EZIO VANONI
85 L ’ ufficio resiste e osserva che per poter decidere la contestazione questa com
preoccupa d ell’ instaurazione del principio del contradittorio come avviene, ad esempio, in tema di perizia (art. 27, ult. comma, r. d. 1937), ma ciò significa, appunto, che, rispetto a certi mezzi di prova che hanno il loro archetipo nel processo civile, si è sentita la necessità di richiedere 1 in- staurazione del normale contradditorio.
In sostanza, a mio avviso, la legge processuale tributaria presenta at tualmente gravissime lacune, quanto all’ istituzione di un contradittorio del tutto simile a quello del processo civile (*). Come ho osservato, l ’ art. 25 r. d. 1937 già di per sè fa seriamente dubitare sulla possibilità di una m eccanica trasposizione del principio del contradittorio dall uno all altro procedimento. Cosi, ad esempio, l ’ art. 74 r. d. 11 luglio 1907, n. 569 non stabilisce nessuna norma per garantire il contradittorio nell’ ipotesi di v i sita ai locali o di ispezione ai registri. L ’ art. 75, poi, dispone che 1 agente delle imposte e, quindi, il giudice, valuta il reddito di ciascun contri buente con la scorta degli elementi raccolti e « delle particolari sue cogn i zioni ». L ’ art. 22 del reg. 24 agosto 1877, n. 4024 e l ’art. 37 t. u. 24 agosto 1877, n. 4021, poi, rispetto alla r. m. e ai fabbricati, dispongono che per norma delle sue operazioni l ’ agente può, tra l ’ altro, chiamare nel suo u f ficio per essere consultato qualunque individuo atto a fornire inform a zioni (*). I l giudice, comunque, come l’ agente delle imposte, potrà rich ie dere dai pubblici ufficiali un estratto dei documenti che g li possono ab bisognare ; intimare al contribuente di comparire in persona o per mezzo di suo mandatario legittimo, onde fornire dilucidazioni e p ro v e ; accedere nei locali destinati all’ esercizio d ’ industrie e commerci, ispezionare i re g istri di società; farsi presentare i titoli costitutivi di redditi in somma
definita (art. 37, nn. 1-3, 5-7 cit.).
È evidente come in questi, e in consim ili casi, il giudice tributario non abbia bisogno di emanare un provvedim ento decisorio e. tantomeno, una « decisione » formale, da depositare all’ ufficio delle imposte e da noti ficare al contribuente; in taluni casi quest’ ultimo sarà avvertito dal giu dice, mediante un invito a presentarsi nel suo ufficio od a lasciar ispezio nare i registri, ma, molto spesso, il giu dice provvederà presentandosi al- l ’ im provviso nei locali d ell’ industria o del com m ercio. In altri casi ancora, il giudice assumerà elementi di prova dalle inform azioni fornitegli da terzi, elementi di prova che egli non è obbligato ad assumere in seguito a, regolare contradittorio, tanto più che in queste sue funzioni egli non solo
(*) V. ancora miei Aspetti e problemi, 222 seg.
(2) Non ravviserei, però, nell’ interrogatorio considerato nel testo una vera e propria prova testimoniale con tutte le forme di quest’ ultimo (Buzzettt, Im
posta ricchezza mobile, pag. 220; Berliri, Dir. proc. trib., II, pag. 433; diver
samente Ali.orio, Dir, proc. trib., pag. 476; Greco G ., Il procedimento conten zioso dinanzi alle giur. trib. spec., pag. 98.
missione ha bisogno di esaminare il contenuto dell’ atto Pampersi nonché della
può avvalersi d ell’ ausilio della polizia tributaria, ma altresì d ell’ opera degli uffici delle imposte (*). Ora, non mi sembra possibile conciliare il principio del contradittorio, almeno nel senso in cui questo viene inteso nel processo civile e, fora’ anche, nel processo amministrativo, con la circo stanza che determinati elementi istruttori vengono rilevati per opera, op pure con l ’ ausilio tecnico di una delle parti in causa. Si pensi, ancora, al fatto che l’ inter vento della polizia tributaria rende assai spesso difficile certe forme processuali che dovrebbero garantire il contradittorio o, ad ogni modo, rendere possibile in tutti i casi di assunzioni di mezzi di prova, l’ adozione di un provvedimento formale, notificato al contribuente (2).
