La situazione italiana, in riferimento agli obblighi generali di prevenzione, sensibilizzazione ed educazione enunciati negli artt. 12-14 della Convenzione di Istanbul, appare decisamente critica.
Come già espresso precedentemente l’Italia, nonostante le pressioni internazionali, è caratterizzata da un forte sessismo in cui i pregiudizi, gli stereotipi di genere e i ruoli tradizionalmente affidati alla donna e all’uomo vengono riprodotti sin dai testi scolastici, oltre ad essere riflessi nel linguaggio comune e nelle immagini dei mass- media.
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Allo stato attuale, malgrado il “Piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” del 2015/2017, non è presente alcun programma nazionale che miri a contrastare la sopra citata situazione sociale.
Nonostante le varie raccomandazioni internazionali pare quindi non esserci alcun segno di cambiamento e le norme prescrittive pertanto non sono sufficienti a modificare un così radicato pregiudizio.
Le esperte che hanno elaborato il Rapporto Ombra al GREVIO raccomandano dunque che l’Italia adotti strumenti urgenti di prevenzione contro la misogina e il sessismo nonché introduca meccanismi efficaci di monitoraggio e “di intervento sanzionatorio su comportamenti mediatici e comunicativi di ogni tipo che esprimono sessismo e visione stereotipata dei ruoli tra uomo e donna”.211
Aspetti di criticità emergono anche in merito al tema della sensibilizzazione alla non violenza contro le donne.
Infatti il governo italiano ha realizzato parecchie campagne di sensibilizzazione riguardanti il fenomeno ma queste ultime non sono state condotte in cooperazione con le ONG attive nel settore o con le organizzazione femminili. Questa lacuna ha comportato che spesso, implicitamente, sono state adottate visioni stereotipate dei modelli di genere, oppure in alcune compagne è stato veicolato il messaggio e la visione vittimizzante della donna, addossando per esempio la causa della difficoltà a denunciare della stessa nella di lei mancanza di coraggio o passività, non invitando al contrario alla riflessione che la violenza di genere ha una natura strutturale, culturale e sociale.
Nessuna campagna di sensibilizzazione, inoltre, ha posto il problema della doppia discriminazione in cui si possono trovare le donne migranti, le donne disabili o chiunque si trovi in una posizione di vulnerabilità ulteriore a quella descritta.
Si può dire quindi che sul versante della prevenzione poco è stato fatto per queste categorie di donne che si trovano a vivere più fattori discriminatori contemporaneamente.
211 Rapporto Ombra al GREVIO. Consultabile all’indirizzo
https://www.direcontrolaviolenza.it/pubblicato-rapporto-ombra-al-grevio/ (Consultato il 09/04/2019)
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Infine è stato registrato che non sono state effettuate ricerche sull’efficacia di tali campagne e sull’impatto che hanno avuto sulla percezione del fenomeno nella popolazione generale.
Ovviamente quando si parla di prevenzione si dovrebbe includere anche il concetto di educazione delle nuove generazioni, con l’obiettivo di portare un cambiamento sociale e culturale rispetto ai modelli di genere dominanti.
Nell’Ottobre 2017, a seguito della L. del 13 luglio 2015, n.107 ovvero la Riforma della “Buona scuola”, sono state individuate delle Linee Guida Nazionali circa l’educazione scolastica alla parità di genere, la prevenzione di fenomeni discriminatori e della violenza di genere. Il documento, redatto da un gruppo di tecnici, risulta essere importante per la diffusione delle buone pratiche circa le suddette tematiche.
Tuttavia ci sono una serie di aspetti critici, per esempio la riflessione sulla dimensione strutturale della violenza è stata scritta brevemente e senza argomentazioni sufficienti. Ciononostante, tali Linee sono di recente applicazione, pertanto non è possibile trarre delle valutazioni complessive.
In generale, si può dire che nel territorio italiano gli interventi formativi in materia di violenza contro le donne sono sempre stati a “macchia di leopardo” ovvero tali interventi sono frutto prevalentemente dell’iniziativa del singolo docente, maggiormente sensibile al fenomeno, e non ad una politica educativa uniforme. Tra l’altro alcune Regioni hanno finanziato dei progetti educativi mentre altre Regioni si sono dimostrate più oppositive.
A questa lacuna si aggiunge anche la mancanza di una formazione adeguata in materia di violenza di genere delle figure che lavorano all’interno della scuola ossia dirigenti, insegnanti e personale amministrativo.
Sarebbe necessario perciò che la prospettiva di genere nella suddetta materia “entri in modo continuativo e ripetuto nella formazione di base”,212 non solo di figure scolastiche ma in tutte le professioni rilevanti quali per esempio le professioni sociali e sanitarie, le forze dell’ordine e giudiziarie, attraverso percorsi di formazione strutturati e obbligatori.
212Ibidem
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Ad oggi, inoltre, risulta incompiuto il lavoro di revisione dei libri scolastici in un’ottica di parità di genere iniziato i primi anni del 2000.
Si richiede quindi che siano rivisti i curriculum scolastici e i libri di testo in modo che non emergono delle disuguaglianze e discriminazioni di genere tali da danneggiare il percorso educativo del bambino e futuro adulto.
Alla luce delle sopra indicate riflessioni circa la sensibilizzazione e l’educazione alla non violenza e alla parità di genere sarebbe pertanto opportuno che siano garantiti ai centri che si occupano di supporto alle donne maggiori fondi da investire in prevenzione e sensibilizzazione al fenomeno e che tali centri siano quindi più partecipi alla costruzione di campagne e progetti.
Sarebbe altresì opportuno che il concetto della dimensione strutturale come causa della violenza di genere diventi patrimonio di una riflessione comune.
Risulta essere necessario e urgente, inoltre, che per i mass- media e per le pubblicità siano imposte regole più ferree circa la rappresentazione stereotipata del maschile e del femminile.
Infine, nelle campagne promosse dal governo è fondamentale fare
“Riferimento ai piani di intervento educativo dentro e fuori le scuole a partire dall’infanzia e per tutti gli ordini di scuola, tenendo contro anche dell’intersezionalità della dimensione di genere con la condizione di disabilità, provenienza etnica, religiosa e orientamento sessuale”.213
Difatti come dimostrato nel capitolo 1, le donne straniere risultano essere più suscettibili a subire le più gravi forme di violenza e manifestano una difficoltà maggiore ad uscirne fuori. Tale predisposizione viene identificata nella maggiore fragilità della donna straniera in quanto spesso quest’ultima ha uno status giuridico incerto oppure vive in attesa che la sua richiesta di asilo venga riconosciuta ecc… La donna subisce pertanto una discriminazione intersezionale in quanto colpita da più fattori discriminatori contemporaneamente.
213Ibidem
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È quindi importante che lo Stato sia consapevole della complessità dell’essere umano e dunque della necessità di una protezione che agisca per l’interezza della persona, iniziando con azioni di prevenzione, sensibilizzazione ed educazione al fenomeno, così come indicati dalla Convenzione di Istanbul.
Alla luce delle riflessioni emerse nell’elaborato si può affermare che favorire l’integrazione dello straniero nel territorio, promuovere la “cultura dei servizi”, garantire migliori condizioni lavorative e contrattuali e regolarizzare la posizione giuridiche delle migranti in “attesa”, possono essere ottimi strumenti di prevenzione a fenomeni di violenza.
L’azione preventiva deve agire sulla causa del fenomeno, così come le politiche in materia generale di violenza di genere devono agire sulla causa strutturale della violenza e non solo sul versante penalistico, ossia sulla punizione del reo.