’ espressione virgolata.
(2) Vedi la relazione al re sul nuovo cod. proc. civ., n. 9. (s) Ranucci, in Stato e diritto, 1942, 308.
(4) Espressioni della citata sentenza dell’ App. Roma, 23 luglio 1934, in Foro ital., 1934, 1, 714.
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«concernenti la notificazione e la tempestività dell’ appello contro la decisione .amministrativa di prima istanza non avevano ragione d’ essere, sebbene ad abun-
dantiam avesse poi creduto di interessarsi alle medesime.
La Corte, invece, dopo di aver premesso che il suddetto principio richiamato
E non è un linguaggio preciso nemmeno quello che s’ adotta quando si dice che fra i due giudizi v i sarebbe separazione cronologica e formale ma identità di diritto materiale ('). Identità materiale, sta bene, come identità di lite : ma perchè non, come conseguenza d ell’ identità materiale, anche unità formale, ossia unità di p r o c e s s o , però nella distinzione dei p ro ce d im e n ti ?
6. - Eacciam o un altro passo innanzi. Se il giudizio avanti le com missioni tributarie e quello presso i tribunali ordinari appartengono al medesimo rapporto processuale, la loro relazione non può configurarsi altri menti, che come quella da procedim ento impugnato a procedimento di .gravame. I l rico rso a i g iu d ici o r d in a r i h a , in a ltr i term in i, ca r a ttere ■di g r a v a m e con tro l’ ultim a d ecisio n e delle com m ission i trib u ta rie (2). P er giustificare tale soluzione, basti il rilievo che il ricorso al giudice -ordinario è determinato dalla soccombenza dinanzi al giu dice speciale tributario, e ha di mira il riesame della medesima controversia tributaria sfavorevolmente decisa dalle com m ission i; al che s’ aggiunge a titolo di -riprova che quel ricorso è legato a un termine, il quale decorre dalla notificazione della decisione del giudice speciale tributario, e solo nei tri buti riscotibili mediante ruoli trae inizio dalla pubblicazione dei ruoli, -allorché questa pubblicazione sia posteriore all’ emanazione d ’ una d eci
sione definitiva da parte del giu dice speciale tributario (3).
Fra i gravami il ricorso ai tribunali ordinari va, in particolare, n eon- edotto all’ a p p ello: un appello, però, di carattere limitato, in quanto ne sono -escluse le quistioni d ’ estimazione (4), sulle quali è definitiva la pronuncia -alle com m issioni tributarie.
Qui occorre aprire una riserva : nelle imposte di registro, di succes sione e in surrogazione, ipotecarie e di manomorta, alle quali è stata estesa con la riform a del 1936, la competenza delle com m issioni tributarie, il contribuente è libero (fuorché per quanto riguarda la valutazione dei beni trasferiti) di rivolgersi, anziché, nel termine di decadenza all’ uopo fis sato (5), alle comm issioni, direttamente ai tribunali ordinari, entro tutto ¿1 termine prescrizionale di tre anni (6). Ne consegue che, dopo la
deci-(’ ) Giussani, scritto cit. in R iv. ital. dir. fin., 1942, I, 60-61 estr.
(2) Per P applicazione del concetto di gravame al ricorso al giudice ordi nario e per tutti i conseguenti sviluppi, v. il mio Dir. proc. trib., n. 129, pp. -530-532.
(3) Vedi art. 34 legge 8 giugno 1936, n. 1231; 53 t. u. e 120 regol. per l ’ im posta di r. m. ; 146 legge di registro e 95 legge tributaria sulle successioni.
(4) Non però quelle di fatto come invece opina la giurisprudenza, ampia, «mente criticata, da ultimo, dal Giussani, nello scritto ultimo ricordato, 32 ss. estr.
(*) Art. 37 r. d. 8 giugno 1937, n. 1516.
(6) V., per la questione, la quartultima nota al n. 3 di questo scritto e la ¡mia nota sul Foro ital., ivi cit.
dal Tribunale era erroneo, volle fare di esso una più ristretta applicazione in base a considerazioni incerte e contradditorie, e finì col disapplicarlo emettendo un dispositivo che riproduce la decisione della Commissione centrale sulla inam missibilità dell’appello proposto in sede contenziosa amministrativa contro la de
sid ie sfavorevole d’ una commissione tributaria, il contribuente potrà adire i tribunali ordinari, sia in sede di gravame contro quella decisione, sia in via originaria e per nuovi m otivi (*), prescindendo affatto dalla fase sin allora svoltasi dinanzi alle commissioni. Potremo cosi avere in questo particolare caso, un processo misto di gravame e di primo grado.
Patta questa riserva, ribadisco che in ogni altro aspetto e ipotesi il procedimento avanti i giu dici ordinari ha carattere di gravame rispetto alla fase processuale dinanzi alle commissioni tributarie. Nè mi riesce chiaro il pensiero antitetico che la sentenza commentata ha creduto di manifestare. P erciò non posso nascondere il mio rispettoso dissenso da quanto afferma la corte di cassazione.
D ice il supremo collegio che il ricorso all’ autorità giudiziaria ordi naria « non è dato come mezzo d ’ impugnazione delle decisioni emesse nella sede giurisdizionale amministrativa, ma come distinto rim edio per
un riesame delle questioni di diritto inerenti alla materia demandata
alla cognizione del giudice ordinario ». Ma che il giudizio presso i tribu nali ordinari abbia carattere di gravame rispetto a quello svoltosi dinanzi ai giudici speciali d’ imposta, è dichiarato espressamente dalla legge, là dove essa vieta, sino al passaggio in giudicato della decisione che di chiara illegittim a l ’ imposta, lo sgravio o il rim borso della stessa, « nel caso-
di ricorso all’ autorità giudiziaria
»
da parte della finanza«
contro i deli-
bercili della commissione centrale » delle imposte (2). L a stessa corte
suprema parla, del resto, di riesame delle questioni da parte del giudice ordinario : ora riesame è proprio una delle form e del gravame (3). Si giri pure intorno alla sostanza del fenomeno, evitando le parole più proprie : quella sostanza rimane. Il riesame, compiuto da un giudice, di questioni già decise da un altro giudice, a richiesta di quella fra le parti, che ha risentito danno da quella precedente pronuncia, dà luogo ad un procedi mento di gravame.
L ’ opposizione ostinata a questo concetto, così ovvio, del gravame non non si profila, del resto, solo nella giurisprudenza, ma altresi nella dot trina: anche qui, però, con argomenti tutt’ altro che fondati. Non ha in vero senso dichiarare che « la giurisdizione è per sua essenza sovrana e ad essa non si possono stabilire lim iti che ne distruggono la in d iv i dualità, riducendola a un semplice sistema di gradi inferiori o superiori d ’ istanza », e che, se un rim edio contro le decisioni delle commissioni
(*) V. la mia «S o lid a r ie t à p r o c e s s u a le » e v a r i a z i o n e d i m o t iv i n e l l 'i m p u g n a z i o n e t r i b u t a r i a, in R iv . d ir . fin . s e . f i n . , 1943, li, 43-44.
(2) Art. 35 legge 8 giugno 1936, n. 1231.
(3) Carnblutti, I s t i t u z i o n i d e l n u o v o p r o c . c i v ., 3.a ediz. Roma 1942, li,, n. 521-522, pp. 467-469.
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