• Non ci sono risultati.

Le protezioni della donna straniera vittima di violenza alla luce della

Un passo importante nel dibattito che concerne il contrasto alla violenza di genere è segnato dal D.L. n. 93 del 14 agosto 2013 convertito in L. n. 119 del 27 giugno 2013. Infatti il governo, a seguito delle pressioni sovranazionali, ha introdotto modifiche sostanziali all’ordinamento italiano, prevalentemente nel codice penale, che avrebbero dovuto arginare il problema della violenza maschile contro le donne.

Di fatto, nonostante la Convenzione di Istanbul sia stata un impulso significativo al cambiamento, per esempio sul piano degli strumenti da adottare o sulla logica di intervento, “le potenziali innovazioni sono state indebolite dall’azione di fattori domestici che caratterizzano il contesto politico-istituzionale quando si tratta di violenza, e di questioni di genere e di diritti delle donne in generale”.179

L’Italia pertanto ha indebolito la possibilità di implementazione dell’azione politica non interpretando correttamente e in modo esaustivo i contenuti della Convenzione nel momento del recepimento.

Secondo alcune interpretazioni, siffatta inadempienza va individuata nel percorso storico degli interventi normativi adottati in Italia per la tutela dei diritti delle donne che costituiscono l’eredità di policy “rispetto alla quale sono elaborate le aspettative, le preferenze e i comportamenti degli attori politici, nonché disegnate le possibili traiettorie di riforma nel momento in cui si va a intervenire e modificare lo status

quo”.180

In altre parole, il peso del passato avrebbe condizionato le spinte innovative e di cambiamenti del presente sollecitati dal rispetto di obblighi di rango internazionale. Dunque l’attenzione del Governo al fenomeno della violenza di genere è sicuramente un segnale positivo anche se denso di criticità.

179Ibidem

81

Come prima osservazione, il sopra citato provvedimento recante “Disposizioni urgenti

in materia di sicurezza e per il contrasto alla violenza di genere nonché in tema di protezione civile e commissariamento delle province” affronta contenuti difformi e

plurimi.

Oltre a ciò, è opinabile l’utilizzo dello strumento della decretazione di urgenza (D.L. 93/2013) che ha condotto alla legge 119/2013.

Riguardo l’impiego di tale strumento come sistematico mezzo di governo sono molte le voci critiche che da tempo si muovano, considerato come una sorta di

“Bypass della dialettica parlamentare e di possibile alterazione dell’equilibrio fra i poteri esecutivo e legislativo... Tuttavia è noto che la Consulta...tende comunque ad affermare, di regola, il principio secondo il quale ogni considerazione sulla necessità di urgenza del provvedere appartiene all’ordine dei giudizi politici, che non spettano al giudice delle leggi; questo anche se, in materie come la sicurezza, la valutazione della sussistenza dei requisiti di necessità e urgenza non si è sottratta ad alcune perplessità allorquando siano preferibili riforme più organiche, incisive e di ampio respiro rispetto a interventi frammentari e di impatto probabilmente non decisivo.”181

Secondo alcune interpretazioni perciò le misure introdotte dal Governo difettano del requisito dell’indifferibilità e dell’urgenza in quanto la violenza contro le donne ha natura strutturale.

Viene meno anche il requisito della necessità in quanto la logica sottesa a questo decreto risiede

“Nell’emergenza di tranquillizzare l’opinione pubblica a fronte del susseguirsi dei femminicidi, che vengono declinati come una problematica riguardane la pubblica

181Pavich G., “Le novità del decreto legge sulla violenza di genere: cosa cambia per i reati con vittime

82

sicurezza e affrontati in una chiave di difesa dei soggetti più deboli ed esposti, nonché tutela dell’ordine pubblico”.182

Tuttavia, gli obiettivi esplicitati dal Governo Letta che decise, nell’estate 2013, di intervenire in regime di urgenza, erano di rendere più efficaci gli strumenti di repressione penale dei fenomeni di violenza sessuale, maltrattamenti in famiglia e atti persecutori nonché di prevedere uno specifico permesso di soggiorno per le straniere vittime di violenza.