P er tutte queste ragioni, mi pare evidente che il giudice tributario possa disporre l ’ assunzione di mezzi di prova con la maggiore libertà di forme possibile. Del resto, anche quando la legge richiede che un certo mezzo di prova sia eseguito previo avviso al contribuente (art. 27, comma 5 r. d. 1937 cit.) tale avviso si ritiene possa essere dato anche mediante lettera (3).
4. - L ’ anzidetta libertà di form e rispetto a ll’ assunzione dei mezzi istruttori, ed in particolare rispetto alla forma dei provvedim enti relativi del giudice tributario, non deve portare a ritenere l ’ ordinanza (inserita nel verbale di udienza) come la form a sempre sufficiente per il provvedi mento istruttorio, in quanto la raccolta delle prove costituisce un dovere del giudice, onde quest’ ultimo vi potrebbe adempiere senza bisogno di pronunciare una decisione, cioè senza necessità di procedere ad un accer tamento giurisdizionale in te r p a r le s (4). N on è affatto vero, però, che in siffatti casi venga addirittura meno « il pretesto » per la pronuncia di una decisione giurisdizionale, poiché se il giudice è tenuto ad esercitare il potere spettantegli di raccogliere le prove, in adempimento del dovere che g li incom be (con formula approssimativa si è detto che nel processo avanti alle comm issioni non esiste un onere della prova, bensì un dovere-potere che incombe al giudice, anziché alle parti) (5), egli dovrebbe pur sempre emettere un provvedimento che, per il suo contenuto, non sarebbe d eci sorio bensì ordinatorio. In ogni caso si avrebbe pur sempre una d ecisio n e, gia cch é per emettere l ’ anzidetto provvedim ento il giudice tributario sarà sempre costretto a formulare un giudizio, sia pure esso limitato a ll’
eser-(*) Cfr. anche Au.orio, Dir. proc. trib., pag. 656.
(2) La Commissione C. 6 marzo 1940 n. 23401, del resto, ha ritenuto che gli uffici finanziari non hanno l’ obbligo di allegare ai propri rapporti, di cui i con tribuenti hanno diritto di prendere visione, a norma dell’ art. 24 r. d. 1937, le informazioni ricevute dalla polizia tributaria, essendo tali atti considerati come atti interni d ’ ufficio.
(3) Berliri, Dir., proc. trib., II, pag. 147. (4) Cosi Giur. imp. dir., 1942, 184 seg. (5) Cfr. miei Aspetti e problemi, 726 seg.
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scrittura privata, registrati a Roma il 18 luglio 1939. Tali atti non sono stati
cizio del potere discrezionale, conferitogli dalla legge per l ’ assunzione dei mezzi di prova. G li è, piuttosto, come s’ è osservato nei nn. prec., che il giudice tributario non può ritenersi neppure vincolato a ll’ emanazione di una decisione form ale, poiché in talune ipotesi, che sono state sopra brevemente descritte, egli può accertare gli elementi istruttori che ritiene necessari per la decisione della controversia, senza l ’ osservanza di quelle forme processuali che si ritengono necessarie per garantire l ’ istituzione del contradittorio.
A quest’ ultimo riguardo, vorrei aggiungere che non solo il giudice tributario può provvedere in merito all’ assunzione dei vari mezzi di prova mediante decisione formale oppure con ordinanza, ma altresì può prov vedervi senza emettere alcun provvedimento, esercitando, cioè, il potere che la legge gli conferisce, così come se ne avvalgono gli organi della amministrazione attiva. Ciò conferisce, quindi, al procedimento avanti le commissioni amministrative quella massima elasticità, la quale fa si che le questioni relative all’ assunzione del mezzo di prova perdano rilevanza e siano, per così dire, assorbite nella risoluzione del merito. E, tuttavia, ed in definitiva, da osservare che l ’ elaborazione giurisprudenziale tende lode volmente (sia pure in certi lim iti) a restringere la predetta possibilità di elasticità di forme, garantendo il più possibile il contradittorio. A nche in questo campo, dunque, la giurisprudenza delle commissioni prepara il ter reno ad una riforma del processo tributario, ove il carattere giurisdizio nale di quest’ ultimo sia del tutto sviluppato e reso inequivoco.
Quanto precede vale, a mio avviso, a confermare che, dati i poteri istruttori assolutamente prevalenti, spettanti al giudice tributario, questi è nella possibilità di modificare o revocare la propria pronuncia non f o r m ale non già in base ad un ricorso ai principi del diritto processuale c i vile, bensì in virtù di un principio, proprio del processo tributario avanti le commissioni amministrative : principio, per il quale il giudice è sciolto dall’ osservanza di certe form alità processuali, qualora egli segua il sistema di accertamento della amministrazione attiva, anziché adottare la forma della « decisione » formale, regolata genericamente dalla legge speciale, come è, invece, appunto avvenuto nel caso in esame.