Il Governo presentò il decreto come

“La manifestazione dell’impegno dell’Italia a implementare una norma internazionale recentemente ratificata e cioè la Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica (Istanbul, 11 maggio 2011)”.183

Il decreto legge è composto da 13 articoli, suddivisi in 4 capi.

Il primo capo concerne le norme in materia di prevenzione e contrasto contro la violenza di genere. Dopodiché il decreto norma la materia di sicurezza per lo sviluppo, di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e per la prevenzione e il contrasto di fenomeni di particolare allarme sociale della sicurezza per lo sviluppo (capo II), norme in tema di protezione civile (capo III), norme in tema di gestioni commissariali delle province (capo IV).184

Appare dunque non appropriato e fuorviante parlare di decreto sulla violenza di genere dal momento che tratta di un pluralità di settori.

182Spinelli B., Zorzella N., “Primo commento al D.L. 14 agosto 2013, n.93, Il permesso di soggiorno

alle vittime straniere di violenza domestica: uno strumento inadeguato ed inefficace”. Consultabile all’indirizzo http://old.asgi.it/home_asgi.php%3Fn=2874&l=it.html (Consultato il 28/02/2019)

183Donà A., “Le nuove norme contro la violenza di genere in Italia: possono le pressioni internazionali

superate i vincoli dell’eredità di policy?”, in Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, Fascicolo 1, Aprile 2015, Il mulino, p. 126

83

Le novità introdotte dal decreto legge per la materia di contrasto alla violenza di genere sono le seguenti.

 Vengano inasprite le pene a seguito di maltrattamenti commessi all’interno di relazioni familiari o intime e se la violenza è compiuta a danno di minori, donne in stato di gravidanza o dal coniuge o partner.

L’uomo violento può essere allontanato, dalle forze dell’ordine, d’urgenza dall’abitazione domestica e può essere arrestato dalle stesse in flagranza di reato.

La testimonianza dell’accaduto viene raccolta dalle forze dell’ordine in maniera protetta e il processo per il reato di maltrattamento avrà una corsia preferenziale. Inoltre la donna ha diritto all’assistenza legale gratuita e verrà informata su tutto l’iter processuale.

Al fine di prevenire il fenomeno della violenza di genere

“Viene programmata l’adozione di un piano di azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere da parte del ministro con delega per le pari opportunità a favore dell’informazione e della sensibilizzazione di uomini giovani e adulti, della promozione di una educazione scolastica a favore della parità di genere e della formazione di personale qualificato”.185

 L’articolo 4 del presente decreto prevede la “concessione del permesso di soggiorno per motivi umanitari a tutte le donne straniere vittime di lesioni gravi”.186

Viene dunque inserito l’articolo 18-bis (Permesso di soggiorno per donne vittime di violenza domestica) dopo l’articolo 18 nel TUIMM.

Sicuramente aver inserito una simile possibilità per gli stranieri vittime di violenza domestica è lodevole. Tuttavia permangono delle criticità sia

185Donà A., “Le nuove norme contro la violenza di genere in Italia: possono le pressioni internazionali

superate i vincoli dell’eredità di policy?”, in Rivista Italiana di Politiche Pubbliche, Fascicolo 1, Aprile 2015, Il mulino, p. 127

84

dell’intero decreto sia riguardo l’efficacia della concessione stesso permesso di soggiorno.

 Tra le generali criticità del decreto, si segnalano le principali quali

 “La definizione di violenza domestica appare non coerente con la definizione contenuta nella Convenzione”.187

 La disposizione inserita che norma la non revocabilità della denuncia in caso di stalking è stata oggetto di dibattito in quanto, in tal caso, la libertà femminile di autodeterminazione verrebbe dominata dall’autorità statale.

 Il piano straordinario sopra citato è risultato non coperto finanziariamente, pertanto poco realizzabile.

 L’interpretazione del concetto di violenza come “emergenza che genera allarme sociale e mette a rischio l’ordine e la sicurezza pubblica, da qui la giustificazione di misure repressive...”188, soprattutto alla luce delle definizioni

sovranazionali, appare riduttiva dal momento che ad oggi non esiste un sistema di rilevamento centralizzato dei dati sulla violenza di genere e domestica tali da far giungere alla sopra menzionata affermazione.