Rispetto a quest’ ultimo è, però, da osservare che l ’ adozione della forma della decisione può essere giustificata sotto il seguente profilo : precisa- mente, che la commissione ha voluto, in tal modo, rendere possibile al contribuente la conoscenza di quegli elementi che non solo costituiscono mezzi di prova della pretesa del fisco ma che, in ultima analisi, servono a concretare lo stesso fondamento della pretesa. In altre parole, ed in definitiva, mentre il giudice tributario ha un potere istruttorio preva lente, è tenuto pur sempre a permettere la costituzione del regolare con tradittorio circa il tema della controversia ; ora, la mancata produzione da parta del fisco di quei dati documenti poteva im pedire al contribuente di
prodotti in copia dall’ ufficio il quale non ha neppure allegata alla propria
pra-rendersi conto appieno della pretesa della amministrazione finanziaria ( I- Sotto questo profilo, pertanto, sarebbe opportuno distinguere tra la « d eci sione » interlocutoria che contiene un provvedim ento ordinatorio, relativo a ll’ assunzione delle prove, e la * decisione » interlocutoria, contenente or dini rispetto all’ istituzione del contradittorio. N el primo caso, come s e detto, il giudice esercita poteri istruttori prevalenti, in conformità al ca rattere essenzialmente inquisitorio, che è proprio del processo avanti le com m issioni amministrative ; nel secondo caso, invece, il giudice provvede sul regolare svolgimento del processo, al fine (eventualmente) di rispettare il contradittorio, nei lim iti in cui questo è riconosciuto dalla legge spe ciale. Si tratta, in sim ili casi, della determinazione di fatti individuanti la pretesa; di quei fatti, cioè, da cui i rapporti giuridici in contestazione traggono origine (2). Ora, nel caso in esame, la mancata esibizione da parte del fisco di certi elementi poteva determinare incertezza non solo dal punto di vista della formazione del convincim ento del giudice, ma anche (e in primo luogo) sotto il profilo d e ll’ individuazione della pretesa della amministrazione nei confronti del contribuente.
Si ha conferma, cosi, che anche rispetto al processo tributano e non solo opportuno, ma addirittura necessario, distinguere tra istituzione del contradittorio e istruzione della causa (3), in quanto mentre nella prima il giu dice è tenuto,' nei lim iti che si sono delineati sopra, a curare la istituzione medesima, nella seconda prevale assolutamente il potere inqui sitorio del giudice stesso, e l ’ assunzione delle prove riveste la pni grande elasticità di . forme.
5. - L a distinzione, tratteggiata sopra al n. 4 ha importanza, a mio avviso, anche sotto il profilo della im pugnativa. Si è ritenuto, infatti che qualora il giudice tributario provvede mediante una decisione interlocu toria quest’ ultima è soggetta a tutti i rim edi cui è sottoposta la decisione di merito definitiva (4). A tale conclusione pare necessario addivenire, quando si parta da un’ interpretazione strettamente form alistica della legge speciale, la quale dispone, ad esempio, il rim edio d ell’ appello riferendosi genericamente all’ im pugnativa delle decisioni delle com m issioni (art. 37, 38 r d 1937 cit.). In altri termini, la leg g e non distingue le pronuncie 1 seconda del loro contenuto, ma in base alle formalità, secondo le quali sono state emanate. Se, pertanto, il giudice tributario ritiene di dover
m Ofr Bozzetti, in questa Riv., 1937, I, 217, il quale fa cenno ad una re cente giurisprudenza che interpreta in senso restrittivo la deposizione concei-
uente fa comunicazione dei documenti, necessaria per fondare il <mn tradì t tono. (2) V. in proposito Allorio, Osservazioni sul fatto notorio, in Riv. ir. p civ, 1935, I, 14 e mio Onere della prova, pag. 276 seg.
/3\ V in proposito De Valles, op. e loc. ult. cit. . ,. (4) Gi’ur. imp. dir., 1942, 185; Greco G., Il procedimento contenzioso di nanzi alle giurisdizioni tributarie speciali, pag. 149.
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tica la copia letterale dell’ articolo in questione. P. Q. M. la commissione rimanda
adottare, per pronunciarsi su una questione relativa allo svolgim ento del processo, la forma della « decisione », tale sua pronuncia sarà appellabile ■come ogni altra « decisione » di merito.
Tale soluzione, apparentemente irrefragabile, si dimostra, però, meno assoluta, quando si voglia considerare la possibilità d ell’ impugnativa sotto il profilo d ell’ interesse ad agire e, precisamente, d e ll’ interesse ad appel lare, comunque ad impugnare la « decisione ». Se, in effetti, si parte da •questo punto di vista, molta della sicurezza cb e proveniva dalla piana ese gesi dei testi di legge è destinata a sparire, poicbè mi pare evidente cbe, almeno in parecchi casi, il provvedim ento interlocutorio, emanato in forma di « decisione », non fonda affatto un interesse delle parti ad impugnarlo, giacché il provvedim ento stesso rappresenta l ’ esercizio di un potere em i nentemente discrezionale, e, comunque, svincolato da una richiesta di parte, tale che non si può ravvisare quella situazione di soccombenza la quale .sola può legittimare la parte gravata all’ impugnativa.
Prendiamo, ad esempio, la « decisione » interlocutoria, la quale am metta un certo mezzo di prova e ne disponga 1’ esecuzione ; qualora tale provvedimento sia stato emesso n ell’ esercizio del potere inquisitorio rico nosciuto al giudice tributario, il contribuente o lo stesso fisco non hanno interesse giuridico (valutato, cioè, dalla legge, come idoneo a ricorrere al- 1’ organo giurisdizionale) ad ottenere un riesame di un provvedimento che prescinde affatto d a ll’ iniziativa di parte e che, in sostanza, disciplina un potere discrezionale spettante al giudice. Solo in quanto la decisione, nella ■quale sia contenuto a n ch e un provvedim ento interlocutorio (disponente, ad esempio, nuove prove), decida un punto della controversia esso sarà, -•sotto questo profilo, im pugnabile dalla parte gravata. Nel processo tribu tario avanti le comm issioni, come ho detto, non mi sembra, infatti, appli cabile il principio del diritto processuale comune, secondo il quale la de cisione parziale è im pugnabile solo assieme alla decisione definitiva.
La differenziazione tra i vari tipi di « decisione » sotto il profilo della loro impugnabilità è stata, invero, già posta in evidenza dalla dottrina (*), la quale ha distinto le decisioni definitive od interlocutorie da quelle me ramente ordinatorie: le prime sarebbero appellabili, le seconde no. In altri termini, la im pugnabilità o meno della « decisione » dipende non tanto dalla forma, appunto, della decisione, quanto dal contenuto della decisione stessa. E, pertanto, necessario insistere sul fatto che le « decisioni inter locutorie » in tanto sono im pugnabili, in quanto sono idonee a fondare una soccombenza ; ora un provvedim ento del giu dice tributario, in quanto rap presenti puramente e semplicemente l ’ esercizio del potere inquisitorio, -spettante al giudice stesso, non è idoneo, a mio avviso, a far sorgere nel- l ’ una o n e ll’ altra parte l ’ interesse a ricorrere al giudice superiore, dato
(*) Bu z z e t t i, Imposta ricchezza mobile, pag. 235.
gli atti all’ ufficio perchè unisca copia letterale dell’ articolo in contestazione, la
che si tratta di una « decisione » la quale, nel momento in cui viene emessa, non porta alla soccombenza d ell’ una o dell’ altra, sia pure rispetto- ad una domanda relativa alla ammissione di un dato mezzo di prova.
Solo se la decisione interlocutoria involga la soluzione di questioni sollevate dalle parti circa l ’ ammissione, ad esempio, di un mezzo di prova, o siavi violazione, da parte del giudice, di norme relative all’ assunzione stessa il contribuente, come pure il fisco, potranno far valere questi vizi per via di impugnativa. Sotto questo aspetto il processo a tipo inquisitorio si distingue nettamente dal processo dispositivo, sia pure esso temperato- da un ampio rafforzamento dei poteri del giu dice : l ’ iter attraverso il quale il giudice giunge a formarsi il proprio convincim ento perde sempre più autonomia giuridica ed acquista rilievo la pronuncia finale ; cosi avviene già rispetto al processo amministrativo e, specialmente, nel processo avanti le comm issioni tributarie amministrative. E cco perchè questioni circa la ammissione di prove o, in genere, circa decisioni interlocutorie, non sono affatto frequenti e, quando capitano, si trovano frammischiate con veri e propri provvedim enti (sia pure parziali) di merito.