 Il decreto non contempla interventi auspicati a livello sovranazionale ovvero interventi centrati sulle cause strutturali della violenza di genere (ossia i fattori di discriminazione tra uomini e donne presi in considerazione sin dalla Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (CEDAW) del 1979).

Per quanto concerne le criticità riscontrate nella concessione del permesso di soggiorno per motivi di violenza domestica, di seguito si esamina la legge 119/2013 alla luce della Convenzione di Istanbul.

Il Rapporto Ombra al GREVIO dal titolo “Attuazione della Convenzione di Istanbul

in Italia. Rapporto delle associazioni di donne” nasce a seguito del lavoro svolto da

associazioni di professioniste e donne che si sono unite per analizzare il livello di applicazione della Convenzione di Istanbul.

187Ibidem

85

Il suddetto rapporto, scegliendo appositamente di non enfatizzare gli aspetti penalistici e criminali e analizzando invece il dato attuale con l’intento di esaminare la situazione presente alla luce delle nuove normative, ha evidenziato quali sono le difficoltà che ostacolano una piena applicazione della Convenzione in Italia.

Come filo conduttore dei singoli temi viene rilevata la cultura misogina e sessista italiana, gli stereotipi di genere ancora ampiamente diffusi e la scarsità di educazione alla parità dei sessi sin dalla scuola e nella formazione professionale.

Circa i temi presi in esame vengano riscontrate, per esempio, ampie criticità sul versante dell’insufficienza dei dati necessari in materia di violenza contro le donne e sulla raccolta sistematica degli stessi, sulla scarsità dei fondi attribuiti alle case rifugio e ai centri antiviolenza, sulle specifiche problematiche delle donne migranti, che come si è potuto vedere non sono state soggetto di un’analisi nell’ottica della prospettiva di genere in migrazione.

Per i fini del presente elaborato ci si concentra sulle criticità riscontrate a proposito della condizione delle donne migranti in Italia a seguito della Convenzione di Istanbul (in particolare sull’applicazione degli articoli di riferimento, artt. 59-61 della sopra citata Convenzione) e della legge 119/2013.

La suddetta legge ha introdotto, come già scritto nel paragrafo precedente, l’art. 18-bis nel TUIMM titolato “Permesso di soggiorno per le vittime di violenza domestica” modificato al co. 1 (le parole “ai sensi dell'articolo 5, comma 6” vengano soppresse) e con inserimento dell’art.1-bis dalla legge 1° dicembre 2018, n. 132.189 L’articolo 18-bis, al comma 1, prevede che:

“Quando, nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 582, 583, 583-bis, 605, 609-bis e 612-bis del codice penale o per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, commessi sul territorio nazionale in ambito di violenza domestica, siano accertate situazioni di violenza o abuso nei confronti di uno straniero ed emerga un concreto ed attuale pericolo per la sua incolumità, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla medesima violenza o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle

189L.132/2018

86

indagini preliminari o del giudizio, il questore, con il parere favorevole dell'autorità giudiziaria procedente ovvero su proposta di quest'ultima, rilascia un permesso di soggiorno per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza. Ai fini del presente articolo, si intendono per violenza domestica uno o più atti, gravi ovvero non episodici, di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra persone legate, attualmente o in passato, da un vincolo di matrimonio o da una relazione affettiva, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima”.190

Inoltre il permesso può essere revocato qualora la condotta della persona avente diritto sia incompatibile con la finalità dello stesso oppure quando le condizioni che hanno giustificato il rilascio del titolo vengano meno.

Gli aspetti della legge che secondo il Report “Attuazione della Convenzione di Istanbul

in Italia. Rapporto delle associazioni di donne” hanno destato particolari perplessità

sono i seguenti.

 La concessione del titolo di soggiorno è condizionata dalla presenza di “un

concreto e attuale pericolo per l’incolumità”.

Il permesso viene dunque rilasciato a seguito del riconoscimento da parte dell’autorità giudiziaria della violenza posta in essere contro una vittima straniera e di una situazione ad alto rischio. La tutela della vittima è vincolata a dei requisiti stringenti collegati al concetto di sicurezza anziché all’accesso del diritto di permanenza della donna derivante dal di lei status di vittima.

Il requisito richiesto dalla disposizione è che la persona incorra in un attuale e grave pericolo per la sua incolumità e/o violenza non episodica altrimenti non viene considerata vittima.