Così, per prendere un esempio dalla recente giurisprudenza, se la commissione di prima istanza dichiara im ponibili, agli effetti della r. m.r certi cespiti e manda all’ ufficio delle imposte di procedere all’ accertamento in base ai documenti presentati dal contribuente, il giu dice tributario, con ciò solo pronuncia sulla riform a della misura del tributo, come era stato- già definito dall’ ufficio delle imposte, ordinando all’ ufficio stesso di com piere le indagini e g li accertamenti indispensabili alla commisurazione della base im ponibile. Tanto è vero che l ’ ufficio, nella specie, appellò contro tale decisione parziale della commissione, chiedendo la conferma del red dito accertato e non già impugnando il provvedim ento interlocutorio, con il quale la commissione dispone, in sostanza, una verifica, ai sensi dei- fi art. 25 r. d. 1937 (1).
Da ultimo, è da rilevare che, in pratica, le com m issioni non usufrui scono nella misura loro consentita dalle le g g i dei poteri inquisitori, accon tentandosi troppo spesso di prove documentali. Il che, come è stato giu stamente osservato (2), importa, anziché una garanzia per il contribuente, un pregiudizio, in quanto gli uffici finanziari sono portati ad effettuare accertam enti approssimativi e le commissioni a giudicare con criteri salo m onici i quali, troppo di frequente, sono proprio in contrasto con quei criteri di equità, cui a torto di frequente si richiamano. Tale pratica con statazione può spiegare, altresì, come le questioni relative a ll’ ammissibilità di mezzi di prova o alla forma dei relativi provvedim enti sia scarsamente
(1) Cfr. Comm. c., 29 novembre 1940, n. 32974, in Gitir. imp. dir., 1942, 177. (2) Al riguardo v. Be r u r i, Dir. proc. t r i b II, pag. 110 seg.
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copia dell atto Pampersi e della scrittura privata sopra specificata, nonché tutti
accusata in pratica ove ci si trova, per lo più, dinnanzi a « decisioni » finali o parziali di merito, sia pure che in esse talora siano contenuti
come nell ipòtesi dianzi fatta — provvedimenti interlocutori.
6. - Quanto precede, vale ancor più a mostrare la necessità di r i forme della legge processuale tributaria, se non addirittura di tutto l ’ at tuale sistema della giustizia tributaria. Oggi, se possibile, il problema appare più che mai di attualità, giacché il nuovo processo civ ile si è ispi rato a principi differenti da quelli che è dato ricavare dal codice prece dente il quale costituiva, in certo senso, il corpo di norme, cui dovevasi richiamare l ’ interprete della legge (speciale) processuale tributaria. Il nuovo processo, infatti, a parte la struttura affatto peculiare, è pur sempre dominato dal principio dispositivo, seppur attenuato da un aumento dei poteri istruttori del giudice ; è, pertanto, necessario che anche la struttura el processo avanti le commissioni tributarie sia adeguatamente riformato sempre tenendo conto che certi sistemi della nuova legge processuale c i vile, volti a rendere più sollecito lo svolgim ento del processo, non possono trovare, sic et sim pliciter, applicazione nel processo tributario, ove il giu dice non deve fare affidamento prevalente sull’ iniziativa delle parti, dato che il processo in questione è essenzialmente mosso dall’ impulso officioso, onde il giudice è munito dei necessari poteri inquisitori occorrentigli.
Esemplificando quanto precede, sembra doversi escludere la possibilità di estendere al processo tributario le disposizioni degli artt. 845, 346 cod. proc. civ., che hanno modificato profondamente la funzione d ell’ appello «d u ce n d o l ’ ambito del principio devolutivo, prima accolto con maggior larghezza sotto il codice del 1*66 ; g li articoli ora citati importano preclu sioni contrastanti con quelle che sono le finalità del processo tributario
. <1Ua 6’ dominato dal principio inquisitorio, male si concilia con il p rin cipio di economia processuale che informa la riforma dei processo civile
a quale, come si disse, poggia fondamentalmente sul principio dispositivo e, quindi, su ll’ iniziativa lasciata alle parti (»).
Più incerta si presenta la applicabilità al processo tributario d ell’ art. 354 cod. proc. civ., il quale innova rispetto alla legge precedente abo lendo m sostanza l ’ istituto del rinvio al primo giudice da parte del giu dice di appello, previsto dall’ art. 492 cod. proc civ. 1865, secondo il quale « quando 1’ autorità giudiziaria conferm i una sentenza interlocutoria o in cidentale, o riformandola non decida definitivamente il merito della causa,