Se la donna straniera dovesse separarsi (anche di fatto) dal coniuge o dal partner diventerebbe per quest’ultima molto difficile ottenere il permesso di soggiorno per violenza, in quanto verrebbero meno i requisiti di rischio ed urgenza previsti per il suo rilascio.

190L.119/2013 modificata dalla L.132/2018

87

Infatti le autorità ritengono che la donna, in quanto separata fisicamente dal soggetto maltrattante, non sia più in condizioni di rischio per l’incolumità pertanto non necessita del permesso di soggiorno per motivi di violenza.

In violazione dell’art. 59 co. 3b della Convenzione di Istanbul, che prescrive il rilascio del titolo di soggiorno “in considerazione della loro situazione personale”, l’art.18-bis non riconosce esplicitamente i danni fisici e i problemi di saluti sorti nelle vittime a seguito dei maltrattamenti subiti “quali possibili requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno”.191

Altro requisito richiesto per il rilascio del titolo è afferente all’ordine pubblico ovvero la persona, per ottenere il permesso e non “abusare” della disciplina, deve diventare parte attiva del processo penale oppure deve essere seguita dai servizi sociali specializzati.

Oltre a ciò, nonostante nel concetto di violenza domestica venga inclusa anche la violenza economica e psicologica, queste ultime tipologie di violenza sono difficili da riconoscere e spesso non vengano ritenute idonee a determinare un “concreto e ed

attuale pericolo per l’incolumità”.

Per di più, paradossalmente, lasciar fuori dalla definizione di violenza tutti gli atti che sono soltanto episodici comporta l’esclusione di fatti gravi come il tentato omicidio o lesione gravissime.

Secondo alcune interpretazioni il requisito del pericolo concreto e attuale per l’incolumità presenta “profili sia di illegittimità che di irragionevolezza”.192

Tale requisito sarebbe illegittimo in quanto limiterebbe la portata dell’art. 59 della Convenzione di Istanbul.193 Nella Convenzione si parla di situazioni particolarmente

191 “Rapporto Ombra al GREVIO. Consultabile all’indirizzo

https://www.direcontrolaviolenza.it/pubblicato-rapporto-ombra-al-grevio/, (Consultato il 28/02/2019)

192Spinelli B., Zorzella N., “Primo commento al D.L. 14 agosto 2013, n.93, Il permesso di soggiorno

alle vittime straniere di violenza domestica: uno strumento inadeguato ed inefficace”. Consultabile all’indirizzo http://old.asgi.it/home_asgi.php%3Fn=2874&l=it.html, (Consultato il 28/02/2019)

193Art. 59 Convenzione di Istanbul “il cui status di residente dipende da quello del coniuge o del partner,

conformemente al loro diritto interno, possono ottenere su richiesta, in caso di scioglimento del matrimonio o della relazione, in situazioni particolarmente difficili, un titolo autonomo di soggiorno, indipendentemente dalla durata del matrimonio o della relazione”.

88

difficili che può vivere una persona e che possono dare accesso, nel rispetto del diritto

interno degli Stati Parti, ad un titolo di soggiorno autonomo dal momento che il di lei status dipende da quello del coniuge o del partner.

La Convenzione quindi guarda alle vittime di tutte le forme di violenza e non solo, come il legislatore italiano ha disposto, a determinati casi configurabili come alto rischio.

Paradossalmente la donna straniera che decide di uscire da una relazione violenta caratterizzata da controllo economico, umiliazioni, limitazione della libertà personale in cui non rischia la vita, qualora la stessa decidesse di denunciare il coniuge o sottrarsi alla violenza non avrebbe diritto al rilascio del titolo di soggiorno per motivi umanitari. Il profilo di irragionevolezza invece sarebbe cagionato dalla “disparità di trattamento tra vittime straniere e vittime italiane”.194

Per le donne straniere è previsto al fine del rilascio del titolo, il requisito aggiuntivo della “gravità ed attualità del pericolo per l’incolumità personale” e tale limitazione sarebbe rappresentativa del pregiudizio da parte dello Stato che l’unica forma di violenza degna di tutela sia quella fisica, non considerando perciò l’impatto che altre forme di violenza, quale quella economica, psicologica, limitazione della libertà personale, hanno sui diritti fondamentali e sulla salute delle donne.

Il requisito dell’alto rischio sarebbe pertanto irrazionale

“Perché se è vero che lo status di cittadino/a straniero/a presuppone imprescindibilmente la titolarità di un permesso di soggiorno per vivere legalmente in Italia, il solo fatto di essere vittima di una violenza di genere dovrebbe di per sé essere ragione di rilascio del titolo di soggiorno di protezione senza ulteriore pretesa di essere

anche a rischio di incolumità”.195

194 Spinelli B., Zorzella N., “Primo commento al D.L. 14 agosto 2013, n.93, Il permesso di soggiorno

alle vittime straniere di violenza domestica: uno strumento inadeguato ed inefficace”. Consultabile all’indirizzo http://old.asgi.it/home_asgi.php%3Fn=2874&l=it.html (Consultato il 28/02/2019)

89

Sono evidenti, inoltre, i profili discriminatori collegati al requisito della discrezionalità della valutazione del rischio di vita da parte del Questore in palese violazione dell’art. 4 della Convenzione di Istanbul e degli artt. 2-3 Cost.

Infatti il legislatore non contempla alcun criterio oggettivo in base al quale il Questore possa giustificare l’iter motivazionale della propria valutazione in merito al rilascio o meno del titolo di soggiorno comportando pertanto gravissime conseguenze per la vita delle donne vittime di violenza di genere.

Invero se una donna decide di allontanarsi dal marito dopo aver subito un solo episodio di maltrattamento, per esempio una violenza sessuale, ma non si sente pronta per denunciare il fatto o renderlo noto ai servizi sociali, questa donna, in mancanza dei requisiti richiesti dalla disposizione, non avrà diritto al titolo di soggiorno. Oppure quale sarà la valutazione del Questore qualora l’aggressore della donna si trova in carcere e dunque viene meno il requisito del rischio per l’incolumità della persona? Contrario alla ratio della Convenzione di Istanbul e malfatto è proprio

“La logica che sottende la costruzione di questa nuova tipologia di permesso di soggiorno, che non tiene conto della duplice vulnerabilità della donna straniera vittima di violenza, e della necessità di assicurarne la protezione anche attraverso il rilascio del permesso di soggiorno proprio in quanto vittima”.196

Concludendo la disamina del primo punto di criticità dell’art. 18-bis del TUIMM il Governo italiano, in attuazione degli obblighi internazionali, dovrebbe sopprimere il requisito del grave pregiudizio, concreto e attuale, per l’incolumità.

Al contrario andrebbe introdotta la norma che sospende un’eventuale procedura di espulsione avviata in quanto lo status della donna dipendeva da quello del coniuge o del partner, con lo scopo di chiedere un titolo di soggiorno autonomo e al fine di tutelare la donna vittima di violenza di genere.

 La norma contempla la possibilità del rilascio del titolo di soggiorno a prescindere dall’avviamento di un procedimento penale nel caso in cui la

196Ibidem

90

violenza si sviluppi nel corso di interventi di Servizio sociale, precisando che tali servizi devono essere “specializzati nell’assistenza delle vittime” (art.4). Tale ipotesi appare di scarsa efficacia.

Difatti, in primo luogo, ad oggi non esiste una simile specializzazione nell’ambito dell’organizzazione dei servizi sociali.

Inoltre non sussiste una ragione valida per escludere dal sistema della protezione le situazioni segnalate ai Centri antiviolenza presenti nei territori, soggetti peraltro che entrano in rapporto privilegiato con la donna e sono deputati all’accompagnamento della stessa all’uscita dalla violenza.

L’affidamento ai servizi sociali specializzati si configura quindi come un elemento di “compressione della effettività della tutela”197 che il legislatore voleva perseguire.

 La norma non considera esplicitamente la convertibilità del permesso di soggiorno anche se dovrebbe essere sottinteso dal richiamo all’art. 5 co. 6 del TUIMM.

Al contrario è prevista l’ipotesi di revoca del permesso di soggiorno nel caso in cui la condotta della persona sia incompatibile con i fini del permesso o “quando vengono

meno le condizioni che ne hanno giustificato il rilascio”.

La disposizione pare alludere al timore che tale strumento giuridico venga utilizzato